ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 30 novembre 2012

11° santificare le eresie?

Gli errori e le scuseSi lavora a una dichiarazione comune per il 500° anniversario della Riforma di Lutero nel 2017. A conferma che l'interpretazione della storia può cambiare


Ormai è più che un'ipotesi: il 31 ottobre 2017, 500° anniversario della Riforma, cattolici e protestanti esprimeranno "qualcosa" insieme. Andare oltre per noi è prematuro, ma c'è chi l'ha già fatto.
Al termine dell'annuale seminario fra il prof. Ratzinger e i suoi ex alunni, a Castelgandolfo in agosto, il presidente del Ratzinger Schülerkreis, padre Stephan Horn a Radio Vaticana dichiarava: "Il Santo Padre ha sempre avuto l'idea che una purificazione della memoria sia necessaria ... la storia non si può cancellare, ma può cambiare la sua interpretazione, il modo con cui si giudicano i fatti".

Già molte le iniziative in programma e questa sorta di mea culpa, pronunciato a due voci dopo secoli di incomprensioni alla ricerca di punti di contatto, potrebbe esserne il coronamento. Che la promuova fin d'ora un papa tedesco (con tutta probabilità uno dei pochi, o forse l'unico, ad aver letto cronache e discorsi dell'epoca, senza bisogno di traduzioni) sarebbe un segnale di non poco conto. Del resto dal suo ultimo viaggio in Germania la strada è indicata: Ratzinger teologo è convinto che la lacerazione della Chiesa non fosse l'intenzione di Lutero.
Ma un segnale ancora più forte è venuto dal suo numero 2 in tema di dialogo ecumenico, il card. Kurt Koch (non secondaria la sua origine svizzera), presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani. Ancora a Radio Vaticana sull'anniversario: "Una celebrazione penitenziale comune nella quale riconosciamo insieme le nostre colpe, perché il fatto che la Riforma non abbia raggiunto il suo scopo, e cioè il rinnovamento della Chiesa, ricade nelle responsabilità di entrambe le parti: le ragioni sono di ordine teologico e politico. Riconoscerlo e perdonarsi vicendevolmente per tutto questo, trovo che sarebbe un gran bel gesto". Il documento elaborato a quattro mani "Dal conflitto alla comunione" (nonostante resistenze "esterne") non è quindi che il primo passo, anzi, "un ottimo punto di partenza per il cammino futuro".
Ho sempre sentito parlare di quel "mandato" di Paolo VI alla nostra diocesi che risale al 1964: "Al tempo del Concilio la città di Trento era stata scelta per facilitare l'incontro, per fare da ponte, per offrire l'abbraccio della riconciliazione e dell'amicizia. Trento non ebbe questa gioia e questa gloria. Essa dovrà averne, come noi, come tutto il mondo cattolico, sempre il desiderio ... Essa dovrà non costituire un confine, ma aprire una porta; non chiudere un dialogo, ma tenerlo aperto; non rinfacciare errori, ma ricercare virtù; non attendere chi da quattro secoli non è venuto, ma andarlo fraternamente a cercare".
E' seguita a ruota l'istituzione di un Ufficio ecumenico con numerosissimi "incontri". Nel merito le Costituzioni sinodali del 1987: "Da allora il Signore ci ha benedetti con segni di portata storica e di grande speranza, culminati nell'Incontro di preghiera in Cattedrale dell'ottobre 1984". La prima volta riuniti in preghiera (ai piedi del Crocifisso di quel Concilio che ne aveva decretato l'insanabile frattura) rappresentanti della chiesa protestante e cattolica (per rimarcare il senso di ospitalità, i pesanti banchi di rovere erano stati spostati). Ricordo in particolare la commozione del card. Basil Hume la stessa di tutti i presenti e quegli abbracci di pace le cui foto restano in archivio.
Un po' come quell'evento storico in occasione del Giubileo del 2000 quando il 12 marzo, sfidando non poche resistenze "interne", papa Giovanni Paolo II ha compiuto un gesto impensabile solo qualche decennio prima, ma che forse solo il Vaticano II, con i suoi documenti, aveva reso possibile.
"La Chiesa e le colpe del passato" era il titolo della relazione della Commissione Teologica Internazionale, allora presieduta da Joseph Ratzinger. "La purificazione della memoria richiede " un atto di coraggio e di umiltà" nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani". "Nell'intera storia della Chiesa che non si incontrano precedenti richieste di perdono relative a colpe del passato, che siano state formulate dal Magistero. I Concili e le decretali papali sanzionavano certo gli abusi di cui si fossero resi colpevoli chierici o laici, e non pochi pastori si sforzavano sinceramente di correggerli. Rarissime sono state però le occasioni in cui le autorità ecclesiali - papa, vescovi o concili - hanno riconosciuto apertamente le colpe o gli abusi di cui si erano rese esse stesse colpevoli. Un esempio celebre è fornito dal papa riformatore Adriano VI che riconobbe apertamente, in un messaggio alla Dieta di Norimberga del 25 novembre 1522 ... Bisognerà attendere Paolo VI per vedere un Papa esprimere una domanda di perdono rivolta tanto a Dio, che a un gruppo di contemporanei. Nel discorso di apertura della seconda sessione del Concilio il Papa " domanda perdono a Dio [...] e ai fratelli separati " d'Oriente che si sentissero offesi "da noi " (Chiesa cattolica), e si dichiara pronto, da parte sua, a perdonare le offese ricevute". La prima di una lunga serie e si ricordano le colpe ammesse dal Concilio, nei confronti dell'unità, della genesi dell'ateismo ...
"La domanda di perdono non deve essere intesa come ostentazione di finta umiltà, né come rinnegamento della sua storia bimillenaria certamente ricca di meriti nei campi della carità, della cultura e della santità. Essa risponde invece a un'irrinunciabile esigenza di verità, che accanto agli aspetti positivi, riconosce i limiti e le debolezze umane delle varie generazioni dei discepoli di Cristo ", diceva Giovanni Paolo II nel '99.
Una strada di pentimento e richiesta di perdono per gli errori commessi nel passato (peraltro annunciati nella Tertio Millennio Adveniente) che non era nuova al papa polacco (conterraneo di Nikolaj Kopernik), vista la sua "riabilitazione" di Galileo: "Concluso il caso Galileo" titolavamo al settimanale diocesano la cronaca di una magistrale lezione di padre Enrico di Rovasenda. Il 10 novembre 1979, ad un solo anno dalla sua elezione, di fronte ai membri della Pontificia Accademia delle Scienze annunciava: "La grandezza di Galileo è nota a tutti, ma questi ebbe molto a soffrire da parte di uomini e organismi della Chiesa. Così come è stato anche riconosciuto dal Concilio Vaticano II, io auspico che teologi, scienziati e storici, da qualsiasi parte provengano, approfondiscano l'esame del caso Galileo, nel leale riconoscimento dei torti". Viene istituita la "Commissione pontificia per lo studio della controversia tolemaico-copernicana del XVI e del XVII secolo", suddivisa in quattro gruppi di lavoro, uno dei quali (e non poteva essere che l'esegesi biblica), affidato a Carlo Maria Martini. La "relazione Poupard" denuncia esplicitamente l'errore: "I giudici di Galileo credettero a torto che l'adozione della rivoluzione copernicana fosse tale da far vacillare la tradizione cattolica e che fosse loro dovere proibirne l'insegnamento. Dobbiamo riconoscere questi torti con lealtà, come ha chiesto Vostra Santità". Il volume dell'attuale cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, Marcelo Sànchez Sorondo, o la prefazione ad un volume dello storico Fantoli a firma del geuista Coyne, direttore della Specola vaticana, affrontano la questione, senza dimenticare che spesso qualcuno preferisca minimizzare (come accaduto con la censura all'articolo di padre Brovedani).
Certo per secoli non era usuale l'umiltà ma, come ebbe a dire ancora Giovanni Paolo II nel 350° anniversario della pubblicazione del "Dialogo sui due massimi sistemi": "Che la Chiesa abbia potuto avanzare con difficoltà in un campo così complesso non ci deve sorprendere, né scandalizzare. La Chiesa fondata da Cristo che si è dichiarato la Via, la Verità e la Vita, resta tuttavia costituita da uomini limitati e legati alla loro epoca culturale".
Nella Grande preghiera universale del 2000 si chiedeva perdono per ogni peccato commesso, per le colpe nel servizio della verità, per i peccati che hanno compromesso l'unità del Corpo di Cristo, per le colpe nei rapporti con Israele, per i comportamenti contro l'amore, la pace, i diritti dei popoli, il rispetto delle culture e delle religioni, i peccati che hanno offeso la dignità della donna e l'unità del genere umano, i diritti fondamentali della persona.
E numerose altre occasioni per ammettere errori: in Spagna parlando dell'Inquisizione "si produssero tensioni, errori ed eccessi che la Chiesa deve oggi valutare e valuta alla luce obiettiva della storia"; in Camerun chiede "perdono ai fratelli africani che tanto hanno sofferto per la tratta degli schiavi". "La Chiesa - spiega nel 1984 a Santo Domingo - non intende negare l'interdipendenza tra la croce e la spada che caratterizzò la prima fase della penetrazione missionaria nel Nuovo Mondo". Al Parlamento europeo "La cristianità latina medievale non è mai sfuggita alla tentazione integralista di escludere dalla comunità temporale coloro che non professavano la vera fede" (e chi può dimenticare le scuse alle donne nella Mulieris dignitatem?).
E abbiamo dovuto chiedere scusa anche per lo scandalo pedofilia ...
"Fratelli divorziati" titolavamo sempre al settimanale il numero scorso dopo un convegno diocesano dove abbiamo ascoltato: "Alla Chiesa non chiediamo accoglienza, ma il riconoscimento di farne già parte". Chissà che non si finisca per chiedere scusa anche per loro, e per i loro figli.


di Maria Teresa Pontara Pederiva 
30/11/2012 14:43 macv
ma perchè chieder scusa SOLO ai luterani? allora dobbiamo chieder scusa a tutti gli eretici!

"cari eretici, scusateci per aver creduto nella Verità e difeso l'Ortodossia! Scusateci anche voi ariani, gnostici, cainiti, sabelliani, montanisti, scusateci per aver creduto che vi fosse una Verità e delle eresie!
Abbiamo capito che tutte le eresia hanno diritto come la Verità ad essere credute verità!
Scusateci per tutti coloro , Santi compresi, che hanno dato la vita per la Verità, poveri illusi, non si rendevano conto che la verità non esiste!

http://www.vinonuovo.it/index.php?l=it&art=1067

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