ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 24 novembre 2012

Come te le rigirano in curia..

Padre Georg prefetto? il Vatileaks non c’entra
Il segretario del Papa, Mons. Georg Gaenswein
Diversi siti stanno riprendendo l’indiscrezione del “Fatto Quotidiano” secondo cui Padre Georg lascerà presto l’incarico di segretario di Papa Ratzinger per diventare Prefetto della Casa Pontificia, la struttura che organizza la vita pubblica del Pontefice e che sovrintende il lavoro di tutte le persone che ruotano attorno al Papa all’interno del Palazzo Apostolico. Secondo il Fatto Mons. Gaenswain pagherebbe lo scandalo Vatileaks, il non aver controllato a sufficienza Paolo Gabriele, esponendo quindi Ratzinger in prima persona. Ma il Vatileaks non c’entra nulla, lo dice Papa Wojtyla…

Premessa: la notizia della possibile nomina di Padre Georg era già nell’aria da questa estate; si parlava di lui come possibile prefetto aggiunto della Casa Pontificia, accanto a Mons. Harvey, il prefetto. La novità è però che Harvey dovrà lasciare il posto perché “promosso” cardinale e destinato alla Basilica di San Paolo fuori le mura. Un’ottima conclusione di carriera per il monsignore americano che, secondo molti, negli ultimi tempi non gode nemmeno di ottima salute (e quindi andrà a ricoprire un ruolo molto meno impegnativo).
Con la porpora di Harvey gli scenari quindi cambiano, ma il succo no. Resterà vacante il posto di prefetto e Padre Georg potrebbe essere la persona ideale per ricoprire quel ruolo delicatissimo. Questo non significa però che la fiducia del Papa nei suoi confronti sia venuta meno. Anzi, Ratzinger cerca una persona di cui possa fidarsi ciecamente, proprio perché dovrà avere sotto controllo il lavoro di chi è in diretto contatto con il Pontefice all’interno del Palazzo Apostolico.
Facciamo però un passo indietro: era il 2003 e Giovanni Paolo II comunicava la decisione di nominare il suo segretario personale, Mons. Stanislao Dziwisz, prefetto aggiunto della Casa Pontificia. L’attuale cardinale di Cracovia era inoltre stato nominato vescovo già nel 1998 e nonostante i due importanti incarichi rimase al fianco di Wojtyla come segretario personale fino alla fine. Non mi risulta che nel 2003 ci fosse in atto uno scandalo Vatileaks, ma la nomina alla Prefettura della Casa Pontificia per Don Stanislao arrivò comunque. Era un premio, un riconoscimento che il Papa dava al suo storico segretario.
In tanti oggi invece si scandalizzano se si parla di Padre Georg come futuro vescovo o futuro prefetto della Casa Pontificia. Certo, il ruolo per la sua importanza lo costringerebbe a lasciare il posto di segretario del Papa ma, ancora meglio di Giovanni Paolo II, si tratterebbe di un riconoscimento maggiore al proprio assistente personale, che resterebbe comunque all’interno del Palazzo Apostolico, sempre in strettissimo contatto con il Papa.
http://stanzevaticane.tgcom24.it/2012/11/23/padre-georg-prefetto-il-vatileaks-non-centra/


                                       Don Georg sarà “promoveatur”, ma non “amoveatur”, per via di Vatileaks

Sono passati ormai diversi mesi dal deflagrare del ciclone Vatileaks e coloro che ritenevano che i traditori del Papa fossero da cercare nella sua stretta cerchia di collaboratori (maggiordomo a parte) sono stati smentiti. Tarcisio Bertone, cardinale segretario di stato, è oggi saldamente in sella a un “ministero” che a giugno ha in programma di convocare a Roma tutti i rappresentanti pontifici in giro per il mondo per una sorta di “corso di aggiornamento”.
Il segretario particolare del Papa, Georg Gänswein, potrebbe presto accettare l’incarico di prefetto della Casa pontifica o, nel caso il Papa porti un diplomatico in questo ruolo, di prefetto aggiunto della stessa Casa, rimanendo contestualmente in appartamento. Al secondo segretario particolare, il maltese Alfred Xuereb, potrebbe eventualmente aggiungersene un altro (c’è chi fa il nome del tedesco Hermann Geissler, responsabile dell’ufficio “dottrinale” dell’ex Sant’Uffizio), ma il lavoro dei due sarebbe comunque visionato da Gänswein. Si tratterebbe, insomma, a tutti gli effetti di una attestato di stima per il segretario, un po’ come fece nel 2003 Giovanni Paolo II con il suo segretario Stanislaw Dziwisz. Allora Wojtyla comunicò la decisione di nominare “don Stanislao” prefetto aggiunto della Casa pontificia. Dziwisz, fra l’altro, era già stato nominato vescovo nel 1998 ma nonostante i due importanti riconoscimenti rimase al fianco del Papa fino alla fine. Infine, Ingrid Stampa: l’ex governante di Ratzinger, citata dai giornali come possibile corvo, ha curato la traduzione dell’ultima fatica letteraria del Papa a conferma che di lei nei piani alti ancora si fidano.
Se c’è un effetto che invece si può attribuire a Vatileaks è la volontà del Papa di internazionalizzare di più la curia, in modo da dare maggiore respiro al Vaticano e insieme soddisfare le varie richieste degli episcopati mondiali scottati dai recenti concistori giudicati troppo romani centrici. Non a caso oggi il Papa crea sei nuovi cardinali, tutti non italiani. I neoporporati provengono da Stati Uniti, Libano, India, Nigeria e Colombia. Si tratta del 63enne James Harvey, del patriarca di Antiochia dei maroniti, il libanese Boutros Rai, 72 anni; dell’arcivescovo di Trivandrum dei siromalabaresi, il 53enne indiano Baselios Cleemis Thottunkal; dell’arcivescovo di Abuja, il 68enne nigeriano John Olorunfemi Onaiyekan; dell’arcivescovo di Bogotà in Colombia, Ruben Salazar Gomez, 70 anni; dell’arcivescovo di Manila nelle Filippine, Luis Antonio Tagle, 55 anni.
Da oggi, dunque, i cardinali elettori tornano a essere 120, il tetto massimo previsto da Paolo VI per un eventuale conclave. Gli ultraottantenni diventano invece 91 e il collegio cardinalizio è in tutto composto da 211 membri, con 117 europei, di cui 62 elettori, 22 americani del Nord, di cui 14 elettori; 30 latinoamericani, di cui 21 elettori; 18 africani, di cui 11 elettori; 20 asiatici, di cui 11 elettori, quattro dall’Oceania, di cui uno elettore. Le località di provenienza esprimono anche le priorità e le preoccupazioni di Benedetto XVI in questo momento del suo pontificato. Un concistoro senza italiani è raro, ma non unico: il 24 marzo 1924 Pio XI diede la porpora a due statunitensi, e il 19 dicembre del ’27 a due francesi, un canadese, uno spagnolo e un ungherese. Da Pio XI ad oggi, in 85 anni e sei papi, in ogni concistoro c’è sempre stato almeno un italiano.

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