Domanda:
Cari amici di pontifex, sempre più spesso mi tocca confrontarmi con
preti o religiosi che esaltano l'autorevolezza delle varie religioni,
che mettono in discussione le verità di fede cattoliche, che parificano
le varie religioni e che fanno addirittura da sponsor alle altre fedi.
Non sono un teologo, ma sempre più spesso mi capita di trovarmi in
disaccordo con questi signori, me lo suggerisce la coscienza, ma mi
stanno sorgendo seri dubbi sulla fede. Dubbi tali che mi hanno
addirittura allontanato dalla Messa. Mi domando se è ancora necessario
convertirsi al cattolicesimo per ottenere salvezza o se è possibile
salvarsi anche abbracciando altri credi. Mi domando anche se tutti i
santi martiri che sono morti per difendere la nostra fede sono da
ritenersi ancora come degli esempi di virtù e santità, degli eroi, o se
possono essere definiti degli sciocchi. Insomma, fino a qualche tempo fa
un prete piuttosto che fare pubblicità ad altre religioni, si sarebbe
fatto ...
... uccidere, quindi sarebbe morto martire, come è
accaduto milioni di volte in 2.000 anni, come accadde al primo martire
Stefano.
Ma allora, oggi, che sta succedendo? Dove sta la
verità? Perché la Chiesa non converte più? Ma lo spirito missionario
esiste ancora o è stato abolito?
Gradierei una risposta. Grazie. RalphC
Risposta:
Gentile utente, non vogliamo sindacare l'operato di
terzi, siano essi consacrati o laici, tuttavia siamo certi che la
risposta che ti forniremo sarà molto esaustiva e non lascerà spazio a
dubbi.
Ricordiamo anzitutto che l'antica Alleanza è morta e defunta.
L'Antica Alleanza consisteva nell’accogliere il
Messia promesso che doveva redimerci con il suo sangue versato in
remissione dei nostri peccati per fondare la Nuova ed Eterna Alleanza.
E’ quello che hanno fatto gli apostoli ed i discepoli, su cui Gesù ha
fondato la sua Chiesa, per trasmettere questa Nuova Alleanza a tutte le
genti, fino alla fine del mondo, per la loro salvezza.
Coloro che, invece di ascoltare Gesù, lo condannano a
morte, proprio a causa della sua dottrina, poiché lo considerano un
bestemmiatore, non possono richiamarsi dell’Antica Alleanza che si
compiva e terminava in Gesù Cristo.
Oggi ci sono teologi, anche autorevoli, che
sostengono che l'Antica Alleanza è ancora in essere e che la Scrittura
può essere letta anche secondo altre ottiche, ma tutto ciò è
assolutamente falso ed è comprovato da dati certi, non ultime furono le
parole di Gesù a confermare la rottura del Patto con i suoi nemici
giurati, con chi lo ha crocifisso.
Il discorso è molto lungo, ma è assolutamente
semplice e comprensibile per chi ha fede ed un minimo di conoscenza
della Scrittura e delle esegesi dei Padri; diversamente diventa molto
complesso per chi cerca, spudoratamente e con eresia, di tenere ancora
in vita l'antica Alleanza e la Antica Legge, estendendola a popolazioni
infedeli e guidate da reprobi.
E' proprio questa gente che, fornendo false, astute,
mendaci e complesse giustificazioni, fa perdere la fede al popolo
"bambino" quindi da' anche grave scandalo (violazione del 5°
Comandamento).
La nostra fede è semplice, chi tenta di complicarla è in mala fede. L'ambiguità è satanica.
Dell'Antica Legge Gesù ha espressamente comandato e
spiegato la validità e l'essenzialità del Decalogo, per essere graditi a
Dio e quindi per ottenere Salvezza.
Ed ecco la risposta alla tua domanda.
Sant'Agostino (cfr. II Super. Es ,9 Ex ,130) esalta
apertamente il Decalogo come sintesi e riassunto di tutte le leggi:
Molte cose aveva detto il Signore, eppure due sole tavole di pietra
furono date a Mosè, dette tavole della testimonianza futura nell'arca;
perché tutto il resto che il Signore aveva comandato si intende compreso
nei dieci comandamenti incisi nelle due tavole. Come del resto i
medesimi dieci comandamenti dipendono a loro volta dai due dell'amore di
Dio e del prossimo, in cui sta in sintesi tutta la Legge e tutto
l'insegnamento dei Profeti.
Essendo qui il nucleo di tutta la Legge, occorre che i
Pastori attendano giorno e notte a meditarlo, non soltanto per
uniformarvi la propria vita, ma anche per istruire nella disciplina del
Signore il gregge loro affidato. Sta scritto: Le labbra dei sacerdoti
custodiranno la scienza, e dalla loro parola sarà attinta la legge,
poiché il sacerdote è l'angelo del Signore degli eserciti (Ml 2,7).
Sentenza che si applica in modo particolare ai Pastori della nuova
Alleanza che, essendo più vicini a Dio, devono ascendere di splendore in
splendore, in virtù dello spirito del Signore (2Co 3,17). Avendoli Gesù
Cristo insigniti del nome di luminari (Mt 5,14), è loro stretto compito
fornire luce a coloro che giacciono nelle tenebre, costituirsi
istruttori degli ignoranti, educatori dei fanciulli (Rm 2,19). Di più:
essi che sono spirituali dovranno soccorrere chi sia irretito nel
peccato (Ga 6,1). Inoltre essi sono giudici nella confessione ed emanano
sentenze secondo la qualità e la gravita dei peccati. Perciò, se non
vogliono essere imputati di incapacità, e non vogliono frodare gli
altri, devono essere vigilantissimi nell'adempimento di tale compito ed
esperti nella interpretazione dei divini precetti, in base ai quali
hanno da giudicare ogni azione e omissione. Secondo l'ammonimento
dell'Apostolo, impartiscano la sana dottrina (2Th 4,3), immune cioè da
ogni errore; e curino le malattie dell'anima, i peccati, sicché il loro
popolo sia accetto a Dio, e dedito alle opere buone (Tt 2,14).
PRIMO COMANDAMENTO Non avrai altro Dio fuori di me
Duplice valore del precetto
Il Parroco insegni anzitutto che il primo posto nel
Decalogo spetta ai comandamenti che riguardano Dio; il secondo, a quelli
che riguardano il prossimo; perché quanto facciamo al prossimo ha la
sua ragione in Dio. Amiamo infatti il prossimo secondo lo spirito del
comando divino, quando lo amiamo per amore di Dio. E tali precetti
riguardanti Iddio sono formulati nella prima tavola. In secondo luogo
spiegherà come nella formula surriferita è racchiuso un duplice comando:
il primo positivo, l'altro negativo, poiché il comando: Non avrai altro
Dio fuori che me, contiene anche l'aggiunta: rispetterai me come vero
Dio, né presterai ossequio ad altri dèi.
Nella prima parte, a loro volta, sono impliciti i
precetti della fede, della speranza, e della carità. Dicendo che Dio è
immobile, immutabile, lo riconosciamo, a buon diritto, sempre uguale a
se stesso e verace: dunque è necessario che, aderendo ai suoi oracoli,
prestiamo pieno assenso alla sua autorità. Considerando poi la sua
onnipotenza, la sua clemenza, la sua facilità a beneficare, come
potremmo non riporre in lui tutte le nostre speranze? E, contemplando le
ricchezze della sua bontà e del suo amore riversate su di noi, potremmo
non amarlo? Di qui il preambolo e la conclusione che, nel formulare
comandi, Dio usa costantemente nella Scrittura: Io, il Signore.
Ecco, poi, la seconda parte del comandamento: Non
avrai altro Dio fuori che me. Il Legislatore ha usato tale formula non
perché tale verità non fosse sufficientemente chiara nel precetto
positivo: Onorerai me come solo Dio; poiché se è Dio, è unico; ma per la
cecità dei moltissimi, che un tempo, pur credendo di venerare il vero
Dio, prestavano culto a una moltitudine di dèi. Di tali ve ne furono
molti pure tra gli Ebrei che, secondo il rimprovero di Elia, zoppicavano
da due lati. Tali furono pure i Samaritani che onoravano
contemporaneamente il Dio d'Israele e le divinità dei Pagani.
Spiegato ciò, il Parroco farà rilevare che questo è,
fra tutti i comandamenti, il primo e più importante; non già per ordine
di sola precedenza, ma per i suoi motivi, per la sua dignità, e la sua
eccellenza. Dio infatti deve riscuotere da noi un affetto e un ossequio
infinitamente maggiori di quelli a cui possano aver diritto re e
padroni. Egli ci ha creati, ci governa, ci ha nutriti fin da quando
eravamo nel seno di nostra madre, ci ha tratto alla luce; Egli ci
fornisce il necessario alla vita e all'alimentazione.
Mancano a codesto comandamento coloro che non hanno
fede, speranza e carità; e sono tanti! Infatti rientrano in questa
categoria gli eretici, gli increduli circa le verità proposte dalla
Chiesa, nostra santa madre; coloro che prestano fede ai sogni, ai
presagi e a tutte le altre vane fantasie; quelli che perdono la speranza
della propria salvezza, cessando di confidare nella divina bontà;
coloro, infine, che contano unicamente sulle ricchezze, sulla salute e
sulle forze del corpo. Questa materia è più largamente spiegata da
coloro che hanno scritto intorno ai vizi e ai peccati.
Pene contro i trasgressori del primo comandamento
Io sono il Signore Dio tuo, forte, geloso, che faccio
ricadere la iniquità dei padri nei figli, fino alla terza e alla quarta
generazione, per coloro che mi odiano; e, nel medesimo tempo,
misericordioso abbondantemente verso coloro che mi amano e osservano i
miei comandamenti (Ex 20,5).
Due cose vanno spiegate a proposito di quest'ultima
parte del precetto. Innanzi tutto che, sebbene a causa della maggiore
gravita della trasgressione del primo precetto e dell'inclinazione degli
uomini a commetterla, la pena sia opportunamente qui menzionata, in
realtà si tratta di un'appendice comune a tutti i precetti. Ogni legge
infatti spinge gli uomini al rispetto delle prescrizioni col premio e
con la pena. Per questo frequenti promesse divine sono disseminate nella
sacra Scrittura. Tralasciando quelle pressoché innumerevoli contenute
nel vecchio Testamento, ricordiamo le parole del Vangelo: Se vuoi
entrare nella vita, rispetta i comandamenti (Mt 19,17); e altrove: Solo
chi adempie il volere del Padre mio che è nei cieli entrerà nel regno
celeste (Mt 7,21). In un altro luogo: Ogni albero che non fa buon
frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco (Mt 3,10). Altrove: Chiunque
si adira contro il suo fratello, sarà condannato in giudizio (Mt 5,22).
Infine: Se non perdonate agli uomini, nemmeno il Padre vostro perdonerà a
voi le vostre mancanze (Mt 6,15).
In secondo luogo, si ricordi che questa appendice
deve essere spiegata in maniera molto diversa agli individui perfetti e a
quelli carnali. Ai primi infatti, che operano sotto la guida di Dio (Rm
8,14) e a lui obbediscono con animo alacre e docile, esso parla quale
annuncio di letizia e quale prova luminosa del volere divino, ben
disposto verso di loro. Essi riconoscono cosi la premura di Dio,
amantissimo di loro, il quale, ora con i premi, ora con le pene, quasi
costringe gli uomini al proprio culto e alla religione. Ne scorgono cosi
l'infinita bontà, e vedono che cosa comandi loro, e come voglia far
convergere la loro opera verso la gloria del nome divino. Né solo
riconoscono tutto ciò, ma nutrono speranza che Dio, come comanda ciò che
vuole, cosi darà le forze necessarie per obbedire alla sua legge.
Per gli individui carnali, invece, non ancora
affrancati dallo spirito del servaggio, e che si tengono lontani dal
peccato più per timore delle pene che per amore della virtù,
quell'appendice ha sapore di forte agrume. Perciò dovranno essere
incoraggiati con esortazioni pie e quasi condotti per mano là dove vuole
la Legge. Ogni volta che venga l'occasione di spiegare uno qualsiasi
dei comandamenti, il Parroco tenga presenti queste considerazioni.
Le esortazioni sono tratte dal Catechismo Tridentino (PARTE TERZA: I PRECETTI DEL DECALOGO) San Pio V
Come vedi, caro lettore, la risposta la ha fornita
sapientemente e molto semplicemente San Pio V. La nostra fede è semplice
e dove vedi complessità scappa via. Novità o esortazioni differenti
sono di provenienza apostata o satanica. Ti salutiamo ricordandoti che
la violazione del Primo Comandamento è gravissimo peccato mortale. Non
può esistere Chiesa cattolica nella storia che, modificando il Pirmo
Comandamento, rimanga Tale.
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