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domenica 4 novembre 2012

Vatileaks non è finito.

Ora il processo all'informatico

Un fase del primo processoUN FASE DEL PRIMO PROCESSO

Lunedì prima udienza nel processo a carico di Claudio Sciarpelletti

Dopo la condanna del maggiordomo del Papa, parte lunedì il secondo - e, prevedibilmente, ultimo - processo vaticano relativo alla fuga di documenti riservati della Santa Sede (Vatileaks), quello a carico di Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della segreteria di Stato. Su richiesta della difesa, la sua posizione era stata stralciata all'inizio del procedimento che ha condotto all'arresto di Paolo Gabriele per furto dei documenti poi finiti nel bestseller di Gianluigi Nuzzi 'Sua Santità'.

 Sciarpelletti, cittadino italiano, era stato arrestato in Vaticano per una notte il 25 maggio, due giorni dopo l'arresto dell'ex assistente di Camera del Pontefice. La notizia non è però trapelata sino al momento del rinvio a giudizio dei due indagati, lo scorso 13 agosto. Sciarpelletti è imputato per favoreggiamento. Il portavoce vaticano Federico Lombardi ha precisato che Sciarpelletti ha avuto un ruolo minore.
  
L'informatico era stato trovato in possesso di una busta con alcuni documenti "non riservati" - ha precisato il suo legale, Gianluca Benedetti - ossia una "corrispondenza mail" e un "libello inqualificabile". La requisitoria del 'promotore di giustizia' (pm) Nicola Picardi ha rivelato che si tratta di "una relazione dal titolo 'Napoleone in Vaticano' riprodotta da Nuzzi nel volume 'Sua Santità'". In un primo momento - è sempre la ricostruzione del pm - Sciarpelletti aveva affermato che la busta (con timbro a secco sul retro della segreteria di Stato ufficio Informazioni e documentazioni) gli era stata consegnata da Paolo Gabriele, poi ha rettificato dicendo che gli era invece stata consegnata da un monsignore - coperto per omissis dalla lettera W - con lo scopo di recapitarla a Paolo Gabriele. In questo senso, ha sostenuto il suo avvocato, il tecnico informatico, che si dichiara non colpevole, ha indirizzato gli inquirenti verso Paolo Gabriele e il favoreggiamento si configurerebbe, di conseguenza, a carico del monsignore.

"Tra me e Paolo Gabriele non c'era una grande amicizia, ma ci conoscevamo e scambiavamo opinioni", ha peraltro puntualizzato Sciarpelletti per bocca del suo legale. Il capitolo del libro di Nuzzi racconta di una misteriosa vicenda relativa ad un'auto dei gendarmi vaticani crivellata di colpi di arma da fuoco in territorio italiano, si focalizza sulla figura del comandante della gendarmeria, Domenico Giani, e si conclude con una ricostruzione che solleva la questione del "conflitto di interessi" in cui incorrerebbe, per le sue attività in Italia, un gendarme, Gianluca Gauzzi Broccoletti. Se Sciarpelletti si presenterà lunedì in aula, sarà la prima volta, poiché all'udienza alla quale ha ottenuto lo stralcio era rappresentato dal suo legale.
REDAZIONEROMA

Al processo che inizia lunedì nel tribunale alle spalle della basilica di San Pietro sono previsti cinque testimoni: lo stesso maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, il vicecomandante della Guardia svizzera, William Kloter, il comandante della gendarmeria vaticana, Domenico Giani e il gendarme Gauzzi Broccoletti. Prevista inoltre la testimonianza di mons. Carlo Polvani, responsabile informazione della segreteria di Stato vaticana nonché nipote di quel mons. Carlo Maria Viganò che, oggi nunzio apostolico negli Stati Uniti, contestò l'anno scorso la decisione del cardinale Tarcisio Bertone di allontanarlo dalla segreteria del governatorato vaticano con lettere di denuncia della corruzione vaticana che finirono sui giornali italiani e costituirono l'antefatto del caso Vatileaks.
Nel corso del primo processo i magistrati - Giuseppe Della Torre, Paolo Papanti-Pellettier e Venerando Marano - hanno stabilito che nel corso del processo-stralcio verrà analizzato anche il materiale informatico che i gendarmi vaticani avevano rinvenuto nella perquisizione a casa di Paolo Gabriele. L'ex maggiordomo del Pontefice è stato arrestato in una cella della gendarmeria lo scorso 25 ottobre con una pena, scontata, di 18 mesi. Cinque mesi sono già trascorsi tra arresti domiciliari e carcerazione preventiva. Se la Santa Sede non esclude che il Papa gli conceda la grazia, l'ipotesi è sembrata affievolirsi con la pubblicazione di una dura nota della segreteria di Stato vaticana, che ha precisato che il perdono papale «presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi». Il dibattimento ha fatto emergere il ruolo ambiguo di altre personalità a partire dal confessore di Gabriele, don Giovanni Luzi, al quale il maggiordomo pontificio aveva consegnato copia dei documenti proditoriamente raccolti. La nota, però, ha precisato che «il dibattimento ha potuto accertare i fatti, appurando che il Sig. Gabriele ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili. Le varie congetture circa l'esistenza di complotti o il coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate».



Vatileaks, via al processo al tecnico
informatico amico dell'ex maggiordomo

Dopo la condanna di Paolo Gabriele per la fuga di documenti top secret tocca a Claudio Sciarpelletti, impiegato nella Segreteria di Stato

di Franca Giansoldati
CITTA’ DEL VATICANO - Da lunedì mattina i riflettori si riaccenderanno sul tribunale del Vaticano. Il processo numero due per lo scandalo dei Vatileaks vedrà sul banco
degli imputati il tecnico dei computer trovato in possesso di una busta con dentro una serie di documenti destinati al maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, che attualmente è in carcere dovendo scontare un anno e sei mesi. Dopo la condanna di Gabriele per la fuga di documenti top secret dall’appartamento di Benedetto XVI, questa volta toccherà a Claudio Sciarpelletti, 43 anni.

La sua posizione processuale appare più semplice: il tecnico informatico, impiegato nella Segreteria di Stato, è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento e falsa testimonianza, ma non per furto aggravato come era accaduto per il maggiordomo. Durante il primo processo i magistrati avevano annunciato di volere stralciare dal filone principale della inchiesta la vicenda di Sciarpelletti, e giudicarlo a parte, come se si trattasse di un filone investigativo differente. Una scelta che ha lasciato molti interrogativi sul tappeto a proposito dei legami esistenti tra i due uomini.

Lunedì mattina alle ore 9, il tribunale d’Oltretevere, presieduto dal professor Giuseppe Dalla Torre, riaprirà i battenti per ascoltare cinque testimoni: in cima alla lista figura Paolo Gabriele, attualmente in cella nella palazzina della gendarmeria; poi il vicecomandante della Guardia svizzera, William Kloter, il comandante della gendarmeria Domenico Giani, il gendarme Gauzzi Broccoletti, esperto di computer e monsignor Carlo Maria Polvani, responsabile dell’ufficio informazione della segreteria di Stato, nonché nipote di monsignor Viganò, l’attuale nunzio negli Usa, che fu allontanato (con una promozione) dalla direzione del Governatorato dopo avere scoperto diverse magagne all’interno del sistema, alcuni episodi di corruzione nonché un uso allegro dei fondi affidati alla gestione di alcuni uffici.

Sciarpelletti venne arrestato solo per una notte, il 25 maggio, dopo che nella scrivania del suo ufficio erano stati rinvenuti alcuni documenti contenuti in una busta con la scritta Paolo Gabriele e alcuni timbri della segreteria di Stato. Tra i fogli c’erano anche le fotocopie di un capitolo del libro di Nuzzi, Sua Santità, dedicato alla Gendarmeria e alle società esterne sulla sicurezza collegate con alcuni gendarmi. Anche se il processo a Sciarpelletti riguarda un singolo episodio circoscritto, di portata minore, le attese per il dibattito restano alte poiché nel corso del dibattimento potrebbero emergere altri tasselli di un mosaico ancora da completare.

Sciarpelletti era davvero uno dei complici di Paolo Gabriele? Uno dei venti corvi in Vaticano che, come aveva affermato il maggiordomo durante una intervista, erano pronti a colpire ancora e diffondere altri documenti riservati per fare emergere il marcio esistente tra le pieghe della curia? La busta destinata a Paolo Gabriele arrivava da monsignor Polvani?

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