MONS. NEGRI: ”SIA PIÙ PRUDENTE E DISCRETO”
Il vescovo ciellino, emerito di San Marino e neo di Ferrara, a tutto campo su Concilio e lefebvriani, rapporti politica-Chiesa… e, va da sé, Bagnasco-Monti
Sinceramente credo ci vorrebbe e ci sarebbe voluta
più discrezione da parte delle autorità ecclesiastiche, vaticane e non,
nel fare interventi che possono essere letti come sostegno aperto per
qualcuno. Non credo che il Papa voglia appoggiare un determinato partito
o candidato. Quelli che sono a mediare tra lui e il resto della Chiesa e
della società dovrebbero vivere con molta più prudenza questa
responsabilità
Mons. Lugi Negri è certamente un uomo di Chiesa che non la manda a dire. L’ex vescovo di San Marino, che dal febbraio prossimo prenderà possesso canonico della diocesi di Ferrara-Comacchio, di area ciellina, insigne teologo e saggista, non ama molto il “politichese” né tantomeno il “clericalese”, che spesso e volentieri caratterizza il modo di comunicare delle burocrazie episcopali. E lo dimostra in un’intervista a tutto campo – dal Concilio ai rapporti tra Chiesa e politica, passando per il tema del dialogo con i lefebvriani – rilasciata a margine di un convegno tenuto nella città di papa Benedetto XIII, Gravina (Ba), dove si presentava un libro sulla retta interpretazione e ricezione del Concilio. Senza risparmiare qualche stoccata a recenti scivoloni ed esternazioni di certi alti ambienti ecclesiali… a proposito delle elezioni. Dove, pur senza fare nomi, appare chiaro il riferimento critico del prelato alle controverse dichiarazioni del presidente della CEI, cardinal Bagnasco, in favore cosiddetta “salita” in politica di Mario Monti.
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Eccellenza, nel convegno si è parlato di recezione e interpretazione del Concilio Vaticano II. Lei ha insistito molto sul tema della cultura come fondamento dell’identità cattolica. Oggi dunque è necessaria una battaglia culturale?
Il laicismo contemporaneo criminalizza la storia cattolica, dimenticando che essa ha prodotto una cultura, che a sua volta ha gettato le basi di una civiltà. La cultura è a pieno diritto una dimensione della fede, intesa non solo come dottrina, ma anche e soprattutto come tradizione e devozione popolare. Ma senza cultura non c’è identità, e senza identità non ci può essere dialogo autentico: esso scade nell’irenismo e nel filantropismo, che è il contrario della Carità. La fede viene così ridotta a mera prestazione di servizi.
Da qualche anno a questa parte, sull’onda del famoso discorso di Papa Benedetto XVI sull’ermeneutica della continuità, è molto acceso nel mondo cattolico il dibattito sul Concilio e sulle sue interpretazioni. Alcune opere sull’argomento, come il libro del prof. De Mattei, hanno fatto e fanno discutere. Qual è la sua opinione in merito?
È necessario un rigoroso approfondimento dei termini della storia del Concilio, che è stato un evento storico, e come tutti gli eventi storici pieno di luci e ombre. Il libro De Mattei è straordinario perché ci fa conoscere la complessità dialettica dell’evento conciliare, in cui sono maturate le prese di posizione del Magistero. La storia è molto complessa e contraddittoria, ed il Magistero si fa nella storia, ma non si esaurisce in essa. Non c’è quindi un cortocircuito tra le due dimensioni.
La remissione della scomunica è solo l’inizio di un cammino, non ne è la fine. Su questa base occorre fare un lavoro di approfondimento dottrinale che deve arrivare a una condivisione di principi sostanziali sul piano del Magistero. Ci sono stati degli inconvenienti in questo percorso, ma non sono colpa del Santo Padre, quanto piuttosto di alcuni suoi collaboratori.
Un altro argomento caro al Papa è quello del rapporto tra Chiesa e politica, intesa sia come realtà esterna che come potere interno alla stessa realtà ecclesiale. Benedetto XVI ha spesso richiamato i politici cattolici alla coerenza nella difesa di certi principi, di quelli “non negoziabili”, che sono pochi ma precisi.
Credo che la questione non sia meramente un problema di persone o di analisi strettamente politiche, ma di chiarezza su alcuni criteri per giudicare correnti, posizioni, programmi. Questi sono i valori non negoziabili. Un uomo politico può ricevere un appoggio significativo soltanto nel momento in cui si impegna a fare di essi il punto di vista di tutta la sua azione di governo. La politica non ha la mediazione come obiettivo, quello è l’incremento del bene comune. La mediazione deve essere solo un mezzo. Ma non è il fine.
In questi giorni, però, assistiamo a prese di posizione abbastanza esplicite che fanno parlare di vero e proprio “endorsement vaticano” verso determinate forze politiche… E’ di pochi giorni fa la dichiarazione, che ha suscitato disorientamento in molti cattolici, del presidente della CEI d’appoggio esplicito alla “salita” in politica con una lista propria ed entro certe alleanze del premier Mario Monti.
Sinceramente credo ci vorrebbe e ci sarebbe voluta più discrezione da parte delle autorità ecclesiastiche, vaticane e non, nel fare interventi che possono essere letti come sostegno aperto per qualcuno. Non credo che il Papa si voglia esprimere nel senso di appoggiare un determinato partito o candidato. Quelli che sono a mediare tra lui e il resto della Chiesa e della società dovrebbero vivere con molta più prudenza questa responsabilità.
Intervista di
Francesco Mastromatteo
Mastromatteo |
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