ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 2 dicembre 2012

Il cubo di babele



La scommessa della chiesa a Vaulx-en-Velin

Col telefonino in mano, padre Régis Charre ha una parola per ognuno degli operai che lavorano ancora nella chiesa a tre giorni dalla sua apertura ufficiale, domenica 2 dicembre. Impreca un po'
contro i ritardi dei lavori, si innervosisce sorridendo per il fatto che la strada che porta alla chiesa,un edificio quadrato che termina con una specie di corazza a forma di guscio bianco, sia ancora in costruzione.
Nella chiesa dalle linee sobrie, dalle vetrate ultramoderne e colorate, mostra anche gli spazi vuoti previsti per delle icone, bloccate ad Aleppo, in Siria. Ma, malgrado questi contrattempi, domina un certo orgoglio nel prete che lavora da anni alla costruzione della chiesa Saint-Thomas di Vaulx-en-Velin (dipartimento Rhône, a nord est di Lione).
“La consacrazione di una chiesa resta un evento rarissimo”,conferma l'arcivescovo di Lione,Philippe Barbarin, che celebrerà domenica la “messa di dedicazione”. Nella diocesi l'ultima costruzione risale al 2002, le precedenti agli anni '60. A livello nazionale, le costruzioni di chiese sono rare, ad eccezione di una manciata di progetti nelle città nuove. Di fronte alla diminuzione della pratica, è venuto piuttosto il momento di vendere o di chiudere gli edifici che invecchiano.
“È una scommessa audace”,riconosce il cardinale. Una scommessa da 4 milioni di euro, lanciata nel contesto multiculturale di questo centro dell'agglomerazione lionese, dalla reputazione a lungo offuscata dalle violenze urbane degli anni '90.
Ma le prospettive demografiche e le evoluzioni sociologiche di questa città di 42000 abitanti di 50 nazionalità hanno convinto la Chiesa cattolica a ricostruire sulle rovine di una cappella giunta“a fine corsa”.
“Entro dieci o quindici anni, Vaulx-en-Velin avrà 10 000 nuovi abitanti”,
assicura Bernard Genin, il sindaco comunista di questo comune impegnato da anni nella ristrutturazione delle case popolari e nello sviluppo dell'edilizia privata.
Da parte della Chiesa, l'arrivo potenziale di nuovi fedeli coincide con la crescita continua di una comunità assiro-caldea, venuta dall'Iraq e con la volontà della diocesi di dare alla città, che ha già tre luoghi di culto cattolici,“un nuovo impulso –
religioso -” secondo Mons. Barbarin.
Nel corso degli anni la presenza di circa 1000 assiro-caldei ha obbligato padre Charre a destreggiarsi tra gli orari delle messe. Questi credenti, che celebrano in arabo e in aramaico, usano ormai una delle chiese della città. La nuova costruzione, prevista per 500 persone, servirà quindi in gran parte ai fedeli “latini”, 800 persone, in maggioranza provenienti da comunità antillane,africane, tamul, indiane o portoghesi.
Perché, ed è questa la sfida del prete di Vaulx-en-Velin, deve proporre un'offerta di culto che tenga conto della diversità dei suoi fedeli, pur mantenendo “l'unità della Chiesa”. “A seconda delle domeniche, vengono previsti dei canti in portoghese, una lettura in lingua creola o una musica diversa, perché cantare o pregare nella propria lingua materna è importante,spiega questo prete progressista, impegnato nella Gioventù operaia cristiana.
Dall'altro lato, lo scopo della Chiesa cattolica è lottare contro le chiusure comunitaristiche.”
E oggi, questo è la necessità ad imporlo: la penuria di preti non permette più, come vent'anni fa, di celebrare“per comunità e per lingua”,anche se l'eccezione caldea contraddice oggi questo principio.
In questo contesto, la chiesa Saint-Thomas è quindi stata pensata per essere più di un semplice luogo di culto.
“Oggi, una chiesa non deve più essere solo un luogo dove si celebra la messa.
Bisogna poter accogliere i bambini, i giovani, adeguatamente,precisa il prete.
Inoltre, a seconda delle origini, certi fedeli ci tengono a perpetuare la tradizione delle agapi, cioè dei pasti organizzati dopo la messa. In occasione dei decessi, c'è chi riceve decine di visite di condoglianze,anche per più giorni.”
Il nuovo edificio potrà accogliere queste riunioni comunitaristiche.
Questa gestione della diversità culturale non è specifica dei cattolici. I protestanti riformati, che da quattro anni si sono sistemati in pieno centro di un'ex sobborgo operaio della città, hanno visto i loro fedeli rinnovati per il 50%.
“Non tutti provengono dalla Chiesa riformata; vediamo arrivare persone immigrate in cerca di una comunità”,testimonio la pastora Corinne Charriau. E capita che alla domenica, la musica classica dell'organo si trovi arricchita dai suoni del djembe [tamburo africano].
Pensato da più di trent'anni, un progetto di moschea ha trovato appena ora un inizio di concretizzazione. Per anni, i musulmani originari del Maghreb, dell'Africa, delle Comore, della Turchia, del Pakistan o di Bosnia non sono riusciti a federarsi attorno ad un progetto unico. Su richiesta del comune, in cerca di interlocutori, è finalmente nata un'associazione, che ha acquistato un terreno nel quartiere popolare del
Mas du Taureau.
Da luglio, si cominciano a vedere i muri della futura moschea, prevista per più di 1000 fedeli. Ma l'associazione fatica a trovare i finanziamenti.
“Si son fatti partire i lavori, valutati attorno ai 4 milioni di euro, con solo 300 000 euro”,riconosce il responsabile dell'associazione Faouzi Hamdi. I collaboratori del sindaco notano tentativi di creazione di sale di preghiera da parte di turchi,
bosniaci o salafiti, tradizionalmente presenti nell'est lionese. Il sindaco assicura di aver
recentemente fatto chiudere un padiglione trasformato in luogo di culto da questi ultimi “per ragioni di sicurezza”.
“Luoghi di culto decenti, con un'architettura adatta, fanno sì che le diverse comunità si avvicinino le une alle altre”,sostiene il sindaco, che, pur dicendosi a favore di una laicità “senza concessioni”,promuove il dialogo tra religioni e comunità. Con i rappresentanti degli altri culti e con i principali eletti locali, Bernard Genin si recherà all'inaugurazione della chiesa, domenica pomeriggio. Dopo la messa, però.

di Stéphanie Le Bars
in “Le Monde” del 2 dicembre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

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