ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 17 gennaio 2013

ABYSSUS ABYSSUM INVOCAT


A proposito dell'articolo Liturgia: verso il precipizio? apparso oggi su Chiesa e post concilio.




A differenza del realismo e del radicamento alla realtà che contraddistingueva i Cattolici sino al Concilio, chierici e laici, pare che oggi alcuni osservatori abbiano trascorso gli ultimi cinquant'anni su un altro pianeta. 

Così, se lo sguardo verso le realtà superne non distoglieva l'attenzione dalle contingenze del secolo ed anzi ne motivava la valutazione per custodire il Depositum fidei, la Morale e la Liturgia, nella mentalità moderna si direbbe che lo sguardo alle contingenze del secolo abbia viceversa distolto l'attenzione dei Sacri Pastori dal sovrannaturale, ritenendo la custodia della Dottrina, la difesa della Morale e la conservazione della Liturgia come trascurabili e talora scomodi intralci.

Non altrimenti si spiegherebbe il ripiegamento della chiesa conciliare su se stessa, senza alcun anelito al trascendente, senza alcun ricorso alla Grazia divina e senza alcuno scopo eroico. Ingannati dall'inimicus homo, i fedeli si sono trovati a celebrare se stessi e la propria tristissima orizzontalità, beandosi della propria mediocrità ed erigendola a metro di giudizio sul lecito e l'illecito. Da qui il connaturale fastidio per la grandezza della Fede cattolica, per la gravità della sua Morale, per la maestà della sua Liturgia, per l'altezza della sua Spiritualità, per lo splendore della sua arte. 

La Chiesa Cattolica mostra all'uomo la sua miseria, la sua fallibilità, la sua peccabilità e gli addita vette eccelse cui aspirare e che i Sacramenti e la Grazia rendono raggiungibili. Essa piega il ginocchio innanzi alla Maestà Divina, che accoglie dalle mani di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote, Pontefice e Mediatore, la Vittima immacolata - Cristo stesso - offerta una volta per tutte sulla Croce e rinnovata in modo incruento sull'altare per riversare sulla Chiesa i frutti della Redenzione. Et exaltavit humiles.

La chiesa conciliare innalza l'uomo come stolto Icaro nel cielo nero della dignità umana, gli fa credere di essere libero, perfetto, infallibile e per ciò stesso non può dargli mete superiori cui ambire; i suoi nuovi sacramenti servono quindi a celebrare l'uomo come egli è. Essa non si inginocchia dinanzi al dio che celebra, poiché quel dio è al tempo stesso anche il celebrante di se stesso e non ha alcunché da impetrare, nessuna colpa da confessare, nessuna grazia da invocare, nessuna redenzione di cui esser reso partecipe. Troppo tardi l'uomo scoprirà che quelle ali artefatte si scioglieranno al sole della Verità e lo precipiteranno, al pari di Lucifero, nell'abisso eterno. Dispersit superbos.

Nel 1962, la Massoneria chiedeva ai suoi adepti: 
Incaricate i pastori protestanti di riesaminare la Messa e di dissacrarla. Seminate dubbi sulla presenza peale nell’eucarestia e confermate che, con maggiore vicinanza alle tesi protestanti, si tratta soltanto di pane e vino benedetti, ed in quanto tali, da intendersi come puro simbolo. Vietate, di fatto, lasciando credere che lo sia anche di diritto, la liturgia latina classica, con tutto il suo codazzo di adorazione e canti, giacché comunicano un senso di mistero e di deferenza. Presentateli come incantesimi di indovini [...]. Non limitatevi a togliere le statue dalle chiese. Rimuovete tutte le reliquie dagli altari e, in seguito, gli altari stessi. Sostituiteli con tavole pagane, prive di consacrazione [...]. Eliminate le leggi canoniche che obbligano a celebrare solo su altari contenenti reliquie. Interrompete la pratica di celebrare messe, in direzione, o, almeno, alla presenza del santissimo sacramento nel tabernacolo. Non ammettete alcun tabernacolo sugli altari che vengono usati per la celebrazione della messa. La tavola deve avere l’aspetto di un tavolino. Deve essere trasportabile per esprimere che non è affatto sacro, ma deve servire a più di uno scopo, come ad esempio, per conferenze [...]. Più in là, collocate almeno una sedia a tale tavola. Il sacerdote deve prendervi posto per indicare che, dopo la comunione, egli riposa come dopo un pasto. Il sacerdote non deve fare mai genuflessioni o stare inginocchiato. Ai pasti, infatti, non ci s’inginocchia mai. La sedia del prete deve essere collocata al posto che spetta al tabernacolo […]. Collocate il tabernacolo in un altro locale, fuori vista. Fate distribuire la comunione a donne e laici. Cominciate con il dare la comunione in mano all’uso protestante. Spiegate che il Cristo lo faceva nel medesimo modo. 
Istruzioni della Massoneria ai Vescovi Massoni, 1969 


Rispondeva un Prelato al Concilio:
È necessario istituire, al di fuori e al di là del rito latino, una messa ecumenica, ispirata alla Santa Cena, interamente celebrata in volgare, a voce alta e rivolti ai fedeli, in maniera che essa sia accessibile senza spiegazioni né commenti e sia accettabile da parte di tutti i cristiani al di là della loro specifica confessione. Perché il più grande concilio ecumenico della storia non dovrebbe dare l’ordine di studiare una nuova forma della messa, adatta gli uomini dei nostri tempi?
Mons. Duschak al Concilio, 6 Novembre 1962 

Come si vede, il programma dei novatori non è frutto di un tradimento del Concilio, bensì il suo motore ab initio. E quello che auspicava mons. Duschak trovò perfetta esecuzione:
Possiamo adottare il nuovo rito, perché la nozione di sacrificio non vi è minimamente affermata.
Fratel Roger Schultz, Comunità protestante di Taizé 
Uno dei frutti del Novus Ordo sarà che le comunità non cattoliche potranno celebrare la Santa Cena con le stesse preghiere della Messa cattolica.
Max Thurian, Comunità protestante di Taizé
Ora, se la Massoneria chiede delle riforme con la finalità di nuocere alla Chiesa; se un Vescovo del Concilio fa proprie queste istanze, assieme a molti altri Prelati legati alla Massoneria; se infine i protestanti riconoscono che questi progetti sono stati realizzati: come possiamo negare una relazione strettissima tra questi eventi, come se la Massoneria fosse un pio sodalizio, ignorandone i programmi, le corrispondenze all'interno della Chiesa e i risultati del lavoro di Prelati che sono stati smascherati come Massoni anch'essi, quando addirittura gli eretici si rallegrano che la Messa cattolica sia diventata una Cena luterana?

Le citazioni e le fonti si moltiplicano a tal proposito, ma sono tutte concordi: nei programmi, nei mezzi da adottare e nei risultati ottenuti. 

Lo conferma l'estensore dell'articolo:


In queste condizioni, voler nuovamente orientare la Messa verso Dio forma un precipizio liturgico - un ritorno di fiamma da parte di fedeli che non si sentono coinvolti che da una liturgia interamente centrata su loro stessi. E il precipizio è ancor più ripido e più oscuro perché questi Cattolici non tollerano che si critichi la loro preferenza per una messa centrata su di loro. Essi sono stati spinti in questo modo di celebrare da alcuni auto-proclamatisi guide che mantengono fermamente le redini e non demordono - né si cerca di uscirne. Ci sono due metodi infallibili per far inalberare un Cattolico praticante medio : la Messa in latino e la celebrazione rivolti a Dio piuttosto che ai fedeli. Ironia della sorte - e affliggente effetto della liturgia centrata sui fedeli - il Vaticano II chiama i fedeli a conoscere e cantare l'ordinario della Messa in latino.

Ironia della sorte? Ma l'appello della Sacrosanctum Concilium doveva solo accontentare i Padri Conciliari più conservatori, mentre era a tutti evidente che quel richiamo sarebbe rimasto lettera morta, al pari di tanti altri contentini messi qui e là giusto per non insospettire chi - giustamente - vedeva messa in pericolo la Liturgia della Chiesa, oltre a tutto il resto. 


Non fa quindi meraviglia che la liturgia riformata, ideata da liturgisti impregnati ideologicamente di questa visione orizzontale, si dimostri indocile ai tentativi di conversione timidamente avanzati da qualche studioso, ed anche dallo stesso Benedetto XVI. 


La celebrazione ad orientem vorrebbe restituire la dimensione cristocentrica propria alla Liturgia Romana, facendo convergere il celebrante e i fedeli verso l'est liturgico, secondo l'antichissima  tradizione della Chiesa. Il Crocifisso al centro dell'altare dovrebbe rappresentare l'unità tra il Sacrificio della Croce e quello dell'altare. L'uso della lingua liturgica e del canto gregoriano dovrebbe favorire la dignità dei riti e il senso del sacro. L'uso di paramenti sacri decorosi contribuirebbe a far comprendere la funzione ministeriale del celebrante, il suo essere un alter Christus e non il delegato dell'assemblea. La distribuzione della Comunione in ginocchio dovrebbe insegnare ai fedeli il rispetto e l'adorazione dovuti alla Presenza Reale di Nostro Signore sotto le Specie Eucaristiche. Intenti, questi, lodevolissimi in sé, ma che ancora una volta, ahimè, ci paiono inadeguati alla soluzione del problema. Problema che alla fine si riconduce alla crisi postconciliare, alle errate dottrine diffuse in seno alla Chiesa dal Concilio in poi, all'anarchia che regna nel culto.


Giustamente osserva il glossatore di Chiesa e post concilio, riferendosi all'articolo che stiamo commentando:
Sarebbe molto semplice riscoprire il rito di sempre in tutte le sue ricchezze mistiche e dottrinali.
Infatti, operazioni di maquillage rituale al Novus Ordo sono a nostro avviso destinate, nella maggior parte dei casi, al più infelice naufragio; in una minima parte, esse si prestano ad un fine che, pur buono nelle intenzioni dei Santo Padre, rischia di tradire la mens del precedente legislatore, di colui che promulgò quel rito proprio per farne il contraltare della Liturgia Romana. 

Celebrare la Messa riformata ad orientem, con paramenti tradizionali, rispettandone pedissequamente le Rubriche, in lingua latina e con il canto gregoriano può apparire a prima vista un atto lodevolissimo, al quale peraltro non fummo estranei nemmeno noi, in epoche ormai remote, quando non avevamo ancora una visione d'insieme della gravità della crisi conciliare. 

Il semplice fedele, così come il buon sacerdote e il pio Prelato, vedono l'altare adornato, il celebrante rivestito della pianeta che eleva l'Ostia Santa verso il Crocifisso, tornato finalmente al centro dell'altare; cantano le sacre melodie che furono sulle labbra dei Santi; si lasciano avvolgere dalle spire d'incenso, le cui volute annebbiano i bagliori degli argenti e le fiamme dei ceri. Proprio come nella Messa tridentina. 


Ma i testi di quella Messa, ancorché letti nella lingua della Chiesa, sono intrisi di un umanesimo che ripugna a tutto quel solenne apparato. Le omissioni colpose, le censure, le parti facoltative di fatto saltate dal celebrante, suonano come una negazione della Verità cattolica per non offendere chi di quella Verità è nemico giurato: se nulla fosse veramente cambiato rispetto alla Fede che il nuovo rito esprime, perché evitare di menzionare dei dogmi fondamentali, sostituendoli con forme equivoche che, in questo contesto, assumono il significato chiarissimo di eresie dissimulate?  E ancora: come si giustifica l'entusiasmo della Massoneria (mandante delle modifiche) e degli eretici (destinatari del rito deformato) davanti al Novus Ordo, che qualcuno si ostina a considerare come una sorta di astrazione avulsa dal contesto in cui è stato concepito e in cui ha dato modo di mostrare i suoi nefasti frutti?


Né le mitrie più preziose di Pio IX e il fanone di Pio XII, né le polifonie più sublimi di Palestrina possono coprire quello che alla fine è un grottesco tentativo di render presentabile un rito che si ribella a questo suo tradimento: poiché la liturgia riformata è antropocentrica per natura. Essa non è frutto di un progressivo ed organico sviluppo delle sue preghiere in seno ad una Chiesa viva e militante: è altresì un coacervato di ipocrisie ed ammiccamenti alla riforma luterana, alla Santa Cena, partorito da una conventicola di liturgisti massoni, primo fra tutti mons. Annibale Bugnini, con l'intento di tradurre in ambito rituale le idee rivoluzionarie della Massoneria, propugnate pubblicamente nei suoi scritti e nelle sue direttive ai membri della setta. Essa è un ircocervo, un monstrum liturgico che ha cancellato dal rito antico tutto ciò che potesse contrastare con la nuova dottrina conciliare, e che nella sua stessaInstitutio ha dato di sé una definizione eretica - il famoso art. 7 - al punto da dover esser corretta ex post senza però trovar correzione in ciò che corrispondeva perfettamente a quella visione non cattolica. 

Uno studio scientifico della Riforma liturgica dimostra senza possibilità di appello un intento non solo evidente, ma diremmo quasi sfrontato nell'affermazione di principi che nulla hanno a che vedere con la vera Liturgia cattolica, e che anzi se ne sono voluti separare in modo arrogante e violento.

Appellarsi alla Sacrosanctum Concilium per ridare dignità alla liturgia riformata è operazione ingenua, che rischia di rendersi complice del tradimento conciliare e postconciliare, ed è a sua volta tradimento di quest'ultimo. 

Nessuno pensava che la Messa di Paolo VI si sarebbe effettivamente dovuta celebrare in latino: basti vedere la qualità editoriale della Editio typica e l'esiguità dei Messali stampati, la cui funzione era quella di canovaccio cui far riferimento per le edizioni nelle diverse lingue nazionali. Nessuno pensava che il gregoriano sarebbe rimasto espressione propria del canto liturgico: basti vedere la scarsità di edizioni delGraduale Romanum e l'abbandono dell'Antiphonale, mai effettivamente adeguato alla riforma né pubblicato. Nessuno voleva mantenere l'orientamento degli altari spalle al popolo - espressione indicativa di un pregiudizio ben chiaro al riguardo - tant'è vero che lo stesso Messale paolino chiede che i nuovi altari siano versus populum

Le anime belle - ammesso che dopo cinquant'anni ve ne siano ancora nel sacro recinto - sbandierano i documenti conciliari, le istruzioni, le notificazioni, i decreti. Facevano altrettanto i bravi Vescovi, che credevano di aver ancora a che fare con la Chiesa di Cristo e con Papi come Leone XIII o San Pio X e si appellavano alla Curia Romana per limitare i disastri del postconcilio: il loro comportamento veniva definito vieto rubricismomentalità canonistica postridentinaautoritarismo preconciliare proprio daNotitiae, il bollettino ufficiale della Sacra Congregazione per il Culto Divino, in cui l'allora mons. Virgilio Noé giunse a definire ammucchiate le cerimonie papali di Pio XII. 

Quale autorità si poteva dare ad un Messale che, concepito in una turpe congrega di prelati Massoni proprio per essere manipolato in senso ancora più protestante, prendeva il posto di un Rito millenario e venerabile, dichiarato proscritto e abolito? Quale continuità, anche solo superficiale, si poteva accordare a un rito che aveva inorridito il Card. Alfredo Ottaviani, Prefetto del Sant'Uffizio, senza che Paolo VI movesse un dito, e che anzi era stato da lui fortissimamente voluto e imposto, anche contro il diritto? Sapevano tutti che quella Editio typica sarebbe stata cestinata di lì a breve, seguendo nella pattumiera le innumerevoli edizioni di altri Messali ad experimentum che via via defalcavano tutto quello che ricordava anche solo lontanamente la Liturgia Romana. Senza parlare delle edizioni successive e delle traduzioni, che riuscirono a snaturare quel poco di cattolico che era sopravvissuto nel testo latino, sempre e comunque in un'unica direzione, perfettamente coincidente con le indicazioni della Massoneria.

Fingere che tutto questo non sia esistito, che mons. Annibale Bugnini e mons. Virgilio Noé - alla cui scuola si vantò di appartenere il tristemente noto mons. Piero Marini - non fossero Massoni e modernisti, difesi dalla connivenza quando non dalla complicità di Montini, è a dir poco assurdo. Come assurdo è fingere che la Messa riformata sia nient'altro che una continuazione della Messa cattolica. Come assurdo, se vogliamo esser chiari, è affermare che questa liturgia non sia stata la coerente traduzione rituale delle deviazioni dottrinali del Concilio, per nulla estraneo al complotto. 

Chi cadde nella trappola allora, ricade nell'inganno oggi, forse credendo di non dover screditare Santa Madre Chiesa attribuendole errori e deviazioni che viceversa le sono estranei, non avendo essa mai coperto col sacro manto dell'infallibilità né quell'assise né tantomeno la liturgia che essa inventò ed impose all'orbe cattolico con inaudita violenza e nel disprezzo più assoluto di ogni voce di dissenso, ancorché autorevolissima. 

Giustamente il Motu Proprio Summorum Pontificum definisce ordinaria la forma odierna: ci piace credere che quell'aggettivo sia da intendersi nel senso comune che gli si attribuisce quando si parla ad esempio di una persona ordinaria, di un abito ordinario. Qualcosa che si usa tutti i giorni, a cui non si attribuisce particolare valore e che in certi casi ha anche una connotazione spregiativa. 

Non vogliamo con questo dissuadere quanti, animati da sincero zelo per l'onore della divina Liturgia, si adoperano per celebrare con dignità e decoro la Messa riformata: l'esempio che ci viene dalle celebrazioni papali è certamente di sprone ai buoni, così com'è evidente che i sacerdoti che celebrano saltuariamente la Messa antica sono portati ad una compostezza maggiore anche quando dicono la nuova. Ma noi possiamo testimoniare, non solo per esperienza personale ma anche per ammissione di tanti nostri confratelli, che il sacerdote che scopre - o riscopre - la Messa romana si sente così intimamente conquistato da essa, da dover compiere un vero e proprio sforzo per abbassare a comando la propria dignità sacerdotale al rito paolino. 

Non è ardito ritenere che, laddove i sacerdoti si rifiutassero in sempre maggior numero di celebrare ilNovus Ordo, difficilmente oggi verrebbero allontanati dalle loro Parrocchie, non fosse che per la mancanza di chi li sostituisca. Una forma di santa obiezione di coscienza, meritoria per la causa di Nostro Signore e la salvezza delle anime, dopo decenni di abiezione. Una simile azione otterrebbe un maggior successo se ai semplici sacerdoti si unissero anche Vescovi e Cardinali, levando alta la voce per rivendicare il proprio inalienabile diritto ad esercitare il Sacerdozio, sub Petro ovviamente, ma con la Messa e i Sacramenti della forma straordinaria. Non si vede come una minoranza di pusillanimi, qual'è la setta progressita, potrebbe preferire tener chiuse le chiese piuttosto di riempirle di fedeli attorno alla Messa romana. Poiché, in questa sciaguratissima ipotesi, essi svelerebbero ai semplici la propria faziosità e il proprio accecamento.

A nostro parere sarebbe un errore, con artificio non dissimile da quello che creò il Novus Horror, inventare una terza Messa intermedia, figlia della Liturgia Romana e del rito riformato: erunt novissima pejora prioribus. Questa insana idea, fatta incautamente propria anche da eminentissimi esponenti della Curia Romana, creerebbe una chimera che unirebbe le perfezioni del Rito tradizionale alle deviazioni della liturgia conciliare. Quand'anche essa fosse un monumento di ortodossia, eretto a propugnacolo della Tradizione cattolica, non potrebbe nascondere i natali illegittimi, che sono invece alieni alla preghiera ufficiale della Chiesa. Rimproverare al nuovo rito di essere stato concepito a tavolino - secondo l'espressione del Pontefice - a nulla varrebbe, se oggi si adottassero analoghi metodi per inventarne un altro in vitro

D'altra parte, tante e tali sono le deviazioni dottrinali del momento presente, tale la aperta disobbedienza e indocilità della Curia e dell'Episcopato rispetto a tematiche simili - applicazione del Motu Proprio, correzione dell pro multis nelle traduzioni vernacolari, amministrazione della Santa Comunione ecc. - che sarebbe da irresponsabili esporre la Chiesa al rischio di veder ulteriormente tradita l'ortodossia cattolica, a vantaggio del dialogo ecumenico e delle istanze mondialiste della Massoneria, certamente non meno presente al suo interno di quanto non lo fosse durante e dopo il Concilio. Riunire un'ennesimaCommissione liturgica per redigere un ennesimo Messale porterebbe allo scatenarsi di tutte le potenze nemiche, per dare il colpo di grazia alla già martoriata Sposa di Cristo. 

E se Paolo VI non ha avuto alcun rispetto per la Liturgia Romana, che vantava più di un millennio di onorato servizio, per quale motivo la Santità di Nostro Signore dovrebbe avere riguardi per un informe mostriciattolo artificiale che in soli quarant'anni ha causato tanti danni?

Se da un lato ripugna al rito riformato esser ricondotto ad un typus che mai conobbe, non si può negare che la pur relativa liberalizzazione della Messa tridentina stia dimostrando quanto essa raccolga attorno al santo altare un sempre maggior stuolo di fedeli. Uno sguardo soprannaturale ci insegna che la pienezza delle Grazie di quel venerando rito non tarderà a portare copiosi frutti. E non solo per le vocazioni, che nei Seminari tradizionali abbondano mentre languiscono miseramente nei sempre più deserti Seminari moderni; ma anche per le famiglie, che nutriranno alla Sacra Mensa la loro unione e i loro figli.

Lasciamo quindi che la Messa nuova rimanga ordinaria quale ambisce ad essere e non cerchiamo di solennizzarla a tutti i costi. I suoi adepti diminuiranno a breve: i giovani, specialmente se hanno avuto la fortuna di non esser indottrinati al verbo modernista frequentando la parrocchia, sanno cogliere l'abisso che separa la Messa cattolica dalla sua parodia postconciliare; i vecchi, che hanno sofferto nei decenni passati l'ingiusta privazione della liturgia della loro gioventù, saluteranno il suo ritorno prima del Nunc dimittis. E quanti, con dura cervice, zelano ancor oggi per leggere la prima lettura - E' parola di Dio -, si arrampicano sui pulpiti per la preghiera dei fedeli - Ascoltaci, o Signore - e godono a prendere e a dare la Comunione in mano - Il Corpo di Cristo -, si troveranno a dover rimediare alla mancanza di sacerdoti disposti a celebrare il rito montiniano: gli uni scoprendo che la vituperata Messa preconciliarenon è poi così male, gli altri ricongiungendosi finalmente agli eretici con cui amano accompagnarsi negli incontri ecumenici. 

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