ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 14 gennaio 2013

Il nemico è dentro


Dopo la recente intervista a Don Dariusz Oko  e quella pubblicata da La Bussola Quotidiana a Gerard van den Aardweg , La Nuova Bussola Quotidiana continua la sua indagine sul tema della lobby gay all'interno della Chiesa con questa conversazione con don Ariel S. Levi di Gualdo, sacerdote romano che nel 2011 ha pubblicato per l'editore Bonanno il libro E Satana si fece Trino. Relativismo, individualismo, disubbidienza: analisi sulla Chiesa del terzo millennio.
 Il secondo capitolo di questo lavoro è interamente dedicato alla presenza omosessualista all'interno della Chiesa, e non sarà inutile ricordare che proprio alla vigilia di Natale, parlando alla Curia Romana, il Papa si è a lungo soffermato sulla grave minaccia per la Chiesa rappresentata dall'ideologia del gender.

Don Ariel, lei definisce la presenza gay all'interno della Chiesa una “Via crucis”. Perché?Giusto precisare "all’interno della Chiesa”, perché non ho mai fatto battaglie contro i gay in quanto tali. Ho trattato sempre col massimo rispetto ogni persona con tendenze omosessuali che mi ha avvicinato. Alcuni mi hanno chiesto sostegno spirituale, altri si sono presentati al mio confessionale dal quale non sono mai usciti senza assoluzione. Compito mio è amministrare la grazia e il perdono di Dio. Molti i motivi e i condizionamenti socio-psicologici per cui i giovani del XXI secolo possono essere indotti a uno stile di vita che non amo definire «malvagio» o «disordinato». Preferisco la più paterna espressione di “stile di vita non cristiano”, memore che Gesù avverte: «I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel Regno di Dio» (Mt. 21, 32). Per questo scrivo: «I gay sono compatibili col Paradiso, forse più ancora d’altri generi di peccatori tollerati spesso con grande diplomazia anche dalla migliore morale cattolica. Non lo sono però col sacerdozio, all’interno di un mondo al maschile composto di uomini ai quali è chiesto un equilibrio sessuale raggiungibile, ma non facile da raggiungere e mantenere» (E Satana si fece Trino, p. 221). Quando fui consacrato sacerdote il vescovo mi esortò: «Sii sempre te stesso». In che misura si può dire a un prete gay: «Sii sempre te stesso»? O si può forse impostare il ministero sacerdotale sulla finzione, la doppia vita? Pertanto, anziché camminare col Signore come i discepoli lungo la Via di Emmaus (Lc. 24, 13-35), i gay preti si troveranno in transito su una Via Crucis perenne e fine a se stessa che non li guiderà alla pietra rovesciata del sepolcro vuoto del Cristo, con grave danno a se stessi e alla Chiesa. Il tutto non perché sono persone con tendenze omosessuali alle quali perdono, grazia e salvezza non sono preclusi ma perché non possono essere liberamente e felicemente se stessi. Ecco allora che il gay prete, a differenza di quello laico, rischia di vedersi seriamente precludere il perdono, la grazia e la salvezza della propria anima.
Perché ha deciso di denunciare in modo pubblico questo fenomeno? Quali obiettivi si è posto? Non sarebbe stato meglio un pietoso silenzio?Perché il mio divino “datore di lavoro”, il Verbo Incarnato, per meglio annunciare la verità assunse la nostra natura umana. Quindi la verità divina, in Gesù e tramite Gesù, prende forma in un corpo, ha un volto, una gestualità davanti alle folle. La frase: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv. 1, 14) equivale a dire che la Verità divenne visibile,  palpabile. Questa concretezza chiusa nei Vangeli ci indica lo stile di comportamento e di azione, per esempio: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Lc. 9, 38-47). Per questo nella prima parte del libro chiarisco cos’è la carità e quanto essa sia inconcepibile senza la verità e la giustizia. Pertanto, non esercitare all’occorrenza la carità con fermezza, che vuol dire anche ripristinare la dottrina e l’autorità della Chiesa, porta a una corruzione dell’idea di carità, mutandola in una parodia dopo averla svuotata del suo senso vero. Quando la cristologica carità si muta in “carità” clericale, ecco nascere mille pietosi silenzi, mirati di fondo a sostituire il vero divino col verosimile umano.
L’obiettivo che come uomo e prete mi pongo è di essere vivo servitore partecipe della verità del Verbo Incarnato. Le parole dure e dirette rivolte da Gesù contro i malcostumi del potere corrotto del decadente clero giudaico dell’epoca lo hanno portato al fallimento della croce, ma poco dopo alla gloria della risurrezione, perché Gesù, il Verbo, «era Dio» (Gv. 1,1). Oggi verso i malcostumi del potere corrotto del decadente clero cattolico Gesù userebbe le stesse parole: «Razza di vipere (Lc. 3,7) sepolcri imbiancati» (Mt. 23, 27). Se entrasse in quella succursale di Sodoma e Gomorra alla quale alcuni hanno ridotto il Vaticano, al punto da far dire al Sommo Pontefice: «Pregate perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi» (Omelia del 24.04.2005), chissà quante frustrate elargirebbe ai moderni mercanti del tempio (Mc. 11, 15-19). Urlando, sulle parole del Profeta Geremia, non solo: «Avete fatto della mia casa una spelonca di ladri» (7,11). Forse direbbe: «Una spelonca di ladri e un lupanare di gay inebriati dai fumi aromatici degli incensi, tra pizzi e merletti dei paramenti barocchi». E di nuovo conoscerebbe il sinedrio e la croce. E chissà quanti vescovi, preti e teologi lo accuserebbero di superbia, togliendogli credito e affermando che non ha titolo per parlare: «Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria?» (Mt. 13, 55).
Quali sono gli scopi di questa lobby? Quali meccanismi utilizza?La distruzione interna della Chiesa, è evidente! Alcuni anni fa feci la formazione per il ministero di esorcista che poi il mio vescovo mi conferì, benché lo abbia esercitato due volte soltanto. Dinanzi a casi di presunte possessioni sono molto scettico, la quasi totalità sono casi di interesse psichiatrico da indirizzare presso specialisti clinici. Ho avuto però modo di trovarmi dinanzi a un caso autentico e credo di avere percepito – non capito, solo percepito – quanto il Mistero del Male sia intelligenza allo stato puro che nessuno di noi può combattere con le proprie forze. Ciò con buona pace di un esorcista che in televisione affermò: «No, io non ho paura del Demonio, è lui che deve avere paura di me!». Ora dico: il Demonio ha osato tentare persino Dio incarnato (Mt. 4, 1-11. Mc. 1,12-13. Lc. 4, 1-13), ce lo vedete ad avere paura di un mite esorcista novantenne? Per realizzare i propri scopi Satana usa raffinate arti sovrumane seminando confusione e creando strutture di inversione, attraverso le quali il bene diventa male, il male bene, la virtù vizio e il vizio virtù, la sana dottrina diventa eresia e l’eresia sana dottrina. Da questo si sono sviluppate le metastasi che hanno infettato il corpo ecclesiale, generando una mancanza di governo della Chiesa indebolita da un relativismo teologico gnostico, da un individualismo esasperato e dalla disubbidienza all’autorità del Sommo Pontefice e dei Vescovi. Questo meccanismo di inversione mira a sostituire Dio col proprio Io, basta udire certi preti teologi in giacca e cravatta che nella stagione del post concilio hanno creato il loro personale concilio egomenico e che dalle cattedre delle università pontificie insegnano il discutibile magistero di se stessi. Non a caso le loro parole più ricorrenti sono: «Come io sostengo … come io ho scritto … come io ho detto a quel cardinale che mi ha dato ragione … ».
Perché secondo lei la presenza di uomini con tendenze omosessuali è così massiccia all'interno del presbiterato? Il sacerdozio attira questi uomini, oppure la formazione nei seminari contribuisce alla nascita di queste tendenze? Da dove nasce questa apparente compatibilità tra la vita consacrata e una personalità omosessuale?
Nel mio libro parlo della omosessualizzazione della Chiesa che nasce da complessi problemi storici e sociali. Ho 49 anni e, se penso ai preti della mia fanciullezza, dinanzi a me ho solo immagini di maschi sopra ogni sospetto. Se talvolta c’erano problemi erano legati a faccende di donne, a volte sino all’abbandono del sacerdozio. Siamo cauti però col dire che all’epoca c’era un clero più sano. Era diversa la società, nessuno avrebbe ostentato certe gaiezze. Per trattare questo tema bisogna essere onesti: «Dopo avere a lungo sparato sul sesso come fosse il peccato dei peccati, oggi stiamo subendo il colpo di rinculo e per opere e omissioni, noi preti, potremmo apparire i meno indicati a parlare in modo credibile di morale sessuale e di bioetica, valutati da una parte i numerosi casi di ecclesiastici affetti da disordini sessuali originati dalla loro insita incompatibilità col sacerdozio e con l’episcopato; e dall’altra le violazioni della dignità umana che si registrano anche dentro la Chiesa» (E Satana si fece Trino, p. 178). Abbiamo creato pontifici consigli per la giustizia e la pace, per la famiglia, la sanità e la bioetica, ma pare che il lupo si sia rivestito sempre più di pelo senza perdere il vizio. O per dirla in concreto: quando denunciai al Vicariato di Roma, con prove e testimoni, un parroco che coi soldi della Chiesa manteneva un giro di marchettari (op.cit., p. 185), non solo fui allontanato da quella basilica, mi fu tolto anche il celebret della Diocesi di Roma, il cui vescovo lamentò nel 2010 ai cattolici d’Irlanda «una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona». Dinanzi alle denunce che presentai ai vari dicasteri della Santa Sede, inclusa la Segreteria di Stato – sempre supportato dal mio vescovo che giudicò inaudito tale sprezzo autocratico di ogni legge della Chiesa – non ho ricevuto nemmeno risposta. Questo intendo dire parlando di meccanismi di inversione: la giustizia diventa ingiustizia e l’ingiustizia diventa giustizia …

La verità è che da fine anni Sessanta si sono rotti rigidi equilibri anche basati su processi di repressione sessuale, a partire dall’ambito formativo dei seminari. In un trentennio è stata intaccata la dottrina e messo in discussione il deposito della fede; tutto è diventato relativo o soggetto a eccentrici esperimenti, basti pensare alla liturgia o quella che taluni chiamano la teologia antropologica. Infine siamo giunti alla omosessualizzazione della Chiesa e all’omosessualismo al potere. Bisogna correre ai ripari e ripensare quanto prima i seminari che sortiscono l’effetto di rendere i futuri preti clericali nel cervello anziché cristiani nell’anima. Spesso nei seminari mancano educatori, posto che prima di educare bisogna avere ricevuto una sana e solida educazione. Per questo mi sono ritrovato più volte a raccogliere giovani a pezzi, talvolta in crisi di fede che, “rei” di essere eterosessuali, sono stati espulsi dal seminario da formatori più o meno gay che proteggevano seminaristi palesemente gay. Per non parlare di cosa accade in certi antichi ordini storici, dove per secoli si è guardato al “povero” clero secolare “plebeo” con aria di sufficienza. Ah, quali lezioni dà la vita quando rovescia la fierezza dai troni! Oggi a entrare nei noviziati di certe millenarie abbazie o in qualche ateneo monastico c’è da temere di prendere malattie veneree solo a respirarne l’aria, dato che per non chiudere bottega certi augusti ordini religiosi si sono ridotti a raccattare quelli che noi sbattiamo fuori dai seminari, inutile a dirsi: per motivi morali gravissimi. Questa apparente compatibilità tra la vita consacrata e una personalità omosessuale, nasce da questi squilibri che hanno generato un vero golpe dell’omosessualismo. O per dirla cruda: «Alcuni seminaristi che negli anni Settanta e Ottanta capeggiavano all’interno dei seminari la pia confraternita, oggi sono vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa si sono circondati di soggetti affini, piazzati sempre e di rigore in tutti i posti chiave delle diocesi, seminari inclusi, proteggendosi e riproducendosi tra di loro» (op.cit., p. 216) «estetizzando vuotamente la fede e omosessualizzando la Chiesa» (p. 195).
Quali rimedi propone per risolvere questo problema?L’autorità apostolica. Parola che spaventa, quella di “autorità”, perché molti teologi egomenici del “più collegialità” e “più democrazia”, la confondono con l’autoritarismo e con l’arbitrio autocratico; proprio quell’autoritarismo esercitato con aggressività dalle frange ultra progressiste o da certe aggregazioni laicali settarie verso chi non la pensa come loro. «La Chiesa è legittima depositaria di un potere coercitivo che Dio le ha affidato e che all’occorrenza deve usare in modo deciso, per evitare ogni forma d’anarchia al suo interno. Per potere coercitivo non s’intende uno Stato di polizia inquisitoria ma solo affermare la difesa della verità contro l’errore e l’insolente ribellione degli uomini accecati dall’individualismo» (op.cit., p. 80). La Santa Sede ha prodotto vari documenti ed esortazioni a tal proposito, ma di giorno in giorno sono testimone della loro non applicazione, perché siamo di fronte a una vera epidemia, dinanzi alla quale non esiste altra soluzione che l’agire come indica il Vangelo: «Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna» (Mt. 5, 29-30). Noi seguitiamo invece a mettere nell’occhio il collirio alla camomilla, consolandoci con l’idea che la Chiesa «ha superato momenti anche peggiori». Cosa falsa, perché in epoche passate la Chiesa è stata attaccata dall’esterno da forze che potevano contare sull’appoggio di pochi o tanti traditori interni. Oggi invece è attaccata non solo dall’esterno, perché al suo interno produce il male che la divora, col rischio di mutarsi in una struttura di peccato che produce peccato. In quali epoche passate è accaduto qualcosa di simile? Neppure ai tempi di Giovanni XII, il ragazzo eletto Romano Pontefice nel 955 a 18 anni e morto in circostanze non proprio edificanti a 26.
Quali sono state le reazioni alla sua denuncia? Come hanno reagito i suoi confratelli?All’apparenza totale indifferenza, affinché neppure un sospiro si spargesse tra le membra del Popolo di Dio. Sul piano privato diversi prelati mi hanno convocato, unanimi nell’affermare che avevo reso un bel servizio alla verità. Qualcuno è giunto a usare espressioni così lusinghiere da imbarazzarmi, forse a riprova che quando il Diavolo tenta di stuzzicarti nella vanità si veste sempre di Rosso Prada? Ottimo. In concreto però, questi solidali complimentatori, cosa hanno fatto per favorire la diffusione di un’opera da loro definita come «servizio alla Chiesa»? Niente. Sapendo che vivo sotto il tiro dei cecchini omosessualisti della potente mafia clerical gay, cosa hanno fatto per disarmarli, o per proteggermi? Niente. Essere ridotti a carne da macello per noi preti fa parte dei rischi del mestiere, è scritto nel carattere indelebile del sacerdozio che abbiamo ricevuto, perché siamo stati chiamati a divenire una sola cosa con l’Agnello Immolato, Cristo Salvatore. In fondo, conoscendo un po’ la vera essenza della teologia e la sua storia articolata, mi è noto che in venti secoli di vita e dopo numerosi concili celebrati, nell’intera storia della Chiesa esiste una sola decisione presa collegialmente all’unanimità, senza un dissenso, senza un voto contrario: «Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono» (Cf. Mt. 26, 54. Mc. 14, 50). In ogni caso io non sarò mai solo. Cristo è sempre con me, anzi: si affida alle mie mani per diventare corpo e sangue vivo, presenza visibile nella sua Chiesa e nutrimento per il Popolo di Dio. Posso non essere felice nella vita presente e in quella futura, posto che sono sacerdote di Cristo e che tale sarò in eterno?
Ringrazio il vostro quotidiano on line per il servizio informativo che state facendo su questo tema attraverso la rottura della cortina di silenzi e omertà che avvolgono questo dramma epidemico: Cristo ve ne renderà merito e poco a poco, la Chiesa, ne trarrà grandi benefici, dopo tante e lunghe sofferenze.

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Ariel Stefano Levi di Gualdo (19.08.1963) allievo del teologo gesuita Peter Gumpel è consacrato sacerdote a Roma dove attualmente vive. Svolge il ministero di confessore, predicatore e direttore spirituale. È autore di vari saggi pubblicati con la Casa Editrice Bonanno presso la quale dirige la collana teologica Fides Quaerens Intelletcum. Tra le sue principali opere: Erbe Amare, il secolo del sionismo (Bonanno, 2007), Nada  te Turbe(A&B 2009), E Satana si fece Trino. Relativismo, individualismo, disobbedienza: analisi sulla Chiesa del terzo millennio (Bonanno, 2011). Altri suoi saggi sono in programma di pubblicazione per il corrente anno 2013 e per il 2014.
di Roberto Marchesini14-01-2013
Il nemico è dentro
di Riccardo Cascioli14-01-2013

È bene precisarlo ancora una volta: gli articoli che stiamo dedicando al problema dell’omosessualità nella Chiesa non hanno niente a che vedere con singoli casi di debolezza umana o cedimento alle tentazioni, pericoli dai quali – e non solo nella sfera sessuale – nessuno è immune. La questione riguarda invece un sistema di potere cresciuto negli ultimi decenni all’interno della Chiesa – come spiega don Ariel Levi di Gualdo nell’intervista che pubblichiamo – che sta sovvertendo non solo i costumi ma anche la dottrina, invertendo la verità con la menzogna e l’ortodossia con l’eresia.

Don Ariel cita il caso personale di una denuncia circostanziatapresentata al vicariato di Roma, restata senza risposta, ma tutti ricordiamo anche l’inchiesta del settimanale Panorama nel luglio 2010 sulle notti brave di alcuni preti gay a Roma. Fu un’inchiesta che generò giustamente scandalo e il vicario della diocesi di Roma, il cardinale Agostino Vallini fece affermazioni durissime contro questi sacerdoti, invitandoli a uscire allo scoperto e abbandonare il sacerdozio: eppure non se ne è saputo più niente, non ci sono state sanzioni di alcun genere sebbene alcuni dei responsabili fossero identificabili.

In passato, abbiamo già citato i casi di alcune diocesi in cui si stanno promuovendo pastorali per i gay in chiaro contrasto con quanto prescritto nel catechismo della Chiesa cattolica. Ma ancora più recentemente dobbiamo segnalare un numero della rivista teologica “Concilium” tutto dedicato alla valorizzazione dell’ideologia di genere (o gender, secondo il termine inglese), quella stessa ideologia che Benedetto XVI, definendola una frontale “rivolta contro Dio”, ha indicato come “una delle più gravi sfide della Chiesa”.

“Concilium” non è una rivista qualsiasi: di stampo chiaramente progressista, con le sue undici edizioni nazionali distribuite in sette lingue, è certamente il più influente dei forum teologici internazionali. Il fatto che nel numero 4/2012 si sia dedicata a smontare l’insegnamento della Chiesa in materia di sessualità, promuovendo l’ideologia di genere - secondo cui il sesso non è stabilito dalla natura ma dalla cultura - è un segnale inquietante.

Per questo si capisce che nel suo intervento davanti alla Curia Romana, il Papa nel denunciare questa ideologia non aveva in mente soltanto il nemico “esterno”, ma anche quello – e forse soprattutto – interno. Perché le conseguenze dell’affermarsi nella Chiesa di un pensiero – oltre che di una prassi – che nega la Genesi (uomo e donna così creati da Dio) sono devastanti.

Se è vero che questa è “una delle più gravi sfide per la Chiesa”, allora a nessuno è possibile girarsi dall’altra parte e fare finta di non vedere, e questo vale per i vescovi come per l’ultimo dei laici.

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