Andrea Tornielli per "la Stampa"
BERTONE - PAPA
La data d'inizio del conclave potrebbe essere anticipata dai cardinali, anche grazie all'annunciato motu proprio di Benedetto XVI, ma diversi dei porporati in arrivo a Roma per il saluto al Papa che abbandona il pontificato non sembrano avere alcuna fretta.
Vogliono prendersi il tempo necessario per discutere approfonditamente sulle principali necessità della Chiesa, vagliare le varie opzioni. Vogliono soprattutto conoscersi e conoscere meglio la reale situazione in cui versa la Curia romana.
PAPA BENEDETTO XVI E TARCISIO BERTONE
Nessuno al momento ipotizza una replica dell'elezione-lampo di otto anni fa, conclusasi con l'ascesa al Soglio di Joseph Ratzinger dopo sole quattro votazioni e meno di un giorno di conclave. Non c'è il candidato forte con un'autorità universalmente riconosciuta come allora. Molti dei «grandi elettori» del 2005, che pure cercheranno di influenzare il voto con la loro esperienza saranno esclusi dalla Sistina per motivi d'età.
CARDINALE ANGELO SODANO
Quando vennero a Roma per il concistoro del febbraio 2012, con la bufera dei vatileaks appena iniziata, alcuni autorevoli cardinali stranieri si erano interrogati sullo stato della Curia romana e sull'immagine che emergeva dalle carte riservate che l'aiutante di camera di Papa Ratzinger aveva fatto filtrare.
L'idea che si erano fatti, negli scambi di opinione e negli incontri all'ombra del Cupolone, era che Vatileaks fosse una vicenda molto italiana oltre che molto curiale. Nonostante il borsino sui «papabili» contenga sempre i nomi di diversi porporati del Bel Paese, in questo momento le candidature italiane non appaiono così forti e sicure.
CAMILLO RUINI SUPERSTAR
Gli incidenti che hanno caratterizzato il pontificato di Benedetto non sono certo tutti imputabili agli attacchi dai «nemici esterni della Chiesa», come amano invece sottolineare quei collaboratori del Papa sempre propensi ad attribuire le responsabilità ai media o alle lobby anticattoliche e mai ai loro errori. C'è un malessere evidente e diffuso Oltretevere, c'è mancanza di coordinamento, e più volte il Papa si è trovato esposto e solo in prima linea.
IL CARDINALE GHANESE PETER KODWO LUNEDI APPIAH TURKSON H PARTB
Certo, la realtà Curia romana non corrisponde all'immagine che la rappresenta come dilaniata dalle lotte di potere. Ma appare altrettanto risibile anche la «leggenda rosa» che molti in Vaticano vorrebbero accreditare sui media.
I cardinali vogliono avere il tempo di discutere quanto è accaduto negli ultimi anni. Non sarà facile far loro accettare scorciatoie, candidature precostituite, «ticket» con l'abbinata Papa e Segretario di Stato studiati da chi spera nel perpetuare il proprio potere e la propria influenza.
EUG NIO DE ARA JO SALES
Una riforma della Curia, progetto che molti si attendevano da Benedetto XVI, è considerata non più procrastinabile. Non è un caso che in queste ore «grandi elettori» come l'ex Segretario di Stato Angelo Sodano o l'ex presidente della CEI Camillo Ruini entrambi esclusi dal conclave ma ancora in grado di orientare dei voti stiano riconsiderando le ipotesi italiana e guardino con maggiore attenzione a candidature straniere come in Brasile o negli Stati Uniti.
SAMBA IN VATICANO - SE IL BRASILIANO SCHERER HA GRANDI CHANCE DI SALIRE AL SOGLIO DI PIETRO NON È SOLO PERCHÉ È STRANIERO E VICINO A RATZINGER - L’ARCIVESCOVO DI SAN PAOLO, PUR NON ESSENDO UN LEADER DI POLSO, MASTICA FINANZA: È NELLA COMMISSIONE CARDINALIZIA DI VIGILANZA SULLO IOR - PARLA 5 LINGUE, È VICINO AI POVERI E NON DISPREZZA LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE - È DATO PER “PROGRESSISTA” MA E’ CONTRO L’USO DEL PRESERVATIVO E L’ABOLIZIONE DEL CELIBATO TRA I PRETI…
Maria Lombardi per "il Messaggero"
ODILO PEDRO SCHERER JPEG
«E' un gesto che deve far riflettere. Ci invita a non mettere mai nulla davanti alla Chiesa: questo è l'insegnamento che ci dà Benedetto XVI». Accanto allo stupore c'è «un sentimento di vera ammirazione per il Santo Padre». E' sincero, il cardinale brasiliano di origini tedesche Odilo Pedro Scherer, 63 anni.
ODILO PEDRO SCHERER JPEG
Le sue parole non passano inosservate, sono un po' fuori dal coro addolorato che si leva dalla curia e mettono in buona luce l'arcivescono metropolita di San Paolo in vista del conclave. Tra i papabili latinos è forse il candidato di maggior peso, anche se il cardinale argentino Sandri viene dato per favorito dai bookmakers inglese e il connazionale Borgoglio sostenuto dai progressisti nel 2005 fu secondo in quanto a voti solo a Ratzinger.
Scherer ha dalla sua le origini: un po' tedesco (discende da emigranti della regione della Saarland) un po' brasiliano, rappresenterebbe la discontinuità nella tradizione. Un Papa dell'America Latina, il maggior bacino mondiali di fedeli, legato al tempo stesso all'Europa. Ma lui mantiene un profilo basso e dice che la geografia non c'entra niente con il conclave. «Non contano né l'età, né la provenienza: conta solo essere preparati a guidare la Chiesa».
ODILO PEDRO SCHERER JPEG
ECONOMISTA
Non è il solo punto a favore di Scherer. Ha esperienza nella curia romana, è dottrinalmente solido, ha anche dimestichezza con le questioni finanziarie essendo membro dela commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior e del consiglio dei cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede.
ODILO PEDRO SCHERER JPEGNon è il solo punto a favore di Scherer. Ha esperienza nella curia romana, è dottrinalmente solido, ha anche dimestichezza con le questioni finanziarie essendo membro dela commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior e del consiglio dei cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede.
In tempi di crisi un Papa che sia anche un po' manager non guasta. Parla il portoghese, lo spagnolo, l'italiano, il tedesco, l'inglese. Benedetto XVI lo ama molto anche per quei tratti di carattere così vicini a lui: Scherer è umile, di una bontà disarmante, gira per Roma con il basco nero, vestito come un prete qualsiasi e in questo ricorda il cardinale Ratzinger.
ODILO PEDRO SCHERER JPEG
PASTORE
E' contro l'uso del preservativo e l'abolizione del celibato tra i preti. Moderatamente progressista, lo definisce qualcuno, spende i suoi sermoni a favore dei poveri e della giustizia sociale, fa visita nelle favelas anche ai musulmani, elogia gli «aspetti non politici» della teologia della Liberazione come l'attenzione alla miseria e ne critica le derive marxiste. Sta organizzando la giornata mondiale della gioventù dal 23 al 28 luglio a Rio.
IL CARDINALE ARGENTINO LEONARDO SANDRI JPEGE' contro l'uso del preservativo e l'abolizione del celibato tra i preti. Moderatamente progressista, lo definisce qualcuno, spende i suoi sermoni a favore dei poveri e della giustizia sociale, fa visita nelle favelas anche ai musulmani, elogia gli «aspetti non politici» della teologia della Liberazione come l'attenzione alla miseria e ne critica le derive marxiste. Sta organizzando la giornata mondiale della gioventù dal 23 al 28 luglio a Rio.
Una sola debolezza. Il cardinale Scherer è un pastore più che un uomo di governo, si teme che la poca fermezza nell'amministrazione della curia possa rivelarsi un grande limite in un momento segnato da spaccature e rivalità. Settimo di 13 figli, Scherer è nato a Cerro Largo. Consacrato vescovo ausiliare di San Paolo nel 2002 dal cardinale Hummes, alla sua morte ne ha preso il posto di arcivescovo. «Il Brasile merita un Papa - dice il vescovo Darci Nicioli, «è il paese con il maggior numero di cattolici del mondo».
UN “PAPABILE” AZZOPPATO? - SULL’ARCIVESCOVO DI NEW YORK, DOLAN, ENTRANO A GAMBA TESA GLI AVVOCATI DI 350 PERSONE CHE SUBIRONO ABUSI A MILWAUKEE - L’ACCUSA È CHE DOLAN ABBIA FATTO POCO PER INDIVIDUARE E PUNIRE I PEDOFILI, INOLTRE AVREBBE OCCULTATO PARTE DEL PATRIMONIO DELLA DIOCESI (120 MLN $) CHE ANDAVA USATO PER GLI INDENNIZZARE LE VITTIME - LA CEI AMERICANA: NEGLI USA 11MILA DENUNCE CONTRO 4392 SACERDOTI, GIÀ VERSATI QUASI 3 MLD $ DI RISARCIMENTI…
1 - IL PESO SUL CONCLAVE DELLO SCANDALO PEDOFILIA I CASI IN IRLANDA E USA
Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"
TIMOTHY DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK JPEG
Forte di 11 cardinali, la componente statunitense del prossimo Conclave è la più consistente dopo quella italiana. Anche per questo molti vaticanisti inseriscono Timothy Dolan, vescovo di New York e capo della chiesa cattolica nordamericana, tra i papabili. Ma sulla chiesa Usa pesa da anni l'ombra dello scandalo dei preti pedofili: una questione destinata a contare nella scelta del successore di Benedetto XVI e non solo per quanto successo al di là dell'Atlantico.
ARCIVESCOVO TIMOTHY DOLAN
Ieri è tornato sotto i riflettori il caso del cardinale belga Godfired Danneels, messo sotto inchiesta tre anni fa per il sospetto di aver occultato centinaia di casi di abusi sui minori. E alcuni gruppi di fedeli hanno chiesto di nuovo le dimissioni del cardinale irlandese Sean Brady, accusato di non aver bloccato i molti sacerdoti pedofili di cui, pure, aveva saputo (la vicenda risale agli anni 70 e Brady si difende sostenendo che allora, quando partecipò alle indagini ecclesiastiche, non aveva i poteri per intervenire).
IL CARDINALE DOLAN ARCIVESCOVO DI NEW YORK
Ma la chiesa più scossa dalla tempesta della pedofilia è sicuramente quella americana, dove gli episodi denunciati sono ormai migliaia. Il caso più eclatante, del quale anche il Corriere si è occupato nei giorni scorsi, è quello del cardinale Roger Mahony: l'ex arcivescovo di Los Angeles invitato a gran voce da molti gruppi cattolici (ai quali ha fatto da megafono anche il settimanale Famiglia Cristiana) a restare a casa, rinunciando a partecipare alla votazione per il nuovo Pontefice.
Mahony, indagato dalla magistratura per le sue gravi omissioni, dovrà deporre in tribunale domani, prima di partire per Roma. Ma il cardinale californiano non è l'unico che in questi giorni è stato chiamato a testimoniare su casi di abusi sessuali.
ROGER MAHONY
Ieri è toccato proprio a Dolan, ascoltato a porte chiuse sui casi di pedofilia verificatisi nella diocesi di Milwaukee, in Wisconsin, della quale l'autorevolissimo prelato, chiamato da Barack Obama e Mitt Romney a benedire tanto la «convention» democratica quanto quella repubblicana prima delle elezioni presidenziali del novembre scorso, è stato capo per sette anni, dal 2002 al 2009.
A differenza degli altri cardinali, Dolan non ha gestito la diocesi mentre si verificavano i casi di pedofilia. Anzi, venne mandato a Milwaukee per cercare di riparare i danni e ridare prestigio alla Chiesa dopo lo scandalo. Ma oggi il cardinale deve fronteggiare i rilievi degli avvocati di 350 delle 570 persone che subirono abusi a Milwaukee e che lo accusano di non aver fatto molto per individuare e punire i responsabili e, soprattutto, di aver occultato (anche in un fondo per la gestione dei cimiteri) una parte del patrimonio della diocesi (120 milioni di dollari) che andava, invece, messo a disposizione delle autorità che avevano deciso una serie di indennizzi a favore delle vittime.
CARDINAL ROGER MAHONY
Ieri non è trapelato nulla della testimonianza di Dolan, che è stata secretata. Ma di certo l'episodio non giova all'immagine del cardinale che del resto domenica, a fine omelia, nella cattedrale di San Patrizio, aveva risposto con un beffardo «dovete aver fumato marijuana» ai cronisti che gli chiedevano di una sua possibile elezione a Papa.
Dolan è diventato arcivescovo di New York nel 2009 e due anni dopo il suo successore a Milwakee ha dichiarato la bancarotta della diocesi. Un espediente per evitare di pagare indennizzi alle vittime dei preti pedofili adottato anche da altre sette diocesi degli Stati Uniti.
Insomma, il «team Usa» non si presenta al Conclave nella luce migliore. Tra i suoi undici cardinali (quasi il 10 per cento del sacro collegio), ce n'è anche un terzo, l'ex arcivescovo di Filadelfia Justin Rigali, che arriva a Roma inseguito dall'ombra dello scandalo: formalmente ha lasciato l'incarico per motivi di età, ma secondo molti è stato «dimissionato» per aver ignorato le responsabilità di 37 preti pedofili. Né il suo caso, né, tantomeno, quello di Dolan, sono, comunque, lontanamente paragonabili allo scandalo Mahony il cui comportamento è stato pubblicamente condannato anche dal suo successore, l'attuale arcivescovo di Los Angeles Josè Gomez.
MITT ROMNEY VS OBAMA
2 - L'AVVOCATO CHE DIFENDE LE VITTIME USA "ANCHE IL PAPABILE DOLAN DEVE SPIEGARE"
Arturo Zampaglione per "la Repubblica"
Arturo Zampaglione per "la Repubblica"
Sua Eminenza, risponda: quando e come è venuto a conoscenza che Lawrence Murphy, un sacerdote della sua ex arcidiocesi, aveva molestato sessualmente 70 bambini sordomuti di un collegio vicino a Milwaukee? E dopo quanto tempo ha denunciato quel caso alle autorità? Duro e implacabile, Jeff Anderson, l'avvocato che da 28 anni difende le vittime dei preti pedofili, non si è fatto scrupoli, né ha avuto timori reverenziali, nell'interrogare mercoledì sera Timothy Dolan.
OBAMA ROMNEY LULTIMA SFIDA TV
Cardinale da un po' meno di un anno e da quattro «arcivescovo della capitale del mondo», come una volta Giovanni Paolo II chiamò New York, Dolan, 63 anni, è, tra gli americani, quello che ha le maggiori possibilità di diventare Papa. È anche il presidente della conferenza episcopale americana. Ma poco prima di salire sull'aereo per Roma, dove saluterà Benedetto XVI e parteciperà al conclave, anche lui è stato sottoposto a un imbarazzante interrogatorio sullo scandalo che ferisce, sconvolge e dissangua la chiesa d'oltreoceano.
Di fronte ad Anderson e all'avvocato della chiesa di Milwaukee, Frank LoCoco, Dolan ha ricostruito per tre ore la storia passata e ha spiegato il suo comportamento quando, tra il 2002 e il 2009, era arcivescovo di Milwaukee. È probabile che il cardinale conoscesse già la domanda più difficile: perché aveva versato 20mila dollari a due sacerdoti sospettati di pedofilia in cambio delle loro dimissioni? Perché non li aveva fatti arrestare?
Certo, erano anni difficili per la diocesi: tant'è vero che ora ha 575 richieste di risarcimento di altrettante vittime degli abusi del clero (di cui un terzo rappresentati dall'avvocato Anderson). E, dopo aver pagato già 9 milioni di dollari di spese legali, il successore di Dolan in quella arcidiocesi del Wisconsin, Jerome Listecki, ha portato i libri in tribunale. Ha paura di rimanere senza un soldo: come del resto altre sette diocesi americane che hanno avviato le procedure fallimentari.
Andersen, qual è stato il risultato della deposizione del cardinale Dolan? Ha forse aperto nuovi scorci sui problemi della chiesa sulla pedofilia e sull'impegno per risolverli?
«È stato molto importante per capire come gli abusi contro i bambini siano stati gestiti, o malgestiti, dalla chiesa di Milwaukee. Non posso dire di più sui contenuti della deposizione, perché sono coperti dal segreto, come anche i documenti della diocesi: ma ho chiesto ufficialmente che vengono resi pubblici al più presto».
«È stato molto importante per capire come gli abusi contro i bambini siano stati gestiti, o malgestiti, dalla chiesa di Milwaukee. Non posso dire di più sui contenuti della deposizione, perché sono coperti dal segreto, come anche i documenti della diocesi: ma ho chiesto ufficialmente che vengono resi pubblici al più presto».
Come spiega tanti interrogatori di cardinali americani, proprio adesso, alla vigilia del Conclave? Le ricordiamo che questo sabato ci sarà quello dell'ex-arcivescovo di Los Angeles, cardinal Roger Mahony, che, pur essendo considerato un progressista, è stato esonerato da ogni compito dal suo successore, ed è accusato di aver protetto - o quanto meno, non liquidato - i preti pedofili.
«La giustizia sta facendo il suo corso: non c'è nulla di anomalo nella deposizione del cardinale Dolan. E quello di Milwaukee non è certo un caso isolato. Su 177 diocesi americane 177 sono state coinvolte dallo scandalo: come dire? Tutte».
«La giustizia sta facendo il suo corso: non c'è nulla di anomalo nella deposizione del cardinale Dolan. E quello di Milwaukee non è certo un caso isolato. Su 177 diocesi americane 177 sono state coinvolte dallo scandalo: come dire? Tutte».
Ci perdoni: non si tratta della solita "esagerazione" americana?
«Spesso all'estero non si capisce la portata del fenomeno: qui negli Stati Uniti siamo di fronte a una sistematica violazione dei diritti dei bambini, le cui cause vanno cercate nei rapporti gerarchici imposti dal Vaticano su tutta la chiesa. Invece di denunciare subito alle autorità locali i reati di pedofilia di un sacerdote, i vescovi e gli arcivescovi hanno insabbiato tutto aspettando istruzioni da Roma. Che hanno sempre tardato ad arrivare».
«Spesso all'estero non si capisce la portata del fenomeno: qui negli Stati Uniti siamo di fronte a una sistematica violazione dei diritti dei bambini, le cui cause vanno cercate nei rapporti gerarchici imposti dal Vaticano su tutta la chiesa. Invece di denunciare subito alle autorità locali i reati di pedofilia di un sacerdote, i vescovi e gli arcivescovi hanno insabbiato tutto aspettando istruzioni da Roma. Che hanno sempre tardato ad arrivare».
Certo i dati sono inquietanti. A dispetto della linea di "zero tolerance" introdotta da tempo, la Chiesa cattolica americana ha già pagato dai 2 ai 3 miliardi dollari di risarcimento danni alle vittime delle molestie. Come dire: metà del valore della Fiat. Secondo uno studio commissionato proprio dalla conferenza episcopale, ci sono state 11mila denunce contro 4392 sacerdoti, cioè contro il 4 per cento del totale del clero.
Ma non era già cambiato qualcosa con l'arrivo di Benedetto XVI?
«No, è cambiato ben poco, siamo sempre alle prese con sotterfugi e insabbiamenti. Per secoli i Papi hanno imposto il loro potere su quello temporale. E fin quando la chiesa non ammetterà le sue colpe e riconoscerà che i vescovi devono rispettare, prima di tutto, le leggi delle nazioni, e poi le gerarchie ecclesiastiche, non ci sarà una soluzione duratura».
«No, è cambiato ben poco, siamo sempre alle prese con sotterfugi e insabbiamenti. Per secoli i Papi hanno imposto il loro potere su quello temporale. E fin quando la chiesa non ammetterà le sue colpe e riconoscerà che i vescovi devono rispettare, prima di tutto, le leggi delle nazioni, e poi le gerarchie ecclesiastiche, non ci sarà una soluzione duratura».
Benedetto XVI, la stretta sulle regole del conclave
Favorire un papa italiano, evitando conventicole tra stranieri. Dietro le quinte dell'elezione. Vatileaks, segreto in bilico.
di Marco Mostallino
I cardinali riuniti saranno questa volta sottoposti a una sorveglianza assai più stretta che in passato già da prima del conclave, con un divieto assoluto di consultazioni non ufficiali. Verranno immediatamente confinati tutti nella residenza di Santa Marta sin dal primo marzo, invece che fatti alloggiare in conventi e collegi sparsi per Roma, come avvenuto in passato nei giorni tra l’arrivo nella Capitale e l'annuncio dell'extra omnes - il fuori tutti - che precede la chiusura delle porte della Cappella Sistina.
PRESSING PER UN PAPA ITALIANO.Questa decisione di riunire tutti i porporati da subito tra le stesse mura sembra nascere dalla scelta precisa, politica e di sicurezza, della Curia romana che cerca di arrivare all’elezione di un italiano al Soglio pontificio dopo due papi stranieri.
Intanto cresce l'attesa per la pubblicazione del motu proprio con il quale Ratzinger dovrebbe modificare alcune delle regole del conclave, fissate dalla costituzione apostolica Universi dominici gregis, adottata nel 1996 da Giovanni Paolo II.
L'ARMONIZZAZIONE DEI DOCUMENTI. I contenuti del documento che Benedetto XVI si accinge a varare prima del 28 febbraio sono ancora top secret. Secondo il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, non è detto che il motu proprio riguardi l’anticipo del conclave (sul punto è ancora battaglia tra i cardinali), ma si sarebbe reso necessario per «la piena armonizzazione» delle norme introdotte da Giovanni Paolo II «con un altro documento, l'Ordo Rituum Conclavis».
L'UNICUM DELLA RINUNCIA. Le novità non dovrebbero riguardare maggioranze qualificate o sistema di votazione, ma sarebbero invece legate, ha spiegato a Radio Rai l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, alla «necessità di adattare la fine di un pontificato a una rinuncia e non alla morte di un papa». Un'ipotesi mai presa in considerazione negli ultimi 600 anni.
PRESSING PER UN PAPA ITALIANO.Questa decisione di riunire tutti i porporati da subito tra le stesse mura sembra nascere dalla scelta precisa, politica e di sicurezza, della Curia romana che cerca di arrivare all’elezione di un italiano al Soglio pontificio dopo due papi stranieri.
Intanto cresce l'attesa per la pubblicazione del motu proprio con il quale Ratzinger dovrebbe modificare alcune delle regole del conclave, fissate dalla costituzione apostolica Universi dominici gregis, adottata nel 1996 da Giovanni Paolo II.
L'ARMONIZZAZIONE DEI DOCUMENTI. I contenuti del documento che Benedetto XVI si accinge a varare prima del 28 febbraio sono ancora top secret. Secondo il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, non è detto che il motu proprio riguardi l’anticipo del conclave (sul punto è ancora battaglia tra i cardinali), ma si sarebbe reso necessario per «la piena armonizzazione» delle norme introdotte da Giovanni Paolo II «con un altro documento, l'Ordo Rituum Conclavis».
L'UNICUM DELLA RINUNCIA. Le novità non dovrebbero riguardare maggioranze qualificate o sistema di votazione, ma sarebbero invece legate, ha spiegato a Radio Rai l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, alla «necessità di adattare la fine di un pontificato a una rinuncia e non alla morte di un papa». Un'ipotesi mai presa in considerazione negli ultimi 600 anni.
Cimici e accorgimenti per evitare la fuga di notizie
Dietro all'accelerata sui tempi si nascondono però altri motivi. La storia degli ultimi conclavi insegna infatti che più l’elezione è rapida, più è facile convergere su un pontefice gradito ai curiali, preoccupati ora dalle possibile alleanza tra i cardinali «residenziali», cioè i vescovi di alcune delle principali città di tutti i continenti, per giungere alla designazione di un papa non italiano.
SCOLA FAVORITO. Ipotesi che sbarrerebbe la strada all’ascesa di Angelo Scola il quale, pur essendo anch’egli residenziale (è arcivescovo di Milano), è di fatto il candidato del cosiddetto partito romano.
Così si spiegherebbero sia l'anticipo dell'elezione sia il confino immediato a Santa Marta così da non dare modo agli stranieri di tenere riunioni e conciliaboli all’insaputa di Tarcisio Bertone, Giacomo Sandri e dei loro alleati, compresi Camillo Ruini e Angelo Sodano, non più elettori per limite di età ma ancora potenti e influenti.
Immediata è stata la reazione dell’arcivescovo di New York, Thimoty Dolan, il quale ha dichiarato alle agenzie che non c’è fretta di avviare il conclave perché «serve tempo per riflettere».
L'IMPOSIZIONE DEL 'CONFINO'. Così è stato imposto il 'confino' di Santa Marta, in rigida applicazione della Universi dominicis gregis, laddove - capitolo VI, paragrafo 78 - Wojtyla è chiarissimo: «Proibisco a chiunque anche se insignito della dignità del cardinalato, di contrattare, mentre il pontefice è in vita e senza averlo consultato, circa l’elezione del suo successore, o promettere voti, o prendere decisioni a questo riguardo in conventicole private».
CONTRO LE «CONVENTICOLE PRIVATE». Proprio per evitare queste riunioni preelettorali, indicate con disprezzo come «conventicole private», la residenza di Santa Marta, la Sistina e ogni stanza, corridoio e servizio igienico a disposizione dei porporati sono in corso di «bonifica» da parte della gendarmeria vaticana, ansiosa tra l’altro di riscattarsi dopo i flop e le fughe di notizie che hanno portato ai casi del Corvo e di Vatileaks, dove la funzione di controspionaggio del corpo di polizia del papa non ha funzionato.
TWITTER E WEB VIETATI. Sofisticati apparecchi elettronici sono in corso di installazione, anche per evitare che, tramite telefonini, tablet e computer i cardinali possano comunicare all’esterno quanto accade nelle segrete stanze.
Una preoccupazione che cresce se si considera che 10 dei porporati chiamati al voto sono dotati di profilo Twitter. Sarebbe grave e imbarazzante se il tanto atteso Habemus Papam fosse affidato a un cinguettio che anticipa la fumata bianca.
SCOLA FAVORITO. Ipotesi che sbarrerebbe la strada all’ascesa di Angelo Scola il quale, pur essendo anch’egli residenziale (è arcivescovo di Milano), è di fatto il candidato del cosiddetto partito romano.
Così si spiegherebbero sia l'anticipo dell'elezione sia il confino immediato a Santa Marta così da non dare modo agli stranieri di tenere riunioni e conciliaboli all’insaputa di Tarcisio Bertone, Giacomo Sandri e dei loro alleati, compresi Camillo Ruini e Angelo Sodano, non più elettori per limite di età ma ancora potenti e influenti.
Immediata è stata la reazione dell’arcivescovo di New York, Thimoty Dolan, il quale ha dichiarato alle agenzie che non c’è fretta di avviare il conclave perché «serve tempo per riflettere».
L'IMPOSIZIONE DEL 'CONFINO'. Così è stato imposto il 'confino' di Santa Marta, in rigida applicazione della Universi dominicis gregis, laddove - capitolo VI, paragrafo 78 - Wojtyla è chiarissimo: «Proibisco a chiunque anche se insignito della dignità del cardinalato, di contrattare, mentre il pontefice è in vita e senza averlo consultato, circa l’elezione del suo successore, o promettere voti, o prendere decisioni a questo riguardo in conventicole private».
CONTRO LE «CONVENTICOLE PRIVATE». Proprio per evitare queste riunioni preelettorali, indicate con disprezzo come «conventicole private», la residenza di Santa Marta, la Sistina e ogni stanza, corridoio e servizio igienico a disposizione dei porporati sono in corso di «bonifica» da parte della gendarmeria vaticana, ansiosa tra l’altro di riscattarsi dopo i flop e le fughe di notizie che hanno portato ai casi del Corvo e di Vatileaks, dove la funzione di controspionaggio del corpo di polizia del papa non ha funzionato.
TWITTER E WEB VIETATI. Sofisticati apparecchi elettronici sono in corso di installazione, anche per evitare che, tramite telefonini, tablet e computer i cardinali possano comunicare all’esterno quanto accade nelle segrete stanze.
Una preoccupazione che cresce se si considera che 10 dei porporati chiamati al voto sono dotati di profilo Twitter. Sarebbe grave e imbarazzante se il tanto atteso Habemus Papam fosse affidato a un cinguettio che anticipa la fumata bianca.
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