L’arguto sociologo italiano Carlo Gambescia ha messo in evidenza cinque tesi possibili rispetto all’abdicazione del Papa: la tesi apocalittica, ovvero il segno della fine di un’epoca; la provvidenzialista, ovvero Dio provvederà; la dietrologica, che vede un motivo non dichiarato nella rinuncia; la progressista, con la quale si agevola la democratizzazione della Chiesa; e infine quella umanitaria, che rispetta la scelta dolorosa.
Non v’è dubbio che noi, in quanto credenti, aderiamo alla quinta opzione, ma in quanto analisti politici, questa non ci spiega nulla, limitandosi ad accettare il fatto in sé. La maggior parte dei mass media hanno adottato l’interpretazione progressista o democratico riformista, secondo la quale bisogna approfittare di queste inattese dimissioni del Papa per continuare a modernizzare la Chiesa sulla linea inaugurata dal concilio Vaticano II. Linea interrotta in parte da un Papa anticomunista, e perciò anti sinistra come Giovanni Paolo II e continuata senza troppa convinzione da Benedetto XVI.
In fondo i mass media vogliono una Chiesa al loro gusto e modo. Pretendono un Papa che sia conforme allo stile da loro creato come lo fu Giovanni XXIII, battezzato “il buono”, mentre invece costui aprì le porte della Chiesa “al fumo di Satana”, secondo l’espressione di un altro Papa poi pentitosi degli errori commessi.
Dall’epoca di Pio XII, che si impose allo stesso Hitler all’apice del suo potere con un’enciclica in tedesco Mit Brennender sorge (Con viva preoccupazione), la Chiesa non ha più avuto alcuna rilevanza internazionale. Nessuno degli ultimi quattro Papi ha prodotto qualche fatto d‘importanza mondiale come fecero nel passato numerosissimi Papi fino a Pio XII.
Ci si potrà dire: ma il mondo è cambiato, ed è vero. Solo che è la Chiesa ad essere sostanzialmente cambiata. E ciò a partire dal Vaticano II, un concilio suggerito e manovrato con diversi mezzi per ottenere un aggiornamentopastorale, ma che è finito per diventare dogmatico; che ha dissacrato una liturgia millenaria; che ha trasformato i sacerdoti in sociologi. Che, insomma, non ha tenuto conto del messaggio del profondissimo filosofo Franz Brentano il quale affermò: Il sapere della Chiesa è un “sapere di salvezza” e non un sapere sociale o politico. La conseguenza politica del Concilio è stata che la Chiesa ha finito per giocare la carta del socialismo con Paolo VI, fallita come è fallito il socialismo.
Così facendo, la Chiesa ha perso vocazioni e conversioni, due pietre miliari in crescita dall’epoca in cui il papato, con Pio IX e Leone XIII, trionfa sullaKulturkampf di Bismarck. Ovviamente, il progressismo non parla di tutto questo.
E’ interessantissimo far notare, anche se in realtà è una tara del nostro mestiere, come in tutto l’arco di tempo che va dal 1871 al 1950, il clero cattolico si sia moltiplicato a migliaia insieme alle conversioni di grandi pensatori e di personaggi illustri: Scheler, Bergson, Newman, J.Green, il Rabbino di Roma Eugenio Zolli, Edith Stein, Simone Weil, Ch. Peguy, P. Claudel, L. Bloy, J. Maritain, Ch. de Foucauld, J. Joergensen, P. Wust, Raisa Maritain, J. Cocteau, G. Marcel, G. Chesterton, Y. Lewis, G. Greem, F. Copleston, T. Elliot, T. Haecker, E. Jünger, García Morente, tanto per includere un filosofo spagnolo.
Queste conversioni, significative per il loro livello intellettuale e spirituale, cessarono con il sorgere dello “scandalo” del Vaticano II. Σκανδαλον (skàndalon)= pietra, significa strettamente l’ostacolo o l’incidente pubblico che opera come causa affinché qualcuno agisca o pensi male.
La Chiesa è entrata in confusione e ha confuso anche i suoi fedeli. Il famosoaggiornamento si è limitato ad un adeguamento alla pubblica opinione proveniente, per la maggior parte, dal mondo liberale di sinistra il quale non è precisamente cattolico.
Perché il concetto di aggiornamento è stato un concetto equivoco che gli uomini della Chiesa intesero come adattamento parziale ad alcune necessità poste dal mondo moderno, intanto che i nemici della Chiesa (la massoneria, il rabbinato, gli atei, il marxismo, il socialismo, il liberalismo, il protestantesimo, il neopaganesimo) lo intesero come un adeguamento infinito a tutte le regole o norme culturali da essi generate: l’abbandono del celibato, il sacerdozio femminile, la pillola contraccettiva, l’uso del preservativo, l’aborto, il divorzio, il matrimonio gay, la non responsabilità degli ebrei nella crocefissione di Cristo(1), il sacerdozio degli omosessuali, l’eutanasia, l’affitto dell’utero per la procreazione, e un lungo eccetera.
Il Papa rinuncia perché sa che la Chiesa in quanto istituzione politica è manovrata da qualcuno al di sopra di lui, sia la Curia romana o siano i poteri indiretti. E siccome lui non vuole essere la marionetta di quei poteri, rinuncia; cosicché il titolo mediatico migliore e più profondo è stato quello pubblicato dal giornale ex cattolico “ABC” di Madrid: Il Papa libero.
Il Papa non ha agito come un debole e senile agnostico, né come un borghese individualista al quale le cose non vanno bene; ma non ha nemmeno agito come un Papa, altrimenti non avrebbe rinunciato. I Papi non scendono dalla croce, come ha affermato un vescovo. L’atto è stato una decisione privata dell’uomo Ratzinger come singolo individuo irripetibile, responsabile e libero; e in questo senso, inquestionabile.
Cosa dovremmo attenderci? Non molto. Sicuramente che i poteri generanti la drastica decisione di Ratzinger prendano buona nota e non mettano sul seggio di Pietro un altro intellettuale, politicamente progressista (nel suo messaggio al parlamento tedesco propose “uno Stato socialdemocratico” e alla fine della sua enciclica Caritas in veritate, la costituzione di un governo mondiale), già anziano al momento dell’elezione e inabile al governo degli uomini, bensì qualcuno dello establishment ecclesiastico che riunisca in sé tutti i requisiti richiesti dal concetto di establishment, ovvero: gruppo dominante che detiene il potere e l’autorità.
Osiamo un po’ di più e diciamo che data la bancarotta finanziaria dello Stato Vaticano, non sarebbe affatto strano che il prossimo Papa provenisse da qualche grande potenza o da una potenza emergente. “Poderoso caballero/es don Dinero” (“Potente signore è don Denaro”)(2).
Ma queste sono le opinioni degli uomini, mentre sicuramente altro sarà il criterio di Dio Padre che può condolersi e fare che lo Spirito soffi sul prossimo Conclave. La qual cosa va ben aldilà dell’analisi politologica.
(Tradotto all'impronta da Aldo La Fata)
(1) Andando contro quanto scritto espressamente da San Paolo nella I Tes. 2, 14-25: “i Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, e hanno cacciato noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini”. Oggi il più grande teologo spagnolo specialista in cristologia, Olegario González de Cardedal, compie dei veri equilibrismi teologici per spiegare l’impossibile e accomodare questo passaggio al Vaticano II, finché, da ultimo, appoggiandosi su un altro collega, J. A. Fitzmyer, afferma: “Non esiste nessuna prova che dimostri la totale falsità dell’immagine generale delle narrazioni della passione nelle quali siano implicate entrambe le parti”. (Cristología, BAC, Madrid, 2008, p.108)
(2) Francisco de Quevedo: “Letrilla satirica”.
di Alberto Buela
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