L'annuncio è stato choc. «Eminenza, sappiate che ho deciso di dare le dimissioni». Cosa abbia provato in cuor suo di fronte a queste parole pronunciate con sicurezza da Benedetto XVI, Tarcisio Bertone forse non lo rivelerà mai a nessuno. E non è dato sapere se la scelta di Joseph Ratzinger di informare per primo, di questo gesto storico e profetico, il salesiano piemontese che gli è accanto dal 2006 sia nata dalla carica che Bertone ricopre, quella di segretario di Stato, oppure da una fiducia che in questi otto anni non si è mai incrinata, nonostantecorvi, scandali e sospetti sull’eminenza grigia del Vaticano.
La svolta di Ratzinger e il rafforzamento del segretario di Stato
Se Cristo affidò a San Pietro e ai suoi successori le chiavi della Chiesa ancora da costruire, certo è Ratzinger nel 2006 ha consegnato a Bertone quelle del Vaticano. L’austero porporato italiano è segretario di Stato e cardinale Camerlengo, quindi allo stesso tempo primo ministro della Santa Sede ma anche vicario nei periodi di sede vacante come quello che si aprirà il 28 febbraio con la fine del pontificato di Benedetto XVI.
L'EREDE DI ANGELO SODANO. Bertone sette anni fa prese il posto di Angelo Sodano alla segreteria di Stato, nello stesso periodo in cui il potente cardinale Camillo Ruini (meno di un anno dopo) cedeva ad Angelo Bagnasco la guida della Conferenza episcopale italiana (Cei).
LA CESURA DI BENEDETTO XVI. Avvicendamenti legati al raggiunto limite di età, perché anche i principi della Chiesa vanno in pensione. Ma anche una profonda cesura politica nei rapporti interni ed esterni al Vaticano. Ruini gestiva in proprio i contatti con il mondo politico italiano, lasciando a Sodano soltanto le relazioni estere della Santa Sede.
CEI IN SECONDO PIANO. Con l'arrivo di Ratzinger, invece, gran parte del potere è finito nelle mani del segretario di Stato, relegando Bagnasco e la Cei in un ruolo di secondo piano assai sgradito ai vescovi italiani, tanto che Sodano si oppose con forza, ma inutilmente, alla scelta di Bertone come suo successore.
L'EREDE DI ANGELO SODANO. Bertone sette anni fa prese il posto di Angelo Sodano alla segreteria di Stato, nello stesso periodo in cui il potente cardinale Camillo Ruini (meno di un anno dopo) cedeva ad Angelo Bagnasco la guida della Conferenza episcopale italiana (Cei).
LA CESURA DI BENEDETTO XVI. Avvicendamenti legati al raggiunto limite di età, perché anche i principi della Chiesa vanno in pensione. Ma anche una profonda cesura politica nei rapporti interni ed esterni al Vaticano. Ruini gestiva in proprio i contatti con il mondo politico italiano, lasciando a Sodano soltanto le relazioni estere della Santa Sede.
CEI IN SECONDO PIANO. Con l'arrivo di Ratzinger, invece, gran parte del potere è finito nelle mani del segretario di Stato, relegando Bagnasco e la Cei in un ruolo di secondo piano assai sgradito ai vescovi italiani, tanto che Sodano si oppose con forza, ma inutilmente, alla scelta di Bertone come suo successore.
Le frizioni con Bagnasco
Ma Bagnasco a dir messa e stop non ci stava e fonti vicine alla Cei lo hanno sempre descritto insofferente allo strapotere di Bertone, il quale però non ha mai inteso cedere fette della propria influenza personale.
LE DIMISSIONI DI DINO BOFFO. Così da alcune parti lo si è indicato - pur senza alcuna prova - come una sorta di mandante morale della campagna di stampa, basata su documenti taroccati, che costrinse alle dimissioni Dino Boffo, direttore di Avvenire, quotidiano della Cei controllato da Bagnasco. Calunnie? Forse, ma segno di un largo malcontento di ampi settori della Chiesa italiana verso Bertone.
I SOSPETTI SU VATILEAKS. Del resto, anche i documenti diffusi dal «corvo» (l'ex maggiordomo del pontefice Paolo Gabriele) sarebbero nati da un tentativo di «proteggere» il papa dall’ombra ingombrante del salesiano porporato, tra l’altro presidente della Commissione di vigilanza sullo Ior, banca vaticana ancora una volta sconvolta da scandali e inchieste.
Ufficialmente, Benedetto XVI non ha mai messo in discussione la fiducia in Bertone. Anche se chi probabilmente ha imbeccato il «corvo» sembrava essere ben inserito all’interno della Santa Sede e al corrente di tensioni tra i due che, se vi sono state, non hanno mai varcato i bastioni di Michelangelo.
LE DIMISSIONI DI DINO BOFFO. Così da alcune parti lo si è indicato - pur senza alcuna prova - come una sorta di mandante morale della campagna di stampa, basata su documenti taroccati, che costrinse alle dimissioni Dino Boffo, direttore di Avvenire, quotidiano della Cei controllato da Bagnasco. Calunnie? Forse, ma segno di un largo malcontento di ampi settori della Chiesa italiana verso Bertone.
I SOSPETTI SU VATILEAKS. Del resto, anche i documenti diffusi dal «corvo» (l'ex maggiordomo del pontefice Paolo Gabriele) sarebbero nati da un tentativo di «proteggere» il papa dall’ombra ingombrante del salesiano porporato, tra l’altro presidente della Commissione di vigilanza sullo Ior, banca vaticana ancora una volta sconvolta da scandali e inchieste.
Ufficialmente, Benedetto XVI non ha mai messo in discussione la fiducia in Bertone. Anche se chi probabilmente ha imbeccato il «corvo» sembrava essere ben inserito all’interno della Santa Sede e al corrente di tensioni tra i due che, se vi sono state, non hanno mai varcato i bastioni di Michelangelo.
Il fronte bertoniano e l'incognita di Scola
Anche perché Bertone può contare sull’appoggio di altri cardinali potenti e influenti: in Curia sono legati a lui Giacomo Sandri (dato tra i papabili) e Attilio Nicora, anch’egli nella vigilanza dello Ior. E, soprattutto, è forte il legame con Angelo Scola, arcivescovo di Milano molto vicino a Comunione e liberazione oltre che leader del fronte conservatore dei porporati.
LE AMBIZIONI DELL'ARCIVESCOVO MILANESE. Ma Scola ora punta decisamente al soglio di Pietro e la cosa potrebbe generare tensioni con Bertone.
Mentre Benedetto XVI, negli ultimi giorni di pontificato, cerca di mediare: quasi tutte le udienze con vescovi in programma da qui al 28 febbraio sono state cancellate, tranne quelle con Scola e con Bagnasco che dai guai di Bertone ha riacquistato vigore.
Ratzinger insomma soppesa le sue ultime mosse, e riceve i leader di due fronti diversi in lotta per il potere e il prossimo pontificato. Il match è dunque aperto.
LE AMBIZIONI DELL'ARCIVESCOVO MILANESE. Ma Scola ora punta decisamente al soglio di Pietro e la cosa potrebbe generare tensioni con Bertone.
Mentre Benedetto XVI, negli ultimi giorni di pontificato, cerca di mediare: quasi tutte le udienze con vescovi in programma da qui al 28 febbraio sono state cancellate, tranne quelle con Scola e con Bagnasco che dai guai di Bertone ha riacquistato vigore.
Ratzinger insomma soppesa le sue ultime mosse, e riceve i leader di due fronti diversi in lotta per il potere e il prossimo pontificato. Il match è dunque aperto.
di Marco Mostallino
http://www.lettera43.it/cronaca/l-addio-di-ratzinger-e-il-destino-di-bertone_4367583803.htm
Un belga per lo Ior
Pronta la nomina del nuovo presidente della Banca vaticana. Scelta sottoscritta dal papa.
Dopo le dimissioni annunciate da papa Benedetto XVI, c'è già una fumata bianca (o quasi) in Vaticano.
Si tratta del nuovo presidente dello Ior, che sarà probabilmente un banchiere belga.
«È possibile che nei prossimi giorni arrivi la nomina del presidente dello Ior», ha detto il 13 febbraio il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi.
Anche se non è stato fatto alcun nome specifico, il papa avrebbe già sottoscritto la scelta. E lo avrebbe quindi fatto prima del 28 febbraio, data in cui è destinato a lasciare l'incarico ufficialmente.
Stando ad altre fonti vaticane, il numero uno dello Ior potrebbe arrivare dalla Svizzera, lo stesso Paese della nuova società chiamata a gestire i pos (points of sale) e i servizi bancomat della Santa Sede. Tra i papabili ci sarebbe anche un italiano, forse un banchiere del Nord.
TOLTO UN PESO AL NUOVO PAPA. In ogni caso l'annuncio era atteso da quasi nove mesi, da quando l'ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, venne sfiduciato e costretto alle dimissioni a fine maggio 2012.
Ciò sigifica che il successore di Benedetto XVI non avrà il problema di cercare il nuovo capo dell'Istituto per le Opere di Religione: in questo modo gli verrebbe tolto un grosso peso e sarà la Spencer & Stuart di Francoforte, una delle aziende di consulenza più prestigiose, a togliere le castagne dal fuoco.
PERPLESSITÀ SUI TEMPI DELLA SCELTA. Sembra però una strana coincidenza il fatto che il nuovo presidente della Banca vaticana venga deciso solo dopo le dimissioni di Benedetto XVI, nelle cui mani, secondo alcuni, sarebbe finito troppo potere finanziario. Perché proprio adesso e non prima? L'incognita sui tempi della scelta resta un mistero.
Si tratta del nuovo presidente dello Ior, che sarà probabilmente un banchiere belga.
«È possibile che nei prossimi giorni arrivi la nomina del presidente dello Ior», ha detto il 13 febbraio il portavoce della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi.
Anche se non è stato fatto alcun nome specifico, il papa avrebbe già sottoscritto la scelta. E lo avrebbe quindi fatto prima del 28 febbraio, data in cui è destinato a lasciare l'incarico ufficialmente.
Stando ad altre fonti vaticane, il numero uno dello Ior potrebbe arrivare dalla Svizzera, lo stesso Paese della nuova società chiamata a gestire i pos (points of sale) e i servizi bancomat della Santa Sede. Tra i papabili ci sarebbe anche un italiano, forse un banchiere del Nord.
TOLTO UN PESO AL NUOVO PAPA. In ogni caso l'annuncio era atteso da quasi nove mesi, da quando l'ex presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, venne sfiduciato e costretto alle dimissioni a fine maggio 2012.
Ciò sigifica che il successore di Benedetto XVI non avrà il problema di cercare il nuovo capo dell'Istituto per le Opere di Religione: in questo modo gli verrebbe tolto un grosso peso e sarà la Spencer & Stuart di Francoforte, una delle aziende di consulenza più prestigiose, a togliere le castagne dal fuoco.
PERPLESSITÀ SUI TEMPI DELLA SCELTA. Sembra però una strana coincidenza il fatto che il nuovo presidente della Banca vaticana venga deciso solo dopo le dimissioni di Benedetto XVI, nelle cui mani, secondo alcuni, sarebbe finito troppo potere finanziario. Perché proprio adesso e non prima? L'incognita sui tempi della scelta resta un mistero.
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