ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 23 febbraio 2013

LE TRACCE DELL'ANTICRISTO

L. Signorelli, partic
Non si può capire come sia possibile che, mentre la storia della Chiesa sta scrivendo una pagina di storia senza precedenti, per le persecuzioni che si scatenano, dentro e fuori di essa, per le dimissioni del Santo Padre, per le leggi restrittive che, in Italia, hanno messo sul lastrico moltissime istituzioni scolastiche religiose, non si può capire come i mezzi d'informazione cristiani si mettano a giocare al toto Papa, o a discutere su questioni oziose, invece di offrire una chiave di lettura adeguata e veramente cattolica. 

Mi riferisco a coloro che vorrebbero estromettere il cardinale Mahony dal Conclave in nome di non so quale giustizia (rivendicata da un Obama che di leggi della Chiesa ne sa ben poco e che, peraltro, non brilla certo per immacolato splendore); mi riferisco a quanti di fronte a un gesto umile e pieno di dignità, ma anche di consapevolezza per la gravità dell'ora, del Santo Padre, si permettono di paventare una prossima fine del Papato e dell'Istituzione divina dello stesso, chiudendo il gesto del Pontefice entro categorie puramente umane.

Non se ne può più di questa sciatteria intellettuale che non tiene neppur conto del peso delle parole, della chiarezza dei fatti, ma che manipola le une e gli altri secondo una visione totalmente ideologica e strumentale della realtà. Non se ne può più anche perché molti di questi organi di informazione sembrano portare indegnamente l'appellativo di cristiano.

Non posso fare a meno di pensare a un'opera, forse un po' dimenticata, presente a Orvieto e che ha visto i suoi natali tra il 1499 e il 1502, nel passaggio cioè entro un secolo che di svolte epocali ne avrebbe viste più d'una. In quello scorcio di fine 1400 le teorie millenariste si moltiplicavano e i disordini dentro la Chiesa e tra la politica degli Stati cristiani lasciavano presagire la più vasta delle sciagure, degna della fine del mondo.
Così Luca Signorelli realizza a Orvieto gli affreschi della Cappella San Brizio, dove campeggiano le scene della predicazione dell'Anticristo e della fine del mondo, insieme all'illustrazione dei novissimi con il giudizio (e la risurrezione della carne), l'Inferno e il Paradiso.

Mi sorprende la modernità dell'affresco della Predicazione dell'Anticristo, dove il tempio di Salomone, apparentemente perfetto, è stato relegato da Signorelli in un angolo remoto, quasi a denunciare l'Assoluto squilibrio della bellezza mondana. Il tempio, perfetto nella sua forma, è di fatto teatro di un tribunale iniquo, popolato di uomini neri, come la loro coscienza. Davanti a questo edificio il tribunale dell'Anticristo (con lui quale giudice supremo) condanna senza pietà vittime innocenti in nome di un progetto che ha da salvarsi. Questo fa riflettere: già alle soglie del 1500 c'era la chiara consapevolezza che se vuoi salvare un sistema di pensiero devi per forza uccidere l'uomo e, nell'uomo, Cristo stesso, un'altra volta. In effetti lo vediamo nella scena centrale, proprio in primo piano, l'Anticristo: il suo volto - benché trasfigurato dalla malizia- è simile a quello di Cristo stesso.

L. Signorelli, part.La sua figura è totalmente assimilata a quella di un altro personaggio, un demonio, con il quale forma un corpo solo, anzi si evince dalle pose che il vero protagonista della scena è lui, Satana, mentre l'Anticristo è semplicemente un burattino. Il braccio sinistro dell'Anticristo, infatti, pare lo stesso braccio di Satana e le parole che quest'ultimo suggerisce all'orecchio del suo protetto sembrano le uniche capaci di determinare pensieri e gesti.

Molti, anche al tempo dello stesso Signorelli, han cercato di identificare l'Anticristo con l'uno o l'altro personaggio storico - a gran voce ad esempio si citava il Savonarola come bersaglio privilegiato della satira dell'artista - e invece no. Dare un'identità precisa sarebbe sminuire la portata profetica dell'affresco. Egli non ha certamente pensato ad un individuo particolare, ma ha voluto pensare a un costume, a un modo di porsi nei confronti della verità che è Cristo, dentro la Chiesa. L'Anticristo, infatti predica, giudica, fa miracoli, cerca persino di imitare la risurrezione di Cristo, vuole cioè dimostrare la sua signoria sulla vita, ma non ce la fa. Miete solo vittime e semina attorno a sé, vuoto e perdizione.

Ahimè non è forse lo spettacolo cui assistiamo ogni giorno? Non percepiamo forse questo, come lo sfondo scenico che ha accompagnato un gesto come quello del Santo Padre? Ecco allora che la Chiesa non è al suo declino, ma prossima al suo trionfo, perché - come asseriva l'Apostolo Paolo: «è necessario tra di voi lo scandalo perché sia manifesto quali sono i veri credenti» Cristo non ha mai voluto lo scontro aperto con Satana: «buttati giù dal pinnacolo, trasforma in pane le pietre, dimostra il tuo potere e scendi dalla croce!». Cristo non si è mai abbassato a tale duello sterile, ma ha lasciato tunica e mantello, si è lasciato spogliare, certo della gloria che il Padre gli avrebbe resa, quella gloria che era già sua fin dalla fondazione del mondo. Il gesto di Benedetto XVI può essere letto solo in questa linea, quella della croce di Cristo "scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani".

Accanto all'Anticristo di Luca Signorelli c'è un secondo personaggio curioso, si trova proprio dietro alla donna dall'aria mascolina (o all'uomo effeminato) che gli porge la mano per prendere denaro. Il personaggio rappresenta l'usuraio di turno, quello che distribuisce gratuitamente danaro chiedendo un prezzo maggiorato che lui stesso stabilirà. Sì, la borsa di quest'uomo porta la stella di Davide e, dunque, si è pensato spesso a un ebreo, ma anche qui l'identificazione è ben altra. È pur vero che leggende medievali attribuivano agli Ebrei un ruolo di favore per l'ascesa e il successo dell'Anticristo, ma Luca Signorelli allude al potere del Dio Mammona, a quel potere massonico che s'intreccia con il potere religioso e la filosofia edonistica per meglio permeare le sue vittime.

Una pittura inquietante, dunque, e un po' dimenticata per timore che qualcuno ne faccia oggetto di meditazione e di attualizzazione. Ma è davvero lo specchio dei nostri giorni, dove domina un sistema di pensiero che mira a far miracoli, ad avere ogni licenziosità sulla vita e sull'etica sessuale, che condanna o assolve le persone, non a partire dalla verità di Cristo, ma a partire dai propri scopi e teoremi. Una corrente anti cristiana, anzi anticattolica, che cresce dentro la stessa Chiesa e che si veste di tinte lucenti si adorna di fregi e beltà per trarre in inganno i più e che dove l'estetica e la lusinga non possono più arrivare lascia libero sfogo alla minaccia, alla violenza e al ricatto. Come da sempre è, nella storia.

Ebbene in tutto questo la Chiesa di Cristo vive tranquilla. Lo testimoniano dei frati vestiti di nero, proprio dietro l'Anticristo che, armati di Sacra Scrittura cercano una chiave di lettura adeguata agli eventi della storia. Lo testimoniano i due artisti posti a sinistra in primo piano, Luca Signorelli e il mistico Beato Angelico (che aveva iniziato la decorazione della Cappella nel 1447 ed era morto ormai da 44 anni), i quali con la profezia della loro arte sbaragliano il nemico perché la loro bellezza scaturisce dalla Rivelazione e il loro discorso si traduce in biblia pauperum.

Essi ci insegnano come ha da essere il nostro stare di fronte agli sconvolgimenti del mondo: la serena compostezza di chi ha fede. « Non temere piccolo gregge, Io ho vinto il mondo», ha detto Cristo ai suoi. L'ha detto e lo dice ancora. Di fronte ai profeti di sventura, alla casta dei vanitosi, agli intellettuali assordanti, c'è il modesto silenzio dei pensatori, dei contemplativi dagli occhi profondi che vedono già, non la sventura, ma la fine dei poteri umani. Fra questi contemplativi silenziosi il primo è proprio Papa Benedetto XVI, chi sta dietro la sua luce, vedrà il percorso, vedrà la caduta rovinosa dell'Anticristo che la storia di ogni tempo ha già decretato, da Cristo in poi, fino alla vera fine dei tempi.
di Maria Gloria Riva


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