Conferenza di Mons. Williamson (5/1/2013):
LA CONFERENZA DI MONS. WILLIAMSON (5. I. 2013)
Quale lezione trarne? Introduzione
Mons. Williamson, dopo la sua espulsione dalla FSSPX nel mese di ottobre del 2012, ha voluto riflettere prima di parlare ed agire. Alcuni, che, invece, prima sparlano e poi riflettono, lo hanno diffamato dicendo che aveva perso il senno, che si era fissato ecc. Invece tre mesi dopo, esattamente il 5 gennaio 2013, in Francia mons. Williamson ha dato una conferenza pubblica (consultabile integralmente nel sito web “nonpossumus” al quale rinvio il lettore[1]), che voglio sintetizzare in 12 punti e commentare brevemente, poiché1°) ritengo che egli abbia capito qual è il problema dell’ora presente e come bisogna comportarsi di conseguenza; 2°) voglio inoltre riparare in pubblico le calunnie gravi lanciate pubblicamente contro la sua persona e la sua missione, senza fare sterili polemiche contro chicchessia.
Mons. Williamson, pur essendo stato espulso ingiustamente dalla FSSPX, non vuol fondare una contro-Fraternità, ma vuole soltanto offrire la sua cura pastorale e la sua Paternità spirituale a quei sacerdoti e fedeli, che intendono restare fermi nella resistenza al neomodernismo conciliare e postconciliare. È solo in quest’ottica, scaturita da tre mesi di riflessione, che egli continua il suo apostolato episcopale. Non chiede nessun ingaggiamento giuridico sotto la sua “autorità”, ma offre solo un aiuto e una cura intellettuale, morale e spirituale: è la battaglia delle idee, che oggi non viene più combattuta poiché è stata assorbita dallo spirito irenico ed ecumenista, vera peste del mondo contemporaneo, il quale vive in un costante spirito di Assisi.
Infine mons. Williamson non contesta la dottrina e la generosità apostolica di tutti i sacerdoti della Fraternità, ma prende le distanze dalle direttive del Superiore generale, il quale potrebbe ancora avere il tempo di correggerle realmente e pubblicamente, ponendo così fine alla dolorosa querelle.
Passo ora sintetizzare la conferenza.
Fede e diplomazia
1°) Secondo mons. Williamson per risolvere la questione della continuità o rottura del Concilio Vaticano II con la Tradizione apostolica ci vuole la teologia, che tutti i battezzati debbono conoscere, almeno nei suoi rudimenti, insegnati dal Catechismo. La diplomazia serve per risolvere gli affari di Stato o i conflitti che sorgono contro la Chiesa, non le dispute dottrinali ed i problemi di Fede. Ora il ‘GREC’ (v. nota 5) ha sostituito la diplomazia al Catechismo per risolvere problemi di teologia. Inoltre lo ha fatto in maniera “quasisegreta” o sedicente “discreta” e filantropica o amichevole, come potrebbe farlo un “Rotary club”[2].
Le volpi di Roma sono più furbe di quelle svizzere
2°) I “tradizionalisti” non possono competere in abilità diplomatica con i “diplomatici di professione” della Segreteria di Stato vaticana. Il loro campo è la difesa integrale della Fede, Morale e Liturgia cattolica tradizionale. A ciascuno il suo mestiere. Il guaio è quando ci si illude di essere più “furbi” delle “volpi” e per far ciò si comincia a “conciliare l’inconciliabile”. Questa però non è astuzia, ma “prudenza della carne” mista ad ingenuità e mancanza di amore per la dottrina e la verità, che porta a dissociarsi dalla realtà (“la verità è il conformare l’intelletto alla realtà”, Aristotele e S. Tommaso) e a scambiare un “brocco” per una volpe, un “gufo” per un’aquila.
Mons. Lefebvre colomba e falco
3°) Secondo mons. Richard Williamson, la natura di mons. Marcel Lefebvre era sostanzialmente dottrinale, ma il vescovo britannico pensa che il lato di colomba (diplomatico) e di falco (dottrinale) non erano perfettamente integrati in mons. Lefebvre. Infatti la sua pastorale, certe volte, annacquava un poco la sua dottrina. Ora ciò per un Fondatore è molto delicato e produce conseguenze gravi, che oggi sono sotto i nostri occhi. Tuttavia questo difetto non toglie nulla alla battaglia eroica che egli ha condotto contro il modernismo e per la difesa della Tradizione.
Il «Cinquantismo» è l’horror persecutionis
4°) Per «Cinquantismo» mons. Williamson intende quello stato d’animo di chi ha ancora la Fede cattolica, ma inizia a desiderare un Cristianesimo comodo, rispettato, non perseguitato, amato dal mondo e che non vuole entrare in guerra dottrinale con la Modernità o il soggettivismo filosofico (Cartesio/Hegel), religioso (Lutero) e politico (Rousseau). Il “Cinquantismo” ha influito sulla svolta conciliare ed oggi influisce sul “Vaticano II accettabile al 95%” (mons. Fellay, 11 maggio 2001, intervista al quotidiano svizzero “La Liberté”[3], v. Agenzia ‘DICI’, n. 8, 18 maggio 2001).
Importanza della dottrina
6°) Chi ha capito, oggi, veramente la somma importanza della purezza ed integrità della dottrina cattolica? si chiede il vescovo britannico. Molto pochi, egli risponde. Oggi non c’è più l’amore della Verità, ma l’amore della falsa Libertà o licenza. Si dicono al massimo dellemezze verità, illudendosi di salvare capra e cavoli, ed invece esse sono più insidiose dell’errore aperto. Non si ammette più che esiste una verità certa ed oggettiva cui adeguarsi, ma ognuno ha la sua opinione. Da questa deficienza iniziale si è giunti alla rovina della Fede.
Dottrina sociale
7°) Secondo mons. Williamson il Liberalismo corrompe il Cattolicesimo con l’Individualismo e tralascia la parte socievole o sociale dell’uomo (Aristotele e S. Tommaso), che è fatto per vivere assieme agli altri, formare una famiglia, la quale assieme ad altre famiglie forma un villaggio ed i villaggi messi assieme formano uno Stato. Molti tradizionalisti sono profondamente liberali, senza rendersene conto, perché misconoscono la natura sociale o politica della Religione e quindi il “Regno sociale di Cristo” (Pio XI, Enciclica Quas primas, 1925). La “Dottrina sociale della Chiesa” distingue il Cattolicesimo integrale dal Liberalismo cattolico, che concepisce solo l’individuo ed anche la sua salvezza, ma senza l’apporto della Società civile, senza politica (che è “la Prudenza applicata alla Società”, Aristotele e S. Tommaso). Ora mons. Lefebvre qualificava il Cattolicesimo liberale come «blasfemo», mentre Mons. Fellay ha detto alla TV americana: “la liberté religieuse du Concile est chose limitée, très très limitée! La libertà religiosa del Concilio è qualcosa di poca cosa, ben poca cosa!”. Ora la libertà religiosa ha aperto le porte al Cattolicesimo liberale.
I resti del “piccolo resto”
8°) Mons. Williamson cita San Paolo, che nell’Epistola ai Romani cap. IX parla di “un piccolo resto scelto dalla Grazia“. Oggi, continua il vescovo britannico, bisogna ripartire dai resti del piccolo resto, che aveva rifiutato il Culto dell’Uomo del Vaticano II e delNovus Ordo Missae, ma ora sembra volerlo accettare. Infine, non bisogna mai dimenticare che la parola definitiva spetta a Dio, non all’iniziativa dell’uomo. Sarà Dio a scegliere. È il «Mistero della Grazia». La Grazia gioca un ruolo molto importante nella scelta dei “resti” del “resto”.
Fuori del Seminario si è assorbiti dalla Modernità
9°) Certamente occorrono Seminari integralmente cattolici! Ma come risolvere questo problema? si domanda Monsignor Williamson. Alcuni gli chiedono di fondare un Seminario, che non sia incline ad arrendersi al modernismo. Ma, oggi come oggi, a lui sembra di dover mettere in questione l’idea del Seminario classico ben strutturato in una Società normale. Purtroppo la Società civile del 2013 è ancora peggiore di quella del 1970; allora si poteva fondare un Seminario ben strutturato, anche se perseguitato dai modernisti (v. Écône), oggiprobabilmente lo Stato mondialista e globalizzato lo ridurrebbe al silenzio con leggi penali. È questa un’opinione sulla quale riflettere per approfondirla.
I Seminari nel 2013
10°) Siccome mons. Williamson deve occuparsi di parecchie Nazioni egli – almeno per ora – può solo incoraggiare e sostenere i sacerdoti che desiderano il suo sostegno, ma non vuole essere il “Capo” di una Società religiosa giuridicamente strutturata. Può essere solo il “Padre” dei “piccoli resti”, conferendo gli Ordini sacri, sostenendo con il consiglio i giovani sacerdoti e i fedeli laici. Egli reputa che la resistenza debba restare agile e senza un’eccessiva struttura massiccia. Capisce la necessità di un’organizzazione per permettere ai giovani seminaristi di “varcare il Rubicone”, ma si domanda se nel mondo di oggi una struttura stabile ed organizzata sarebbe utile e potrebbe sopravvivere. L’eventuale semiclandestinità esigerebbe piuttosto un’unione di Fede integra e di vera Carità soprannaturale, senza l’appoggio di una Congregazione ben strutturata. Ci si trova, oggi, in uno stato di guerriglia e non più di guerra come negli anni Settanta. Al massimo si potrebbe pensare ad una “Congregazione” in senso largo, senza autorità giuridica, ma provvista di una “Paternità spirituale, intellettuale e morale”, che guiderebbe le piccole oasi in cui si continua la vera battaglia per la Fede. Per far ciò è necessario agire senza eccessiva pubblicità, ma con molta discrezione. Quindi non bisogna annunciare ai quattro venti il fatto di aver formato una “Congregazione religiosa” per la salvaguardia della Fede … occorre agire con discrezione e “piano, piano”![4]
La FPX non ha ancora ceduto giuridicamente
11°) Anche se l’intenzione di “accettare il Vaticano II al 95%” è stata ufficializzata (il che è molto grave), tuttavia non si è ancora passati al cedimento di un accordo giuridico. Quello che stupisce è il clima di eccessivo ottimismo che si respira nella Dirigenza della FSSPX, analogo a quello di Giovanni XXIII negli anni Sessanta, quando pensava che il mondo moderno fosse disposto ad ascoltare la Chiesa e non l’avesse più in odio. Oggi la situazione è peggiorata: a) la crisi economica ha rimpiazzato il boom del Sessanta; b) il disfacimento della famiglia con l’introduzione delle leggi sul divorzio, l’aborto, le coppie di fatto e i matrimoni omosessuali ha notevolmente degradato quello che era lo spirito degli anni Sessanta; c) il Sessantotto ha iniziato a distruggere l’individuo in interiore homine, grazie alla sovversione dottrinale e morale della “Scuola di Francoforte” (Adorno e Marcuse) ed allo “Strutturalismo francese” (C. Lévy-Strauss e Sartre) ed oggi è arrivato al capolinea, per cui il giovane contemporaneo è più simile ad un animale istintivo (o essere bestiale) che all’animale razionale (o essere umano); d) la pace nel mondo, che negli anni Sessanta era abbastanza controbilanciata da due superpotenze, oggi è molto compromessa dal frazionamento delle Patrie e dall’instaurazione del “Nuovo Ordine Mondiale”, salutata dal Presidente statunitense Bush senjor nel 1990 durante la prima guerra del Golfo persico, che ci ha portati dopo le “Rivoluzioni primaverili” del 2011 alle soglie di un conflitto nucleare mondiale con l’aggressione israelitico-americana alla Siria che coinvolgerebbe anche Iran, Russia e Cina; e) La situazione nell’ambito ecclesiale è soltanto peggiorata; tranne l’affermazione di Benedetto XVI che la Messa romana non poteva essere abrogata, il resto è la continuazione – in moto uniformemente accelerato – della dottrina neomodernistica della nouvelle théologie: rapporti inter-religiosi con l’Ebraismo, l’Islamismo, il Protestantesimo; messa in dubbio l’esistenza del Limbo (Benedetto XVI); Ebraismo definito addirittura “Padre” (Benedetto XVI) e non solo “Fratello maggiore” (Giovanni Paolo II) del Cristianesimo; culto della Shoah come conditio sine qua non per far parte della Chiesa gerarchica (Benedetto XVI); riconoscimento totale dei Neocatecumenali (Benedetto XVI); Assisi 2012. Perciò non si riesce a capire come si possa essere ottimisti sulla situazione attuale.
Quindi occorre saper attendere e non prendere i desideri per realtà. Perciò, se da una parte la resistenza, ora, deve essere discreta, dall’altra parte essa deve esistere e farsi sentire.
No alle consacrazioni episcopali
12°) Durante il suo recente viaggio apostolico in Usa e Canada, è stato detto, in maniera denigratoria, che mons. Williamson si apprestava a consacrare vescovo don Pfeifer. Quindi era un “irresponsabile pericoloso da evitare”, mentre appena tre mesi prima era un “fissato maniacale, che non era capace di prendere una decisione”. La realtà è totalmente diversa. Mons. Williamson si dichiara disponibile a conferire gli ordini ai seminaristi che hanno terminato i loro studi, ma non a consacrare vescovi.
Egli è pronto ad offrire la sua “Paternità spirituale, intellettuale e morale” all’eventuale Precettore di un Seminario (come il Convento benedettino in Brasile o il futuro Seminario di don Pfeifer in Usa), ma nulla di più. Egli dichiara di essere vescovo, ma senza giurisdizione né può darsela da sé, poiché essa viene dal Papa. Quindi, tranne caso futuro di estremanecessità (persecuzioni, guerre …) Monsignor Richard Williamson non vuole consacrare vescovi.
Conclusione
Che fare? 1°) Protestare pubblicamente contro le calunnie pubbliche e semipubbliche lanciate in faccia a mons. Williamson (“fissato-maniacale/consacratore di vescovi”), ricordando che la calunnia è un peccato mortale e chi non la ripara, non può ottenere l’assoluzione validamente; 2°) difendere la Fede con la Teologia[5] e non con la diplomazia degli incontri discreti, semiclandestini e filantropici; 3°) evitare di attribuirsi una“Missione divina manichea”, per cui tutto il bene sta dalla nostra parte e tutto il male dall’altra. Non criticare tutti i sacerdoti della FSSPX, perché alcuni di loro soffrono della inadeguatezza della Dirigenza e subiscono con dolore questo cedimento; 4°) evitare il culto della personalità: ogni uomo, anche il Santo, ha dei difetti e dei limiti, poiché è una creatura finita. “I Santi non sono i meno difettosi, ma i più coraggiosi nel correggere se stessi” (S. Teresa d’Avila); 5°) quindi non fare di mons. Marcel Lefebvre un “Idolo”; certamente la sua lotta contro il Novus Ordo Missae è stata eroica e ammirevole, ma qualche volta la “pastorale” ha annacquato un po’ la sua dottrina (v. Conferenza); 6°)guardarsi dal “Cinquantismo”, che è “labor certaminis, horror persecutionis”(“stanchezza della lotta e timore delle persecuzioni”); si ha ancora la Fede, ma Essa non è più militante, dottrinale, scolastica e confutativa degli errori, è diventata pantofolaia, accomodante e pastorale; 7°) dare molta importanza alla dottrina e soprattutto alla filosofia e teologia tomistica perché ogni errore religioso ha una fonte filosofica inquinata, “dopo l’eresia viene la Rivoluzione e dopo la Rivoluzione è il turno del boia” (Donoso Cortès); 8°) soprattutto non disprezzare il problema del “complotto contro la Chiesa”[6]o della “contro-Chiesa”, ossia di “coloro che dicono di essere Israeliti e non lo sono, ma sono la Sinagoga di Satana” la quale esiste e lavora contro la Chiesa di Cristo (Apocalisse, II, 9)[7]; 9°) tener presente che l’uomo è per natura “animale sociale” (Aristotele e S. Tommaso) e che quindi la ‘Dottrina Sociale della Chiesa’ deve essere parte integrante dell’apostolato sacerdotale; altrimenti si scivola nell’individualismo spiritualista del Cattolicesimo liberale. (“Noi non possiamo non fare politica”, diceva S. Pio X); 10°) nel 2013 può sussistere una Congregazione con Seminari ben strutturati? È lecito chiederselo. (Cerchiamo di rifletterci su e di approfondire la questione con mons. Williamson stesso[8]: egli è aperto a dibattere le opinioni anche se è fermo nella dottrina). Il Mondialismo e la Globalizzazione li neutralizzerebbero più facilmente di un’unione morale e spirituale mobile, agile, a “piccole truppe sparpagliate” sotto la Paternità dottrinale-religiosa di un Vescovo ‘Padre spirituale’ più che ‘padrone autoritarista’. Io penso chel’opinione di Sua Eccellenza sia probabile, ma non è una certezza assoluta. Il dibattito è aperto!
Nel 1959 la contro-Chiesa ha infiltrato il Vaticano (v. Bea/Roncalli con Jules Isaac) ed ha partorito “Nostra aetate”; nel 1984 la FSSPX è stata infiltrata (v. Conferenza integrale di mons. R. Williamson[9], il libro di Michel Lelong, Pour la nécessaire réconciliation. Le Groupe de Réflexion Entre Catholiques (GREC), Nouvelles Editions Latines, Parigi, 2011[10], infine il caso Krah[11]); 11°) ricordare che Autorità non è autoritarismo, stalinismo teologico, e quindi dare e chiedere più Paternità e meno autoritarismo; 12°) non perdere di vista che la resistenza al modernismo deve essere discreta, ma ben presente e deve farsi sentire. Solo così eviteremo di essere occupati dall’inimicus homo, seminatore di “zizzania” (eresie ed ambiguità). La “grande Apostasia” predetta da S. Paolo è sotto i nostri occhi. In questo tempo così calamitoso dobbiamo più che mai raccomandarci alla Vergine Maria che ha schiacciato il capo dell’antico serpente: “Ipsa conteret caput tuum” (Gen., III, 15) e ad ogni eresia: “Gaude Maria Virgo, quia omnes haereses contrivisti in universo Mundo!”.
“Nos cum prole pia benedicat Virgo Maria”!
d. Curzio Nitoglia
[1] http//nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it
[2] Se la Dirigenza della FSSPX ha mostrato una notevole debolezza dottrinale, alcuni suoi sacerdoti (cfr. M. Gleize, tr. fr., De Divina Traditione e De Ecclesia Christi, del card. L. Billot) hanno prodotto opere qualificate, specialmente coloro che hanno dibattuto con i teologi del Vaticano sulla questione del Concilio Vaticano II e il Novus Ordo Missae tra il 2009 e il 2010.
[3] «Potrebbe sembrare che rifiutiamo interamente il Vaticano II. Invece, ne accettiamo il 95%. È piuttosto ad uno spirito, ad un’attitudine che ci opponiamo …».
[4] Questa non è una teoria eccentrica, come qualcuno va dicendo, infatti nella Storia si studiano vari fatti che la confermano. Per esempio la rivolta di Spartaco contro Roma (tra il 73 e il 71 a. C.). Spartaco (100-71 a. C.) era un soldato romano della Tracia, l’attuale Bulgaria, che venne reso schiavo per indisciplina dai Romani. Egli nel 73 fuggì da Capua ove era stato inviato a fare il gladiatore assieme a 74 (settantaquattro) compagni d’arme, si rifugiò sul Monte Vesuvio, ove non poteva essere scovato facilmente dalle Legioni romane enormi e ben strutturate; formò una piccola, ma agile unità di combattimento mobile, che nel 72 distrusse completamente una legione di 3000 reclute romane, cogliendole di sorpresa durante il sonno, provenendo da una parete scoscesa del Vesuvio reputata impraticabile dai Romani. Allora quasi tutti gli schiavi italici cominciarono a seguirlo ed arrivarono sino alla cifra di 100 mila uomini. Ma egli, che era un vecchio legionario, un gladiatore ed uno stratega geniale, capiva benissimo che non sarebbe mai riuscito a sconfiggere la superpotenza romana. Perciò, dopo aver fatto istruire nelle arti marziali gli schiavi, andò al nord e cercò di valicare le Alpi per tornare libero in Tracia. Non era un “rivoluzionario utopista”, come alcuni storici marxisti lo descrivono, ma era sommamente realista, cercava soltanto la sua libertà e dei suoi commilitoni, non la distruzione o la sovversione di Roma. Tuttavia i suoi commilitoni (che erano restati circa 70 mila, poiché 30 mila lo avevano abbandonato nel 72, seguendo il suo braccio destro Crisso, un gladiatore della Gallia, il quale era un ‘idealista ingenuo’ e presumeva di sconfiggere Roma), non vollero seguirlo nella scalata delle Alpi, anch’essi s’illudevano di poter vincere Roma in unaguerra classica a campo aperto esercito contro esercito. Spartaco, per cameratismo verso i suoi primi gladiatori e i successivi commilitoni, decise di restare in Italia, pur sapendo di andare incontro alla disfatta ed alla morte. Tuttavia non restò passivo con le mani in mano ad attendere le legioni romane, ma pianificò d’imbarcarsi dallo Stretto di Messina verso la Sicilia, che era abbastanza libera da Roma, quindi tornò al sud d’Italia e giunse in Calabria. Però venne tradito e le navi per trasportare il suo esercito in Sicilia non si fecero vedere. Era oramai in trappola, allora si fortificò, si barricò nelle trincee e poi attaccò battaglia contro Crasso e le legioni romane forti di 60 mila uomini, sicuro di morire, ma con onore e così fu. Questo ci insegna come il “piano Williamson” non è poi tanto strampalato, ma è frutto dello studio della Storia “Magistra vitae”, che però è una delle maestre meno ascoltate (v. V. Ussani-F. Arnaldi, Guida allo studio della civiltà romana antica, Napoli, II ed., 1959).
[5] ●In materia di LITURGIA cfr: A. Ottaviani-A. Bacci, Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, Roma, 1969; L. Salleron, La Nouvelle Messe, Parigi, 1971; J. Vaquié, La Révolution liturgique, Parigi, 1971; K. Gamber, le sue numerose opere archeologico/liturgiche tradotte in italiano sulla Messa tradizionale; M. Davies, i suoi qualificati libri tradotti in italiano sul confronto tra la “messa” protestante, la Messa cattolica e la Nuova Messa del 1969; A. Xavier Vidigal Da Silveira, La Nuova Messa di Paolo VI. Cosa pensarne?. Queste opere si possono consultare sul sito web “unavox.it” .
●Dal punto di vista della STORIA: G. Alberigo, la sua monumentale Storia del Concilio Vaticano II, (Bologna, Il Mulino, V voll., 1995-2001), in cui viene documentata la rottura tra esso e la Tradizione.
●Dal punto di vista della TEOLOGIA ed ECCLESIOLOGIA: Arnaldo Xavier Vidigal Da Silveira, Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?, “Cristianità”, n. 9, 1975; Id., È lecita la resistenza a decisioni dell’Autorità ecclesiastica?, “Cristianità”, n. 10, 1975; Id., Può esservi l’errore nei documenti del Magistero ecclesiastico?, “Cristianità”, n. 13, 1975 (consultabili sul sito web: “sìsìnono.org”); B. Gherardini, i suoi svariati libri di ecclesiologia sul problema dell’ermeneutica della continuità (Casa Mariana Editrice, Frigento e Lindau, Torino, 2009-2012); B. Tissier de Mallerais, La strana teologia di Benedetto XVI, (Siena, Cantagalli, 2011); M. Lefebvre, Mons. Lefebvre e il S. Uffizio (tr. it., Roma, Volpe, 1979); A. de Castro Mayer, le sue notevoli Lettere pastorali al Clero di Campos (consultabili sul sito web: “sìsìnono.org”); R. Amerio, Iota unum, (II ed. Torino, Lindau, 2010); J. Dörmann, La teologia di Giovanni Paolo II, IV voll., Albano Laziale, Ichthys, 1998-2003; F. Spadafora, Il postconcilio, Crisi, diagnosi e terapia, Roma, 1991; Id. La Tradizione contro il Concilio, Roma, 1989; R. Graber, Sant’Atanasio e la Chiesa del nostro tempo, Brescia, 1974; G. Siri, Getsemani. Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo, Roma, 1980.
●Dal punto di vista della FILOSOFIA, M. de Corte, La grande eresia, tr. it., Roma, 1970; C. Fabro, L’avventura della teologia progressista, Milano, 1974; Id., La svolta antropologica di Karl Rahner, Milano, 1974; P. Pasqualucci, Giovanni XXIII e il Concilio Vaticano II, Ichthys, Albano Laziale, 2008.
●Dal punto di vista dell’ESEGESI, F. Spadafora, La nuova esegesi. Il trionfo del modernismo sull’Esegesi Cattolica, Sion, 1996.
[6] La rivista dei Domenicani di Avrillé in Francia “Le sel de la Terre”editionsdusel@wanadoo.fr e la rivista “Action Familiale et scolaire” di Arnaud de Lassus:a.afs@libertysurf.fr si occupano egregiamente di questi temi, senza esagerazioni maniacali, le raccomando al lettore. Cfr. i classici L. Carli, La questione giudaica davanti al Concilio Vaticano II, “Palestra del Clero”, n. 44, 1965, pp. 185-203; ivi, pp. 465-476; L. de Poncins,Il problema degli Ebrei durante il Concilio, Roma, 1965; J. Meinvielle, De la cabala al progresismo, Buenos Aires, 1970, tr. it., Roma, 1989.
[7] Inoltre nel Vangelo si trova attestato il complotto giudaico-rabbinico contro Gesù, gli Apostoli e i loro Discepoli, ossia contro la Chiesa di Cristo. Vedi il Vangelo secondo Giovanni (IX, 22): “i Giudei complottavano (conspiraverant) di espellere dalla Sinagoga chiunque confessasse che Gesù era il Messia”. Negli Atti degli Apostoli (XXIII, 12-15) si legge: “si riunirono i Giudei e giurarono […] di uccidere Paolo. Erano più di quaranta quelli che avevano fatto questa congiura (conjurationem)”. Congiura, cospirazione, complotto sono sinonimi e li si ritrova nella S. Scrittura e nella Tradizione, che sono le due Fonti della Rivelazione. Si vedano i Padri della Chiesa: S. Ambrogio, Lettera all’imperatore Teodosio; S. Atanasio, De Incarnatione, XL, 7; S. Giovanni Crisostomo, Contra Judaeos; S. Gregorio da Nissa, Oratio in Christi Resurrectionem; papa S. Gregorio VII, Regesta, IX; il Dottore Comune della Chiesa S. Tommaso d’Aquino, De regimine judaeorum.
[9] Sito: http//nullapossiamocontrolaverita.blogspot.it
[10] www.editions-nel.com, 159 pagine, 20 euro.
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