ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 28 marzo 2013

ANCHE BERGOGLIO PREPARA UN GOVERNO DI AUSTERITY

Il pontificato di Francesco sarà all’insegna della “spending review”: già si parla con insistenza di accorpamenti, razionalizzare alcuni uffici e rivedere le spese superflue - Il Papa è partito dal cuore del potere vaticano: sta incontrando i responsabili della Segreteria di Stato…
Franca Giansoldati per "il Messaggero"
PAPA FRANCESCO JORGE BERGOGLIOPAPA FRANCESCO JORGE BERGOGLIO
Ieri mattina a San Pietro il cardinale Comastri aveva appena finito di celebrare la messa per i dipendenti vaticani quando Papa Bergoglio è spuntato da una delle porte laterali per fare gli auguri di Pasqua ai presenti. Non appena si è trovato davanti la platea, con il cardinale arciprete a fianco, ha rotto il ghiaccio con una divertente battuta di Giovanni XXIII sui lavoratori d'Oltretevere. (Un giorno chiesero a Papa Roncalli: «Santità, quante persone lavorano in Vaticano?». E lui ridendo: «Più o meno la metà»).

IL PAPA BERGOGLIO IN PULLMAN CON I CARDINALIIL PAPA BERGOGLIO IN PULLMAN CON I CARDINALI
Papa Bergoglio, memore di quella storiella, ha chiosato: «E così voi sareste la metà?». La battuta ha subito strappato risate ma forse pure impensierito un po' i presenti, visto che con l'arrivo sul Soglio di Pietro di Francesco si sta facendo strada una linea decisamente più sobria e spartana. Le riforme sono ancora tutte da realizzare, ma intanto la riflessione è partita. E già si parla con insistenza di accorpamenti, di razionalizzare alcuni uffici, di rivedere le spese superflue.
Il Papa procederà verso le riforme richieste ma lo farà in modo graduale; chi lo conosce assicura che non vi saranno scossoni o passaggi particolarmente traumatici, insomma tutto accadrà per gradi. Dopo la presa di possesso della Basilica del Laterano, cerimonia fissata per domenica 7 aprile, è possibile che già nei giorni seguenti matureranno le prime mosse del pontificato.
NAPOLITANO CON PAPA BERGOGLIO jpegNAPOLITANO CON PAPA BERGOGLIO JPEG
Nel frattempo Papa Bergoglio, almeno in questa fase, si concentra ad ascoltare i capi dicastero e i responsabili dei vari settori della Segreteria di Stato. Tra le prossime nomine quella dell'arcivescovo di Buenos Aires. La Nacion anticipa che avrebbe già scelto Mario Poli, attuale vescovo della Pampa.
ANGELA MERKEL E PAPA BERGOGLIO jpegANGELA MERKEL E PAPA BERGOGLIO JPEG
PRIMA UDIENZA
La sua prima udienza del mercoledì è stata un tripudio, l'entusiamo della gente era alle stelle e alla fine Francesco si è fermato più di mezz'ora a stringere mani, baciare bambini e disabili. «Occorre uscire da se stessi per andare incontro agli altri, verso le periferie, verso quelli che sono più lontani».
CARDINALE ANGELO COMASTRICARDINALE ANGELO COMASTRI
Ha invitato a non calunniare il prossimo («è come il tradimento di Giuda») ed esortato la Chiesa ad andare nelle periferie. Intanto, grazie al cardinale cubano Ortega y Alamino, sono uscite altre indiscrezioni sul conclave. Francesco ha raccolto tanti voti per un discorso fatto nei giorni precedenti, mettendo in guardia da una «Chiesa malata di autoreferenzialità», contagiata dalla «mondanità spirituale».
Il testo apparso sul sito della diocesi cubana concludeva che questi avvertimenti devono «illuminare i possibili cambiamenti e le riforme da realizzare per la salvezza delle anime». Il programma del pontificato.

La grande riforma della curia à la gesuita nei pensieri di Papa Bergoglio

Riformare la curia romana sarà “un compito difficile”, diceva qualche giorno fa il cardinale brasiliano Cláudio Hummes, già arcivescovo di San Paolo e prefetto emerito della congregazione per il Clero. La necessità di una “riforma strutturale” si era già avvertita nei giorni immediatamente precedenti il Conclave, quando più di un cardinale era intervenuto in riferimento alla gestione della curia negli anni in cui questa era guidata da Tarcisio Bertone, segretario di stato scelto da Benedetto XVI e confermato da Francesco “donec aliter provideatur”, finché non si provveda altrimenti. Presero la parola in molti, chi per accusare l’ex arcivescovo di Genova di aver accentrato nelle sue mani troppo potere (come il prefetto per i Religiosi, il brasiliano Joao Braz de Aviz), chi per difendere i vertici della Santa Sede (come l’arcivescovo di San Paolo, Odilo Pedro Scherer, pastore con un passato di funzionario curiale alla congregazione per i Vescovi). Per cambiare ci vuole tempo, e per prima cosa il nuovo Pontefice “dovrà scegliere le persone adatte all’orientamento di una chiesa che sia quella che il Papa desidera, una chiesa missionaria, con più dialogo”, aggiungeva Hummes. Una chiesa che, come ha chiarito Francesco nell’udienza generale di ieri in piazza San Pietro, “vada a cercare la pecorella smarrita nelle periferie dell’esistenza”.
Jorge Mario Bergoglio, in questi giorni, studia le bozze che a suo tempo avevano preparato il cardinale Francesco Coccopalmerio, apprezzato canonista e presidente del Pontificio consiglio per i Testi legislativi, e il cardinale Attilio Nicora, presidente dell’Autorità di informazione finanziaria. Un piano volto a razionalizzare la burocrazia vaticana, accorpando alcuni dicasteri e migliorando la cooperazione tra congregazioni e pontifici consigli. Al centro di tutto, il proposito di dare maggior peso alle conferenze episcopali locali “per uscire dalle secche del centralismo romano”, come più volte auspicato dall’ala del collegio cardinalizio riconducibile a Walter Kasper e Karl Lehmann. Francesco sa che la riforma della curia è una priorità, e nei suoi colloqui riservati tra Santa Marta e il piano nobile del Palazzo apostolico vaticano con i vari porporati prende nota delle esigenze e dei suggerimenti che gli vengono dati. Poi, però, decide in completa autonomia. E si starebbe convincendo che la bozza Coccopalmerio-Nicora non sia sufficiente: va approfondita e può essere solo la base su cui imbastire un più profondo ripensamento dell’organizzazione dell’intera macchina vaticana.
A quanto apprende il Foglio, il Papa vaglierebbe in questi giorni l’ipotesi di una riforma che ricalchi il modello organizzativo della Compagnia di Gesù: accanto al Preposito (la massima autorità della Compagnia) ci sono dieci assistenti nominati dalla Congregazione generale che coordinano gruppi di province omogenee per lingua e nazionalità. Seguendo questo schema, Francesco ridimensionerebbe la curia dando più peso agli arcivescovi residenziali. La macchina operativa vaticana, coordinata dalla segreteria di stato, rimarrebbe come struttura tecnica di raccordo tra i dicasteri e gli episcopati locali.
Non a caso, tra i progetti del Papa ci sarebbe anche il rafforzamento del ruolo del presidente del Governatorato della Città del Vaticano, carica oggi ricoperta dal cardinale Giuseppe Bertello, in prima fila per succedere a Tarcisio Bertone come segretario di stato. Oltre a ottenere quello snellimento della burocrazia su cui punta il Pontefice, si renderebbe di fatto permanente il Sinodo dei vescovi, come richiesto da ampi settori soprattutto non europei della chiesa fin dai tempi del Concilio Vaticano II, e che trovò nel cardinale Giuseppe Siri il più tenace oppositore (“Non so neppure cosa voglia dire lo sviluppo della collegialità episcopale. Il Sinodo non potrà mai diventare istituto deliberativo nella chiesa perché non è contemplato nella costituzione divina della chiesa”, diceva in un’intervista alla vigilia del secondo Conclave del 1978 che elesse Giovanni Paolo II).
http://www.ilfoglio.it/soloqui/17532

Papa Francesco cerca il segretario di Stato: in pole Baldisseri e Filoni

L'individuazione del nuovo "premier" del Vaticano resta un rebus. Ma la richiesta è certamente un segno di discontinuità con la gestione criticatissima di Tarcisio Bertone. Per cui in testa ci sono l'arcivescovo toscano segretario della Congregazione per i vescovi e il porporato pugliese prefetto per la Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli

Papa Francesco cerca il segretario di Stato: in pole Baldisseri e Filoni
Nei suoi sette anni di malgoverno della Chiesa come “premier” di Joseph Ratzinger voci autorevolissime e distanti, come Camillo Ruini e Angelo Sodano, avevano espresso con estrema chiarezza a Benedetto XVI il loro pensiero su Bertone, giudicato a dir poco inadeguato per quel ruolo diplomatico, tentando invano più volte di convincere Ratzinger a pensionarlo rapidamente. Ora i più accesi critici del segretario di Stato di Benedetto XVI sperano in Papa Bergoglio e nella sua prima e più importante decisione. Nelle dieci congregazioni generali che hanno preceduto il conclave durante la sede vacante, i porporati hanno tracciato non solo il profilo del successore di Benedetto XVI, ma anche quello che avrebbe dovuto avere il suo premier.
Mentre il primo identikit veniva tracciato nell’aula nuova del sinodo, alla luce del sole, il secondo si andava delineando nelle pause caffè, della durata di mezz’ora ciascuna, che si consumavano ogni mattina nella parte anteriore dell’aula Paolo VI e interrompevano le tre ore di congregazione. In questi momenti i porporati avevano la possibilità di parlare tra loro senza reticenze, confidandosi perplessità, critiche e dubbi sul precedente regno senza temere di turbare l’animo di qualche confratello e, ovviamente, senza scoprire le carte prima del tempo, ovvero del conclave. Una sorta di ticket all’americana emergeva in quei momenti di finto relax in cui l’anello d’oro degli eminentissimi spesso si incastrava nel manico della tazzina del caffè. E in quei colloqui, molto meno diplomatici di quelli che si svolgevano in aula davanti a tutti i confratelli, i nomi che emergevano erano tutti italiani, a dimostrazione che il cielo sopra il Cupolone non era destinato a diventare tricolore. Papa straniero uguale Segretario di Stato italiano. Una prassi, ma non certo una norma.
Non era la prima volta che ciò avveniva in un preconclave. Un copione simile era stato messo in atto nel 1958, alla vigilia dell’elezione di Giovanni XXIII. Dopo la morte, nel 1944, del “premier” di Papa Pacelli, il cardinale campano Luigi Maglione, Pio XII aveva preso l’interim della Segretaria di Stato, che egli aveva già guidato per nove anni prima dell’elezione al soglio di Pietro. Nel conclave che, dopo la sua scomparsa, fu chiamato a eleggere il suo successore, i cardinali offrirono all’allora Patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, il loro voto in cambio della nomina di Domenico Tardini al vertice della segreteria di Stato. Il futuro Papa buono acconsentì alla richiesta dei porporati e la fumata bianca, trasmessa per la prima volta dalla nascente televisione, annunciò al mondo la sua elezione.
Con Jorge Mario Bergoglio la richiesta è stata diversa: ci dovrà essere un chiaro segno di discontinuità con la gestione del porporato salesiano. Tradotto con nomi e cognomi non potrà essere il cardinale genovese Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il clero, “figlio spirituale” di Bertone dalle cui mani, nel 2003, ha ricevuto l’ordinazione episcopale, il prossimo segretario di Stato di Sua Santità.
Dopo la fumata bianca sono due i nomi più forti che circolano nella Curia romana. Il primo, un po’ a sorpresa, è quello dell’arcivescovo toscano Lorenzo Baldisseri, segretario della Congregazione per i vescovi e del collegio cardinalizio. Un uomo che ha un ottimo feeling con Papa Francesco, oltre che grande affinità caratteriale: entrambi, infatti, sono dotati di acuta ironia e affabilità. I due si conoscono molto bene.
Per dieci anni, prima di arrivare, nel gennaio 2012, proprio come Bergoglio “dalla fine del mondo” a Roma, Baldisseri ha guidato la prestigiosa nunziatura brasiliana, nell’America latina da cui proviene Papa Francesco. Il suo curriculum e le sue abili capacità diplomatiche sono ben note a Bergoglio che ha visto Baldisseri all’opera con il presidente Luiz Inácio Lula da Silva. Una carriera, quella dell’ex Nunzio apostolico, costruita tra musica e diplomazia. Il vescovo toscano, infatti, è un grande pianista e ha persino inciso due cd con un repertorio che spazia da Giacomo Puccini a Wolfang Amadeus Mozart, da Heitor Villa-Lobos a Franz Liszt, da Claude Debussy a Robert Schumann, da Pietro Mascagni a Frédéric Chopin. È stato lui, nel conclave che ha eletto Bergoglio, a bruciare le schede dei cardinali nella Cappella Sistina. A lui Papa Francesco, subito dopo aver superato il quorum dei 77 voti, ha donato il suo zucchetto rosso, come vuole un’antica tradizione non sempre rispettata dai Pontefici appena eletti. Un segno eloquente: Baldisseri sarà cardinale al primo concistoro di Papa Francesco.
L’altro nome forte, che negli ultimi giorni di preconclave ha guadagnato molto terreno, è quello del porporato pugliese Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, ovvero il “Papa rosso”. “Ministro degli interni vaticano” sotto il duumvirato di Benedetto XVI e Bertone, si racconta che Filoni avrebbe avuto diversi scontri in segreteria di Stato con il porporato salesiano. Il suo impegno attuale rivolto alle terre di nuova evangelizzazione sta portando numerosi frutti, dopo il quinquennio del cardinale indiano Ivan Dias, stimatissimo da Bergoglio, che è seguito a quello di Crescenzio Sepe, travolto nell’inchiesta giudiziaria dei pm di Perugia sugli immobili di Propaganda fide. Filoni, che nei giorni di pre-conclave arrivava in Vaticano alla guida di una piccola utilitaria, offrendo anche passaggi agli eminentissimi confratelli, rispecchia perfettamente il Bergoglio style dei primissimi giorni di pontificato soprattutto in tema di austerità e di vatican spending review.


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