Indagini sul crac. Al presidente dell'Università pontificia «775 mila euro per mediare col Vaticano».
Denaro in cambio di una buona parola presso la chiesa per la gestione dell'eredità dei salesiani. Protagonista dello «scambio» è don Manlio Sodi, presidente della Pontificia Accademia della Teologia.
Sono queste le novità emerse dalle indagini della difesa e della gendarmeria vaticana sul patrimonio della congregazione di San Giovanni Bosco. Elementi che hanno riacceso l'attenzione della procura di Roma sulla vicenda, dopo l'archiviazione.
LE DICHIARAZIONI DI DON SODI.Fondamentali, secondo quanto riportato daIl Fatto Quotidiano, le dichiarazioni di don Sodi, ex collaboratore di Tarcisio Bertone, che lo scorso dicembre aveva ammesso di aver incassato in due tranche rispettivamente 175 mila e 600 mila euro da Carlo Maria Silvera, consulente finanziario di origini siriane, e rappresentante dei nipoti del senatore democristiano Alessandro Gerini (detto «il marchese di Dio») che avevano impugnato il testamento del nobiluomo. Gerini, infatti, aveva destinato il suo patrimonio immobiliare ai salesiani.
L'ACCORDO DEL 2007. Nel 2007 il consulente propose a don Giovanni Battista Mazzali, 'cassiere' dei salesiani, un accordo. La percentuale destinata a Silvera sarebbe aumentata dopo la stesura di una stima precisa del 'tesoretto' lasciato da Gerini. L'operazione ebbe tra l'altro il benestare dello stesso Bertone. E alla trattativa partecipò pure Renato Zanfagna, avvocato milanese.
PATRIMONIO STIMATO IN 658 MILIONI. Le perizie stabilirono poi che il patrimonio ammontava a 658 milioni di euro. E, stando agli accordi, la percentuale di Silvera ammontava a 99 milioni. A quel punto la congregazione fece un passo indietro, rifiutandosi di pagare la somma e Silvera di tutto punto chiese e ottenne dal tribunale il sequestro dei beni dei salesiani per 130 milioni. Un duro colpo che mise in ginocchio l'ordine riducendolo sull'orlo del crac. Tanto che Silvera e Zanfagna vennero denunciati per truffa. Ma tutto finì con l'archiviazione.
SODI, MEDIATORE CON BERTONE. A riaprire il caso, sono state proprio le dichiarazioni choc di don Sodi, 'mediatore' tra Zanfagna e Bertone. Il sacerdote ammette davanti ai legali difensori dei salesiani di aver ricevuto le somme di denaro, aggiungendo però di non ricordare bene la loro destinazione per «opere caritatevoli».
Gli inquirenti vaticani credono però che quelle somme in realtà siano mazzette di Silvera per ottenere facilitazioni presso la Santa sede. Dal canto suo, il consulente ha negato di aver mai dato denaro a don Sodi.
Il sospetto di corruzione pesa ora sulla figura del segretario di Stato vaticano. Che, prima dell'archiviazione - nel settembre 2012 - aveva ammesso alla procura di Roma di aver avuto contatti con le parti. E di aver «favorito per quanto mi era possibile un accordo transattivo proposto e condiviso dal'avvocato Zanfagna che fino a un certo periodo fungeva da difensore della fondazione».
Bertone però era convinto che la parcella non dovesse superare la somma di 25 milioni. Solo successivamente il segretario di Stato si sarebbe accorto del presunto raggiro.
NON DITE A BERTONE CHE DIETRO IL CRAC DEI SALESIANI C’E’ UNA “MAZZETTA” DA 775 MILA €
Don Manlio Sodi ammette di aver ricevuto due versamenti da Carlo Maria Silvera, il consulente che per la mediazione con gli eredi del marchese Gerini, pretende dai Salesiani 99 mln € - Si ipotizza che i 775 mila € siano serviti per creare corsie preferenziali in Vaticano…
Valeria Pacelli per "il Fatto Quotidiano"
ALESSANDRO GERINI
A ricevere due versamenti di denaro "in cambio di influenza presso la chiesa" per la gestione dell'eredità dei salesiani fu don Manlio Sodi, il presidente della Pontificia Accademia della Teologia. È questa l'ultima novità che emerge dalle indagini difensive e della gendarmeria vaticana che ha riacceso i fari della procura di Roma sulla questione del patrimonio dei salesiani. Perché dopo l'archiviazione sul presunto raggiro ai danni della Fondazione di don Giovanni Bosco, le indagini ora sono state riaperte.
Determinanti le dichiarazioni rese da Don Manlio Sodi, lo scorso dicembre nello studio dell'avvocato Michele Gentiloni, difensore della Congregazione. Don Sodi, in passato collaboratore di Tarcisio Bertone, ammette di aver ricevuto due versamenti, uno da 175 mila euro e un secondo da 600 mila euro, da Carlo Maria Silvera, il consulente finanziario di origini siriane.
Silvera entra negli affari della Congregazione molti anni fa, quando i nipoti di Alessandro Gerini, il ricchissimo "marchese di Dio", senatore democristiano per due legislature, impugnano il testamento del nobiluomo che aveva destinato palazzi e terreni ai salesiani.
Nel 2007 Silvera, in qualità di rappresentante dei nipoti, propone all'economo dei Salesiani, don Giovanni Battista Mazzali, una mediazione. Che prevedeva una clausola: la percentuale a lui destinata sarebbe aumentata al momento in cui sarebbe stata fatta una stima precisa del patrimonio.
CARDINALE TARCISIO BERTONE
Bertone è d'accordo con la soluzione e nella trattativa partecipa anche l'avvocato milanese Renato Zanfagna, finché l'8 giugno 2007 viene siglato il patto. Tuttavia una commissione di periti stabilisce che il patrimonio equivale a circa 658 milioni di euro, e di conseguenza la parcella per Carlo Moisè Silvera raggiunge la soglia di 99 milioni. La congregazione si rifiuta di pagare la cifra pattuita, Silvera fa ricorso e ottiene dal tribunale di Milano il sequestro dei beni dei Salesiani per 130 milioni di euro. Che rischiano il crac e denunciano Silvera e Zanfagna di truffa. L'indagine però viene archiviata.
ANITA EKBERG E IL MARCHESE ANTONIO GERINI
Ma pochi mesi dopo colpo di scena: Don Manlio Sodi oltre parlare di ingenti somme di denaro, è anche l'uomo che fa da ponte tra Tarcisio Bertone e Renato Zanfagna. I due, tramite don Sodi, riescono ad incontrarsi il 30 marzo del 2007, giorno in cui Bertone dice di essere stato raggirato. Ma la questione è molto più complicata.
Perché da una parte don Manlio davanti ai legali dei Salesiasi ammette di aver ricevuto quel denaro, anche se poi non è molto convinto sulla destinazione, dice "per opere caritatevoli", ma poi non ricorda bene quali esse siano. versione che non convince gli investigatori vaticani, secondo i quali si tratterebbe di una mazzetta per ottenere una corsia preferenziale in Vaticano. Dalla sua invece Carlo Moisè Silvera, sentito dal Fatto, nega. "Conosco don Manlio da molti anni. - racconta Silvera - ma non gli ho mai dato un euro neanche per opere caritatevoli".
ANTONIO GERINI E ANITA EKBERG
E che qualcuno mente è chiaro. Bisogna anche dire che in Vaticano la questione salesiani preme a molti. In primis allo stesso Tarcisio Bertone che poco prima che ci fosse l'archiviazione, il 24 settembre del 2012, ha inviato una lettera alla procura di Roma. Il segretario di Stato ha ammesso di aver avuto contatti con le parti "impegnate in questo lungo e contorto procedimento, cercando di capire per quanto possibile le ragioni della Fondazione. (..) A questo scopo ho favorito per quanto mi era possibile, un accordo transattivo di per sé proposto e condiviso dall'avv. Renato Zanfagna, che fino a un certo periodo fungeva da avvocato difensore della fondazione".
SALESIANI DON BOSCO
Bertone aveva dato il nulla osta anche per la soluzione negoziale che consentiva al faccendiere di aumentare la sua parcella "ma -spiega nella lettera- ritenendo che non si dovesse superare assolutamente la somma di 25 milioni. (..) Al contrario sono venuto a conoscenza solo successivamente che l'avvocato Zanfagna insieme con l'avvocato Scoccini ed altri hanno congegnato un meccanismo per gonfiare a dismisura il valore del patrimonio".
La lettera è arrivata pochi giorni prima della decisione della procura. Il giudice Adele Rando ha archiviato la vicenda, anche se adesso lo stesso Bertone chiede di essere sentito. Tuttavia, anche l'avvocato Renato Zanfagna ha denunciato per diffamazione la congregazione. Anche se dichiara l'avvocato Michele Gentiloni "dopo accurate ricerche non risulta nessun procedimento a carico dei salesiani. Nessuno è indagato". Ed è questo un altro capitolo di una vicenda che da 22 anni, anno della morte del ricco marchese di dio, ancora non trova soluzione.
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