ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 15 maggio 2013

LA NUOVA CHIESA FRANCESCANA DI BIANCHI


Segnaliamo un interessante scritto del PROFESSOR  PIETRO DEMARCO una dei 7 coraggiosi cavalieri.Il tema dello scritto - che bosecuiose sottoscrive completamente- affronta in maniera intelligente e profonda il recente nuovo pontificato. Merita una lettura attenta e approfondita, visto che in poche righe esprime diversi concetti molto importanti. IN PARTICOLARE SULLA NUOVA CHIESA di BIANCHI che verrà grazie al nuovo vescovo di Roma.... "Non vi sarebbe ragione di insistere su queste cose se alcuni atti di papa Bergoglio non avessero acceso speranze erronee nel magma dell’opinione pubblica tra laica e cattolica:
  • dalla liquidazione del sistema di governo centrale
  • alla scomparsa del titolo di Papa,
  • dall’informalità (senza magistero) dell’ascolto della ‹gente›
  • alla umiliazione del sacro visibile, cioè della simbolica di abiti, arredi, edifici sacri (la Bellezza che celebra Dio).
E ha ripreso forza l’enfasi, intimamente eterodossa, su una ‹nuova chiesa›. L’affermarsi di un ‹San Francesco› da letterati o da monastero e parrocchia alla moda, a spese della Chiesa e della Tradizione non è possibile... ma il mito rischia di sperperare di nuovo energie nei prossimi anni...
leggi tutto  Buona lettura.


Papa Francesco.
Vi è qualcosa di fecondamente contraddittorio in una dizione come ‹Papa Francesco›, se si prendono sul serio sia la repraesentatio Christi [rappresentazione-presenza di Cristo] che è nel Papa, sia l’alter Christus che fu nel Poverello. La rappresentazione universale e la personale ‹incarnazione› sono due figure esemplari di quella che amo chiamare,con i classici, la complexio oppositorum [connessione ordinata di opposti] cattolica; non sono,come tali, modalità convergenti. Gesù non assume nella propria vita — né avrebbe potuto, a rischio di un (impossibile) impoverimento della sua natura — un radicalismo del genere di Francesco, come non si manifesta nella sola exousia,nella sola Potenza. Papa Francesco vivrà, nonostante il nome, in case in muratura, come già la prima generazione francescana, san Francesco
ancora vivente e discorde.
In più dovrà governare ed ammaestrare tutti,non solo i ‹poveri›. Se lo farà in forma umile e spoglia avrà il consenso, anche dei ‹borghesi›;non necessariamente comprensione e imitazione né dei poveri né dei ricchi. Il consenso dato all’umiltà altrui può anche restare nel cuore, ma senza fondamenti e coerenti implicazioni è poca cosa. Per questo i Papi dovettero regolare, con energia disciplinante, il primo ‹movimento›
francescano, gli assoluti di Francesco, come quelli di Chiara dopo la morte di lui. Per impedire che il francescanesimo si risolvesse nei fondatori fu necessario il Papa, nella sua diversità e con i suoi carismi; evangelo e diritto, dunque.
‹Papa Francesco› è un inedito che la cultura ecclesiastica dell’Europa aveva evitato, perché Francesco è nome di sovrano secolare, e il papato ha i suoi nomi (ma i Cardinali come il mondo sanno poco di storia). Teologicamente, poi, esso avvicina fino al rischio di un corto circuito due polarità distanti, quanto sicuramente necessarie alla Chiesa. Amo il rischio nei Papi (l’ho amato in Wojtyła e Ratzinger), perché anche in questo essi sono divinamente assistiti; importante, però, è che i fedeli sappiamo che di una soglia di rischio si tratta, non di qualcosa di fresco e attraente, e nemmeno di qualcosa di punitivo nei confronti di Roma (che sarebbe falsificare san Francesco) per appagare gli irosi. Innocenzo III secondo l’interpretazione francescana sognò Francesco che sorreggeva la Chiesa, non che la demoliva.
Papa Bergoglio, se iniziamo a capire la sua cifra profonda, realizza una particolare unità nella complexio cattolica: forte identità sacerdotale (ha benedetto le mani di un chirurgo, contro generazioni di preti che hanno considerato la benedizione, e i sacramentali in genere, superstizione), e panni dell’uomo comune; spiritualità

classica (penso alla menzione del Demonio, in cui molti teologi e pastori non credono più) e socialità, ovvero una interpretazione, già antica,del vescovo come defensor civitatis, protettore di un popolo (non del Popolo delle retoriche rivoluzionare). La complexio di virtù ‹conservative› e di difesa dei ‹poveri› è costitutiva di molti modelli cattolici di Pastore: ortodossia nella fede e nei costumi, e difesa del proprio popolo dall’arbitrio o dall’assenza del Sovrano, sono in essi coerenti e conseguenti.
Non vi sarebbe ragione di insistere su queste cose se alcuni atti di papa Bergoglio non avessero acceso speranze erronee nel magma dell’opinione pubblica tra laica e cattolica: dalla liquidazione del sistema di governo centrale alla scomparsa del titolo di Papa, dall’informalità (senza magistero) dell’ascolto della ‹gente› alla umiliazione del sacro visibile, cioè della simbolica di abiti, arredi, edifici sacri (la Bellezza che
celebra Dio). E ha ripreso forza l’enfasi, intimamente eterodossa, su una ‹nuova chiesa›. L’affermarsi di un ‹San Francesco› da letterati o da monastero e parrocchia alla moda, a spese della Chiesa e della Tradizione non è possibile, ma il mito rischia di sperperare di nuovo emozioni e ideologie e energie cattoliche nei  prossimi anni.
Sfugge a molti che la diffusione del multiforme cristianesimo evangelical nelle popolazioni cattoliche dell’America latina è il prezzo pagato da una predicazione orizzontale e pauperistica della Chiesa, poco attenta (se non ostile) alla ricerca individuale di sacro e di forza spirituale, che è anche prosperità.
Il nuovo Papa avrà, io credo, tra le sue sollecitudini quella di dissolvere l’alleanza tra ‹chiesa dei poveri›, pauperismo e riforme modernistiche dell’istituzione cattolica, e far subentrare al ‹francescanesimo› che certo gli procura elogi, spesso ambigui e inconsistenti, l’azione di magistero e governo. O, per dirla diversamente: di trasferire lo stile ammirevole del parroco e pastore austero, netto nel giudizio, senza fronzoli (ne abbiamo conosciuti a Firenze, penso alla figura di mons. Raffaele Bensi), nella ‹prudenza› e pienezza simbolica e politica del vicarius Christi. L’Argentina, come ogni parte dell’orbe cattolico, è ‹provincia› rispetto a Roma; come lo era la Polonia di Karol Wojtyła. Wojtłyla portò la sua forza di vescovo combattente su una frontiera nella funzione petrina universale. Così l’ufficio trasformerà papa Bergoglio. Lo percepiremo, non appena inizierà anch’egli a salutare il mondo in più lingue, dopo l’Angelus domenicale.
Aggiunta dopo la cerimonia di presentazione e proclamazione pubblica del nuovo pontefice. Abbiamo assistito nuovamente ad una cerimonia ‹sincera›, così intesa dal Papa e dai molti; ma —conforme il nostro tempo — senza forza né splendore, sciatta e un po’ piagnucolosa, con un Papa che non vuole dirsi tale, e che ha un palese imbarazzo nel guardare oltre il suo spazio ‹romano› e, ancora più, nel considerare il potere di cui è investito. Continua, comunque, in Papa Bergoglio l’omissione della parola ‹papa›; in quanto questo avviene per ragioni ecumeniche non rappresenta con sicurezza un servizio all’ecumenismo, che ha bisogno di chiarezza nelle parti e tra le parti. Solo la presenza di pellegrini e delegazioni di tutto il mondo sembra
aver risolto il Papa a far usare durante il rito lingue diverse dall’italiano (latino liturgico a parte); celebrando la liturgia in onore di San Giuseppe, il Pontefice ha palesemente proiettato su di sé (come Papa) la mansione che Giuseppe ebbe, di ‹custodire› nel cuore, e nel quotidiano, la Sacra famiglia, stando nell’ombra. Funzione che non è quella di Pietro, guardando anzitutto al dato evangelico. San Giuseppe è un profondo tema della tradizione spirituale, ma la sua evocazione esclusiva nell’omelia di una Messa di ‹intronizzazione› è a rischio di distorsione di alcuni significati fondamentali del munus papale; Gesù non ha certo affidato la sua Chiesa al padre putativo.
La liturgia di oggi (19 marzo 2013) diversamente dalla prassi di Benedetto XVI, ci ricorda, purtroppo, che la riforma liturgica si è giocata nell’immediato dopo-concilio tra la grandezza della teologia della liturgia ritrovata dal Movimento liturgico e la preoccupazione pastorale per la ‹partecipazione attiva›; ha prevalso nella prassi ordinaria la sollecitudine per una partecipazione senza teologia o, peggio, col supporto di teologie estranee, desacramentalizzanti. Per questo, inevitabilmente, anche la semplificazione spontanea praticata da Papa Bergoglio soddisfa il partecipativo psico-sociologico, di fatto a detrimento del simbolico-sacramentale. I paramenti aniconici e più che semplici un po’ squallidi (specialmente se messi a confronto con le vesti dei vescovi cattolico-orientali), adottatiall’ultimo momento dal celebrante e dai diaconi, e quelli appena tollerabili ma banali fatti indossare ai cardinali, sono la conferma della alleanza di cattivo gusto e di ‹novità› senza radici conciliari, dominante da decenni nelle nostre chiese e giunta fino in San Pietro. Inoltre il prolungato darsi la mano col Card. Sodano che l’aveva insignito dell’anello piscatorio era al limite del totalmente incongruo, della umiliazione piccolo borghese di un atto che attiene alla sovranità.
Insomma persiste, sia pure sfumata, una simbolica dell’umiltà nella quale la personalità dell’eletto prevarica ancora sull’ufficio, con la conseguenza immediata (anche se temporanea) di sovrapporre all’ufficio, oramai inseparabile dalla persona del già cardinale arcivescovo di Buenos Aires, dei filtri che oggi ne banalizzanopopolarizzano la comprensione, domani potrebbero non favorirne l’esercizio.

PIETRO DE MARCO.


aI calici non siano di materiale vile, ma prezioso (San Francesco d’Assisi).
A CURA DI ANDREA LONARDO
Fonte: www.gliscritti.it, 20 dicemvre 2012.
M SAN FRANCESCO D'ASSISI, PRIMA LETTERA
AI CUSTODI: FF 241.
2 Vi prego, più che se riguardasse me stesso,
che, quando vi sembrerà conveniente e utile,
supplichiate umilmente i chierici che debbano
venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e
sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi
nomi e le parole di lui scritte che consacrano il
corpo.
3 I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano
averli di materia preziosa.
4 E se in qualche luogo il santissimo corpo
del Signore fosse collocato in modo troppo miserevole, secondo il comando della Chiesa venga
da loro posto e custodito in un luogo prezioso, e
sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione.
M SAN FRANCESCO D'ASSISI, LETTERA A
TUTTI I CHIERICI, I: FF 208A-209A.
Tutti coloro, poi, che amministrano così santi
misteri, considerino tra sé, soprattutto chi li amministra illecitamente, quanto siano vili i calici, i
corporali e le tovaglie, dove si compie il sacrifi-
cio del corpo e del sangue di lui.
5 E da molti viene collocato e lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato in forma miseranda e ricevuto indegnamente e amministrato
agli altri senza discrezione.
Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta
vengono calpestate con i piedi, 7 perché «l’uomo animale non comprende le cose di Dio».
8 Non dovremmo sentirci mossi a pietà per
tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si mette nelle nostre mani e noi lo tocchiamo e lo assumiamo ogni giorno con la nostra bocca? 9 Ignoriamo forse che dobbiamo venire
nelle sue mani?
Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito
e con fermezza emendiamoci; 11 e dovunque il
santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo
sarà stato collocato e abbandonato in modo illecito, sia rimosso da quel luogo e posto e custodito in un luogo prezioso.
12 Ugualmente, dovunque i nomi e le parole
scritte del Signore siano trovate in luoghi immondi, siano raccolte e debbano essere collocate
in luogo decoroso.
13 Tutte queste cose, sino alla fine, tutti i
chierici sono tenuti ad osservarle più di qualsiasi
altra cosa.
14 E quelli che non faranno questo, sappiano
che dovranno renderne «ragione» davanti al Signore nostro Gesù Cristo «nel giorno del giudizio».
M SAN FRANCESCO D'ASSISI, TESTAMENTO:
FF 113–114.
E questi e tutti gli altri [sacerdoti] voglio temere, amare e onorare come miei signori.
9 E non voglio considerare in loro il peccato,
poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono
miei signori.
10 E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e
il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi
soli amministrano agli altri.
11 E voglio che questi santissimi misteri sopra
tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.
12 E i santissimi nomi e le parole di lui scritte, dovunque le troverò in luoghi indecenti, voglio raccoglierle, e prego che siano raccolte e
collocate in luogo decoroso.
M TOMMASO DA CELANO, MEMORIALE
(COMUNEMENTE DETTO VITA SECONDA), 201:
FF 789.
Un giorno volle mandare i frati per il mondo
con pissidi preziose, perché riponessero nel luogo più degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco
decoro.
M CONCILIO LATERANENSE IV, CANONE
XIX.
Non vogliamo tollerare che alcuni chierici si
servano delle chiese per depositare le suppellettili loro e di altri di modo che esse assomigliano
più a case di laici che a delle basiliche di Dio.
Essi dimenticano che il Signore non permetteva
che un vaso venisse portato per il tempio.
Altri non hanno per le loro chiese alcuna cura, permettono che i vasi sacri, i paramenti liturgici, le nappe dell'altare, e perfino i corporali,
siano così sporchi che ad alcuni fanno ribrezzo.
Poiché, dunque, lo zelo della casa di Dio ci
divora, proibiamo con ogni fermezza di depositare queste suppellettili nelle chiese, salvo che,
in caso di incursioni nemiche, di incendi improvvisi, o di altre urgenti necessità, non si debba cercar rifugio in esse a condizione che passato
il pericolo gli oggetti siano riportati al loro posto. Comandiamo anche che i luoghi di culto, i
vasi sacri, i corporali, le vesti cui abbiamo accennato, siano conservati puliti. È infatti assurdo
che si tolleri negli oggetti sacri tale sporcizia,
che sarebbe vergognosa anche nelle cose profane.
M CONCILIO LATERANENSE IV, CANONE XX.
Ordiniamo che in tutte le chiese il crisma e
l'Eucarestia debbano esser conservati scrupolosamente sotto chiave, perché nessuna mano temeraria possa impadronirsi di essi profanandoli
con usi innominabili. Se il custode li abbandona,
sia sospeso dall'ufficio per tre mesi; e se per la
sua negligenza accadesse qualche cosa di abominevole, sia assoggettato ad una pena più grave.



DI PIETRO DE MARCO.



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A B
ANNOXIII N°744 19MARZO 2013
RIVISTA APERIODICA
DIRETTA DA
STEFANO BORSELLI dIl Covilef
RISORSE CONVIVIALI
E VARIA UMANITÀ
ISSN2279–6924
http://bosecuriose.it/files/COVILE_744_Papa_Francesco.pdf
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