ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 3 luglio 2013

‘Conducta escandalosa’.


‘Conducta escandalosa’. Il primo scandalo sotto papa Francesco. Da mons. Ricca a Piero Marini

E fu così che colui che il papa aveva designato a prelato dello IORmons. Ricca, poco prima albergatore di Bergoglio, dipinto dai giornali come “l’incorruttibile”, il “moralizzatore”, “al di sopra di ogni sospetto” e “l’uomo di fiducia del papa”, è andato a inciampare in due paroline che i nunzi latinoamericani hanno svelato a Francesco: “CONDUCTA ESCANDALOSA” quando era nunzio a due passi dalla Buenos Aires del cardinale Bergoglio. Il papa si è detto desolato e “all’oscuro”. Cosa piuttosto strana. Ora facciamo attenzione a eventuali nuove nomine “strumentalizzabili” come per esempio quella di

Piero Marini al Culto Divino

della quale si chiacchiera. E stavolta il papa si informi prima, non dopo, sugli “uomini di fiducia”.

 di Antonio Margheriti Mastino

Ma sì, ho riso, beato e divertito. Dall’ironia non so di chi, se di Dio o del diavolo o del caso o dell’eterogenesi dei fini o della Provvidenza o del destino cinico e baro. Dell’ironia iconoclasta che sempre è insita nei fatti che si volevano edificanti. Della sorte che spetta ai moralisti e agli epuratori: i primi finiscono nella vergogna, i secondi epurati da qualcuno più puro di loro. E se in una persona si trovano sintetizzati moralismo+purismo=demagogia, presto o tardi finisce, come direbbe la madre del marchese del Grillo, con le “pezze al culo”. Il “popolo” è una femmina volubile e ciclotimica, che bisogna sempre assecondare, e chi se la prende per amante presto si ritroverà in testa parecchi bernoccoli e più corta di un cesto di lumache. Per questo papa Giovanni invitava sempre a “diffidare delle folle plaudenti”, ma soprattutto dai giornalisti “plaudenti”: il giornalista che ti applaude oggi, è il tuo aguzzino di domani. Ma adesso la stiamo prendendo troppo alla larga.

“L’UOMO DI MASSIMA FIDUCIA” DI PAPA FRANCESCO. L’ALBERGATORE

Mons. Battista Ricca, l’albergatore del papa, finito ai vertici dello Ior

Che il Vaticano sia ridotto per davvero con le “pezze al culo” me ne ero reso conto proprio dalla nomina di mons. Battista Ricca come vigilantes e persino “moralizzatore” dello IOR. E presentato al pubblico come “l’uomo di papa Francesco”, peggio: “l’uomo di massima fiducia”, quasi a significa che l’uno e l’altro erano un’anima sola e un corpo solo.  Vale a dire, l’unica persona che il papa conoscesse a Roma. Datosi che era il suo albergatore, avendo sicuramente gradito il servizio di prima colazione un po’ da Plata e avendo apprezzato il trattamento alla clientela da parte dell’Albergo Santa Marta, ha chiamato il reverendo albergatore allo IOR per inaugurarne l’età dell’argento, dopo quella dell’oro prima e dello sterco poi.

Eppure c’era da chiedersi come mai uno avviato da anni alla carriera diplomatica, con tutti i privilegi e le provvigioni che comporta, fosse poi finito lì a fare conti e preparare menù in un albergo per preti (che ultimamente, stante il filtraggio della clientela, essendoci un imprevisto ospite di riguardo, è prossimo al fallimento… a proposito di… “conti”). Fatto sta che questo monsignore in pullover è passato dalle nunziature agli alberghi e da qui alle banche. Un triangolo strano.

Nonostante ciò, è stato subito celebrato dai soliti laudatores mediatici del papato franceschista (almeno della parte che gli fa comodo) nientemeno come “l’Incorruttibile”, “il moralizzatore”, “l’uomo al di sopra di ogni sospetto”, l’uomo della Provvidenza, in pratica… un altro! Se non era un nuovo duce, di certo è sembrato Robespierre. Eppure avrebbero potuto riflettere sulla fine che nella storia fanno sempre gli “incorruttibili”: Robespierre, per esempio, che dopo aver ghigliottinato tutta Parigi a suo giudizio invasa da troppi “corrotti”, finì esso stesso decapitato: evidentemente a qualcuno più moralista di lui iniziava a puzzare un po’ di corruttela pure “l’Incorruttibile” per antonomasia.

Ero rimasto alquanto sorpreso da queste pubbliche declamazioni encomiastiche sul povero Ricca, che avevano tanto il sapore di un’ondata oceanica di moralismo peloso in un bicchier d’acqua. Ero sorpreso per la sproporzione delle reazioni rispetto alla piccola pedina che si muoveva; alla simulazione di attese messianiche per qualche aggiustamento nel personale di quella banchetta per morti di fame che è lo IOR.

Mi fa pena osservare ogni mattina quei ragionieri dello Ior che son andati a sentir messa a Santa Marta con la coda tra le gambe, unici pubblicani viventi che si devono sorbire le rimostranze di ogni fariseo in qualsiasi tempio di questa terra; e come non bastasse, appena svegli, anche i predicozzi del papa “sullo Ior”, a uso e consumo dei media, che Francesco è pronto a scialare una settimana sì e l’altra pure; quei poveracci lì con stipendi da fame, rispetto ai bancari laici o ai preti tedeschi, che si fanno trovare ogni mattina sotto il pulpito, ammucchiati e stretti l’uno all’altro pronti a farsi mazziare per la gioia dell’Ansa e la popolarità del papa: dei veri eroi borghesi, altro che Ambrosoli!

Ma soprattutto ero sorpreso da tutto questo entusiasmo scriteriato e basato su nulla – se non appunto le prurigini demagogiche da una parte e quelle scandalistiche dall’altra – verso mons. Battista Ricca, prelato bresciano con un lungo curriculum nelle nunziature di mezzo mondo, in Sudamerica specialmente, come vi dicevo, e del quale già a suo tempo, parlando con alcuni sacerdoti di quelle terre mi era giunta all’orecchio qualche notizia piuttosto imbarazzante, alla quale non diedi peso sembrandomi irrilevante il personaggio.

MORALISTI UN TANTO AL CHILO CHE INCIAMPANO IN UN PAIO DI MUTANDE
Ricca e il papa

E allora, “questo sarebbe il moralizzatore”? L’uomo nuovo apparso sui colli fatali del Vaticano? Questo burocrate del tiriamo a campare, e se possibile godiamocela un po’ e chi vuol esser lieto lieto sia che del doman non v’è certezza? Questo è l’asso nella manica del papa, davvero lui? Sì, tutti d’accordo, anche perché è notorio che l’unico che “sbagliava nomine” era Ratzinger, è bene ripeterlo.

E allora capisci perché me la rido, me la rido per la totale mancanza di senso della realtà dei moralisti, perché per conoscenza della storia so sempre a priori cosa si cela dietro il moralismo un tanto al chilo e la fine che i moralisti fanno sempre: inciampano prima o poi in qualche paio di mutande, in un assegno a vuoto, in qualche buco fiscale. E infatti vedi come è andata a finire a pochissimi giorni dalla fatale nomina dell’“incorruttibile” albergatore.

E infatti vedi che appena nominato il prelato che avrebbe dovuto moralizzare (non c’è bisogno: quella banchetta è fra le meno amorali al mondo e i soldi non si gestiscono solo “colli paternostri” e il moralismo peloso dei demagoghi) lo IOR, già è successo un casino e “il papa potrebbe revocargli la nomina”. Sic transit gloria mundi!

“CONDUCTA ESCANDALOSA”

Sandro Magister

Senza sporcarci noi a parlare di queste miserie, lasciamo la parola a Magister [qui articolo completo]:

«Quanto allo scandalo che minaccia di esplodere,riguardante il nuovo “prelato” dello IOR, va subito detto che il primo a sentirsene ferito – già fin d’ora – è proprio papa Francesco. Bergoglio ha nominato lo scorso 15 giugno monsignor Battista Ricca, 57 anni, “prelato” dello IOR proprio per collocare all’interno dell’Istituto una persona fidatissima in un ruolo chiave. Col potere statutario di accedere agli atti e ai documenti e di partecipare alle riunioni sia della commissione cardinalizia di vigilanza, sia del consiglio di sovrintendenza, cioè del board della “banca” vaticana.
Ricca presta servizio diplomatico presso la segreteria di Stato. Ma si è conquistata la fiducia del papa soprattutto per la familiarità dei rapporti intrecciati con lui in quanto direttore della Domus Sanctae Marthae – dove Francesco ha scelto di abitare – e di altre due residenze per sacerdoti e vescovi di passaggio a Roma, tra cui quella di via della Scrofa in cui Bergoglio usava soggiornare da cardinale.
Nel dare notizia della sua nomina a “prelato” dello IOR, i media di tutto il mondo sono stati concordi nel ricondurla personalmente al papa e nell’attribuire al personaggio una fama di “incorruttibile”, di uomo adatto a “far pulizia”.
Ma nel corso della sua carriera diplomatica, quando era in servizio all’estero, Ricca ha lasciato dietro di sé precedenti di segno diverso. […] Il buco nero, nella storia personale di Ricca, è quell’anno da lui trascorso in Uruguay, a Montevideo, sulla sponda nord del Rio de la Plata, di fronte a Buenos Aires. Ciò che provocò la rottura col nunzio Bolonek e il suo brusco trasferimento è riassumibile in due espressioni utilizzate da chi in Uruguay ha indagato riservatamente sul suo caso: “pink power” e “conducta escandalosa”.
Papa Francesco era del tutto all’oscuro di questo precedente, quando ha nominato Ricca prelato dello IOR. Ma nella seconda metà di giugno, con tutti i nunzi convenuti a Roma e incontrati di persona – anche durante il concerto in suo onore da lui disertato il 22 del mese –, è arrivato a convincersi, grazie non a una ma a più fonti inoppugnabili, di aver riposto fiducia nella persona sbagliata. Dolore, gratitudine a chi gli ha aperto gli occhi, volontà di rimediare: sono questi i sentimenti raccolti dalla viva voce del papa, durante questi colloqui. Ricca, venuto a conoscenza di ciò che si dice di lui in Uruguay, ha chiesto e ottenuto un incontro con Francesco, per difendersi e accusare. Ma il papa sembra deciso ad agire sulla base delle informazioni avute. Forse più presto del previsto, perché in Uruguay lo scandalo pare vicino ad esplodere pubblicamente».

“Conducta escandalosa”, dunque: c’è da tradurre? C’è da aggiungere altro?

E circa il «Ricca ha chiesto e ottenuto un incontro con Francesco, per difendersi e accusare», che aggiungere se non che è l’ennesimo caso di carceriere che finisce carcerato? E quell’“accusare” che ha tutto il sapore del buon vecchio ricatto ante-litteram e dell’annunciare “sfracelli” con tanto di muoia sansone e tutti filistei?

“IL PAPA ERA ALL’OSCURO”. MA INFORMARSI PRIMA NO?

Essì, l’occhio stavolta lo ha ingannato… E può succedere ancora.

Comunque era Ratzinger che non sapeva scegliere le persone, è chiaro. Al massimo papa Francesco è “all’oscuro”. Il papa ha piazzato “l’incorruttibile”, l’uomo delle “pulizie” allo IOR. Bravissimo! Ottimo! Ma uno prima di far pulizie in casa altrui dovrebbe farle in casa propria. E infatti vedi che allo IOR gli hanno fatto trovare sulla scrivania la polverina che aveva nascosto sotto i tappeti dei salotti delle varie nunziature, compresa quella prospiciente la Buenos Aires. Dice ancora: “Ma il papa era all’oscuro”. Male, non doveva esserlo, di questi tempi è pericoloso, e prima di far strombazzarne in giro le elette virtù del Ricca, e metterlo in un posto delicatissimo, avrebbe dovuto informarsi.

Tanto più che – lo abbiamo appena visto – le nunziature proprio dell’America Latina di Francesco erano più che informate sul soggetto elevato a tanta gloria. Perché allora quella domanda ai suoi “confratelli nell’episcopato” coi quali “nella carità” e nella condivisione presiede la Chiesa, non gliel’ha fatta? Telefona a tutti, giornalisti e vaticanisti compresi, e poi ai nunzi, ai suoi “confratelli” vescovi per giunta conterranei, non fa ‘na chiamata prima di fare un passo mediaticamente tanto delicato e rischioso? E allora, visto che ormai queste “sviste” cominciano ad essere troppe per soli 100 giorni di pontificato, non sarebbe l’ora di lasciar funzionare la macchina della Santa Sede, ché a questo serve? Serve anche, in caso di errori marchiani come questo, ad assumersi tutte le responsabilità ed esentare il papa dal fango. Avesse chiesto alla segreteria di stato, avrebbe avuto le informazioni delle quali non doveva essere “all’oscuro”. La segreteria si sarebbe guardata bene dal mentire a Bergoglio: non è tipo da sfottere, soprattutto è uno che vuol sapere, decidere e non delega. Al contrario di Benedetto. Alla Segreteria di Stato non avrebbero osato.

Lui che nulla sa di Roma – molto meno di Ratzinger che almeno ci aveva vissuto un quarto di secolo in la curia, senza mai farsene invischiare, peraltro –, e ancor meno della romanità, non sarebbe il caso di guardare con meno ripulsa all’apparato ecclesiastico come fosse qualcosa di moralmente imbarazzante? Non occorrerebbe forse maggiore fiducia nei corpi intermedi? Non sarebbe forse il caso di fare un minimo sforzo di “adeguarsi”, nel senso di rassegnarsi finalmente a “romanizzarsi” e fare le cose secondo regola? Il fatto che è successo è una spia clamorosa di questo navigare a vista, a naso, in balia di idiosincrasie personali e di umori mediatici. È un’arma a doppio taglio.

Non sono affermazioni le mie, sono domande, che mi pongo ogni giorno di più. Bene le prediche del papa, bene il rapporto con i fedeli, tanto di cappello! Tutto utilissimo e piacevole. Ma poi al di là di questo c’è anche la chiesa di mattoni che ha bisogno di essere curata, guidata, con tutti gli strumenti “tecnici” del caso, rodati dall’esperienza di secoli. Non si governa la Chiesa soltanto con le prediche estemporanee, né troppo a lungo si può andare avanti solo con gli slogan.

L’OSSESSIONE DI TUTTE LE ANIME BELLE: LA RIFORMA DELLE STRUTTURE
Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e uno dei cardinali chiamati dal papa nella Commissione per la riforma

E poi vedo la grande contraddizione, che ben conosco pure questa, velata da una certa incrostazione non solo moralistica, non solo demagogica, ma persino lievemente ideologica, un residuato delle ideologie “scientifiche” del XIX secolo: l’ossessione per la struttura.

Da un lato si biasima moralisticamente la struttura – che pure ha bisogno delle sue “golpi [volpi] per sbigottire li lioni” –  come una sorta di “male inevitabile”, un fardello pesante e compromettente del quale prima ci si libera meglio è; dall’altro però, paradossalmente, si è ossessionati e in termini davvero di una ingenuità disarmante, dalla stessa struttura. Che se un attimo prima era la “causa di tutti i mali”, l’attimo dopo diventa la potenziale “panacea di tutti i mali”, solo a saperla “riformare”.

È l’eterna illusione delle Riforme, un tormentone che ormai da anni non riguarda più solo la politica ma è una litania che è entrata nella Chiesa, sino a occupare tutto lo spazio del dibattito interno e ultimamente anche esterno, mediatico. Non si parla di Chiesa se non per dire che bisogna “riformare, riformare, riformare”: ora lo IOR, ora la Segreteria di Stato, ora tutta la Curia, ora questo ora quello. “Riforme” di strutture sempre, chiaramente, ma mai della madre di tutte le riforme dalla quale, naturaliter, ne conseguono le altre: la riforma del cuore. Della santità. La Chiesa si è riformata sempre coi santi: il Concilio di Trento sarà la vera Grande Riforma proprio perché fu pieno di grandi santi, che lo indirizzarono, e lo misero da subito in pratica: fu un successo perché erano credibili, proprio in virtù della loro testimonianza visibile ed eroica di fede. Riformarono le cose perché il loro cuore era stato riformato dalla santità: “Vi darò un cuore nuovo, toglierò dal vostro petto il cuore di pietra, metterò dentro di voi un cuore di carne”. Riformata da loro, dai santi e non dagli “intellettuali”, o, Dio non voglia!, il totem dei totem delle superstizioni riformiste odierne: l’“Esperto”! Quasi sempre sedicente…. del resto.

UN SORRISO IRONICO DINANZI AI NUOVI SANTI: I “SUPER-ESPERTI”. UN GURU TEDESCO IN VATICANO

E per riuscirci ha chiamato il guru delle finanze tedesche

Ecco perché sono rimasto scettico, e ho sorriso, amaramente ma anche divertito,  per il paradosso, l’ironia e la contraddizione marchiana insita nelle cose, quando ho sentito che il papa aveva chiamato un gruppo di cardinali e vescovi per metter su una commissione che proponesse una “riforma”, guardacaso, delle strutture curiali et similia. Ma non è per questo che ho sorriso. Neppure per i nomi dei commissari: quello del segretario, mons. Semeraro che ha alle spalle la brillante esperienza di due diocesi distrutte in soli 15 anni di episcopato per tacer del suo seminario (odierno, ad Albano, e passato, a Oria); quello di Schoenborn che in altri 15 anni di episcopato si è vista dissolvere nel nulla l’intera chiesa austriaca. No. Ho sorriso per le motivazioni che il papa ha addotto alla scelta “di quello di Monaco”, vale a dire il cardinale tedesco Marx, il quale “mi hanno detto è uno che ne capisce di economia, e ha avuto diversi successi in questa roba”. Ecco, mi sono detto, un altro che cambierà tutto per non cambiare niente e semmai peggiorerà le cose, un altro flagello divino inflitto alla Chiesa sotto il nome di “Esperto”.

Ma la cosa che mi ha veramente fatto scuotere la testa e ridere è quando – e c’era da aspettarselo – sempre il papa ha fatto sapere che finalmente avrebbe avuto pure il Vaticano il suo guru: vale a dire il sommo sacerdote degli “esperti”, il “Super-esperto”, come lo hanno battezzato i giornali. Naturalmente tedesco, perché si sa che dove arrivano i tedeschi mettono sempre le cose “a posto”, anche se quasi mai sono le cose loro ma quelle degli altri. Ha un che di fanciullesco ma anche di cecuziente la ragione addotta per la scelta del Guru del papa argentino: “E’ il super-esperto della conferenza episcopale tedesca, e ha sistemato i conti delle diocesi”.

QUELLA CHIESA TEDESCA DOVE DIO NON è TRINO MA “QUATRINO”

Pure noi, e pure tu dovresti, guardando a quel Bengodi della Chiesa tedesca

E certo! È risaputo che il problema dei vescovi tedeschi sono proprio i soldi. Nel senso che ne hanno troppi, una quantità scandalosa, una vergogna. E con questi i preti ricevono assegni mensili di quasi 5mila euro, roba che in Italia manco i ministri; le diocesi sono quasi tal quali un ministero italiano, una burocrazia elefantiaca con migliaia di impiegati ciascuna; la Chiesa tedesca affonda nei miliardi, e con questi gestisce televisioni, editori, giornali… mica per fare apostolato, no, solo per fare altri soldi e poter perpetuare la grassa vitaccia del clero indigeno… una casta di satrapi. Non sorprende allora che stampassero e vendessero anche letteratura pornografica, pattume laico, zozzate varie.

Prodotti tipici della macchina per fare soldi, detta anche “chiesa” tedesca: producono e distribuiscono anche pornografia

Non sorprende che in Germania le “strutture” della Chiesa funzionino tutte benissimo, oleatissime. Non sorprende che un prete straniero non può dir messa da loro se non lo si mette “in regolare” contrattuale altrimenti “è lavoro nero” [leggasi a proposito la testimonianza, vissuta sulla sua pelle, da don Ariel Levi di Gualdo, in  E Satana si fece trino]. Non sorprende che proprio quei vescovi dalla strutture riformatissime come vere teutoniche macchine da guerra abbiano posto ai fedeli l’aut-aut “o pagate le tasse alla chiesa oppure niente sacramenti” perché da loro pure Cristo è prezzato e tassato e già è troppa grazie se ti rivendono un Cristo cattolico e non eretico. Non è un caso che la condotta di vita di tutto il clero teutonico sia a dir poco spregevole e immorale e moltissime sono le situazioni moralmente “disordinate” e irregolari. Non sorprende che nelle università di questa nazione di vescovi affiancati da guru non venga più insegnato nulla di cattolico, e se si osa farlo, si è immediatamente scacciati a pedate fuori dalla comunità “cristiana” tedesca. Non è un caso che quando papa Benedetto annunciò la pubblicazione di un’enciclica, prima ancora che fosse stampata, prima che se ne conoscesse il contenuto, in tutti i seminari e atenei cattolici tedeschi si passò la parola d’ordine di “smentire l’enciclica”, e allora da tutte le cattedre clericali si levò il grido di condanna unanime contro un documento papale che ancora nessuno di loro aveva letto. E non sorprende, quindi, che la pratica della fede in Germania, sia inversamente proporzionale alla sontuosità sbrilluccicante delle sue formidabili burocrazie: era lo stesso cardinale di Colonia ad ammetterlo, quando disse “abbiamo una carrozzeria troppo grande per un motore troppo piccolo”.

In alcune diocesi sembrano esserci più impiegati alla curia che cattolici praticanti nelle chiese; più funzionari che preti. Non che non ci siano preti in Germania, nonostante l’impopolarità della dottrina cattolica presso il clero stesso, ci sono: ma fin troppi aspirano alla consacrazione più per garantirsi una vita facile, libera e strapagata che non per servire la Chiesa: se ne servono.

L’infida masnada dei vescovi tedeschi. Oltretutto i più ricchi del mondo

Certo sì, nella Germania cattolica dei vescovi che invece che santi sfornano “super-esperti” per tirare a campare e moltiplicare pani e pesci e oro, le strutture sono riformatissime e funzionano: ma non per quel che dovrebbero. Semmai proprio a discapito di quel che dovrebbero. Quando il papa parla di Chiesa “povera”, dovrebbe guardare a questa vergognosa chiesa tedesca dalla quale prende in prestito, ben pagati, “guru” “cardinali economisti” e “super-esperti” per “riformare così pure il Vaticano”, questa chiesa che moltiplica i fatturati e riduce i fedeli, che nuota nell’oro e nell’apostasia, che ha le banche piene e i banchi mezzi vuoti, ricchissima fuori e povera dentro, ricca di strutture e povera di fede, nelle strutture riformata ma nel cuore deformata; quant’altre mai afflitta da quella “mondanità spirituale” che proprio Francesco, persino in modo ossessivo, ha così in gran dispitto. Quella Chiesa teutonica dove Dio non è più Trino ma Quatrino, direbbero i romani de Roma. Guardare a tutto questo scempio morale, a questa bestemmia vivente verso il Nome di Gesù e Maria, e guardarsene dal volerlo imitare pure in Vaticano.

QUELLE LOBBY CHE STANNO APPITONANDOSI INTORNO AL PAPA

E lo metteranno in croce…

Che dire? Forse, lo ripetiamo, il papa dovrebbe tornare a farsi consigliare dai romani, da collaboratori meno improvvisati ed evitare certi motu proprio, se non dopo aver consultato tutto e tutti. Perché il caso di mons. Ricca appare non più come il primo di una serie, ma l’ennesimo di una serie che comincia ad essere troppo lunga. Desse semmai un po’ di credito ai dossier che il suo predecessore gli ha consegnato, facesse tesoro dell’esperienza maturata nella sofferenza da papa Benedetto e dai suoi più fedeli collaboratori.

Stesse attento soprattutto a quel covo di vipere della ormai ben nota e famigerata Lobby Gay, che basandosi sul languore e il ricatto, come una piovra imperversa in Vaticano, stando perciò attento alle persone che lo avvicinano, gli parlano, prima di dargli credito. Anche perché tremebondi come agnellini, incerti come gazzelle, sfrontati come scimmie e sinuosi come serpi vedo con i miei stessi occhi che sempre più questa masnada di “perdute genti” sta appitonandosi intorno al papa, usando tutte le più sottili armi della cortigianeria, della lusinga, del servilismo, della maldicenza anche, per stringerlo tra le loro spire e non lasciarlo mai più finché non ne avranno risucchiato l’ultima goccia di sangue.

Per esempio, quella Lobby lì dei Gay in clergy: doveva sparire dalla circolazione, in gran parte è stata a spasso sotto l’ultimo pontificato – serbando non pochi rancori e propositi di vendetta,  meditando e praticando torbidi – e adesso invece, richiamata in fitte coorti, sta man mano accomodandosi nei posti chiave invece che fuori dalle Mura Leonine. Sta succedendo: i massimi esponenti della Lobby Gay vaticana, invece che diminuire stanno aumentando, invece che mimetizzarsi adesso quasi apertamente rivendicano i loro “diritti” (forti di chissà quali e quanti ricatti), invece che disarmarla la si sta potenziando. E quel che è peggio, sembra che il papa non riesca ben a distinguere chi è sincero e chi no, chi lo sta solo blandendolo con servili salamelecchi dosando verità a menzogna per raggiungere i propri scopi e chi davvero gli è fedele perché è fedele a Cristo e alla Chiesa.

Il caso di mons. Ricca è emblematico. Quanto a salamelecchi, captaptio benevolentiae, verità ad arte dosate o taciute. E uno così, si è ritrovato dalla mattina alla sera presentato urbi et orbi come “l’uomo di fiducia del papa”, che quella fiducia aveva tradito sin dall’inizio: ma la colpa a Ricca io la do solo in parte… si sa, nessuno di noi è portato ad ammettere di se stesso cose sconvenienti; sta a chi deve vagliare i profili capire se trattasi d’uomo degno di fiducia o meno, e per maggiore sicurezza si chiede in giro, alla curia, alle nunziature, a tutte queste benemerite “strutture” di Santa Romana Chiesa. Non è che si va troppo lontano a colpi di sito vaticano e di sala stampa… Occorre informarsi, essere puri come colombe e astuti come serpenti. Occorre cioè “romanizzarsi”: a questo serve la “romanità”, e dal momento che c’è perché non usarla?

***

LA GUERRA DI PIERO

Nella speranza che domani non ci sia un “caso Marini”


PIERINO HA RIDATO DIGNITÀ ALLA LITURGIA PAPALE. POI S’È PENTITO

Piero Marini accanto un giovane seminarista

Ultimamente, da molte fonti viene la soffiata che mons. Piero Marini, dovrebbe essere promosso nientemeno che a capo del Culto Divino. E del resto l’alacre andirivieni che ha fatto dal Vaticano e da Santa Marta dacché si è dimesso l’odiato Benedetto, per andare a denigrare e screditare in alto loco tutti i “tradizionalisti” pare abbia avuto i suoi effetti: oltre a deridere il povero e santo successore suo omonimo, mons. Guido Marini del quale chiede da mesi la “defenestrazione” al papa,  il Pierino, facendo di tutt’erbe un fascio chiede anche di fare pulizia etnica in Vaticano di “lefebvriani” e “ratzingeriani”, buttandoci dentro anche chi tale non è, ma che si frappone fra lui e i suoi piani di rivalsa, fra lui e il finale (ormai ha 72 anni) colpo da maestro carrierizio, fra lui e la porpora. Che Benedetto, per le ignominiose parole con cui ne aveva salutato i primi atti del pontificato, gli ha sempre negato, nonostante le periodiche rimostranze dell’interessato.

Ottenuto meno che niente e mandato in giro a giocare con le processioni ai congressi eucaristici, sperperati così otto anni di mancata carriera, se l’è legata al dito, non solo ha giurato vendetta tremenda vendetta, ma adesso pretende che la carriera che gli è stata negata così a lungo gli venga tributata tutta in una volta. E non molla non molla e non molla. Anzi, sta rincarando la dose, e insieme anche la capacità di osare: si è dichiarato favorevole alle nozze gay. Quasi a dire: non solo mi spetta la carriera, non solo me la dovete dare tutta e subito, ma me la dovete consegnare con gli interessi, a prescindere da quello che dico e che faccio. Praticamente una sorta di richiesta di “risarcimento danni” alla Santa Sede. E siccome il personaggio è anche simpatico e alla mano, semplice nei modi e diretto… anche troppo, non è difficile immaginare che papa Francesco abbia scambiato la sua sfacciataggine per “sincerità”, la sua impudenza per “semplicità”, e abbia infine deciso di premiarlo. A proposito di “mondanità spirituale” e di “vescovi non pensate alla carriera”.

Piero Marini

E noi siamo d’accordo. Anzi, mi espongo personalmente a dire la mia: per 15 anni Piero Marini ha dato forma, essenzialità, dignità alla liturgia pontificia, ne ha di fatto ri-creato i riti, quando non n’era rimasto neppure più uno sotto la maestranza liturgica di Noè e nello squallore, sbandamento e improvvisazione del papato di Paolo VI. Poi s’è lasciato prendere la mano a partire dal Grande Giubileo del 2000, quando ha cominciato a vestire i papi da pagliacci perché hanno stante l’ingorgo che s’era creato nelle sacrestie vaticane di costosissimi “artisti” del taglio e cucito del genere omosessuale, tutti amici degli amici.

Dice: pure le messe papali erano diventate delle porcherie negli ultimi anni, delle danze di gente in mutande. Qui mi sentirei di difendere un’altra volta Piero Marini: quelle cose a lui non piacevano, non le avrebbe mai volute, ma a Giovanni Paolo II piacevano – probabilmente per un malinteso senso dell’inculturazione – e suo malgrado ha dovuto attaccare l’asino dove voleva il padrone, un padrone ben poco docile e difficilissimo da contraddire, come il Polacco era. Bene, l’ho detta: ciò non toglie che io sull’altare papale preferisca Guido Marini, almeno finché ha contato e decideva qualcosa.

SE PIERINO VA AL CULTO DIVINO, MI PREOCCUPO PER IL PAPA

La guerra di Piero

Ecco, io stimo Pierino Marini finché è giusto e do a Pierino quel che è di Pierino. Ma siccome adesso dovrebbe andare al Culto Divino e finalmente avere l’agognata porpora un po’ mi preoccupo. Per lui e per il papa. Alla luce di quel che sta succedendo con mons. Ricca.

Mi spiego meglio. Siccome io su Pierino Marini ci metto la mano sul fuoco, datosi penso si tratti addirittura di un astro della Chiesa, di un santo, di un vescovo insigne, e nonostante ciò fatto continuamente bersaglio (insieme a tanti altri gentiluomini e… gentildonne di Sua Santità, come mons. Franco Camaldo, mons. Francesco Gioia, il card. Ravasi, mons. Renato Boccardo, laici addirittura come Angelo Balducci o Marco Simeon) delle più infamanti campagne online, dove si osano insinuare vilmente dubbi sulla condotta morale del succitato. Cose vergognose, perfide, a maggior ragione perché provengono da (spesso) anonimi, e da una caterva di “si dice” passati di bocca in bocca e propalatesi inarrestabilmente; e ai si dice si aggiungono anche gli “ho visto”, “ho fatto”, “ho conosciuto”. Calunnie pensate per distruggere ecclesiasticamente, per troncare carriere, ma non sono queste le chiacchiere che hanno arrestato la scalata di Marini, e infatti vedi che è ormai a un passo dalla metà più ambita.

MARINI NON HA NIENTE DA NASCONDERE, PERCIÒ NON TEME ALCUNA INDAGINE

Fossi il papa, farei di Piero Marini il mio segretario di stato, tutt’al più il mio maggiordomo, dal momento che, mi pare, la veneranda carica di “scopatore segreto” sia stata abolita e cancellata dall’annuario pontificio, tutto questo potendo confidare sul mio intuito che difficilmente s’inganna sulle persone, e ancora meno sui prelati. Ma io so il fatto mio, sono “romano” per istinto, vocazione, residenza e fede. Bergoglio non tanto.

Ecco, proprio perché poi i soliti mormoratori, magari i media di ricalzo, non abbiano l’insana idea di servirsi delle menzogne che sul conto di Marini circolano da anni, e il papa non si veda nell’umiliante situazione, disorientato dal gossip-spazzatura, di dover spalancare un’altra volta le braccia e dire “io ero all’oscuro” e rovinare così inutilmente l’inarrestabile e legittima ascesa di questo prelato meritevole d’ogni stima e patacca, per l’onore del papa e di mons. Piero Marini, c’è da fare una sola cosa. Una cosa alla quale Monsignore certamente sarebbe ben contento di contribuire: un cristallino e disarmante atto di verità, dalla quale egli nulla (almeno a mio parere) ha da temere, così come, stante i suoi trascorsi, nulla ha da temere dalle calunnie… quando uno ha la coscienza pulita, perché dovrebbe?!.

ONDE PREVENIRE SASSI CON PIZZINI SULLA FINESTRA DEL PAPA

Gli avesse potuto stringere le mani sul collo….

Mi spiego meglio. Onde prevenire, come è capacissimo succeda in caso di ascesa al Culto Divino di Marini, sassi sulla finestra del papa con attaccati pizzini infamanti e cartocci di sterco con istruzioni per l’uso sulle mura di Santa Marta, onde evitare voci estenuanti di fantomatici “documenti”; onde evitare situazioni del genere al papa, che certo l’impressionerebbero (fresco com’è della bruciatura di mons. Ricca); onde spezzare in partenza le gambe a quegli insolenti e arroganti che hanno osato e detto “con Piero Marini e la sua corte dei miracoli, stavolta, bisogna farla finita una volta per tutte”; onde evitare tutti questi torbidi che sanno tanto di conigli mannari; onde smorzare sul nascere ogni polemica, onde togliere il pretesto a chicchessia di giocare con gli specchi dei sospetti, io chiedo al papa e a chi di dovere, che si faccia prima chiarezza su tutta la linea, fugando definitivamente ogni sospetto sulla dirittura morale di Monsignore e magari dei suoi reverendi amici e le rispettive vite private. PRIMA… e non DOPO. Fatto sta, ragazzi, che io ho un bruttissimo presentimento… forse irrazionale…

Mons. Piero Marini non ha nulla da temere. Per questo si controllino i dossier, le frequentazioni, i collaboratori; quali sono i luoghi che di solito frequenta; ci si accerti sulla residenza e dove ha eventuali dependance e chi ci è entrato e uscito negli ultimi tempi, del resto (almeno da quel che io so…), dovrebbe abitare non lontano dal Quirinale, zona “sensibilissima”. E ad ogni modo si tengano presenti, anche solo per scartarle, le eventuali calunnie che online circolano sul suo conto. Di tempi come questi, con gli avvoltoi appollaiati sul cupolone con tanto di teleobiettivi, più precauzioni si prendono, meglio è. Per il papa, per la Chiesa, per i candidati alle cariche curiali, per tutti noi. Il caso Ricca deve pur insegnarci qualcosa, qualcosa che, speriamo, il papa abbia ben memorizzato. Regolandosi di conseguenza, per le nomine a venire. Di modo da non andare più a sbattere il muso in “persone di fiducia del papa” che un po’ più in là di Santa Marta sono qualificate universalmente come di “Conducta escandalosa”.

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