ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 14 luglio 2013

Per chi avesse ancora dei dubbi

Non contano solo i miracoli
Con Papa Roncalli santo la Chiesa inizia il disgelo
Finisce l’epoca dei due superconservatori Wojtyła e Ratzinger e si torna alle speranze del Concilio
«Santo subito!» (Johannes Simon/Ddp/Afp)
La prossima canonizzazione di Giovanni XXIII, il Papa che ha indetto il concilio Vaticano II, rappresenta l’inizio del disgelo per le riforme e i cambiamenti introdotti dalla grande assise svoltasi ala metà degli anni Sessanta. Gli ultimi 35 anni sono infatti stati segnati prima dal pontificato wojtyliano – caratterizzato grande alleanza occidentale contro il blocco sovietico – trascinatosi poi in un eccesso di trionfalismo papale (Giubileo del 2000) fino alla metà degli anni Duemila; quindi dall’elezione del tedesco Ratzinger che ha provato a coniugare ritorno parziale al passato pre-conciliare (una mitica quanto inesistente età dell’oro della Chiesa) e pulizia interna: operazione rivelatasi impossibile.

La scelta di Bergoglio di aprire le porte alla santità a Roncalli senza il riconoscimento di un secondo miracolo – è bastato quello per la beatificazione – è anche un’affermazione teologica di primo piano: la santità non è definita per forza da una commissione medica e da un gruppo di cardinali, scaturisce dalla fede popolare, dall’azione svolta in vita. Accanto a Roncalli diventerà santo anche Wojtyła, Papa amato dalla gente e che però in tal modo viene riportato nel mondo reale della storia della Chiesa, non più figura di culto della quale non si può fare a meno, ma un pezzo – insieme ad altri – di un cammino comune. Indubbiamente Giovani Paolo II ha introdotto nei suo stessi comportamenti, nel modo di esercitare il primato petrino, elementi di modernità nel rapporto con l’opinione pubblica intuendo il peso enorme che quest’ultima aveva assunto nelle società contemporanee. Wojtyła è stato un Papa fortemente conservatore, responsabile direttamente o attraverso alcuni dei suoi più stretti e fedeli collaboratori del clima di copertura e insabbiamento che ha accompagnato la vicenda dei preti pedofili, ha svolto però un ruolo importante in favore della pace, ha compiuto passi decisivi in favore del dialogo interreligioso, ma ha pure represso ogni elemento di innovazione e modernizzazione della Chiesa, a cominciare dall’America Latina. 
Anche per questo la canonizzazione di Papa Roncalli rappresenta forse il gesto più forte e significativo realizzato in questi primi mesi dal Papa argentino: non solo per quello che Giovanni XXIII ha fatto, per la sua figura di giovane nunzio in Bulgaria e Turchia che operava per mettere in salvo gli ebrei perseguitati dai nazisti; o per la Pacem in terris, enciclica che schiaccia con la sua visione profetica e la sua modernità molti dei documenti prodotti dalla Santa Sede nei decenni successivi, o ancora per la decisione – rivoluzionaria – di indire un Concilio che ha lanciato la Chiesa nel XX secolo. La scelta di Bergoglio, più in generale, sembra annunciare la fine della stagione della paura nei confronti dell’epoca contemporanea, il tentativo – a partire dalle opzioni conciliari – di rimettersi in ascolto dei segni dei tempi, di entrare nelle contraddizioni e nei problemi del nostro tempo, di affermare un umanesimo cristiano e sociale a fronte delle disuguaglianze prodotte da un modello di sviluppo che brucia risorse, vite, e ambiente. Su questi temi, peraltro, s’incentrerà, secondo le prime indiscrezioni, la prima vera enciclica di Francesco dopo la Lumen Fidei
Si chiude ancora, con l‘annuncio della canonizzazione di Giovanni XXIII, l’ambiguo tentativo messo in campo da Benedetto XVI di recuperare frange estremiste e reazionarie – a cominciare dal gruppo lefebvriano – alla vita della Chiesa, secondo una prospettiva puramente difensiva in cui bisognava raccogliere anche le forze più indigeribili per resistere alla grande avanzata della secolarizzazione. 
Infine, la santità di Roncalli vuol dire anche quel ritorno all’universalità del Concilio, cioè al clima di speranza e cambiamento in cui si svolse l’assise convocata da Giovanni XXIII: quello del grande movimento di decolonizzazione allora in corso che portò alla ribalta i Paesi e i popoli del sud del mondo. E in fondo a guardare le vicende di oggi è proprio tale movimento – iniziato all’indomani della seconda guerra mondiale – a descrivere un tempo lungo della storia, cioè l’affermazione di una nuova soggettività e indipendenza di grandi nazioni che, dall’America Latina, all’Asia all’Africa al mondo arabo, fra problemi immensi, provano a scrivere nuovi capitoli della storia contemporanea. In questo senso la scommessa di Benedetto XVI, al di là della cronache e degli scandali di cui certamente non porta responsabilità e ai quali in qualche modo ha provato ad opporsi, si è rivelata perdente: la vecchia Europa non rappresentava più il tesoro comunque fondamentale cui la Chiesa doveva attingere per guardare al futuro; era solo una delle componenti di un mondo e di un cristianesimo multipolare, dove anche la fede non voleva ricevere più ordini e diktat da Roma. Anche per questo alla fine è arrivato al Soglio di Pietro un Papa argentino.

Francesco Peloso
Twitter: @FrancePeloso
http://www.linkiesta.it/santi-subitoLeggi il resto: http://www.linkiesta.it/santi-subito#ixzz2Z0kw92B1
Roncalli santo scelta del concilio

A nche Giovanni XXIII lo volevano santo subito. Nel pieno del Concilio Vaticano II il teologo Yves
Congar riportava nel suo diario conciliare che il cardinale belga Lèon Joseph Suenens voleva
concludere l’intervento sul De Ecclesia richiedendo una canonizzazione «par acclamation», per
acclamazione di Papa Roncalli. «Un obiettivo questo – scriveva Congar – da ottenere subito». E la
loro richiesta di una canonizzazione rapida era condivisa da tanti altri padri conciliari e da
moltitudini di fedeli. Tanto che sulla Gazzetta del Popolo, già l’indomani della morte di papa
Giovanni, si faceva osservare: «Se un giorno non lontano – Dio lo voglia – finito di parlare di
Giovanni XXIII come di 'Sua Santità' si parlerà della sua santità anche in sede canonica e ufficiale,
speriamo non venga a nessuno la voglia di esigere da lui uno dei miracoli rituali necessari alla
canonizzazione. Egli che ha fatto a meno di miracoli simili per canonizzare san Gregorio Barbarigo,
ha compiuto per conto proprio un miracolo del tutto singolare e adeguato alla vocazione storica e
pastorale del suo pontificato: da quel mite evangelico che fu sempre, ha posseduto la terra come
nessun altro prima di lui, nemmeno tra i santi». L’autore – Nazareno Fabbretti – non si limitava così
a rendere pubblico l’auspicio per la proclamazione della santità di Giovanni XXIII, ma si
pronunciava anche sulle modalità con le quali arrivarvi, dando voce a un sentire allora diffuso. Oggi
a cinquant’anni di distanza tutto questo sembra concretizzarsi.
Il Concistoro dei cardinali e dei vescovi, che, secondo la prassi ordinaria della Santa Sede, sarà
chiamato a pronunciarsi sulla canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II, si svolgerà
con ogni probabilità nel mese di settembre e quasi certamente i due beati saliranno presto insieme
alla gloria degli altari, nella data che sarà stabilita in quell’occasione. Il 5 luglio scorso papa
Francesco ha promulgato il decreto sul miracolo per intercessione del beato Giovanni Paolo II e
contemporaneamente ha approvato i voti favorevoli espressi dalla Sessione ordinaria dei cardinali e
dei vescovi per la canonizzazione pro gratia del beato Giovanni XXIII. Ciò vuol dire che papa
Bergoglio ha accolto favorevolmente le motivazioni presentate dalla Congregazione dei santi su
istanza della postulazione della causa di Giovanni XXIII, per poter procedere alla sua
canonizzazione pur in assenza di un miracolo formalmente riconosciuto, come avviene di prassi per
arrivare alla proclamazione della santità. Secondo l’attuale normativa canonica, infatti, si può
accedere alla canonizzazione solo dopo l’approvazione di un miracolo attribuito all’intercessione di
un candidato al culto della Chiesa universale, sia esso martire che confessore della fede, già
beatificato. Tuttavia non è una novità assoluta la proclamazione della santità sulla base di altri
elementi e motivazioni che possono sostituirsi a un miracolo scientificamente e teologicamente
dimostrato. Non si tratta, dunque, né di scorciatoie, né di semplificazioni, né di decisioni arbitrarie.
Nella storia recente delle canonizzazioni un’eccezione alla prassi è rappresentata, ad esempio, dai
Santi Martiri cinesi (Agostino Zhao Rong e 119 compagni) proclamati santi da Giovanni Paolo II
nel 2000. I martiri, di cui la Chiesa fa memoria il 9 luglio, sono arrivati alla beatificazione con
regolare procedura in momenti diversi. Le loro cause sono state poi unificate e, con la firma del
decreto 'de signis',Giovanni Paolo II, dispensando ciascuno di essi dal miracolo, li ha iscritti
direttamente fra i santi il 1° ottobre dell’anno del Grande Giubileo. Gli elementi che portarono a
questa determinazione da parte di papa Wojtyla furono: una indiscussa e crescente
fama signorum (cioè una fama di segni e miracoli) a loro attribuita dopo la beatificazione e l’influsso particolare
che la loro memoria aveva esercitato nella perseveranza della fede in contesti estremi e difficili.
Ma nel caso del beato Giovanni XXIII quali sono le motivazioni per le quali si può determinare
pro gratia la sua canonizzazione? Le ragioni principali sono due. La prima riguarda l’eccezionale 
vastità del culto liturgico già reso al beato, che, previa richiesta di autorizzazione, è stato concesso 
dalla Santa Sede a diverse diocesi del mondo, dall’Asia alle Americhe. La memoria liturgica di Giovanni XXIII, ufficialmente iscritta nei calendari di Chiese particolari, di fatto si configura già come simile a quella di un santo canonizzato. A questo culto si unisce anche una crescente fama di segni e miracoli che accompagna nel popolo di Dio la memoria del Papa buono. A partire dal giorno della sua beatificazione, avvenuta il 3 settembre del 2000, sono infatti arrivate alla postulazione da tutto il mondo numerose segnalazioni di grazie e favori ottenuti per intercessione del beato, spesso accompagnate da documentazione medica. Circa una ventina i casi più interessanti. E non pochi di questi sono stati sottoposti a parere medico orientativo ai fini di un possibile processo, anche se per nessuno di essi al momento è stata avviata una procedura canonica di riconoscimento.
La seconda importante motivazione è data dalla richiesta di quei padri del Concilio Vaticano II che,
subito dopo la morte di Roncalli, auspicarono la sua immediata canonizzazione addirittura come
atto del Concilio stesso. Nessun candidato alla canonizzazione può perciò vantare attualmente una
simile eccezionalità: un culto liturgico diffuso già nella Chiesa universale e una richiesta di
canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio. Queste, dunque, sono le principali
ragioni che Papa Francesco ha approvato per ritenere di procedere alla canonizzazione del beato
Giovanni XXIII. Ragioni che sono inoltre supportate da altre considerazioni. Cinquant’anni dopo la
morte di Roncalli va anche preso atto che la regolare inchiesta canonica, avviata da Papa Montini e
durata trentacinque anni, che ha portato alla garanzia delle virtù eroiche e del miracolo riconosciuto
con la beatificazione, ha permesso di sottrarre la sua figura a emozioni e manovre del momento e di
sviscerare fin nelle pieghe più intime la sua vita e la sua azione. Ciò ha condotto a una sicura e
profonda conoscenza del patrimonio dei suoi scritti e della sua opera, facendo emergere in maniera
luminosa la sua santità. In occasione del cinquantenario dell’inizio del Concilio Vaticano II si vuole
perciò finalmente abbracciare l’auspicio espresso da quell’assemblea ecclesiale che voleva santo
Giovanni XXIII e portare a compimento la speranza dei Padri. Tanto più che proprio la richiesta
della canonizzazione per acclamazione di Papa Roncalli è l’unica istanza formulata dai Padri
conciliari rimasta ancora in sospeso, dopo che quella relativa alla stesura di un Catechismo
universale della Chiesa è stata portata a compimento.
di Stefania Falasca
in “Avvenire” del 14 luglio 2013

1 commento:

  1. Senti che musica...quanto devono aver sofferto in questi anni. Se non altro ora hanno gettato definitivamente la maschera e possono ricominciare a celebrare i successi di una stagione senza il rischio che qualcuno avanzi il minimo dubbio.

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