ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 21 agosto 2013

Italia-Argentina: 10-0!

Ecco un papa grande riformatore. Ma non si chiama Francesco


piox
Su “L’Osservatore Romano” del 21 agosto lo storico Gianpaolo Romanato ha tracciato un profilo di Pio X che arricchisce e integra di molto quanto pubblicato due settimane fa su “L’Espresso” e www.chiesa a proposito delle similitudini tra quel papa e l’attuale:
> La “segretariola” di Francesco, il papa che vuol fare tutto da sé
“Ad avvicinare i due pontefici – esordisce Romanato – sono le umili origini, la provenienza periferica rispetto a Roma, l’estraneità all’ambiente curiale, l’insofferenza per il trionfalismo ecclesiastico, il tratto diretto e immediato, lo stile di vita sobrio e dimesso, l’interpretazione più pastorale che magisteriale del ruolo petrino”.

Anche allora – prosegue lo storico – “l’elezione d’un uomo che era stato parroco per quasi un ventennio, veniva dal popolo, conosceva solo le periferie della Chiesa e riusciva a far sentire a suo agio qualsiasi interlocutore, fu una novità che sconvolse le placide abitudini vaticane e affascinò i contemporanei”.
Ma oltre alle somiglianze, i cinque mesi fin qui trascorsi del pontificato di papa Francesco – cinque mesi ricchi di annunci e di attese ma poveri di realizzazioni e segnati da infortuni – hanno fatto intravedere anche delle differenze notevoli tra i due papi.
Scrive Romanato:
“Gli undici anni del pontificato di Pio X furono infatti un ciclone riformatore che modificò profondamente la Chiesa, attrezzandola in vista dei problemi che si sarebbero posti dopo la guerra, con l’avvento dei regimi totalitari. Soppresse il diritto di veto in conclave, rivoluzionò la curia, varò il ‘Codex iuris canonici’, riformò i seminari e la musica liturgica, modificò profondamente la pietà cristiana incoraggiando la comunione frequente e abbassando a sei-sette anni l’età minima per accostarsi all’eucarestia, lasciò andare al suo destino il concordato con la Francia, pago di recuperare il pieno controllo dell’episcopato transalpino. Con Pio X si estinse definitivamente la tradizione gallicana e iniziò quella felice stagione dell’intellettualità cattolica francese che si protrasse fino al Vaticano II.
“A queste riforme di struttura, che seppellirono definitivamente la Chiesa d’ancien regime, si aggiunse una sterzata disciplinare non meno energica, che cominciò proprio dai vertici: mandò visite apostoliche (cioè ispezioni) a tutte le diocesi e ai seminari d’Italia, destituì numerosi vescovi, ripulì Roma dai preti sfaccendati che vi si erano imboscati, rispedendoli alle diocesi d’origine, fece del cardinalato un titolo di merito e non una promozione automatica per ruoli curiali o sedi ricoperte (durante il suo pontificato divenne cardinale il vescovo di Padova e non lo divenne mai l’arcivescovo di Firenze), ridimensionò e scavalcò la curia romana, di cui diffidava, governando la Chiesa attraverso la sua segreteria personale.
“Sotto la bonomia veneta e le frequenti battute in dialetto si nascondevano insomma un carattere di ferro e una volontà indomita, che seppero sempre tenere a bada opposizioni e resistenze, molto più forti di quanto non appaia dalla sovrabbondante letteratura agiografica fiorita dopo la sua morte”.
Anche la nomina del nuovo segretario di Stato fu decisa da Pio X con rapidità fulminea, addirittura la sera stessa della sua elezione a papa.
Rompendo con ogni regola, papa Giuseppe Sarto chiamò a quel ruolo un prelato trentottenne di nobile famiglia angloispanica, Rafael Merry del Val, il cui alto profilo, tratteggiato magistralmente dallo stesso Romanato in un precedente articolo su “L’Osservatore Romano”, suscita ulteriori confronti con l’attualità, anche qui a tutto vantaggio di quel santo papa del primo Novecento:
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/08/21/ecco-un-papa-grande-riformatore-ma-non-si-chiama-francesco/

Ecco un perfetto segretario di Stato. Ma è di un secolo fa

Si chiamava Rafael Merry del Val e Pio X lo volle al suo fianco. Raramente una nomina fu così riuscita. Lo storico Gianpaolo Romanato ne traccia il profilo. Che induce a un confronto con la curia vaticana di oggi

di Sandro Magister




ROMA, 4 marzo 2010 – Nell'ottantesimo anniversario della morte, "L'Osservatore Romano" ha pubblicato un affascinante profilo del cardinale Rafael Merry del Val, segretario di Stato di san Pio X dal 1903 al 1914.

Affascinante per come mette in luce la grandezza del personaggio, i suoi talenti fuori dal comune, la bravura nel capire e attuare gli indirizzi del papa, la santità di vita.

Autore del ritratto è Gianpaolo Romanato, docente di storia della Chiesa all'Università di Padova, membro del pontificio comitato di scienze storiche, uno dei maggiori studiosi dei papi tra Ottocento e Novecento.

Merry del Val esempio di perfetto segretario di Stato? Il paragone sorge spontaneo, tra un secolo fa e oggi.

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I segretari di Stato più famosi sono abitualmente associati ad eventi e papi dell'epoca: Ercole Consalvi a Napoleone e alla restaurazione, Giacomo Antonelli a Pio IX e alla condanna del liberalismo, Mariano Rampolla a Leone XIII e alla sua politica "realista", Merry del Val alla condanna del modernismo, Pietro Gasparri al concordato con l'Italia di Mussolini, Eugenio Pacelli alla Germania di Hitler.

Pacelli fu l'unico a essere poi eletto papa, col nome di Pio XII. E per molti anni neppure nominò un proprio segretario di Stato. Al suo posto si avvalse di due provetti collaboratori: Domenico Tardini e Giovanni Battista Montini. Il primo divenne poi segretario di Stato con Giovanni XXIII. Il secondo diventò papa col nome di Paolo VI. E da papa cambiò la struttura della curia, al cui vertice pose proprio la segreteria di Stato.

Da Paolo VI in poi, è il segretario di Stato a fare da filtro tra la curia e il papa. Gli atti di tutti gli uffici vaticani passano da lui. E a questa carica papa Montini chiamò nel 1969 un cardinale francese cresciuto lontano dalla curia, Jean Villot.

Con Giovanni Paolo II, la segreteria di Stato ritorna a un diplomatico di primo rango, Agostino Casaroli, universalmente ricordato come il tessitore della politica vaticana con i paesi comunisti.

Viene dalla diplomazia anche il successore di questi, Angelo Sodano, segretario di Stato dal 1991. Ma di lui non si ricorda nulla di significativo. Piuttosto, con Sodano la curia – del tutto trascurata da papa Karol Wojtyla – vive una rapida decadenza, in un crescente disordine. Al quale sopperisce il maggior potere assunto di fatto dal segretario personale del papa, il polacco Stanislaw Dziwisz.

Con Benedetto XVI, infine, diventa segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone, già suo collaboratore alla congregazione per la dottrina della fede. Il nuovo segretario personale del papa, il tedesco Georg Gänswein, si attiene strettamente al suo ruolo. E altrettanto fa il portavoce della Santa Sede, che non è più l'esuberante Joaquín Navarro-Valls, ma il misurato gesuita Federico Lombardi.

A questo riordino dei ruoli non corrisponde però una ripresa d'efficienza della macchina curiale. Il passaggio delle consegne tra Sodano e Bertone, nel settembre del 2006, coincide con la controversa lezione di papa Joseph Ratzinger a Ratisbona; né l'uno né l'altro brillano nel governarne i contraccolpi politici e religiosi.

Negli anni successivi, più volte Benedetto XVI si trova mal sostenuto. Pur devotissimo al papa, il volenteroso cardinale Bertone mostra di non saper sempre pilotare a suo servizio la curia.

Il caso più clamoroso di disordine esplode nei primi mesi del 2009, quando è revocata la scomunica ai vescovi lefebvriani senza che alla Chiesa e al mondo venga spiegato perché. Deve intervenire il papa in persona a riparare il disastro di comunicazione e di governo. E lo fa con la lettera ai vescovi del 10 marzo 2009, che è anche una severa denuncia della confusione che alligna nella gerarchia e nella stessa curia.

Per questa e per altre burrasche, l'anno trascorso sarà ricordato come "annus horribilis" della segreteria Bertone, sia dentro il Vaticano che fuori, visti gli attriti tra la segreteria di Stato e vari episcopati nazionali tra i più forti e fedeli al papa, in Italia, negli Stati Uniti, in Brasile.

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Al confronto, dunque, l'armonica e fattiva sinfonia che intercorreva un secolo fa tra un papa come Pio X e un segretario di Stato come Merry del Val sembra risuonare da un altro pianeta.

E la cosa tanto più sorprende per l'affinità tra quel papa e quello di oggi. Entrambi poco o per niente politici e invece concentratissimi sulla loro missione religiosa, in risposta a una diffusa crisi di fede anch'essa con molti tratti in comune.

Ecco qui di seguito chi fu e come agì quel grande segretario di Stato, rispetto al quale il papa non si ritrovò mai solo.
continua su

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1342387

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