ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 ottobre 2013

IOTA UNUM

 – La caduta di papa Liberio e il trionfo di sant’Atanasio

sant anastasio(di Cristiana de Magistris) Nel 325 il Concilio di Nicea definì la consustanzialità (homooùsion) del Padre e del Figlio, ossia decretò che il Padre e il Figlio hanno la medesima natura divina. Il termine homooùsion era dottrinalmente perfetto per indicare la consustanzialità del Padre e del Figlio e confutare l’eresia ariana, secondo cui il Padre, ingenerato, non poteva condividere con altri la propria ousìa, cioè la propria sostanza divina. Il termine homooùsion era dunque l’unica parola che gli ariani non potevano pronunciare senza rinunciare alla loro eresia e perciò divenne la cartina al tornasole dell’ortodossia cattolica.

Il Concilio di Nicea fu convocato dall’imperatore Costantino, il quale incoraggiò fortemente la definizione della consustanzialità del Padre e del Figlio. Sant’Ilario afferma che, al Concilio di Nicea, “80 vescovi rigettarono il termineconsustanziale, ma 318 l’approvarono”. Di questi ultimi, però un buon numero sottoscrissero il Credo solo come un atto di sottomissione all’imperatore. M. L. Cozens commenta: “Uomini di mondo, essi non amavano la precisione dogmatica e volevano una formula che poteva esser sottoscritta da uomini con idee diverse, potendola interpretare in sensi diversi. Per costoro, tanto la fede precisa ed esatta di un Atanasio quanto l’ostinata eresia di Ario e dei suoi seguaci erano ugualmente intollerabili. Rispetto, tolleranza, liberalità: questo era il loro ideale della religione. Perciò essi proposero, invece del troppo definitivo ed inestirpabile homooùsion – della stessa sostanza –, il vago terminehomoioùsion, di una “sostanza simile”. Essi […] usavano un linguaggio apparentemente ortodosso, proclamando di credere nella divinità di Nostro Signore, attribuendogli ogni divina prerogativa, anatemizzando tutti coloro che dicevano che Egli era stato creato nel tempo (Ario sosteneva che Cristo era stato creato prima del tempo): in breve, dicendo quanto di più ortodosso possa immaginarsi, salvo la sostituzione del loro homoioùsion con l’ homooùsion di Nicea”[1].
Sia tra i Vescovi che tra i fedeli si diffuse la convinzione che la distinzione tra i due termini (il cattolicohomooùsion e l’ariano homoioùsion) stesse sollevando un conflitto inutile. Essi consideravano oltremodo dannoso dividere la Chiesa solo per un iota! Ma intanto i veri cattolici, tra i quali, in prima fila, sant’Atanasio, “con fermezza si rifiutarono di accettare qualunque dichiarazione che non contenesse l’homooùsion o di comunicare con coloro che lo negavano”[2].
Sant’Atanasio aveva ragione. Quella sola lettera, quell’iota, rappresentava la differenza tra la Cristianità fondata su Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto carne, e una religione fondata su un’altra creatura, perché negare la divinità di Cristo significa negare tutto il cristianesimo.
Atanasio fu per tutta la vita testimone e strenuo difensore dei principi stabiliti dal Concilio niceno, e per questa sua fermezza dovette subire diverse condanne all’esilio negli anni che vanno dalla sua nomina a vescovo e patriarca di Alessandria d’Egitto, nel 328, fino alla sua morte.
 Dopo papa Giulio  I  (337-352), che sostenne coraggiosamente la fede di Nicea e la causa di Atanasio, l’ascesa al pontificato di papa Liberio (352) e quella quasi contemporanea (350) all’impero di Costanzo II, imperatore filo-ariano, ne segnarono la sorte.
Inizialmente Liberio appoggiò la causa di Atanasio e, a tal fine, chiese all’imperatore la convocazione di un primo Concilio ad Arles (353-354) ed un secondo – a più vasto raggio – a Milano (355). In entrambi, a causa delle pressioni dell’imperatore ariano, Atanasio fu condannato. Quando si impose per riabilitarlo, il Papa fu esiliato in Tracia (355) dove rimase 2 anni. E qui avvenne ciò che è passato alla storia come la “caduta di un Papa”.
Lo storico Filostorgio, nella sua Storia ecclesiastica, attesta che Liberio poté rinsediarsi a Roma solo dopo aver sottoscritto una formula di compromesso che rifiutava il termine homooùsion. San Girolamo, nella sua Cronaca, afferma che Liberio “vinto dalla noia dell’esilio, dopo aver sottoscritto l’eresia rientrò a Roma in trionfo”. Atanasio, verso la fine del 357, scrisse: “Liberio, dopo essere stato esiliato, tornò dopo due anni, e, per paura della morte con la quale fu minacciato, firmò” (la condanna dello stesso Atanasio) (Hist. Ar., XLI). Sant’Ilario di Poitiers nel 360 scriveva a Costanzo: “Io non so quale sia stata l’empietà più grande, se il suo esilio o la sua restaurazione” (Contra Const., II). Come osserva il Duchesne, quella di Liberio fu non solo “una debolezza”, ma piuttosto “una caduta”. Ecco la descrizione che ne dà il Butler: “[…] Liberio iniziò ad affondare sotto le sofferenze dell’esilio e la sua risoluzione (contro gli ariani e a favore di Atanasio, ndr) fu provata dalle continue sollecitazioni di Demofilo, vescovo ariano di Beroea, e di Fortunato, vescovo temporeggiatore di Aquileia. Ascoltando suggestioni e lusinghe  a cui doveva con orrore rifiutare di porger l’orecchio, egli si indebolì al punto di cedere alla tentazione con grave scandalo della Chiesa intera. Egli sottoscrisse la condanna di Atanasio e una confessione o un credo redatto dagli ariani a Sirmio, benché l’eresia non fosse espressa in esso. E scrisse ai Vescovi ariani orientali di aver ricevuto la vera fede cattolica che molti vescovi avevano approvato a Sirmio. La caduta di un tale prelato e un tale confessore è un terrificante esempio dell’umana debolezza, che nessuno può richiamare alla mente senza tremare. San Pietro cadde per una presuntuosa confidenza nella propria forza e nelle proprie risoluzioni, affinché noi imparassimo che si può stare in piedi solo con l’umiltà”[3].
Benché diversi storici abbiano tentato di scagionare e assolvere Liberio, un’autorità come il cardinal John Henry Newman non dubita di affermare che “la caduta di Liberio è un fatto storico”[4]. “Tutto fa pensare che Liberio abbia accettato la prima formula di Smirne del 351 (ossia un credo ariano, ndr)… egli peccò gravemente evitando deliberatamente l’uso del più caratteristico termine della fede di Nicea e in particolare dell’ homooùsion. Pertanto, benché non si possa dire che Liberio insegnasse una falsa dottrina, è necessario ammettere che, per timore e debolezza, non rese giustizia alla verità tutta intera”[5].
Ma la caduta di Liberio va considerata nel quadro della defezione generale della maggioranza dell’episcopato del tempo, cosa che fa risaltare ancora una volta l’eroismo di Atanasio. Nella V Appendice del suo “Ariani del IV secolo”, così riporta il cardinal Newman: A.D. 360: San Gregorio Nazianzeno afferma, più o meno in questo periodo: “I pastori hanno certamente fatto cose folli; poiché, a parte pochi, i quali o per la loro insignificanza furono ignorati, o per la loro virtù resistettero e furono lasciati come un seme e una radice per la rifioritura e rinascita di Israele sotto l’influenza dello Spirito Santo, tutti cedettero al compromesso, con la sola differenza che alcuni cedettero subito e altri dopo; alcuni furono campioni e guide nell’empietà e altri si aggregarono a battaglia già iniziata, succubi della paura, dell’interesse, delle lusinghe o – ciò che è più scusabile – dell’ignoranza (Orat.XXI.24).
Cappadocia. San Basilio afferma circa nell’anno 372: “I fedeli stanno in silenzio, ma ogni lingua blasfema è libera di parlare. Le cose sacre sono profanate. I laici davvero cattolici evitano i luoghi di preghiera come scuole di empietà e sollevano le braccia in preghiera a Dio nella solitudine, gemendo e piangendo” (Ep. 92). Quattro anni dopo aggiunge: “Le cose sono giunte a questo punto: la gente ha abbandonato i luoghi di preghiera e si è radunata nel deserto. È uno spettacolo triste. Donne e bambini, vecchi ed infermi, soffrono all’aria aperta, in inverno sotto la pioggia, la neve, il vento e le intemperie e, in estate, sotto un sole cocente: essi sopportano tutto ciò perché non vogliono aver parte al cattivo fermento ariano” (Ep. 242). E ancora: “Solo un peccato è ora gravemente punito: l’attenta osservanza delle tradizioni dei nostri Padri. Per tale ragione i buoni sono allontanati dai loro paesi e portati nel deserto” (Ep. 243).
Nella medesima Appendice, il cardinal Newman non  dubita di sottolineare come, durante la crisi ariana, la sacra tradizione fu mantenuta dai fedeli più che dall’episcopato, ossia – contrariamente alla norma – dalla Chiesa docta più che dalla Chiesa docens. Scrive: “Non è di poco rilievo il fatto che, benché dal punto di vista storico il IV secolo sia stato illuminato da santi e dottori quali Atanasio, Ilario, i due Gregori, Basilio, Crisostomo, Ambrogio, Girolamo e Agostino (tutti vescovi eccetto uno), tuttavia proprio in questo periodo la divina Tradizione affidata alla Chiesa infallibile fu proclamata e mantenuta molto più dai fedeli che dall’episcopato.  Intendo dire che […] in quel tempo di immensa confusione il dogma divino della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo fu proclamato, imposto, mantenuto  e (umanamente parlando) preservato molto più dalla Ecclesia docta che dalla Ecclesia docens; che gran parte dell’episcopato fu infedele al suo mandato, mentre il popolo rimase fedele al suo battesimo; che a volte il Papa, a volte i patriarchi, metropoliti o vescovi, a volte gli stessi Concili[6]dichiararono ciò che non avrebbero dovuto o fecero cose che oscuravano o compromettevano la verità rivelata. Mentre, al contrario, il popolo cristiano, guidato dalla Provvidenza, fu la forza ecclesiale che sorresse Atanasio, Eusebio di Vercelli ed altri grandi solitari che non avrebbero resistito senza il loro sostegno. In un certo senso si può dire che vi fu una “sospensione temporanea”[7] delle funzioni della Ecclesia docens. La maggior parte dell’episcopato aveva mancato nel confessare la vera fede”.
La caduta di Liberio, la resistenza di Atanasio, la fortezza del popolo fedele al tempo dell’arianesimo costituiscono una lezione per ogni tempo. Ancora Newman, nel  luglio del 1859, scriveva sul Rambler: “Nel tempo dell’eresia ariana vedo un palmare esempio di uno stato della Chiesa nel quale, per conoscere la tradizione degli apostoli, bisognava ricorrere al popolo fedele, […] La sua voce perciò è la voce della tradizione”.
Questa voce ebbe in Atanasio una guida possente che non tollerava compromessi. Ai cristiani tiepidi non esitava a dire: “Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portare il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo”[8].
 La storia della crisi ariana è di sorprendente attualità. “Ciò che avvenne allora, più di 1600 anni or sono, si ripete oggi, però con due o tre differenze. Alessandria rappresenta, oggi, l’intera Chiesa, scossa nelle sue fondamenta; ed i fatti di violenza fisica e di crudeltà interessano un’altra sfera. L’esilio si cambia in un silenzio mortale e l’assassinio è sostituito dalla calunnia, pure mortale”[9]. Con queste parole monsignor Rudolf Graber, vescovo di Regensburg, già negli anni ’70 paragonava la complessa e devastante crisi del IV secolo con la silenziosa apostasia del nostro tempo.
Scrivendo ai tempi di Atanasio, san Girolamo stigmatizzò la crisi ariana con queste celebri memorande parole: “Ingemuit totus orbis et arianum se esse miratus est”, il mondo intero gemette e si meravigliò di trovarsi ariano. Il fatto più stupefacente del nostro tempo, in cui assistiamo ad un’autentica disgregazione del cristianesimo, assai peggiore dell’arianesimo, è che – salvo poche eccezioni – nessuno geme e nessuno sembra meravigliarsi. Al contrario, davanti al generale disfacimento, che nessun fedele dotato di senso comune può negare, si continuano ad intonare vecchi e nuovi peana in onore di una Chiesa finalmente uscita dalle catacombe, immemori che la crisi ariana iniziò proprio quando terminarono le persecuzioni.
La storia ariana si ripresenta ai nostri giorni in toni molto più drammatici. Nel IV secolo, “La Provvidenza mandò al mondo un siffatto uomo (Atanasio), mentre la bufera urlava sempre più forte e le colonne della Chiesa erano scosse e s’inclinavano, ed i muri santi minacciavano di crollare e sembrava che le potenze dell’abisso e le forze dell’alto facessero sparire la Chiesa dalla faccia della terra. Ma un uomo resistette come un macigno in mezzo ai marosi che s’infrangevano; un uomo fu sempre sulla breccia: Atanasio! Egli, Atanasio, brandì la spada di Dio sull’Oriente e sull’Occidente”[10]. Forse la vera tragedia del nostro tempo è quella di non avere un altro Atanasio.
 Cristiana de Magistris
 [1] M. L. Cozen, A Handbook of Heresies, Londra 1960, pp. 35-36.
[2] Ibidem.
[3] A. Butler, The Lives of the Saints, Londra 1934, II, p. 10.
[4] J. H. Newman, Arians of the Fourth Century, Londra 1876, p. 464 (traduzione nostra).
[5] New Catholic Encyclopedia, New York 1967, VIII, 715, col. 2.
[6] Newman non si riferisce a Concili ecumenici, ma a quei Concili che radunavano un ingente numero di Vescovi locali.
[7] Newman spiega che con l’espressione “sopensione temporanea delle funzioni della Ecclesia docens” egli intende dire che “di fatto non vi fu alcuna autorevole pronunciamento della voce della Chiesa infallibile tra il concilio di Nicea (325) e quello di Costantinopoli (381).
[8] Cf K. Flam, Atanasio viene nella metropoli, in una fossa di belve, Breslavia 1930, p 84.
[9] R. Graber, Sant’Atanasio e la Chiesa del nostro tempo, Brescia 1974, p. 29.

[10] K. Kirch, citato da R. Graber, op. cit., p. 17.
http://www.conciliovaticanosecondo.it/articoli/iota-unum-la-caduta-di-papa-liberio-e-il-trionfo-di-santatanasio/#more-1201
Quando l’infallibilità del gregge diventa la fallibilità della Chiesa? Le novità sul caso Liberio
Il mare tumultuoso di proteste- contro l’operato del “vescovo di Roma”- si sta manifestando in un ribollire di editoriali, articoli, interpretazioni, summit, conferenze, ecc... in ogni dove; si va dall’aperta condanna da parte di ambienti laici, all’invito alla resistenza “in faccia a tutto e tutti”, alla fantasiosa ipotesi di un “papa apostata”, ai millenarismi, alle congetture più creative ... in tutto questo la Gerarchia attualmente sembra tacere.
Nel mio piccolo ho pubblicato [1] decine di studi approfonditi- alcuni tradotti anche in spagnolo- sull’infallibilità della Chiesa, sulla giurisdizione, sulla privazione, sulla resistenza, sulla disobbedienza e sul Concilio Vaticano II, pertanto non mi ripeterò, ma invito gli interessati alla lettura degli studi in nota.
E’ da lodare l’impegno che molti attenti studiosi della materia stanno dimostrando per cercare di offrire una spiegazione a tutto quello che oggi accade e che, inevitabilmente, turba il popolo fiducioso in cammino verso la “Gerusalemme celeste”, tuttavia devo dire che talvolta ho una brutta “sensazione”. Leggendo alcuni studi, che non posso far altro che confutare apertamente per dovere morale, mi sembra che si cerchi in tutti i modi di sconfessare l’infallibilità in materia di “fede e costume” in alcuni Pontefici del passato, instillando così nei fedeli- come già accadde in varie epoche di contestazione- il dubbio sull’Autorità stessa. Certo della buona fede dei commentatori contemporanei, auspico e prego affinché determinate posizioni prossime al gallicanesimo non prendano piede.
Radio Spada già a suo tempo pubblicò [2] un breve studio storico contro la “leggenda nera” di Papa Liberio, oggi probabilmente strumentalizzata quale esempio di presunto errore papale su questioni di “fede e costume” a mo’ di giustificazione per eventuali resistenze- che non sono però affatto correttive come l’Aquinate ben spiega- ma hanno più la parvenza di una riproposizione in veste “tradizionale” del protestantesimo.
Quanto qui sto affermando non è certo una mia idea, ma è certezza della Chiesa cattolica, così come ricorda Sant’Alfonso Maria de Liguori nei suoi 2 testi “Verità della fede” parte III, cap. X, 20,ss. e “Storia delle eresie” cap. IV, Art. II; inutile ricordare che il Liguori, detto il “Dottore utilissimo” è appunto un Dottore della Chiesa, la cui dottrina  “è immune da qualsiasi censura teologica”, come da dichiarazioni di Papa Gregorio XVI e di Papa Pio IX [3]. Inoltre il Santo “ha illuminato questioni oscure e spiegato questioni dubbiose, spianando tra le avviluppate opinioni o più lassiste o più rigide dei teologi una via sicura, su cui le guide dei fedeli potessero avanzare senza inciampo” [4].
Ciò detto, quindi avendo fatto presente chi sta parlando, non io che sono un mero scrittore ma il “Dottore utilissimo” che qui cito, passiamo alla vicenda diPapa Liberio, riportando alcuni studi del Liguori attualizzati in lingua contemporanea quindi più comprensibile, ma senza dimenticare che già avevamo smentito tempo fa su Radio Spada ogni ipotesi comparativa fra le vicende del passato e quelle contemporanee [5]:
[Per giustificare le loro disubbidienze, opposizioni e dichiarazioni blasfeme] ... gli eretici pertinaci diranno sempre che il concilio non è stato universale e legittimo, per non esservi intervenuti, o per averlo ripugnato proprio loro che si ritengono la miglior parte della Chiesa. Ond'è che, tolta l'infallibilità al Papa, non vi è modo di convincere gli eretici. E perciò ben avvertì San Tommaso ... che l'unità della fede «servari non posset, nisi quaestio fidei determinaretur per eum qui toti ecclesiae praeest, ut sic eius sententia a tota ecclesia firmiter teneatur» [6].
Ecco quanto intervenne nell'eresia di Lutero: Lutero prima passò dal Papa male informato al Papa meglio informato; poi dal Papa al concilio futuro; poi dal Concilio di Trento già fatto alla Sacra Scrittura; e finalmente dalla Scrittura allo “spirito privato”, quindi ad esternare le idee del suo cervello sconvolto, scrivendo un libro, ove cercò di provare «Nihil opus esse conciliis»; e giunse a chiamare anche il I Concilio Niceno «foenum et stramen».
Nel vecchio studio “Sulla necessità dell’infallibilità del Pontefice e sulla condanna della collegialità” [7] già si parlava di questo e di molo altro, sempre ricordando le opere del Liguori e traducendo decine di dichiarazioni dal latino in lingua contemporanea; gli interessati possono quindi approfondire.
Torniamo sulla vicenda odierna:
Ma come mai- dicono gli avversari- che più Pontefici hanno errato nel definire materia di “fede e costume”? Ma questo è stato sempre lo studio degli impugnatori dell'autorità dei Pontefici, di ritrovare errori nelle loro definizioni; ma non hanno mai potuto appurare alcun errore circa i dogmi, e proferito da alcun Pontefice, come Pontefice e «dottore della chiesa» [«Chiesa docente»; 8].
Dicono che al tempo dei concilii di Arimino e di Sirmio [9] Liberio papa cadde nell'eresia ariana, sottoscrivendo la formula di fede che gli ariani proponevano. Ma, secondo quanto riferiscono Sant’AtanasioSant’ IlarioSan GirolamoSevero Sulpizio e Teodoreto, il fatto fu così:
Fu data allora a Liberio ed agli altri vescovi cattolici da sottoscriversi la formula di fede, nella quale si diceva che «il Figliuolo non era creatura come le altre, ma era di sostanza simile al Padre; ma vi mancava l'espressione del Concilio Niceno, che fosse vero Dio come il Padre e consostanziale al Padre».
E questo fu l'inganno col quale Valente, capo degli Ariani, indusse Liberio a sottoscrivere, promettendo che poi nella formula si «sarebbero aggiunte tutte le espressioni necessarie»; e così il Papa e gli altri vescovi, per tal promessa e per liberarsi definitivamente dalla persecuzione degli Ariani e dell'imperatore Costanzo, sottoscrissero quella formula.
Altri però come Onorato Tournely, Dottore della Sacra Facoltà di Parigi, [10] vogliono che Liberio non sottoscrisse già questa formula, che era la terza, perché nell'anno 359, allorché fu proposta dai «padri sirmiensi» la suddetta terza formula, già Liberio sin dall'anno precedente era stato liberato dall'esilio ed aveva recuperato la sua Sede, come narra anche Sant’ Atanasio; invece Liberio sottoscrisse la prima formula, la quale da Sant’ Ilario fu interpretata in senso cattolico.
Sicché Liberio, o che avesse sottoscritta la terza o la prima formula, quantunque peccò [uomo Simone], si può dire certamente che mai ha approvato l'eresia ariana. Tanto più che Liberio, resosi conto del suo peccato, della sua mancanza, manifestò  pubblicamente di non aver mai avuto l’intenzione di scostarsi dalla «fede nicena», ed espressamente ritrattò ...
Quindi, Sant’Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, riferendo quanto sostengono Sant’Atanasio, Sant’ Ilario, San Girolamo, Severo Sulpizio e Teodoreto dice che “manifestò pubblicamente di non aver mai avuto l’intenzione di scostarsi dalla «fede nicena», ed espressamente ritrattò”; ben diversa, secondo alcuni, è la situazione contemporanea detta anche del «post-concilio» ... nessuno ritratta niente, anzi c’è una totale continuità di insegnamento, ed una indifferenza/insofferenza alla critica; se a tutto questo aggiungiamo che presto mons. Bergoglio (Francesco I) canonizzerà mons. Roncalli (Giovanni XXIII) ovvero l’uomo del Concilio Vaticano II, e mons. Wojtyla (Giovanni Paolo II) ovvero l’uomo della divulgazione definitiva dello spirito del Concilio Vaticano II, la situazione appare radicalmente diversa [11]. Citata brevemente l’opera “Verità della fede” [12], adesso passiamo a “Storia delle eresie” [13]:
Dopo questo concilio [Sardicese], Costanzo, divenuto più mite verso i vescovi cattolici, permise loro di tornare alle loro chiese [14]; e specialmente in Antiochia si accolse con buona grazia Sant’ Atanasio [15], e spedì gli ordini in favore del Santo, il quale fu accolto poi con grande allegria dai vescovi dell'Egitto e dal clero e popolo di Alessandria [16].
Gli Ariani però nuovamente cercarono il favore di Costanzo; talmente che avendogli scritto Liberio Papa, succeduto nell'anno 342 a San Giulio, come riferisce Sant’Ilario [17], che gli Eusebiani avevano tentato di convincerlo a condannare Sant’Atanasio, ma che egli nello stesso tempo aveva ricevuto le lettere di 80 vescovi che lo difendevano; quindi non poteva in coscienza condannarlo, ed opporsi al concilio di Sardica, che l'aveva dichiarato innocente: ed avendo nello stesso tempo mandato a Costanzo ad Arles, dove stava allora la corte, due suoi legati, Vincenzo di Capua e Marcello vescovo della Campagna, pregando l'imperatore di convocare un sinodo in Aquileia, al fine di risolvere la causa di Atanasio, ma più per mettere in sicuro l'«affare della fede», e così stabilire la pace delle chiese: Costanzo di tale ambasciata, non sappiamo perché, si offese [18], e convocò un altro sinodo in Arles: ove, quando giunsero i legati, trovarono già conclusa la condanna di Atanasio dagli Ariani, ed emanato da Costanzo un editto di esilio contro i vescovi che non l'avessero confermata; e per questo Costanzo volle che anche i legati l'avessero sottoscritta. All’inizio Vincenzo di Capua fu riluttante e si oppose, ma poi a forza di strapazzi e di minacce vi consentì insieme col suo collega, promettendo di non comunicare più con Atanasio [19], ebbero paura.
Poi ci fu il concilio di Milano ... Nello stesso tempo Ilario- uno dei legati- fu spogliato nudo, e crudelmente flagellato sulla schiena, rimproverato allora dagli Ariani: “E tu perché non ti sei opposto a Liberio?”; quindi Costanzo sostituì Ausenzio nel vescovado a San Dionigi e poi costrinse Liberio a giungere a Milano. Giunto sul posto, l'imperatore voleva che Liberio condannasse Sant’Atanasio, ma questi si rifiutò di farlo, Costanzo gli diede tre giorni di tempo, dicendogli che se non avesse condannato Sant’Atanasio, sarebbe stato mandato esilio con tutte le conseguenze. Ed in effetti  Liberio fu relegato a Berea nella Tracia, dove era vescovo Demofilo perfido Ariano.
Oltre Liberio, il principale sostegno della fede cattolica in Occidente era Osio il grande, Vescovo di Cordova in Spagna e già perseguitato da Massimiliano per aver difeso pubblicamente la fede integra in Cristo ... Osio purtroppo cadde a causa di  Potamio vescovo di Lisbona che lo fece brutalmente torturare.Orsi riferisce che «Osio in morte dichiarò essere stato vinto dalla violenza a commettere il suo errore; onde anatematizzava l'eresia degli Ariani, ed esortava tutti ad averla in orrore» e Sant’Agostino che «Osio morì nella comunione della Chiesa».
Passiamo ora a parlare della caduta di Liberio. Si è scritto da alcuni che Osio sottoscrisse la seconda formula di Sirmio [le formule erano tre]. Pertanto al fine di capire bene quale sia stata la caduta di Liberio, è necessario qui premettere la notizia delle tre formule di fede composte in Sirmio; Natale Alessandrovuole [20] che una sola formula si fece in Sirmio e che le altre due furono fatte in altri luoghi; ma il Baronio, e comunemente gli altri, scrivono che tutte le tre formule furono fatte nei conciliaboli di Sirmio. Né pure è verosimile, da ciò che si dirà, quel che scrive Socrate, cioè che tutte tre le formule furono fatte in uno stesso concilio di Sirmio. Gli Ariani, per il fatto che Liberio aveva sottoscritto una delle tre formule, si vantarono, stando a quello che racconta Orsi, praticamente sostenevano che Liberio si fosse unito allo loro stessa fede [l’eresia ariana].
Secondo il sapere unanime degli scrittori, fatta eccezione per Orsi, Liberio commise un grande errore, tuttavia non cadde mai nell'eresia; bisogna quindi capire quale formula delle tre fatte in Sirmio egli sottoscrisse.
Valesio vuole che avesse soscritto la terza: ma questa opinione non può sussistere, perché la terza fu presentata nell'anno 359, e, come scrive Sant’ Atanasio [21], in quel tempo Liberio era già tornato a Roma. Altri poi, come Blondello e Petavio [22], vogliono che avesse firmato la seconda pure Ariana: e questa opinione seguitano ancora a sostenere gli eretici, quindi pretendono arguire che la Chiesa cattolica ha potuto mancare. Il protestante Daneonomina tra i vescovi che passarono al «partito Ariano», anche Liberio, soscrivendo quella formula; e da ciò egli poi conclude che non si può negare che anche la Chiesa romana possa errare: «Inter quos etiam omnium historicorum consensu Liberius romanus episcopus recensetur, ne quis romanam ecclesiam errare posse neget».
Ma la sentenza comune dei Cattolici, o almeno molto più comune e molto più probabile con BaronioNatale AlessandroGravesonFleuryGiovenino,TournelyBerninoOrsiHermant e il dotto Selvaggi nelle note che fa alla «Storia di Mosheim», è che Liberio firmò la prima formula, col cardinal Gotti[23] il quale dice, parlando di tale opinione: «Ita communiter sentiunt auctores catholici».
E tal comune sentenza è appoggiata a più forti motivi. Primariamente, come riferisce Sozomeno, la formula che fu sottoscritta da Liberio fu quella che si formò nello stesso tempo in cui fu condannato Fotino, e senza dubbio fu la prima, non la seconda. Secondariamente la formula firmata da Liberio, e offertagli da Demofilo, come prova Giovenino dalla «Lettera di Liberio» e dai «Frammenti di Sant’Ilario», non fu fatta dagli Anomei [puri Ariani] ma dai Semiariani, quali erano lo stesso Demofilo, Basilio di Ancira, Valente, Orsacio ed altri colleghi, i quali ammettevano «essere il Figlio non già consostanziale col Padre, perché non volevano approvare il simbolo Niceno, ma essere dalla sostanza del Padre»; il che era espresso solamente nella prima, non già nella seconda formula, nella quale fu soppressa totalmente la voce di «sostanza» e di «similitudine». Anzi i vescovi appena nominati, poco dopo formata la seconda, la riprovarono in un sinodo speciale convocato in Ancira. Né osta che la formula sottoscritta da Liberio fu sottoscritta anche dagli Anomei; perché questi furono costretti a sottoscrivere da Costanzo, il quale favoriva il partito dei Semiariani, come scrive SocrateSi aggiunge che Liberio, come dice Sozomeno, dichiarò nella sua lettera scritta ai Semiariani, di essere alieni dalla Chiesa coloro «qui Filium secundum substantiam et per omnia Patri similem non esse assererent».
Da tutto questo si evince chiaramente che Liberio sottoscrisse la formula, dove si ometteva la «consostanzialità», ma si approvava la «sostanzialità» e la «similitudine» ... Gli anatematismi attribuiti a Sant’Ilario contro Liberio sarebbero inoltre falsi o aggiunte postume degli Ariani allo scritto, poiché quando Sant’Ilario scrisse questi «frammenti», Liberio era già rientrato a Roma ed aveva già negato con fortezza la formula fatta nel concilio di Rimini. Anche la famosa frase nel «Cronico» di San Girolamo: «Liberius, taedio victus exilii, in haereticam pravitatem subscribens, Romanam quasi victor intravit» viene spiegata da Natale [24] nel senso che per peccato, per paura o comunque per mancanza «non già per aver sottoscritta una formula per sé eretica, ma per avere comunicato cogli eretici. Ma il comunicar cogli eretici era bensì errore, e non già eresia». Difatti «Liberio negò di sottoscrivere la formula di Rimini; onde fu costretto a fuggire da Roma, e nascondersi ne' cimiterj sino alla morte di Costanzo» [25].
Grazie all’autorevolezza del Dottore della Chiesa Sant’Alfonso Maria de Liguori, e dei tanti altri Santi qui citati ed autorevoli storici e teologi, possiamo tranquillamente affermare che la vicenda di Papa Libero nulla ha a che vedere con la situazione presente che, secondo alcuni, è di “apostasia e/o eresia e/o scsima nella Chiesa” [situazione inoltre continuativa, ostinata], che per altro è un concetto fantasioso ed incompatibile con il dogma [26]. Appare più che evidente che c’è oggigiorno un “gregge” che vuol ritenersi infallibile, con la presunzione che possa esistere invece una “Chiesa fallibile” alla quale disobbedire quando, come e dove loro pare! Tutto ciò, si sappia, è fuori dalla Grazia di Dio, il Liguori ce lo ha appena dimostrato.
*** A te o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa. Deh! Per il sacro vincolo di carità che ti strinse all'Immacolata Vergine Madre di Dio e per l'amore paterno che portasti al Fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò con il Suo Sangue e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l'eletta prole di Gesù Cristo, allontana da noi, o Padre amatissimo, codesta peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; ci assisti propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mercé il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l'eterna beatitudine in cielo. Così sia. Padre, Ave, Gloria ***
Pubblicazione a cura di Carlo Di Pietro (clicca qui per leggere altri studi pubblicati)
Note:
[1] http://www.google.it/webhp?source=search_app&gws_rd=cr#q=%22carlo+di+pietro%22+site:radiospada.org
[2] http://radiospada.org/2013/01/contro-la-leggenda-nera-di-papa-liberio/
[3] Denzinger, EDB, pp. 974; cfr. Benedetto XIV, De Servorum Dei beatificatione, II, 28, § 2; Decreto della Sacra Congregazione dei Riti del 18 maggio 1803 circa l’esame delle sue opere; Risposta della Santa Penitenzieria all’arcivescovo di Besançon, 5 luglio 1831; Risposta al “confessore dubbioso”, confermata dal Papa il 22 Luglio 1831; Bolla di canonizzazione Sanctitas et doctrina del 26 maggio 1839 (Gregorio XVI, Acta, a cura di A.M. Bernasconi 2, 305a-309b); Decreto Inter eos qui del 23 marzo 1871, che gli conferisce il titolo di «dottore della chiesa» (Pio IX, Acta, 1/V, 296-298); ecc ...
[4] Denzinger, EDB, pp. 975
[5] http://radiospada.org/2013/06/da-santalfonso-maria-de-liguori-al-vescovo-di-roma-francesco/
     http://radiospada.org/2013/09/sulla-perpetuita-ed-invariabilita-della-chiesa-anche-in-caso-di-sede-vacante/
     http://radiospada.org/2013/10/commento-critico-allarticolo-parlare-o-tacere-questo-e-il-dilemma/
     http://radiospada.org/2013/10/caso-gnocchi-e-palmaro-2-unanalisi-del-pubblicista-e-scrittore-carlo-di-pietro/
     http://radiospada.org/2013/10/si-vede-subito-che-tali-teorie-sono-in-contrasto-con-la-fede-cattolica/
     http://radiospada.org/2013/10/confusione-e-belligeranza-nel-cattolicesimo-contemporaneo-la-zizzania/
[6] Summa Theologiae, II-II quaest. 1. a 10.
[7] http://radiospada.org/2013/08/sulla-necessita-dellinfallibilita-del-pontefice-e-sulla-condanna-della-collegialita/
[8] cf. San Pio X, Catechismo maggiore, 115 ss
[9] Istoria universale dei Concilii, Maco Battaglini, Tomo I, Venezia, 1689, p. 122 ss
[10] Praelect. theol. t. 2. q. 4. sect. 2. a. 3.
[11] http://radiospada.org/2013/07/sullinfallibilita-nella-canonizzazione/
[12] Cap. X, 20 ss.
[13] Cap. IV, Art. II, 31 ss.
[14] Orsi l. 14. n. 31. ex s. Hilar. l. 2. ad Const.; Ivi.
[15] S. Athan. ad Solit. p. 831.; Ivi.
[16] S. Athan. p. 836. Fleury l. 13. n. 17. Orsi ibid.; Ivi.
[17] Orsi l. 14. n. 34.; Ivi.
[18] Ibid.
[19] S. Athan. hist. Ar. n. 44. Orsi l. 14. n. 43. Fleury l. 13. n. 22.; Ivi.
[20] Natal. Ibid. §. 16.; Ivi.
[21] Apud Tournely theol. t. 2. part. 5. q. 4. a. 1. sect. 2. p. 119.; Ivi.
[22] Blondell. de Primatu p. 48. 484. Petav. in observ. s. Epiph. p. 316.; Ivi.
[23] Baron. an. 357. n. 43. Natal. Alex. t. 9. diss. 32. Graves. hist. t. 4. coll. 5. Fleury l. 13. n. 46. Iuvenin. theol. 40. 3. q. 2. c. 1. a. 4. §. 4. p. 90. Tourn. theol. t. 2. q. 4. a. 2. sect. 2. a. 3. p. 119. Bernin. t. 1. sect. 4. c. 7. Orsi l. 14. n. 71. Hermant t. 1. c. 101. Gotti de vera eccl. t. 2. c. 45. §. 4. n. 6. Selvag. Nota 52. ad Mosh. part. 2. c. 5.; Ivi.
[24] Cit. diss. 32.; Ivi.
[25] Theod. l. 2. c. 22. Baron. an. 359. n. 37.; Ivi.
[26] In senso logico e consequenziale --> cf. Ef 4,4-5; 11-16; 1Tm 3,15; 1Cor 13,4; Catechismo Maggiore, san Pio X, n° 150-151, 157, 167-168, 171, 225, 228, 864-867, 874, 889-891; Mystici Corporis, Pio XII; Satis Cognitum, Leo XIII;  Compendio della dottrina cristiana, Sant’Alfonso; S. Tommaso Aq., Quodlib, 10, art. 6. - in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; Tommaso Aq., 2a 2ae q. 11, art. 2 ad 5 - in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; Alfonso M. De Liguori Vescovo, cfr. Istruzione e pratica pei confessori, IV, I; cfr. Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna, IV, I; in IIam, IIae, q. XI a. 2; S. Tommaso Aq., Quodlib, 10, art. 6. - in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; S. Tommaso Aq., 2a 2ae q. 11, art. 2 ad 5 - in: Barbier, I tesori di Cornelio Alapide; S. Alfonso M. De Liguori Vescovo, Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna, Cap. IV, I, 3; Pio IX, Concilio Vaticano I, Cost. Dogm. De Fide Cath.; S. Alfonso M. De Liguori Vescovo, Confessore diretto per le confessioni della gente di campagna, Cap. XVIII, II, 18; Sant'Alfonso Maria de Liguori, Istruzione e pratica pei confessori, Cap. IV, I, 4-5; Pio IX, Concilio Vaticano I, Cost. Dogm. Pastor Aeternus; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo. 8; San Girolamo, Explanatio Symboli; San Tommaso d'Aquino, Compendio della Somma Teologica, LA FEDE, questione 4. Cfr. vol. 14 Sum. T.; Sant'Alfonso M. De Liguori Vescovo, Opera dogmatica: eretici pretesi riformati; Sant'Ireneo, Adv. haer., III, 24, 1; Sant'Ireneo, cfr. Adv. haer., III, 24, 2; S. Augustinus, De Haeresibus, n. 88; San Tommaso d'Aquino, Summa Teologica, II_II, q. 2, art. 1; San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, II_II, q. 4, art. 8; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo. Conclusione; San Cipriano, Canone Loquitur Dominus, 18; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo; San Leone Magno, Canone Ita Dominus, 7; San Tommaso d'Aquino, Compendio della Somma Teologica, LA FEDE, questione 11. Cfr. vol. 14 Sum. T.; San Tommaso d'Aquino, Compendio della Somma Teologica, LA FEDE, questione 5. Cfr. vol. 14 Sum. T.; Mt 5,37; Lc 11,23; Sant'Alfonso M. De Liguori Vescovo, Verità della fede, Cap. V, 7; Mt 18,15-18; Ef 4,4; Pio XI, enciclica Mortalium Animos; San Bonaventura, La perfezione evangelica, Questione IV, Articolo Terzo; Papa Marco, Canone Haec est fides, 14 (in realtà non è San Girolamo ma Papa Marco); Pio IX, enc. Quanto Conficiamur Moerore; S. Fulgenzio di Ruspe, De fide seu de regula fidei ad Petrum, 38, n. 81; Papa Eugenio IV, bolla Cantate Domino sull'unione con i copti e gli etiopi. Concilio di Firenze, 4 febbr.1442; Pio IX, enc. Quartus Supra, 9; Codex Iuris Canonici – 1917: Canone 2314; Catechismo Tridentino, 108-109; Les canons des Pères Grecs, ed. P. P. Joannou, P. Commissione per la redazione del Codice di diritto canonico orientale, Fonti, fasc. IX, Discipline générale antique, tom. II, Grottaferrata 1962. C. 1, 94-95; Sant'Alfonso M. de Liguori, Verità della Fede, Cap. VII, 5; San Cipriano, L'unità della Chiesa cattolica, 3, 4, 6, 7 e 23; San Cipriano, Epistola 4,4 e 73,21; Catechismo Tridentino, 103; San Pio X, Catechismo Maggiore, 866-868; San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, II_II, q. 1, art. 10; San Tommaso d'Aquino, Somma Teologica, I, q. 57, art. 4; San Pio X, Catechismo Maggiore, 229; ecc ecc; decine di altre citazioni ed autori  [stesso discorso, presto compendiato in un testo, lo faremo anche quanto al rapporto fra il “Corpo mistico” e lo “scisma”]
http://radiospada.org/2013/10/quando-linfallibilita-del-gregge-diventa-la-fallibilita-della-chiesa-le-novita-sul-caso-liberio/

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