Il feretro del cattivissimo Priebke è stato preso a calci e a pugni.«Bellissima e giusta reazione da parte degli Italiani, che dimostra come non si può e non si deve dimenticare», ha commentato un solerte Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio.Ci sarebbe da vergognarsi per un tale atteggiamento, per chi non nutre vergogna, neppure di fronte a una bara, fosse anche quella di Priebke. E ci sarebbe da provare pietà per la stessa Chiesa che, sprovvista di misericordia, non ha concesso i funerali. Chissà dov’è finito, quell’antipapa del Papa, ora che avrebbe l’occasione di abbracciare francescanamente un grande peccatore?
A proposito, però, dell’eterna memoria dell’Olocausto subito dagli ebrei – e dalle nostre coscienze mai più redimibili, pare – potremmo restarcene in tema di massacri e di ingiustizie, rinfrescando invece memorie attualissime e capovolgendo le parti: dalle vittime del Nazismo al carnefice Stato di Israele.
A proposito, però, dell’eterna memoria dell’Olocausto subito dagli ebrei – e dalle nostre coscienze mai più redimibili, pare – potremmo restarcene in tema di massacri e di ingiustizie, rinfrescando invece memorie attualissime e capovolgendo le parti: dalle vittime del Nazismo al carnefice Stato di Israele.
di Fiorenza Licitra, per Abbonati
http://www.ilribelle.com/?__rmid=israele_a_proposito_di_memoria-291775414.html
«La brezza leggera di Dio soffiava anche nella Shoah»
Il Washington Post riferisce il contenuto di una mail inviata da papa Francesco al figlio di due sopravvissuti dell'Olocausto
GIORGIO BERNARDELLIROMA
Dov'era Dio durante la Shoah? La sua era una presenza nascosta, come quella della «brezza leggera» di cui parla la Bibbia raccontando l'incontro con il profeta Elia sul monte Oreb. È quanto scrive Papa Francesco in un messaggio personale inviato al figlio di due sopravvissuti allo sterminio nazista. A darne notizia è il Washington Post nel suo blog On Faith, dedicato alle tematiche religiose .
Secondo quanto riferito da questa fonte papa Francesco ha risposto per email a uno scritto che gli era stato inviato da Menachem Rosensaft, un giurista americano che è anche il fondatore di un'associazione che riunisce i figli di genitori scampati alla Shoah. Nel testo - un discorso pronunciato nella sinagoga di Park Avenue a New York il 7 settembre scorso - Rosensaft poneva il tema dell'atteggiamento di Dio nei confronti della grande tragedia vissuta dal popolo ebraico nel Novecento. E rispondeva dicendo di averlo trovato nei gesti di umanità rimasti vivi anche nei campi di sterminio. Citando in particolare l'esempio di sua madre, che aveva perso un primo marito e un figlio di cinque anni ad Auschwitz-Birkenau, ma aveva poi trovato comunque la forza - una volta trasferita a Bergen-Belsen - di prendersi cura insieme ad altre donne di un gruppo di orfani. Accudendoli tra mille difficoltà nelle loro baracche avevano così permesso a 149 bambini ebrei di salvarsi.
Una risposta che - stando a quanto riferito dal Washington Post - il Papa nel messaggio dice di condividere, richiamando una specifica pagina biblica. «Quando lei, con umiltà, ci spiega dov'era Dio in quel determinato momento - si legge nel testo della mail diffuso dal quotidiano statunitense - sento in me che lei è andato oltre tutte le possibili spiegazioni e che, dopo un lungo pellegrinaggio - talvolta triste, pesante o tenebroso - è giunto a scoprire una certa logica a partire dalla quale ora ci parla; la logica del Primo Libro dei Re, capitolo 19 versetto 12, la logica di quella “brezza leggera” (e se so bene che questa è una traduzione molto povera dell'espressione ebraica, molto più ricca) che costituisce la sola possibile interpretazione ermeneutica. Grazie dal profondo del mio cuore - conclude Papa Francesco -. E la prego di non dimenticarsi di me nella preghiera. Il Signore la benedica».
Da parte sua Rosensaft ha dichiarato al Washington Post che questo messaggio del Papa è «un grandissimo dono spirituale» per chiunque è sopravvissuto a un atto di violenza. E ha espresso l'auspicio di una più profonda «integrazione della memoria dell'Olocausto non solo nel pensiero teologico ebraico ma anche nell'insegnamento cattolico».
http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/shoah-holocaust-holocausto-francesco-francisco-francis-28793/
di Paolo Deotto
Sulla vicenda dei funerali di Erich Priebke, Riscossa Cristiana ha già pubblicato diversi articoli. Siamo convinti che l’indegna gazzarra inscenata davanti al Priorato di Albano, dove sono state celebrate le esequie, abbia disgustato qualsiasi persona di onesti sentimenti, non foss’altro perché l’oltraggio ai morti è davvero una delle peggiori e più vigliacche bassezze che si possano commettere.
Del resto chi va in piazza a creare disordini su ordinazione è in genere la parte più influenzabile, meno attrezzata culturalmente e intellettualmente. Ma chi aizza queste deboli menti ha la sua parte di responsabilità. Oltretutto in questa triste vicenda c’è anche un aspetto grottesco: Priebke ha potuto alloggiare per anni a Roma, dove scontava la pena agli arresti domiciliari, ma la piazza è stata scatenata (non “si è scatenata”, “è stata scatenata”, ci tengo a precisare) alla morte, dando vita a una grottesca gara a chi era il più bravo nella lotta a un cadavere. In tal senso il massimo della comicità – se in tutta questa vicenda ci fosse da ridere – l’ha raggiunto il sindaco di Albano, che ha emesso un’ordinanza, peraltro subito annullata dal Prefetto, per vietare il transito del furgone funebre sul territorio comunale. Quale drammatico pericolo potesse derivare dal passaggio di una salma, è tutto da capire.
Inoltre non va scordato un fatto: la Polizia avrebbe potuto senza dubbio controllare facilmente i soliti quattro imbecilli che avevano già in programma le loro esibizioni, che più che di nostalgia sanno di ignoranza. Chi invece ha portato in piazza i cosiddetti “antifascisti”, altrettanto ignoranti come i loro antagonisti, ma più numerosi e meglio attrezzati, ha la responsabilità per il clima infuocato e pericoloso, controllato a stento dalle Forze dell’Ordine, che si è creato. E la comunità ebraica ha avuto la sua parte, associandosi alle proteste sollevate dal solito sinistrume.
Si poteva sperare che le persone più sagge, che ricoprono posizioni pubbliche rilevanti, esprimessero almeno una parola di condanna per la gazzarra. Tra l’altro, nessuno ha speso una parola per quel sacerdote che, se non fossero intervenuti prontamente alcuni tutori dell’ordine, avrebbe ricevuto una cospicua dose dei calci e pugni scaricati sul furgone mortuario.
Alla luce di quanto è successo sono gravi a nostro avviso le parole pronunciate da Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, perché sono ancora una volta parole di un odio che non riesce ad aver fine. L’accanimento contro un morto, definito come il comportamento della “parte migliore” del Paese, non può che lasciare amareggiati. Ascoltate le parole di Pacifici cliccando qui.
Gli ebrei hanno subito gravissime ferite dalle persecuzioni razziali. Ma fino a quando questa ferite, come dichiara Pacifici, “non saranno rimarginate”? Perché la comunità ebraica non riesce a compiere quel passo in più e a scrollarsi di dosso il complesso della persecuzione senza fine? La storia umana è piena di atrocità. I pellirossa dell’America dovrebbero continuare a celebrare il terribile sterminio compiuto dalla cosiddetta “civiltà” che creò gli attuali Stati Uniti, passando come un rullo compressore sui nativi, con un genocidio che causò (mancano cifre esatte) almeno da sei a otto milioni di morti. E gli Armeni? E i cristiani sistematicamente sterminati ancor oggi nei Paesi musulmani? E i milioni di morti dei paradisi comunisti? E potemmo andare avanti a lungo nell’elenco delle atrocità.
Nostro Signore ci ha insegnato: Amate i vostri nemici e pregate per loro. Non c’è altra soluzione: l’unica alternativa è una vita contraddistinta sempre dalla necessità di odiare un nemico, che a sua volta ci odierà e quando sarà il più forte ci attaccherà; ma poi lo attaccheremo noi, e così via.
Se manca la dimensione del perdono, la vita è un inferno continuo. Lo vediamo chiaramente in un mondo ormai schiavo del relativismo, e quindi dell’egoismo e del materialismo più bieco. Un mondo che infatti si sta autodistruggendo.
O si ritorna ad ascoltare la parola di Nostro Signore, o la vita umana si spegnerà nella spirale autodistruttiva dell’odio.
Questo vale per tutti, vale anche per gli ebrei, i cui terribili patimenti del passato non giustificano la volontà di perpetuare l’odio contro il nemico, un odio che nel caso specifico va addirittura oltre la morte, con le assurde pretese, che abbiamo sentito, di cremazione del cadavere e dispersione delle ceneri. Un odio che risuona ancora nelle parole di Pacifici.
Ma se gli ebrei non hanno mai riconosciuto la divinità di Nostro Signore, come possono convertirsi alla vera Fede e vivere quindi con maggior umanità? Parliamoci chiaro: la triste vicenda dei funerali di Erich Priebke è stata un’ottima cartina di tornasole. Lasciamo perdere gli imbecilli dell’una e dell’altra parte, che sono andati in piazza a fare tumulti. Guardiamo a chi per cultura e per posizione ha la vera responsabilità di ciò che fa una piazza.
Ciò che è accaduto dovrebbe far meditare anche sullo stranissimo atteggiamento che da tempo ha assunto la Chiesa cattolica, con la dichiarazione, resa pubblicamente dal Presidente della CEI, di non voler convertire gli ebrei. Non voler convertire gli ebrei, che vivono nell’errore, come chiunque non aderisce alla Fede cattolica, vuol dire semplicemente non amare gli ebrei, perché si rinuncia a indicare loro l’unica strada per la salvezza dell’anima.
Si confonde il rispetto, dovuto a tutti, con il disinteresse, con la rinuncia al dovere dell’apostolato. Forse Sant’Atanasio scherzava quando scriveva “Chiunque vuol essere salvo deve anzitutto mantenersi nella Fede cattolica”? Forse scherzava anche Nostro Signore quando diede agli Apostoli il mandato di predicare in tutto il mondo? “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato”. Non l’ho inventato io.
Speriamo che l’osceno spettacolo dell’oltraggio a un morto, dell’odio che supera addirittura quella pietas che perfino i pagani sapevano avere davanti al nemico ucciso, aiuti i nostri timidi Pastori a riflettere. Anche la comunità ebraica ha avuto la sua parte di responsabilità con quanto è accaduto. Vogliamo quindi continuare un “dialogo” che di fatto si chiama “resa senza condizioni di fronte a chi è nell’errore”, o vogliamo finalmente ricordarci che solo Cristo salva l’uomo dal suo peccato? Vogliamo ricordarci che il più grande atto d’amore che possiamo fare è convertire alla Fede cattolica il nostro prossimo, per la salvezza della sua anima?
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