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venerdì 22 novembre 2013

HOJE COMO VA

Globalizzazione, il cardinale Maradiaga: “E’ come il comunismo e il nazismo”

La denuncia del coordinatore degli "otto saggi" scelti da Papa Francesco per elaborare una riforma della Curia romana nel suo libro "Senza etica niente sviluppo"

Maradiaga
In un altro passaggio l’arcivescovo di Tegucigalpa in Honduras e presidente di Caritas internationalis sottolinea che “le morti per fame superano quelle causate dalle mitragliatrici e dai campi di concentramento vecchia maniera (nazisti o sovietici) o moderni (come i campi di ‘accoglienza’ per i migranti), o dai ghetti per le minoranze”. Parole importantissime anche perché sono pronunciate da uno dei porporati più vicini a Papa Francesco che, dopo aver svolto il ruolo di grande elettore nel conclave che ha eletto Bergoglio, è stato subito scelto dal Pontefice argentino per lavorare alla riforma della Curia romana nello spirito della collegialità richiesta dai cardinali durante le congregazioni generali che hanno preceduto le votazioni nella Cappella Sistina.
Nel suo libro “Senza etica niente sviluppo” Maradiaga, considerato tra i papabili già nel conclave del 2005 successivo alla morte di Giovanni Paolo II, sottolinea che oggi nel mondo c’è il maggior numero di miliardari mai registrato finora (1226) ma, ci sono 925 milioni di persone che soffrono la fame. “Solo negli Stati Uniti – denuncia Maradiaga – si sono spesi 50 miliardi di dollari in cibo per animali domestici l’anno scorso, la stessa cifra promessa dal G8 nel 2005 ai Paesi più poveri, promessa che ancora non è stata mantenuta. In Cina la General Motors vende un’auto ogni 12 secondi, mentre ogni 12 secondi un bambino muore di fame nel mondo. La globalizzazione – precisa il porporato – ha molte contraddizioni, è complessa e ambigua. Il modo in cui la gestiamo è la chiave del nostro lavoro e della nostra responsabilità per il futuro”.
Il cardinale salesiano sottolinea, inoltre, che se da un lato il numero di persone che vivono in povertà estrema è dimezzato negli ultimi tre decenni, dall’altro l’ineguaglianza è arrivata a livelli mai raggiunti prima. “Lo sviluppo tecnologico e il sistema economico neoliberista come unico progetto globale – sostiene Maradiaga – hanno portato con sé la dura realtà del mercato -casinò e del capitalismo senza regole, dove è normale scommettere sui titoli e sull’andamento dei mercati al solo scopo di ottenere un profitto slegato dall’economia reale“. La denuncia del porporato è chiara: “Si sta creando un mondo in cui l’avidità di pochi lascia le maggioranze ai margini della storia. La globalizzazione appare più come un mito che una realtà. Soltanto la logica dei mercati finanziari è stata globalizzata e l’assolutismo di questo capitale sta creando veri e propri scempi. Potremmo dire che solo i ricchi sono globalizzati”.
Sulla crisi economica esplosa nel 2008 Maradiaga afferma che essa “ha indotto a mettere in dubbio uno dei pilastri centrali della globalizzazione: il fatto che il mercato sappia governare sé stesso e che il modello del capitalismo neoliberale sia la sola risposta. Il 2008 è stata una lezione costosa e lo è ancor di più perché è una lezione dalla quale non abbiamo imparato. L’economia globale è ancora sull’orlo di un tracollo. I timori di una crisi del debito sovrano si stanno spandendo nella zona euro. I mercati finanziari globali sono in turbolenza. Il vero timore è che si sia imparata la lezione sbagliata. La crisi economica è stata usata da diversi governi come una motivazione razionale per tagliare gli aiuti. L’aiuto dei principali paesi donatori è diminuito del 3 per cento nel 2011″.
E qui Maradiaga fa sua la lezione dell’ex capo di gabinetto della Casa Bianca, Rahm Israel Emanuel: “Mai lasciare che una buona crisi vada sprecata”. “La finanza e il business – conclude il porporato – possono lavorare per il beneficio di tutti, non solo per gli azionisti. Il ritorno a un modello equo basato sul dovere nei confronti della collettività è la chiave per ridurre il divario fra ricchi e poveri. Dobbiamo fare in modo – conclude Maradiaga – che la globalizzazione e il capitale vadano a beneficio dell’universale bene comune”.
“Via le poltrone di troppo e Ior sotto vigilanza così cambierà la Curia” 
intervista a Oscar Andres Rodríguez Maradiaga a cura di Paolo Rodari
in “la Repubblica” del 22 novembre 2013
A Verona, dove ieri ha aperto il terzo Festival della Dottrina Sociale della Chiesa intitolato “Meno 
diseguaglianze, più differenze”, Maradiaga ha attaccato il Fondo Monetario Internazionale e la 
Banca Mondiale dicendo che «guardano solo i dati macro economici, i numeri. Ma l'uomo dov’è? 
L'austherity che impongono non va bene». E poi: «È una Chiesa del servizio e non del potere che 
vuole Francesco».
Il potere è sempre negativo?
«In sé, no. Gesù stesso ha detto: “Ogni potere mi è stato dato”. È l’uso del potere quando in esso 
entra l’egoismo, il voler prevalere sugli altri, a essere male. Anche la Chiesa spesso dimentica che il
potere è servizio. Il Papa l’ha detto chiaramente: “Sono qui per servire”. Altrimenti anche la Chiesa 
cede alle logiche del mondo».
Quali sono queste logiche?
«Il nuovo vitello d’oro è il mercato. In esso non c’è l’uomo, ma soltanto la necessità di fare denaro 
sopravanzando tutti. Non c’è alcuna giustizia sociale nel nostro mondo globalizzato. Solo 
diseguaglianze. Lo sviluppo è economico, ma non etico. Dopo la Rivoluzione francese si sono 
sviluppati due sistemi: quello dell’uguaglianza senza libertà, e quello della libertà senza 
uguaglianza. Di fraternità, invece, non si è mai occupato nessuno. La fraternità deve essere un 
nuovo “principio non negoziabile” da difendere sempre».
In passato la Chiesa si è spesso occupata delle vicende politiche. Sbagliava?
«Laddove interveniva direttamente, sì. La Chiesa, intesa come gerarchia, deve lasciare ai laici 
l’iniziativa. Le gerarchie semmai possono dare degli orientamenti sui grandi princìpi. Ma nulla 
più».
Chi è per lei Francesco?
«Lo definirei come un Papa “vicino”. Per lui la priorità è farsi vicino a tutti, iniziando dagli ultimi, 
dai poveri, dai malati, dai rifugiati. Non solo, è anche un Papa che si fa vicino a chi non crede, come
il rapporto che si è instaurato con Eugenio Scalfari dimostra».
La riforma della struttura del Vaticano è la riforma più urgente?
«Spero di non scandalizzare nessuno. Ma prima deve avvenire, anche nella Chiesa, la riforma dei 
cuori. Dobbiamo tutti tornare ad aprire il cuore all’amore. Ci sono tanti che sono chiusi nella loro 
ideologia. C’è la Chiesa di destra e quella di sinistra. Quella tradizionalista e quella progressista. 
Invece il cuore non ha questi limiti. È quello che il Papa cerca di comunicare a tutti. Occorre tornare
al Vangelo dell’amore. Benedetto XVI scrisse non a caso “Deus Caritas est”, un testo che non è per 
nulla passato di moda».
Rimase stupito delle dimissioni di Ratzinger?
«Come tutti. Ma il suo fu un grande gesto di umiltà. E in futuro anche altri pontefici potranno 
imitarlo se come lui sentono che le forze non li sostengono più. La sua discrezione verso Francesco 
dimostra che la convivenza non è per nulla un problema».
Francesco ha parlato della necessità di riformare da subito le finanze.
«Certo, ci mancherebbe. La riforma è in corso. Il Vaticano ha bisogno di una banca centrale, questo 
è evidente. Ma insieme allo Ior io credo serva un ministero delle finanze che lavori nel segno della 
competenza e della trasparenza. Non è più il tempo dei sospetti. Non serve alla Chiesa nascondere 
nulla».
Su cosa lavorerà il Consiglio degli otto a inizio dicembre?
«Stiamo raccogliendo suggerimenti sui diversi dicasteri della curia romana. E quando avremo 
sistematizzato tutto faremo delle raccomandazioni per il Santo Padre. Ci sono “ministeri” da 
accorpare. C’è chi parla della necessità di una Congregazione dei laici e chi suggerisce l’idea di un 
“moderator curiae”. Vedremo, nulla è deciso».
Una donna potrà mai diventare cardinale?«Credo di no. Non serve clericalizzare il ruolo delle donne nella Chiesa. Serve valorizzarle di più, 
questo sì».
Pensa che Francesco in futuro tornerà ad abitare nell’appartamento del palazzo apostolico?
«Secondo me no. Quell’appartamento è un imbuto. E lì la gente comune avrebbe difficoltà a 
entrare. Il Papa vuole vicino a sé la gente. Una grande grazia a Santa Marta è la cappella. Francesco 
sceglie chi partecipa alla Messa del mattino. Ha voluto prima i lavoratori del Vaticano, iniziando dai
giardinieri e dagli addetti delle pulizie. Quando finiranno i cinquemila dipendenti, senz’altro 
inizierà a chiamare personalmente i semplici fedeli, le parrocchie, i movimenti. A Santa Marta poi 
può vivere in povertà. Non vuole una cucina speciale, ma i pasti che mangiano tutti. Spesso invita 
chi passa di lì a sedersi a tavola con lui. Non sono gesti populisti ma la convinzione personale che 
occorre stare con la gente».
Perché in conclave avete scelto Bergoglio?
«È stato lo Spirito Santo. Quel giorno non era in vacanza né stava facendo una siesta. Bergoglio 
aveva già dato le dimissioni da arcivescovo di Buenos Aires, aspettava il successore per andare in 
pensione. Non pensava all’elezione e aveva in mano il biglietto di ritorno. Invece lo Spirito ha 
suggerito un nome diverso dalla curia e dall’Italia».
http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201311/131122maradiagarodari.pdf

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