Martedì 10 dicembre, nel Duomo di Milano, il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna dal 1995, ha incontrato i sacerdoti e i collaboratori laici della diocesi ambrosiana. Invitato dal cardinale Angelo Scola, che ha introdotto il prelato austriaco ricordandone il ricco curriculum, Schönborn ha parlato della sfida dell’evangelizzazione nei contesti metropolitani attraversati da grandi cambiamenti. Tra i temi toccati, le difficoltà generate dalla crisi culturale e sociale, i gravi problemi ecclesiali, la ridefinizione dell’identità del prete nel mondo contemporaneo. In serata, poi, l’arcivescovo di Vienna ha incontrato in cattedrale i laici degli organismi ecclesiali e i principali collaboratori dell’azione pastorale. Si tratta del primo di due appuntamenti che vedranno pastori di chiese locali confrontarsi con la situazione della diocesi di Milano, la più grande d’Europa. Il 26 febbraio 2014 sarà la volta del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila.
Di seguito pubblichiamo il discorso che il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha tenuto martedì in Duomo a Milano, sul tema “la chiesa nella società secolarizzata”. (Testo non rivisto dall’autore)
Di seguito pubblichiamo il discorso che il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, ha tenuto martedì in Duomo a Milano, sul tema “la chiesa nella società secolarizzata”. (Testo non rivisto dall’autore)
Questa l’introduzione de Il Foglio alla pubblicazione, il 12 dicembre 2013, del discorso pronunciato dal cardinale, sotto il titolo: “A un passo dall’apostasia”.
Cosa dice il cardinale?
Il cardinale, ben noto come stretto collaboratore di Ratzinger, oltre ad essere primate di Austria, è ritenuto un buon teologo – è stato componente della Commissione Teologica Internazionale e segretario della commissione per la redazione del Catechismo della Chiesa Cattolica – ed è anche a questo titolo che il cardinale Scola lo ha invitato a parlare a Milano.
Ebbene, questo alto prelato non dice una parola sul perché “la decrescita dei cattolici… è drammatica”, si limita ad elencare tre sciocchezze che non spiegano alcunché.
Innanzi tutto la “demografia”… e cosa c’entra la demografia con i cattolici austriaci che abbandonano la Chiesa?
Poi l’“uscita civile dalla Chiesa”, cioè andare all’anagrafe a cancellarsi come cattolico. Ma questo illustra un’imbecillità moderna, non spiega perché i cattolici austriaci abbandonino la Chiesa.
Infine “la continua perdita di prassi religiosa”, che in linguaggio decente significa che nessuno va più in chiesa… ma, signor cardinale, per forza non vanno in chiesa, se se ne vanno dalla Chiesa… è logico… che razza di perché è questo?
La verità è che il più eminente pastore dei cattolici austriaci, non capisce un’acca di Chiesa e di cattolicesimo… e lo invitano pure a parlare in Duomo a Milano! Mah!
Dopo di che… cioè dopo non aver detto una parola sul perché i cattolici austriaci abbandonano la Chiesa, ecco che si chiede:
«Come vivere, allora, questa situazione di chiesa umiliata, diminuita, scoraggiata? Come uscirne? Penso che il Signore ci abbia condotto su un cammino in cui chiede di non concentrarci sui problemi, ma di ricordarci ciò che Dio fa per noi.»
Ah! Ecco spiegato perché non sa rispondere ai perché… perché sarebbe colpa del Signore che non chiederebbe di “concentrarci sui problemi”… che chiederebbe cioè di fregarsene e di “ricordarci di ciò che Dio fa per noi”.
Che bella scusa, signor cardinale, … invece di fare l’esame di coscienza, Lei giuoca a scarica barile, nientemeno col Signore, e se ne lava le mani concentrandosi su ciò che Dio fa per noi.
Noi al posto suo ci concentreremmo su ciò che Dio “non” fa per noi, ricordandoci che il Signore non paga solo il sabato e se lascia che gli uomini di Chiesa facciano i furbi, la sua punizione arriverà comunque al momento che lui vorrà… ma arriverà.
Ma il cardinale non dimentica che è necessaria la missione… scoprendo l’acqua calda. E come si fa la missione? A sentire il cardinale: con le bugie!
Dopo aver detto che «la prima intuizione della missione è… riscontrabile negli Atti degli apostoli», richiamandosi al capitolo 28 e a San Paolo dice: «E’ un paradosso: Paolo prigioniero annuncia il Regno di Dio con franchezza e senza impedimento. Questo testo è rimasto per noi come un motto per il cammino intrapreso negli ultimi anni.»
Signor cardinale, dove sta il paradosso?
Il testo degli Atti dice: «Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.» (Atti, 28, 30-31).
Dove sta il paradosso?
San Paolo era libero di ricevere e di parlare con la gente che voleva, e parlando con loro lo faceva: “con tutta franchezza e senza impedimento”.
Dove sta il paradosso?
Non solo non v’è paradosso, ma c’è il sospetto che Lei voglia far intendere lucciole per lanterne, al fine di fare apparire più bella la grossa bugia con la quale chiude la frase: «Questo testo è rimasto per noi come un motto per il cammino intrapreso negli ultimi anni».
Ma, signor cardinale, dove s’è mai vista la franchezza nel cammino intrapreso dagli uomini di Chiesa negli ultimi anni? Dove s’è mai vista la mancanza di impedimento nel loro parlare e nel loro agire?
Signor cardinale, o Lei mente o è davvero venuto dalla luna. Tranne che per “franchezza” non si debba intendere il parlare biforcuto che Lei stesso usa adesso qui, e per “senza impedimento” non si debba intendere l’abbandono dell’insegnamento “vincolante” della Chiesa e la soggiacenza agli imperativi del mondo, come hanno fatto gli uomini di Chiesa negli ultimi anni… Lei compreso.
Ma per compiere la missione, dice il cardinale, ecco un altro testo importante: il capitolo 15 degli Atti, Dove si parla del cosiddetto primo concilio di Gerusalemme e dove, secondo il cardinale, «non discussero il problema, non si sono focalizzati sulle criticità. Hanno ascoltato l’esperienza dell’uno e dell’altro. Il cristianesimo è una comunità di racconti, e penso che dobbiamo riscoprire il raccontarci a vicenda ciò che Dio fa nella nostra vita. E questo dà gioia.»
Da notare che allora si discusse della nota controversia se far circoncidere o no i nuovi cristiani provenienti dai pagani, e basta leggere il capitolo 15 citato per rendersi conto che non fu una discussione da poco e che fu soprattutto una discussione accesa, tanto accesa da comportare in seguito la dura presa di posizione di San Paolo contro San Pietro, come racconta il primo nel secondo capitolo della Lettera ai Galati, 12-14.
Dove l’ha visto il cardinale il racconto dell’esperienza dell’uno e dell’altro?
Certo nella sua immaginazione. Poiché affermare che “Il cristianesimo è una comunità di racconti”, non solo è una balla, ma è un’induzione all’errore, tale da comportare la scomunica, tanto più che il cardinale invita tutti i presbiteri presenti a praticare un falso cristianesimo: “penso che dobbiamo riscoprire il raccontarci a vicenda ciò che Dio fa nella nostra vita. E questo dà gioia”.
No, signor cardinale, questa è eresia… e dà dolore.
Questo significa stravolgere l’insegnamento di Nostro Signore e trasformare nel modo seguente i versetti 19 e 20 del capitolo 28 del Vangelo di San Matteo:
- Andate dunque e raccontate la vostra esperienza a [ammaestrate] tutte le nazioni, raccontandovi a vicenda ciò che Dio fa nella vostra vita [battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato] -.
Signor cardinale, ma Lei l’ha mai letto il Vangelo? … E allora, se l’ha letto, vuol dire che lo stravolge a ragion veduta. Ma così non serve Cristo, ma Beliar!
Ed è tanto vero che serve Beliar, che affastella un’altra sciocchezza, scambiando la conversione con l’accoglienza: “Il cristianesimo è una comunità di racconti, e penso che dobbiamo riscoprire il raccontarci a vicenda ciò che Dio fa nella nostra vita. E questo dà gioia. L’idea dell’accoglienza l’abbiamo tradotta nelle nostre assemblee diocesane.”
Ma se si stava parlando di conversione, cosa c’entra l’accoglienza?
È evidente che qui il cardinale pretende di insegnare che non bisogna ubbidire al comando del Signore Gesù, ma bisogna accogliere tutti e «ascoltare le esperienze dell’altro, come accaduto con la lettura degli Atti degli Apostoli».
Signor cardinale, ma a Lei chi l’ha fatto cardinale?
Ecco cos’è il cattolicesimo per il cardinale primate di Austria. Povera Austria… e poi ci si lamenta se i cattolici abbandonano la Chiesa!
Ma forse il cardinale si riferisce all’accoglienza che il mondo dimostra nei confronti degli evangelizzatori cristiani e del loro messaggio, poiché racconta che «L’ultima assemblea diocesana, ad ottobre, si è focalizzata su un brano molto ricco, il naufragio di Paolo a Malta. … Abbiamo meditato sul passaggio in cui si narra lo sbarco sull’isola, naufragati. E la gente del luogo si mostrò fin da subito ben intenzionata nei loro confronti. Quanta bontà esiste in questo mondo secolarizzato, in questo mondo attuale.»
Ovviamente, a leggere questa battuta infelice, viene da ridere, se non fosse che qui si tratta di un cardinale di Santa Romana Chiesa… e allora c’è da piangere lacrime amare!
“Quanta bontà esiste in questo mondo secolarizzato, in questo mondo attuale”… e sembra una battuta da cabaret!
O il cardinale mente o il cardinale viene dalla luna.
Scusi, signor cardinale, ma ha mai sentito parlare dei circa 100.000 - dicasi centomila – cristiani perseguitati… bruciati vivi, decapitati, crocifissi, torturati a morte … ogni anno, in questo mondo attuale, da questo mondo attuale, che realizza ogni giorno sempre più e sempre meglio tutta una legislazione che porta i cristiani in galera … se parlano da cristiani?
E se non ne ha mai sentito palare… caro cardinale… invece di raccontare fandonie nel Duomo di Milano, perché non si dimette e torna all’asilo infantile?
E guardi che parliamo sul serio, caro cardinale, perché è davvero da asilo infantile la frase che segue, da Lei detta nell’occasione:
«Dobbiamo essere pronti a perdere tutto per essere arricchiti dagli altri.»
Noi la comprendiamo, caro cardinale, ma è proprio per questo che Le diciamo che Lei è quantomeno disturbato.
Dunque, secondo Lei, dovremmo imitare San Paolo e i suoi, così saremmo arricchiti dagli altri; Le chiediamo: dove diavolo l’ha letta questa corbelleria nel capitolo 28 degli Atti?
Per rinfrescarci la memoria siamo andati a rileggere il brano, eccolo:
«Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta. Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano. Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: «Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere». Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male. Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio. Nelle vicinanze di quel luogo c’era un terreno appartenente al "primò'dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni. Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì. Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati; ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario» (Atti, 28, 1-10).
L’abbiamo riportato per intero, a scanso di equivoci, … non c’è una parola che giustifichi la sparata del cardinale: «Dobbiamo essere pronti a perdere tutto per essere arricchiti dagli altri»; quindi il cardinale si conferma un imbonitore da fiera che vuole gabellare lucciole per lanterne.
Va bene, signor cardinale, va bene… in fondo ha ragione Lei, se è questo che intendeva dire: “dobbiamo imparare dagli altri come si fa ad essere cattolici”; se è così, ha ragione! No, non perché il suo pensiero è corretto, ma perché Lei ripete a pappagallo quello che ha insegnato il Vaticano II, e il Vaticano II ha sempre ragione… anche quando dice delle fesserie.
Sfortunatamente per Lei, però, noi non leggiamo più il Vaticano II, ne abbiamo già abbastanza, ma continuiamo a leggere i Vangeli e i Padri, e Le possiamo assicurare che sono gli altri che hanno da arricchirsi dal cattolicesimo e dagli insegnamenti di Nostro Signore, trasmessi per duemila anni dalla Chiesa… fino al nefasto Vaticano II.
Questa è la “missione”, caro cardinale, questa è l’evangelizzazione: insegnare agli altri ciò che Gesù Cristo ha insegnato a noi… non sappiamo se a Lei, ma a noi di certo!
E Gesù Cristo ci ha insegnato e comandato di battezzare tutti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo… senza prendere nulla dagli altri, che possono darci solo roba da rigettare, come loro stessi l’hanno rigettata convertendosi al Verbo di Dio.
Non è come dice Lei, signor cardinale, non è come ha fatto e fa Lei, signor cardinale:
«Vi racconto una cosa che facciamo a Vienna, … Alcuni anni fa abbiamo cominciato, per San Valentino, il 14 febbraio, a distribuire nelle stazioni della metropolitana e delle ferrovie, lettere di amore di Dio a te. Una lettera manoscritta, ma fatta con citazioni bibliche, in un modo molto personale. … la maggior parte dei collaboratori della curia partecipa a questa azione. Tutti noi ci troviamo il 14 febbraio mattina nelle stazioni della metropolitana con queste lettere. Non direi che questa iniziativa è già evangelizzazione, ma è almeno qualcosa: scendere nella stazione della metropolitana, essere in questa situazione anche un po’ ridicola, con la gente che va di fretta, che non ha tempo di discutere. Ma questo atto di contatto faccia a faccia cambia forse anche loro.»
“lettere di amore di Dio a te”… ma che roba è?
Signor cardinale, ma non si rende conto che è per cose come queste che i cattolici austriaci abbandonano la Chiesa? Per carnevalate da baraccone come questa che si è inventata Lei e che da cinquant’anni si inventano i suoi confratelli, come quel tale cardinale Bergoglio in quel di Buenos Aires?
Ora, sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico, e poi compiacersene è un chiaro sintomo della possessione diabolica.
Ma Lei, caro cardinale, sembra essere davvero mal messo, a giudicare del suo raccontino sul treno “da Innsbruck a Vienna”:
«A bordo c’era un gruppo di giovani che mi hanno riconosciuto. Erano diciottenni che avevano già bevuto un po’, mi hanno sbeffeggiato. Io avevo il mio breviario e volevo essere lasciato essere in pace, stavo pregando. Allora ho fatto uno sforzo per concedere loro almeno un sorriso. A Salisburgo sono scesi tutti. Dovevano fare la maturità e andavano a festeggiare in Turchia, dove si fa tutto, si beve, e altro. … Avrei potuto chiedere com’era andata la maturità. Niente. Perché io avevo il mio breviario. Mai dimenticherò questo fallimento, questa occasione mancata di evangelizzazione. Non avrei dovuto parlare loro del Vangelo, ma dare uno sguardo, senza pensare a ciò che avrebbero fatto in Turchia. Ogni tanto penso che il Signore soffra per noi, così ciechi e duri. Per noi che non abbiamo il cuore di usare il suo sguardo di attenzione e compassione. Papa Francesco ci invita tanto a cambiare lo sguardo. Prima di mettere nelle caselle “divorziato”, “risposato”, bisogna chiedere “chi sei tu”, “che persona sei”. Io non ho una soluzione per questo e anche per ciò sono molto curioso di guardare cosa succederà al prossimo Sinodo, con il questionario.»
Quindi, non avrebbe dovuto parlare del Vangelo, ben sapendo cosa stavano andando a fare in Turchia… no… avrebbe dovuto “cambiare lo sguardo”, come invita Papa Francesco. Non avrebbe dovuto fare il cardinale, ma comportarsi come un qualunque sfaccendato che se ne frega della morale cristiana… Non avrebbe dovuto leggere il breviario, ma condividere con quei ragazzi i loro pruriti, informarsi sulle loro voglie, chiedere “chi sei”, “che persona sei”.
Caro cardinale, questo l’ha letto nel capitolo 28 degli Atti degli Apostoli?
Ma ci faccia il piacere!
Ma attenzione, il cardinale rivela il vero progetto del prossimo Sinodo indetto da papa Bergoglio: «Prima di mettere nelle caselle “divorziato”, “risposato”, bisogna chiedere “chi sei tu”, “che persona sei”. Io non ho una soluzione per questo e anche per ciò sono molto curioso di guardare cosa succederà al prossimo Sinodo, con il questionario.»
In quel Sinodo, che sarà il primo dei prossimi due che si interesseranno di “Famiglia, matrimonio e sessualità”, non si parlerà di morale cristiana, ma del “nuovo sguardo” con cui si dovranno guardare i peccatori, sdoganandoli e considerandoli come “persone” con la loro dignità che vanno rispettate e accompagnate.
Peccato che così facendo, la nuova Chiesa abortita dal Vaticano II, per mano dei nuovi preti come Schönborn e Bergoglio, le accompagnerà alla perdizione eterna.
Vogliamo vedervi chiaro?
Ecco allora come continua il cardinale:
«Come siglare un’alleanza tra la verità che libera e salva e la misericordia? Questa è la grande sfida della nuova evangelizzazione. C’è anche un pericolo attuale di vedere lo sviluppo di un neoclericalismo, perché vedo nel cambiamento della società e della chiesa molti nostri confratelli disorientati, che si chiedono dov’è il loro posto, cosa devono fare.»
E così dicendo, dimostra sempre meglio di non avere capito un’acca del cattolicesimo: “Come siglare un’alleanza tra la verità che libera e salva e la misericordia?”
Ma che domanda è?
Forse che la verità che libera e salva non è già misericordia?
E no! Dice il cardinale. Perché le due cose sono talmente diverse che è auspicabile che, invece di contrastarsi, si alleino. Parola di cardinale di Santa Romana Chiesa!
E poi si chiedono perché i cattolici abbandonano la Chiesa!
Ma sì. Ma certo, signor cardinale, come no. Ha ragione Lei, perché è vero: una cosa è la verità, quella che, in verità, va scritta con la lettera maiuscola; altra cosa è la misericordia. Infatti, la Verità fa male, perché mette a nudo i cuori e rende ad ognuno il suo, nel bene e nel male. Mentre la misericordia… mentre la misericordia, signor cardinale, è uguale!
C’è solo Lei che non lo sa più, Lei e Bergoglio e i suoi confratelli abortiti dal Vaticano II.
Per voi la “misericordia” è cosa diversa dalla Verità, perché equivale a lisciare il pelo ai peccatori e a blandire il peccato, in nome di quella comprensione umana che voi scambiate per misericordia e che invece è la strada che conduce verso il trionfo illusorio dell’Anticristo:
“ma no, fratello, lascia stare se hai distrutto la tua famiglia, se hai praticato l’aborto, se vivi contro natura… lascia stare, fratello: ciò che conta è “chi sei tu”, “che persona sei”, a Dio non importa se hai violato tutti i Suoi Comandamenti, perché Dio è più grande del peccato – Bergoglio dixit -; a Dio non importa se vivi nel peccato, a Lui importa solo “chi sei”, e se tu ti riveli per quello che sei… Dio ti ama… Lui che finalmente, dalla tua rivelazione, ha potuto capire chi sei veramente.”
Non se la prenda, signor cardinale, perché se è vero che questo virgolettato lo abbiamo inventato noi, è altrettanto vero che è solo questo che significano le sue parole e quelle del nuovo Papa venuto per la fine del mondo.
Caro signor cardinale, ma davvero Lei è un Domenicano? E ha imparato da San Domenico tutte le corbellerie che dice e tutte quelle che sottintende?
Ma ci faccia il piacere!
Piuttosto, ci spieghi meglio questa sua esperienza:
«C’è la tentazione di lasciar correre tutto e di chiudere. Io non so come trovare il cammino giusto. Io ho dovuto affrontare un caso che ha fatto il giro del mondo, riguardante la più piccola parrocchia della nostra diocesi. Con il parroco disattento a ciò che accadeva, fu eletto al consiglio pastorale un giovane che convive con un altro uomo. Ma è un giovane credente, che partecipa alla vita della parrocchia, che suona l’organo. Io ero davanti alla decisione se annullare questa elezione o lasciar stare. E’ stata una decisione molto difficile. Ho invitato questo giovane, e lui ha chiesto di poter venire con il suo partner, il suo amico. Sono venuti e ho visto due giovani puri, anche se la loro convivenza non è ciò che l’ordine della creazione ha previsto. Quella stessa settimana, la stampa austriaca era piena di storie sui gravissimi abusi di due monaci su alcuni allievi della loro scuola. Ebbene, io ho deciso di non mandare via il ragazzo. Lui mi aveva detto che non avrebbe partecipato alla comunione, che avrebbe capito la situazione. Rocco Buttiglione scrisse un bellissimo articolo sul Foglio per difendere il mio comportamento, che mi ha attirato molte critiche. Ma capisco, è un tema difficile. Io non sono d’accordo, per niente d’accordo, con il cosiddetto matrimonio gay. Nonostante ciò, ci sono situazioni dove dobbiamo guardare prima di tutto alla persona. Questa è la grande sfida che dobbiamo accogliere. Come vivere il Vangelo nella società secolare, dove siamo una minoranza. A Vienna posso dire che con quasi il sessanta per cento di matrimoni che finiscono in divorzio, la famiglia cristiana non rappresenta oggi la normalità, bensì l’eccezionalità. La normalità è ciò che viviamo con la patchwork family.»
Perché, caro cardinale, delle due l’una: o Lei non è “d’accordo, per niente d’accordo, con il cosiddetto matrimonio gay” o Lei, guardando “prima di tutto alla persona”, approva e incoraggia l’omosessualità e la convivenza tra persone dello stesso sesso.
Ce lo spieghi, caro cardinale, perché altrimenti siamo costretti a pensare che Lei o è schizofrenico o è bugiardo. Con l’aggravante che, essendo un cardinale e parlando pubblicamente in Duomo, a Milano, a dei preti, Lei si rivela essere un untore, un sostenitore e un propagandista del peccato.
«Questa è la grande sfida che dobbiamo accogliere. Come vivere il Vangelo nella società secolare, dove siamo una minoranza. A Vienna posso dire che con quasi il sessanta per cento di matrimoni che finiscono in divorzio, la famiglia cristiana non rappresenta oggi la normalità, bensì l’eccezionalità. La normalità è ciò che viviamo con la patchwork family.»
E che significa questo, signor cardinale, che il “nuovo sguardo” deve ormai guardare alla nuova normalità e abbandonare l’insegnamento di Nostro Signore?
Perché Lei è proprio questo che insegna e che noi ci rifiutiamo categoricamente di accettare… come rifiutiamo e rigettiamo Lei come cardinale, come prete e come uomo: Lei non è dei nostri, e meglio sarebbe “che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.(Mt.18, 6)”, perché “guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!(Mt. 18, 7)”.
«Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, táglialo e géttalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cávalo e géttalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco. (Mt. 18, 8-9)»
Lei infatti, signor cardinale, si permette di affermare, rivolgendosi ai preti di Milano, che per evangelizzare occorre dire cinque sì, che adesso vediamo uno ad uno.
«Il primo sì è il sì all’oggi, al nostro tempo. Lasciamo la nostalgia degli anni Cinquanta, quelli della mia infanzia, nel villaggio, quando la chiesa si riempiva di gente per tre volte ogni domenica. Tutti in chiesa. Lasciamo la nostalgia per la vitalità dei nostri oratori degli anni Cinquanta e Sessanta. Diciamo sì all’oggi: Dio ama questo mondo, e noi dobbiamo avere uno sguardo di amore, di simpatia al mondo nel quale viviamo. Amiamo l’oggi nel quale viviamo.»
E qui ci rivolgiamo ai cattolici: cari fratelli e amici, è davvero il caso di continuare a frequentare la nuova Chiesa conciliare i cui cardinali insegnano ad amare il regno del Principe di questo mondo? O non è forse venuto il momento, già da tempo, di abbandonare al loro destino questi ciechi che conducono altri ciechi eresistere fino all’estremo contro questa gerarchia indemoniata, che ha apostatato la Fede?
«Il secondo sì e un sì consapevole e deciso a quella che è la nostra situazione. La decrescita dei cattolici, il lasciare tante cose, il veder morire tante cose che amiamo. Un sì al “bel funerale”, come amano i viennesi. Sì, è la nostra situazione. Molte cose moriranno, ma Dio ci ama nella nostra situazione.»
Questi spudorati servi dell’Anticristo, non solo stanno continuando a demolire la Chiesa di Cristo, ma hanno perfino la faccia tosta di invitarci a compiacercene.
Non possiamo avere parte alcuna con costoro! Che il Signore abbia pietà delle loro anime! Ma a noi spetta rigettarli e fuggirli come la peste, nonostante i loro abiti rosso porpora o bianchi… nulla partem col demonio!
«Il terzo sì è il sì alla nostra vocazione comune di battezzati. Io insisto molto sul sacerdozio comune di tutti i battezzati. Tenere a mente la “Lumen Gentium”, testo capitale, … Il Concilio parla di una differenza essentia et non gradu tantum, una differenza di essenza e non solo di grado. Differenza essenziale. Noi non siamo un grado superiore dell’essere cristiano. Il sacerdote ministeriale è essenzialmente a un altro livello del sacerdozio battesimale comune. … “E’ un vero cristiano”. Ebbene, ecco, se questo si può dire di uno di noi, preti, vescovi, cristiani, è una bella testimonianza.»
Oh, caro cardinale, che novità! È da cinquant’anni che sentiamo il ritornello della rinuncia all’autorità, del rifiuto di compiere il proprio dovere di stato, il tutto malamente camuffato con una bella spruzzata di umiltà e infiocchettato che le migliori frasi imbecilli del repertorio dei luoghi comuni. E ultimamente, il campione di questa vergogna lo hanno fatto papa ed è da mesi che ci racconta questa solfa, buona per i gonzi!
Caro cardinale… ma se ci tiene tanto a fare il “vero cristiano”, perché non si spoglia del suo abito e abbandona tutte le prebende materiali e morali che continua a tenersi strette e che gli permettono di essere invitato a Milano, in Duomo, dove può predicare le sue aberranti concezioni personali a servizio della demolizione della Chiesa?
Perché? Caro il nostro cardinale incoerente?
Scompaia, caro Lei, e farà un favore a tutti, e un gran bene alla Chiesa.
«Il quarto sì per una chiesa che impara passo a passo a essere in diaspora, in una diaspora feconda. La vita cristiana in diaspora è una vita di rappresentanza. In tutte le parrocchie, anche nei villaggi dove i partecipanti alla vita parrocchiale sono ormai minoranza, voi siete rappresentanti di molti. Vivete la vostra fede non solo per voi, ma anche per gli altri. Portateli come la Madonna con il mantello. Ognuno crede anche per gli altri, non solo per se stesso. Essere cristiano nella città secolare è essere rappresentante. Possiamo tanto imparare dagli ebrei. Loro hanno la convinzione che quando in una città ci sono dieci ebrei ciò sia una benedizione per quella città. Questo vale per tutti noi, rappresentanza come fuoco della nuova evangelizzazione.»
Ora, visto che bastano dieci ebrei per la benedizione della città, e visto che questi già ci sono, … signor cardinale, Lei che ci sta ancora a fare? E perché si lamenta per la defezione dei cattolici? Non abbiamo già la benedizione? Perché non sciogliamo la Chiesa, tanto ormai non serve più a niente?
Dai, signor cardinale, un po’ di coraggio, un po’ di coerenza, tanto il Signore è misericordioso e capirà benissimo la grande scelta.
Chiudiamo la Chiesa, così almeno la finirete di demolirla facendo finta di sorreggerla!
Eh! Caro Lei, faccia attenzione, perché al momento opportuno il Signore le chiederà conto delle sue parole e delle sue azioni e allora… sarà pianto e stridore di denti!
Non ci crede? Ben per Lei! Ma l’Inferno è fatto proprio per coloro che non ci credono… o non se lo ricorda?
«L’ultimo sì è al nostro ruolo per la società. E questo anche se siamo minoranza, anche se politicamente in molti campi in Europa non abbiamo più il potere di imporre la legislazione che ci piacerebbe o che pensiamo corrisponda al diritto naturale. Pensiamo al discorso dell’aborto, dell’eutanasia, alle discussioni drammatiche che chiedono il diritto umano all’aborto, la limitazione della libertà di coscienza dei medici. Nonostante siamo pochi, abbiamo il ruolo del sale, che è sempre in minoranza. Non piacerebbe, infatti, una pasta dove il sale è in abbondanza. Le nostre parrocchie, le nostre comunità, i nostri movimenti, conventi, associazioni, sono una grande rete di carità, di misericordia, di coscienza sociale. E quanto più la rete sociale della società diventa debole, tanto più importante diventa l’impegno cristiano nella società.»
E meno male, signor cardinale, che la finiamo qui con quest’ultimo sì. Perché l’avevamo ben capito che Lei non è cattolico. È vestito da cattolico, ma non è cattolico. Frequenta la Chiesa cattolica, ma non è cattolico. Comanda nella nuova Chiesa conciliare, ma non è cattolico. Predica nel Duomo di Milano, su invito del suo amico cardinale di Milano, ma non è cattolico. Lei fa finta di essere cattolico e questo le rende bene, in termini di fama e di fame, Lei forse crede di essere cattolico, ma non è cattolico.
E glielo assicuriamo noi, che siamo cattolici.
E non si meravigli della nostra supponenza, caro cardinale, perché, come Lei insegna, noi semplicemente le raccontiamo la nostra esperienza, ne faccia tesoro, se ne arricchisca… noi gliela doniamo volentieri gratuitamente… nulla ci aspettiamo in cambio… nulla vogliamo in cambio… solo che i propagandisti dell’Anticristo abbandonino al più presto la Chiesa di Cristo, se Dio vorrà, e ci lascino in pace… sempre più di meno, sempre più ridoti ad un piccolo resto… sempre arroccati sulla roccia di Cristo, nonostante tutto, nonostante i marosi del mondo, nonostante i nuovi preti della nuova Chiesa… come Lei.
di Giacomo Fedelehttp://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV692_Fedele_Viva_Scheonborn.html
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