Diario Vaticano / Tra i cardinali e vescovi che sono membri della congregazione, papa Francesco ne ha sostituiti la metà. Con esclusioni clamorose. E promozioni a sorpresa di *** CITTÀ DEL VATICANO, 20 dicembre 2013 – Le canonizzazioni motu proprio di Giovanni XXIII e del gesuita Pietro Favre da una parte, e gli interventi incisivi e determinati nell'organigramma della curia romana dall’altra sono gli atti giuridici più impegnativi presi da papa Francesco in questi primi nove mesi di pontificato. Tra i secondi ha un posto preminente il ricambio nello stato maggiore della congregazione per i vescovi, il cruciale dicastero che collabora più da vicino col papa nella nomina dei vescovi latini di buona parte del mondo: europei, americani, australiani e filippini (dei presuli delle terre di missione in Asia e Africa si occupa invece Propaganda Fide).Dopo aver scelto di persona il nuovo segretario della congregazione nella persona del brasiliano Ilson de Jesus Montanari, sua vecchia conoscenza come coinquilino nella residenza romana di via della Scrofa, e dopo aver ordinato al proprio segretario personale don Fabián Pedacchio Leániz di continuare a lavorare la mattina in quel dicastero, di cui è officiale da alcuni anni, il papa ha confermato lunedì scorso come prefetto il cardinale canadese Marc Ouellet. Non solo. Ma come ha già fatto nella congregazione per l’educazione cattolica ha anche qui rimescolato i membri del dicastero. Con conferme, nuove nomine e depennamenti.
Cominciamo
dai dodici nuovi entrati.
Tra
i nuovi componenti della congregazione ci sono cinque cardinali:
Francisco Robles Ortega di Guadalajara in Messico; Donald William
Wuerl di Washington negli Stati Uniti; Rubén Salazar Gómez di
Bogotá in Colombia; Kurt Koch, svizzero, presidente del pontificio
consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani; João Braz de
Aviz, brasiliano, prefetto della congregazione per i religiosi. Sei
arcivescovi: Pietro Parolin, segretario di Stato; Beniamino Stella,
prefetto della congregazione per il clero; Lorenzo Baldisseri,
segretario generale del sinodo dei vescovi; Vincent Gerard Nichols di
Westminster in Gran Bretagna; Paolo Rabitti emerito di Ferrara;
Gualtiero Bassetti di Perugia. E un vescovo: Felix Genn di Münster
in Germania.
Ecco
invece i diciotto confermati.
Quindici
sono cardinali: Tarcisio Bertone, segretario di stato emerito: Zenon
Grocholewski, polacco, prefetto della congregazione per l’educazione
cattolica; George Pell di Sydney in Australia; Agostino Vallini,
cardinale vicario di Roma; Antonio Cañizares Llovera, prefetto della
congregazione per il culto divino; André Vingt-Trois di Parigi;
Jean-Louis Tauran, francese, presidente del pontificio consiglio per
il dialogo inter-religioso; William Joseph Levada, statunitense,
prefetto emerito della congregazione per la dottrina della fede;
Leonardo Sandri, argentino, prefetto della congregazione per le
Chiese orientali; Giovanni Lajolo, governatore emerito dello Stato
della Città del Vaticano; Stanis?aw Ry?ko, polacco, presidente del
pontificio consiglio per i laici; Francesco Monterisi, arciprete
emerito di san Paolo; Santos Abril y Castelló, arciprete di Santa
Maria Maggiore; Giuseppe Bertello, governatore dello dello Stato
della Città del Vaticano; Giuseppe Versaldi, presidente della
prefettura degli affari economici.
E
tre sono arcivescovi: Claudio Maria Celli, presidente del pontificio
consiglio per le comunicazioni sociali; José Octavio Ruiz Arenas,
colombiano, segretario della pontificia commissione per la promozione
della nuova evangelizzazione; Zygmunt Zimowski, polacco, presidente
del pontificio consiglio per la pastorale degli operatori
sanitari.
Ma
come si è già visto nella congregazione per l’educazione
cattolica l’elenco che fa più impressione è quello dei
quattordici depennati.
Tra
gli undici cardinali esclusi, quattro compiranno 80 anni a breve: il
tedesco Joachim Meisner a Natale, il brasiliano Claudio Hummes a
marzo, l'altro tedesco Paul Josef Cordes e lo sloveno Franc Rodé a
settembre. Sette invece sono più giovani: lo spagnolo Antonio María
Rouco Varela di Madrid, il portoghese Manuel Monteiro de Castro, gli
statunitensi Justin Francis Rigali e Raymond L. Burke, gli italiani
Angelo Bagnasco, Attilio Nicora e Mauro Piacenza.
Due
gli arcivescovi estromessi: il croato Nikola Eterovic e l’italiano
Pier Luigi Celata. E uno il vescovo: l’italiano Lorenzo
Chiarinelli.
Da
un punto di vista numerico si può notare che rimane immutato il
numero degli italiani, che però aumentano il loro peso specifico
perché erano 12 su 33 e ora sono 12 su 31. Aumentano in numero e
peso i latinoamericani (da 3 a 5), mentre diminuiscono gli europei
non italiani (da 13 a 10) e i nordamericani (da 4 a 3). Rimane
invariato l’unico rappresentante dell’Oceania. Diminuiscono
inoltre i curiali (da 25 a 21), mentre rimane immutato il numero (10)
degli ecclesiastici provenienti dalla carriera
diplomatica.
Ovviamente
non ha fatto notizia il fatto che rimangono invariate la
rappresentanza francese (Tauran, Vingt-Trois) e quella polacca
(Grocholewski, Rylko e Zimowski), mentre spariscono gli altri due
esponenti delle Chiese dell’est europeo (Rodé e Eterovic).
Ha
fatto invece grande clamore sui media l’estromissione, insieme a
Rigali, del cardinale americano Burke, ecclesiastico molto legato
alla liturgia tradizionale e sempre in prima linea nella difesa dei
cosiddetti principi non negoziabili, tanto da essere un tenace
assertore del fatto che in base del diritto canonico non è possibile
dare la comunione a quei politici che pertinacemente e pubblicamente
sostengono e propongono leggi a favore del diritto di aborto.
Al
posto di Burke il papa ha scelto Wuerl, che pur con un passato di
segretario particolare e conclavista, nel 1978,
dell’ultraconservatore cardinale John Wright (vescovo di Pittsburgh
e poi prefetto della congregazione per il clero), ha un atteggiamento
molto più morbido di Burke nei confronti dei politici pro
aborto.
Questo
cambiamento è stato salutato positivamente nel mondo "liberal"
americano, che ora spera nella scelta di vescovi più progressisti
rispetto a quelli nominati negli ultimi anni.
Lo
stesso succede in Spagna dove la fuoriuscita del cardinale Rouco
Varela è stata accolta con soddisfazione da chi desidera l’avvento
di nuovi vescovi meno conservatori.
Ma
particolarmente rivoluzionata da papa Francesco è la componente
italiana della membership della congregazione.
Sono
stati estromessi due ecclesiastici cresciuti nella Genova del
cardinale conservatore Giuseppe Siri: i cardinali Piacenza (già
declassato da prefetto della congregazione per il clero a
penitenziere maggiore) e Bagnasco (attuale presidente della
conferenza episcopale, a dispetto del fatto che i titolari di questa
carica sono stati membri del dicastero ininterrottamente dal 1985, da
quando cioè la competenza di scegliere i vescovi italiani è passata
dal consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, l'attuale seconda
sezione della segreteria di Stato, alla congregazione).
È
stato escluso anche l’arcivescovo Celata che fu segretario
particolare del cardinale Agostino Casaroli.
Subentrano
invece il vicepresidente della CEI e arcivescovo di Perugia Bassetti
(molto stimato dal papa), i tre ecclesiastici già promossi ad alte
cariche di curia dall'attuale pontefice (Parolin, Stella e
Baldisseri) e l’emerito Rabitti, noto per aver rappresentato nella
CEI una linea differente rispetto a quella del cardinale Camillo
Ruini, storico leader dell’episcopato italiano durante il
pontificato di Giovanni Paolo II.
Permangono
invece nel dicastero il cardinale Bertone con il porporato a lui più
sodale Versaldi, nonché l’arcivescovo Celli, erede della scuola
diplomatica dell’anziano cardinale Achille Silvestrini. E resta in
carica anche il cardinale Monterisi, nonostante il fatto che compirà
pure lui 80 anni il prossimo settembre.
Va
segnalato poi che non è stato chiamato a far parte della
congregazione per i vescovi il prefetto della dottrina della fede, il
tedesco Gerhard Ludwig Müller, nonostante i suoi predecessori
Levada, Joseph Ratzinger, Franjo Seper e Alfredo Ottaviani fossero
stati membri del dicastero.
Nel
campo germanofono quindi, al posto del cardinale Meisner subentra il
vescovo di Münster, Genn, che fa parte, come d’altronde lo stesso
prefetto Ouellet, della Johannesgemeinschaft, la fraternità
sacerdotale fondata dal teologo Hans Urs von Balthasar.
Per
quanto riguarda l’America latina il messicano Robles è stato
preferito al connazionale Norberto Rivera Carrera, ritenuto più
conservatore, mentre rimane al suo posto il curiale argentino Sandri,
che pure è considerato uno storico rivale romano di Bergoglio.
È
curioso, al riguardo, l’episodio raccontato dalla biografa papale
Elisabetta Piqué della cena a Santa Marta tra i due, la sera prima
dell’inizio del conclave:
"L’arcivescovo
di Buenos Aires si siede a mangiare con il suo connazionale Leonardo
Sandri. Si conoscono fin da giovani. Bergoglio è stato prefetto di
Sandri nel seminario del quartiere di Villa Devoto a Buenos Aires,
prima di decidere di unirsi ai gesuiti. Le loro carriere sono state
molto diverse. Bergoglio si è dedicato ai compiti pastorali, Sandri
si è dato alla diplomazia e ha passato quasi tutta la vita nella
curia romana. In passato hanno avuto le loro divergenze, lo sanno
tutti. Ma fanno finta di niente".
Con
la conferma di Sandri all’educazione cattolica e ai vescovi
sembrerebbe che il "far finta di niente" di Bergoglio
continui anche dopo il conclave. Ma bisognerà aspettare la conferma
o no degli attuali vertici della congregazione per le Chiese
orientali – che sono ancora provvisori – per sapere se è davvero
così.
Significativa
è anche la nomina a membro della congregazione per i vescovi
dell’arcivescovo di Bogotà, e non solo perché così si raddoppia
la presenza colombiana nel dicastero. Poco prima di ricevere nel 2012
la berretta cardinalizia, infatti, il cardinale Salazar dovette
subire una reprimenda, con conseguente sua dichiarazione correttiva,
dopo che una sua affermazione era stata interpretata come favorevole
alla legalizzazione in patria delle coppie gay.
Così
come è significativo che sia stato chiamato a far parte della
congregazione per i vescovi l’inglese Nichols, finito nel
mirino del Sant’Uffizio – e forse per questo ancora senza porpora
– per non aver prontamente messo fine alla celebrazione di liturgie
ad hoc per gli omosessuali
È
da segnalare infine la doppia promozione toccata al cardinale Koch,
teologo svizzero di impronta ratzingeriana, che è stato inserito
nelle congregazioni per l’educazione cattolica e per i vescovi,
delle quali non faceva parte.
Cosa
produrrà la congregazione per i vescovi rifatta da capo da papa
Francesco lo si vedrà nei prossimi mesi.
Prima
però conosceremo i nomi dei primi cardinali creati dal nuovo
pontefice nel concistoro del prossimo febbraio. Con lui, fare
previsioni è molto più difficile che in passato. La sorpresa è la
regola.
Tra i nuovi componenti della congregazione ci sono cinque cardinali: Francisco Robles Ortega di Guadalajara in Messico; Donald William Wuerl di Washington negli Stati Uniti; Rubén Salazar Gómez di Bogotá in Colombia; Kurt Koch, svizzero, presidente del pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani; João Braz de Aviz, brasiliano, prefetto della congregazione per i religiosi. Sei arcivescovi: Pietro Parolin, segretario di Stato; Beniamino Stella, prefetto della congregazione per il clero; Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo dei vescovi; Vincent Gerard Nichols di Westminster in Gran Bretagna; Paolo Rabitti emerito di Ferrara; Gualtiero Bassetti di Perugia. E un vescovo: Felix Genn di Münster in Germania.
Ecco invece i diciotto confermati.
Quindici sono cardinali: Tarcisio Bertone, segretario di stato emerito: Zenon Grocholewski, polacco, prefetto della congregazione per l’educazione cattolica; George Pell di Sydney in Australia; Agostino Vallini, cardinale vicario di Roma; Antonio Cañizares Llovera, prefetto della congregazione per il culto divino; André Vingt-Trois di Parigi; Jean-Louis Tauran, francese, presidente del pontificio consiglio per il dialogo inter-religioso; William Joseph Levada, statunitense, prefetto emerito della congregazione per la dottrina della fede; Leonardo Sandri, argentino, prefetto della congregazione per le Chiese orientali; Giovanni Lajolo, governatore emerito dello Stato della Città del Vaticano; Stanis?aw Ry?ko, polacco, presidente del pontificio consiglio per i laici; Francesco Monterisi, arciprete emerito di san Paolo; Santos Abril y Castelló, arciprete di Santa Maria Maggiore; Giuseppe Bertello, governatore dello dello Stato della Città del Vaticano; Giuseppe Versaldi, presidente della prefettura degli affari economici.
E tre sono arcivescovi: Claudio Maria Celli, presidente del pontificio consiglio per le comunicazioni sociali; José Octavio Ruiz Arenas, colombiano, segretario della pontificia commissione per la promozione della nuova evangelizzazione; Zygmunt Zimowski, polacco, presidente del pontificio consiglio per la pastorale degli operatori sanitari.
Ma come si è già visto nella congregazione per l’educazione cattolica l’elenco che fa più impressione è quello dei quattordici depennati.
Tra gli undici cardinali esclusi, quattro compiranno 80 anni a breve: il tedesco Joachim Meisner a Natale, il brasiliano Claudio Hummes a marzo, l'altro tedesco Paul Josef Cordes e lo sloveno Franc Rodé a settembre. Sette invece sono più giovani: lo spagnolo Antonio María Rouco Varela di Madrid, il portoghese Manuel Monteiro de Castro, gli statunitensi Justin Francis Rigali e Raymond L. Burke, gli italiani Angelo Bagnasco, Attilio Nicora e Mauro Piacenza.
Due gli arcivescovi estromessi: il croato Nikola Eterovic e l’italiano Pier Luigi Celata. E uno il vescovo: l’italiano Lorenzo Chiarinelli.
Da un punto di vista numerico si può notare che rimane immutato il numero degli italiani, che però aumentano il loro peso specifico perché erano 12 su 33 e ora sono 12 su 31. Aumentano in numero e peso i latinoamericani (da 3 a 5), mentre diminuiscono gli europei non italiani (da 13 a 10) e i nordamericani (da 4 a 3). Rimane invariato l’unico rappresentante dell’Oceania. Diminuiscono inoltre i curiali (da 25 a 21), mentre rimane immutato il numero (10) degli ecclesiastici provenienti dalla carriera diplomatica.
Ovviamente non ha fatto notizia il fatto che rimangono invariate la rappresentanza francese (Tauran, Vingt-Trois) e quella polacca (Grocholewski, Rylko e Zimowski), mentre spariscono gli altri due esponenti delle Chiese dell’est europeo (Rodé e Eterovic).
Ha fatto invece grande clamore sui media l’estromissione, insieme a Rigali, del cardinale americano Burke, ecclesiastico molto legato alla liturgia tradizionale e sempre in prima linea nella difesa dei cosiddetti principi non negoziabili, tanto da essere un tenace assertore del fatto che in base del diritto canonico non è possibile dare la comunione a quei politici che pertinacemente e pubblicamente sostengono e propongono leggi a favore del diritto di aborto.
Al posto di Burke il papa ha scelto Wuerl, che pur con un passato di segretario particolare e conclavista, nel 1978, dell’ultraconservatore cardinale John Wright (vescovo di Pittsburgh e poi prefetto della congregazione per il clero), ha un atteggiamento molto più morbido di Burke nei confronti dei politici pro aborto.
Questo cambiamento è stato salutato positivamente nel mondo "liberal" americano, che ora spera nella scelta di vescovi più progressisti rispetto a quelli nominati negli ultimi anni.
Lo stesso succede in Spagna dove la fuoriuscita del cardinale Rouco Varela è stata accolta con soddisfazione da chi desidera l’avvento di nuovi vescovi meno conservatori.
Ma particolarmente rivoluzionata da papa Francesco è la componente italiana della membership della congregazione.
Sono stati estromessi due ecclesiastici cresciuti nella Genova del cardinale conservatore Giuseppe Siri: i cardinali Piacenza (già declassato da prefetto della congregazione per il clero a penitenziere maggiore) e Bagnasco (attuale presidente della conferenza episcopale, a dispetto del fatto che i titolari di questa carica sono stati membri del dicastero ininterrottamente dal 1985, da quando cioè la competenza di scegliere i vescovi italiani è passata dal consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, l'attuale seconda sezione della segreteria di Stato, alla congregazione).
È stato escluso anche l’arcivescovo Celata che fu segretario particolare del cardinale Agostino Casaroli.
Subentrano invece il vicepresidente della CEI e arcivescovo di Perugia Bassetti (molto stimato dal papa), i tre ecclesiastici già promossi ad alte cariche di curia dall'attuale pontefice (Parolin, Stella e Baldisseri) e l’emerito Rabitti, noto per aver rappresentato nella CEI una linea differente rispetto a quella del cardinale Camillo Ruini, storico leader dell’episcopato italiano durante il pontificato di Giovanni Paolo II.
Permangono invece nel dicastero il cardinale Bertone con il porporato a lui più sodale Versaldi, nonché l’arcivescovo Celli, erede della scuola diplomatica dell’anziano cardinale Achille Silvestrini. E resta in carica anche il cardinale Monterisi, nonostante il fatto che compirà pure lui 80 anni il prossimo settembre.
Va segnalato poi che non è stato chiamato a far parte della congregazione per i vescovi il prefetto della dottrina della fede, il tedesco Gerhard Ludwig Müller, nonostante i suoi predecessori Levada, Joseph Ratzinger, Franjo Seper e Alfredo Ottaviani fossero stati membri del dicastero.
Nel campo germanofono quindi, al posto del cardinale Meisner subentra il vescovo di Münster, Genn, che fa parte, come d’altronde lo stesso prefetto Ouellet, della Johannesgemeinschaft, la fraternità sacerdotale fondata dal teologo Hans Urs von Balthasar.
Per quanto riguarda l’America latina il messicano Robles è stato preferito al connazionale Norberto Rivera Carrera, ritenuto più conservatore, mentre rimane al suo posto il curiale argentino Sandri, che pure è considerato uno storico rivale romano di Bergoglio.
È curioso, al riguardo, l’episodio raccontato dalla biografa papale Elisabetta Piqué della cena a Santa Marta tra i due, la sera prima dell’inizio del conclave:
"L’arcivescovo di Buenos Aires si siede a mangiare con il suo connazionale Leonardo Sandri. Si conoscono fin da giovani. Bergoglio è stato prefetto di Sandri nel seminario del quartiere di Villa Devoto a Buenos Aires, prima di decidere di unirsi ai gesuiti. Le loro carriere sono state molto diverse. Bergoglio si è dedicato ai compiti pastorali, Sandri si è dato alla diplomazia e ha passato quasi tutta la vita nella curia romana. In passato hanno avuto le loro divergenze, lo sanno tutti. Ma fanno finta di niente".
Con la conferma di Sandri all’educazione cattolica e ai vescovi sembrerebbe che il "far finta di niente" di Bergoglio continui anche dopo il conclave. Ma bisognerà aspettare la conferma o no degli attuali vertici della congregazione per le Chiese orientali – che sono ancora provvisori – per sapere se è davvero così.
Significativa è anche la nomina a membro della congregazione per i vescovi dell’arcivescovo di Bogotà, e non solo perché così si raddoppia la presenza colombiana nel dicastero. Poco prima di ricevere nel 2012 la berretta cardinalizia, infatti, il cardinale Salazar dovette subire una reprimenda, con conseguente sua dichiarazione correttiva, dopo che una sua affermazione era stata interpretata come favorevole alla legalizzazione in patria delle coppie gay.
Così come è significativo che sia stato chiamato a far parte della congregazione per i vescovi l’inglese Nichols, finito nel mirino del Sant’Uffizio – e forse per questo ancora senza porpora – per non aver prontamente messo fine alla celebrazione di liturgie ad hoc per gli omosessuali
È da segnalare infine la doppia promozione toccata al cardinale Koch, teologo svizzero di impronta ratzingeriana, che è stato inserito nelle congregazioni per l’educazione cattolica e per i vescovi, delle quali non faceva parte.
Cosa produrrà la congregazione per i vescovi rifatta da capo da papa Francesco lo si vedrà nei prossimi mesi.
Prima però conosceremo i nomi dei primi cardinali creati dal nuovo pontefice nel concistoro del prossimo febbraio. Con lui, fare previsioni è molto più difficile che in passato. La sorpresa è la regola.
Gli aspiranti nuovi presidenti della Conferenza Episcopale Italia. Chi sono, chi erano
Salgono a tre gli aspiranti nuovi presidenti della Conferenza Episcopale Italiana. Nella successione ad Angelo Bagnasco, è entrato in posizione di forza,l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti nominato da papa Francesco nella Congregazione dei Vescovi in sostituzione proprio dell’arcivescovo di Genova. Secondo quanto riferito dal quotidiano Il Messaggero, sarebbe soltanto il primo atto che dovrebbe portare Bassetti al vertice della Cei.
Usiamo il condizionale perché sono tanti i vescovi italiani che Bergoglio sembra tenere in grande considerazione e che avrebbero a suo giudizio tutti i titoli per guidare la Cei ed aspirare al cardinalato nel primo concistoro utile. Ma per volontà dello stesso Francesco il futuro presidente non sarà scelto dal Papa come avvenuto fino ad oggi, ma dall’assemblea dei vescovi, come prevede la bozza di modifica statutaria voluta dal Pontefice. Fatto questo che comporterà inevitabilmente una mediazione fra le varie anime e sensibilità diverse, presenti all’interno della Cei. I progressisti continuano a puntare sul vescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, teologo fra i più affermati, ma percepito come il fumo negli occhi dagli ambienti tradizionalisti per alcune sue prese di posizioni giudicate troppo di rottura con la dottrina. Nel momento in cui la Chiesa si trova a dover decidere che tipo di approccio adottare nei confronti dei divorziati risposati, delle famiglie di fatto, delle coppie gay, il vescovo Forte è considerato troppo aperto rispetto a determinate questioni dottrinali. Pertanto alla fine si dovrà puntare su candidati di mediazione e fra questi rientra anche Bassetti. Il candidato ideale dovrebbe possedere i seguenti requisiti; essere dotato di una particolare propensione pastorale, possedere una spiccata sobrietà, essere estraneo ai giochi di Curia e, per l’appunto, non essere troppo progressista in campo dottrinale. Un candidato insomma moderato. Un altro nome che potrebbe benissimo rappresentare il giusto equilibrio fra conservatorismo e progressismo è quello del vescovo di VeronaGiuseppe Zenti, che ha dalla sua una particolare predisposizione per i temi sociali e per le materie che riguardano il mercato del lavoro. La nomina di Bassetti nella Congregazione dei Vescovi è stata letta da molti come una sorta di suggello papale ad una sua possibile ascesa ai piani alti della Cei.
Ma attenzione, anche la scelta di Giuseppe Bertello nella commissione degli otto cardinali chiamati ad assistere il Papa nella gestione della Chiesa a livello universale era stata interpretata come un primo passo verso la segreteria di stato. Invece poi, per il ministero degli Esteri vaticano, la scelta di Francesco è caduta su Pietro Parolin del tutto estraneo agli ambienti curiali. Intanto con l’uscita di scena di Bagnasco si chiude definitivamente l’era Bertone, visto che era stato proprio l’ex segretario di stato di Benedetto XVI a perorare la nomina dell’arcivescovo di Genova, con l’obiettivo di ridimensionare il potere esercitato sui vescovi dall’ex presidente Camillo Ruini, fedelissimo di Giovanni Paolo II. Una brutta notizia per i Popolari di Mauro e Casini che vedono evaporare sempre di più, passo dopo passo, la possibilità di ottenere appoggi oltre Tevere, a sostegno delle loro strategie neo centriste, o post democristiane che dir si voglia. L’aria è davvero cambiata all’interno dei sacri palazzi e i raduni di Todi probabilmente resteranno un lontano ricordo.
Americo Mascarucci
Usiamo il condizionale perché sono tanti i vescovi italiani che Bergoglio sembra tenere in grande considerazione e che avrebbero a suo giudizio tutti i titoli per guidare la Cei ed aspirare al cardinalato nel primo concistoro utile. Ma per volontà dello stesso Francesco il futuro presidente non sarà scelto dal Papa come avvenuto fino ad oggi, ma dall’assemblea dei vescovi, come prevede la bozza di modifica statutaria voluta dal Pontefice. Fatto questo che comporterà inevitabilmente una mediazione fra le varie anime e sensibilità diverse, presenti all’interno della Cei. I progressisti continuano a puntare sul vescovo di Chieti-Vasto Bruno Forte, teologo fra i più affermati, ma percepito come il fumo negli occhi dagli ambienti tradizionalisti per alcune sue prese di posizioni giudicate troppo di rottura con la dottrina. Nel momento in cui la Chiesa si trova a dover decidere che tipo di approccio adottare nei confronti dei divorziati risposati, delle famiglie di fatto, delle coppie gay, il vescovo Forte è considerato troppo aperto rispetto a determinate questioni dottrinali. Pertanto alla fine si dovrà puntare su candidati di mediazione e fra questi rientra anche Bassetti. Il candidato ideale dovrebbe possedere i seguenti requisiti; essere dotato di una particolare propensione pastorale, possedere una spiccata sobrietà, essere estraneo ai giochi di Curia e, per l’appunto, non essere troppo progressista in campo dottrinale. Un candidato insomma moderato. Un altro nome che potrebbe benissimo rappresentare il giusto equilibrio fra conservatorismo e progressismo è quello del vescovo di VeronaGiuseppe Zenti, che ha dalla sua una particolare predisposizione per i temi sociali e per le materie che riguardano il mercato del lavoro. La nomina di Bassetti nella Congregazione dei Vescovi è stata letta da molti come una sorta di suggello papale ad una sua possibile ascesa ai piani alti della Cei.
Ma attenzione, anche la scelta di Giuseppe Bertello nella commissione degli otto cardinali chiamati ad assistere il Papa nella gestione della Chiesa a livello universale era stata interpretata come un primo passo verso la segreteria di stato. Invece poi, per il ministero degli Esteri vaticano, la scelta di Francesco è caduta su Pietro Parolin del tutto estraneo agli ambienti curiali. Intanto con l’uscita di scena di Bagnasco si chiude definitivamente l’era Bertone, visto che era stato proprio l’ex segretario di stato di Benedetto XVI a perorare la nomina dell’arcivescovo di Genova, con l’obiettivo di ridimensionare il potere esercitato sui vescovi dall’ex presidente Camillo Ruini, fedelissimo di Giovanni Paolo II. Una brutta notizia per i Popolari di Mauro e Casini che vedono evaporare sempre di più, passo dopo passo, la possibilità di ottenere appoggi oltre Tevere, a sostegno delle loro strategie neo centriste, o post democristiane che dir si voglia. L’aria è davvero cambiata all’interno dei sacri palazzi e i raduni di Todi probabilmente resteranno un lontano ricordo.
Americo Mascarucci
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