ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 dicembre 2013

'Gaudium' o desolazione?

Passio Ecclesiae
Ha fatto scalpore la notizia diffusa da Radio Spada della dichiarazione di eresia sui paragrafi riguardanti i rapporti con l'ebraismo della Evangelii Gaudium. Da parte mia non posso che confermare lo sconcerto di veder diffuso attraverso un documento magisteriale un concetto de facto già presente in omelie e scritti dei papi precedenti, ma de iure prima non codificato. Concetto, peraltro mutuato - e successivamente sviluppato - dalla Dichiarazione conciliare Nostra aetate, documento non dogmatico assurto a nuovo vangelo. Vi invito a leggere quanto al riguardo da tempo precisato e, in particolare la nota 7), in questo documento.

Ma c'è di più e c'è di peggio. La EG è un inno alla evangelizzazione in chiave sociologica e salta a piè pari la redenzione, se non per dire, in due soli punti, che (n.197) tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri o (n.178) la sua redenzione ha un significato sociale.
Il Signore, invece, è venuto a salvarci dal peccato e colui che viene dalla "fine del mondo" sembra ignorare totalmente o, se non lo ignora, sembra saltare a piè pari che le strutture di peccato presenti nel mondo, potrebbero esser sanate grazie alla effettiva realizzazione nella Chiesa, attraverso la sua azione docente e santificatrice, del Regno predicato e portato dal Signore. Il Regno di Dio tra gli uomini è innanzitutto liberazione dal Male attraverso la l'espiazione di Cristo sulla Croce e la nostra risposta che ci libera e ci introduce nella Creazione nuova restaurata dalla Risurrezione. Solo da questa Sorgente ineludibile può scaturire ogni evangelizzazione e la cura di ogni povertà spirituale, morale e materiale, e non ci sarebbero né diseredati né infelici, tranne che nel novero di coloro che rifiutano il Signore o perché ancora non lo conoscono o conoscono solo un suo simulacro presentato da falsi maestri e pseudo-evangelizzatori oppure perché esercitano un tragico cattivo uso della propria libertà.

Mi baso sui nn. 193, 194 e 197 (ma il resto è tutto sulla stessa falsariga). In questi paragrafi, noto elementi che non possono passare sotto silenzio.
C'è anche, ad esempio, il 250, sul dialogo interreligioso, che ispirerebbe volumi. Trascrivo:
« Un atteggiamento di apertura nella verità e nell’amore deve caratterizzare il dialogo con i credenti delle religioni non cristiane, nonostante i vari ostacoli e le difficoltà, particolarmente i fondamentalismi da ambo le parti.... Gli sforzi intorno ad un tema specifico possono trasformarsi in un processo in cui, mediante l’ascolto dell’altro, ambo le parti trovano purificazione e arricchimento. Pertanto, anche questi sforzi possono avere il significato di amore per la verità ».
Si tratta del fraintendimento conciliare della libertà di religione. Non mi soffermo sul resto, ma capite da dove ci verrebbe la 'purificazione'?

Leggete bene il 193 e, soprattutto: « In modo più plastico lo espri­me anche il Siracide: « L’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati » (3,30). La medesima sintesi appare contenuta nel Nuovo Testamento: « Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una mol­titudine di peccati » (1 Pt 4,8). Questa verità pe­netrò profondamente la mentalità dei Padri della Chiesa ed esercitò una resistenza profetica, come alternativa culturale, di fronte all’individualismo edonista pagano ».
Dice cose verissime, ma non le fonda sul fatto che sono azioni di un cuore redento, conseguenza e non causa di salvezza.
Leggete bene il n. 194 e, soprattutto: « Gli apparati concettuali esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuole spiegare e non per allontanarci da essa. Questo vale soprattutto per le esortazioni bibliche che in­vitano con tanta determinazione all’amore frater­no, al servizio umile e generoso, alla giustizia, alla misericordia verso il povero. Gesù ci ha indicato questo cammino di riconoscimento dell’altro con le sue parole e con i suoi gesti. Perché oscurare ciò che è così chiaro? »
Capite? Il discorso del vescovo di roma è parenetico, d'accordo, ma ogni esortazione DEVE nascere da un fondamento, altrimenti è un cembalo che tintinna...
Leggete bene il n. 197 e il testo che segue in chiusura.
Fedeltà al Vangelo per non correre invano
193 L’imperativo di ascoltare il grido dei po­veri si fa carne in noi quando ci commuoviamo nel più intimo di fronte all’altrui dolore. Rileggia­mo alcuni insegnamenti della Parola di Dio sulla misericordia, perché risuonino con forza nella vita della Chiesa. Il Vangelo proclama: « Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » (Mt 5,7). L’Apostolo Giacomo insegna che la misericordia verso gli altri ci permette di usci­re trionfanti nel giudizio divino: « Parlate e agi­te come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia. La misericordia ha sempre la me­glio sul giudizio” (2,12-13). In questo testo, Gia­como si mostra erede della maggiore ricchezza della spiritualità ebraica del post-esilio, che attri­buiva alla misericordia uno speciale valore sal­vifico: « Sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con atti di misericordia verso gli afflitti, perché tu possa godere lunga prosperità » (Dn 4,24). In questa stessa prospettiva, la lettera­tura sapienziale parla dell’elemosina come eserci­zio concreto della misericordia verso i bisognosi: « L’elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato » (Tb 12,9). In modo più plastico lo espri­me anche il Siracide: « L’acqua spegne il fuoco che divampa, l’elemosina espia i peccati » (3,30). La medesima sintesi appare contenuta nel Nuovo Testamento: « Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una mol­titudine di peccati » (1 Pt 4,8). Questa verità pe­netrò profondamente la mentalità dei Padri della Chiesa ed esercitò una resistenza profetica, come alternativa culturale, di fronte all’individualismo edonista pagano. Ricordiamo solo un esempio: « Come, in pericolo d’incendio, corriamo a cerca­re acqua per spegnerlo, […] allo stesso modo, se dalla nostra paglia sorgesse la fiamma del peccato e per tale motivo ne fossimo turbati, una volta che ci venga data l’occasione di un’opera di mise­ricordia, rallegriamoci di tale opera come se fosse una fonte che ci viene offerta perché possiamo soffocare l’incendio ».
194. È un messaggio così chiaro, così diretto, così semplice ed eloquente, che nessuna erme­neutica ecclesiale ha il diritto di relativizzarlo. La riflessione della Chiesa su questi testi non do­vrebbe oscurare o indebolire il loro significato esortativo, ma piuttosto aiutare a farli propri con coraggio e fervore. Perché complicare ciò che è così semplice? Gli apparati concettuali esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuole spiegare e non per allontanarci da essa. Questo vale soprattutto per le esortazioni bibliche che in­vitano con tanta determinazione all’amore frater­no, al servizio umile e generoso, alla giustizia, alla misericordia verso il povero. Gesù ci ha indicato questo cammino di riconoscimento dell’altro con le sue parole e con i suoi gesti. Perché oscurare ciò che è così chiaro? Non preoccupiamoci solo di non cadere in errori dottrinali, ma anche di essere fedeli a questo cammino luminoso di vita e di sapienza. Perché « ai difensori “dell’ortodos­sia” si rivolge a volte il rimprovero di passività, d’indulgenza o di colpevoli complicità rispetto a situazioni di ingiustizia intollerabili e verso i regi­mi politici che le mantengono ».
197 Nel cuore di Dio c’è un posto preferenzia­le per i poveri, tanto che Egli stesso « si fece po­vero » (2 Cor 8,9). Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. Questa salvezza è giunta a noi attraverso il “sì” di una umile ra­gazza di un piccolo paese sperduto nella periferia di un grande impero. ... ...Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consa­crato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio » (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuo­re: « Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio » (Lc 6,20); e con essi si identificò: « Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare », insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s).
Cari amici, dovete credermi, non ho più parole, solo lacrime - qualcuno mi ha augurato con cattiveria, che so sinonimo di prigionia, ma che non mi ha fatto meno male - lacrime di sangue e sono in arrivo anche quelle. E allora inserisco come risposta a queste elucubrazioni riportate qua su, il testo intriso di grazia e di verità di una lettrice, una semplice fedele, dalla quale io ho da imparare di più che dal vescovo di Roma. Il testo riguarda l'attuale tempo liturgico di Avvento, ma rappresenta anche una chiara e limpida risposta cattolica alle elucubrazioni "periferiche" che ho estratto dalll'EG che, se sottoposto ad un esame attento, batte perfino l'intervista a Scalfari rimossa dal sito della Santa Sede.
Un tempo l'Avvento era una "piccola Quaresima". Si capisce bene che ci fosse un carattere penitenziale perché in un certo senso ci si univa spiritualmente alle lacrime e alle preghiere del popolo di Israele in attesa del Redentore (questo sarebbe un riferimento SANO al VT, e ovviamente non viene fatto). Se pensiamo al vituperio sulle sterili capiamo quanto vivo fosse il desiderio, l'ansia del Redentore. Ogni donna israelita sperava di ottenere dal Cielo il "Desiderato delle genti". Naturalmente un tempo per propiziare un simile evento si intuiva che necessitava una purificazione... pensiamo al vecchio simeone o Anna che si consumavano notte e giorno nel Tempio. Se l'arcangelo Gabriele ha colto Maria mentre pregava nella sua stanzetta è perché questo è quel che faceva INCESSANTEMENTE. Ovviamente solo il suo Cuore Immacolato, le sue preghiere infuocate come dardi raggiungevano il cielo, superando il valico che era posto dal peccato originale. Se è stata concepita senza macchia è proprio in vista di questa, che è stata la sua missione principale: attirare il Redentore. Qualsiasi altra preghiera, anche dei patriarchi, in un certo senso si infrangeva contro il cancello chiuso del Paradiso, ma lei, la Senza Colpa, aveva un titolo in un certo senso di "giustizia" per reclamare il Divin Figlio al Padre. Pensando ad un simile mistero esultiamo di gioia ma ci uniamo anche alle anime senza più la grazia santificante per supplicare che anche per noi Nostro Signore nasca e viva stabilmente in cuori non più immacolati come quelli della Madre, ma anche peccatori e miseri come la grotta di Betlemme. Gesù nacque nella miseria e nel rifiuto proprio a significare che prendeva la natura umana su di sé: non solo quella Immacolata di Maria, ma anche la più abietta, per redimerla  con la sua espiazione e santificarla con la sua presenza. In tempi nefasti come i nostri che sono del tutto dimentichi di misteri così sublimi, dobbiamo pensare doppiamente alla Croce: la vita di Nostro Signore è segnata dal dolore prima ancora che venisse al mondo: già il potente di turno lo voleva morto, già il suo popolo gli rifiutò un letto... e così in crescendo fino al Sacrificio finale. Ma è per consumare quel momento che è venuto al mondo Nostro Signore, non per fare una specie di girotondo con il battimani tutti insieme come vogliono farci credere ora... non è venuto a divertirsi o a predicare e basta, è venuto per SOFFRIRE e morire con gli uomini, affinché ci fosse in questa ingiustizia il nostro riscatto.

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