ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 20 dicembre 2013

La misericordina, ina, ina

Con Francesco chi è fedele a magistero e liturgia viene punito. Esempi

Al direttore - L’uggia di Papa Francesco che traspare dalla rivoluzione alla congregazione per i Vescovi non è solamente verso “chi rompe i coglioni contro l’aborto”, come ha efficacemente notato sul Foglio del 18 dicembre, riferendosi all’allontanamento del cardinale Burke. Dalle nuove rimozioni ed entrate al dicastero vaticano, infatti, si possono facilmente dedurre anche alcune delle linee guida della deriva liturgica in atto con Papa Bergoglio.
Già, perché nonostante si continui a sbandierare il contrario, i fatti d’oltretevere dimostrano quanto il Papa gesuita che “nec rubricat nec cantat” abbia a cuore un’inversione liturgica rispetto al pontificato del suo predecessore.
Come ultimo esempio, in ordine cronologico, era arrivata la comunicazione di padre Lombardi: gli otto cardinali, aveva annunciato il direttore della Sala stampa, “hanno cominciato a confrontarsi sulla congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti”. Il consiglio della corona, dunque, comincerà – così come fece il Vaticano II – a riformare partendo dalla liturgia, da quel dicastero rimasto baluardo ratzingeriano e guidato dal “piccolo Ratzinger”, il cardinale Antonio Cañizares Llovera. E poi, la notizia delle nuove nomine al dicastero dei Vescovi. Stupiscono – ma forse nemmeno troppo – due ingressi in particolare, data la loro spaventosa complementarietà liturgica: il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, e monsignor Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster.
Il primo, Braz de Aviz, è il detentore del pugno di ferro contro i Francescani dell’Immacolata (ma, al contempo, anche delle carezze verso le suore “eretiche” americane). E’ colui che, ex auditu di Papa Francesco, ha commissariato il fiorente ordine tradizionalista e costretto all’embargo la messa antica. L’ordine fondato da padre Manelli è uno di quelli con il maggior numero di vocazioni giovanili e – in perfetta consonanza con un Papa “francescano” – dalla condotta di vita austera ed evangelicamente povera. Un ordine che dovrebbe essere un esempio per il nuovo pontificato. E invece no. Letale è stata la loro fedeltà al Magistero perenne (anche a costo di qualche dubbio sulla continuità conciliare in alcuni passi) e alla messa antica. Ora, appunto, il braccio secolare della loro persecuzione sarà membro della potente fabbrica dei vescovi.
A conferma dell’evidente contraddizione in corso, secondo la quale chi rimane fedele al magistero e alla liturgia viene punito, mentre chi vi disobbedisce è premiato, si colloca la seconda nomina, quella di Nichols. Se Braz de Aviz commissaria un ordine tradizionale, Nichols offre un seminario ai neocatecumenali. E’ solamente di qualche giorno fa, infatti, la notizia che il seminario londinese Redemptoris Mater (su decreto dell’arcivescovo di Westminster) è stato affidato al movimento di Kiko Argüello. In realtà, la nomina di Nichols fa eco alla decisione di Francesco dell’ottobre scorso di bloccare l’esame voluto da Ratzinger della liturgia neocatecumenale da parte della congregazione per la Dottrina della fede. Il rito sincretistico inventato da Argüello sulla falsariga del Novus Ordo è davvero l’esempio di una liturgia fai da te, quella che “non può trarre origine dalla nostra fantasia, dalla nostra creatività, altrimenti rimarrebbe un grido nel buio o una semplice autoconferma”, dalla quale aveva messo in guardia già il cardinale Ratzinger. E se quest’ultimo scrisse che “la crisi ecclesiale dipende in gran parte dal crollo della liturgia”, Papa Francesco ringrazia il liturgo Kiko “per il bene grande che sta facendo il Cammino in tutta la chiesa”. E ora, Kiko guarderà con occhi di riguardo pure la congregazione dei Vescovi.
di Mattia Rossi
http://www.ilfoglio.it/soloqui/21170

La chiesa non antiabortista

Sei anni fa sotto Natale dicemmo no all’aborto come sordità morale e selezione e libertà. Fummo accusati di essere al soldo della chiesa. Che errore da stronzi. Ora Francesco non antiabortista ci vendica

Papa Francesco ha dato nuovi segnali di avere in uggia chi rompe i coglioni contro l’aborto (vedi qui). E’ figlio della chiesa, come dice, è per la vita, ci mancherebbe, ma la sua riforma spirituale è un ritorno al cuore e alla fede, ha un impasto di mistica e di ascetica gesuitica incompatibile con ragionamenti di dottrina troppo rigidi sulla società contemporanea. Siamo sempre lì, alla casuistica secentesca, al conflitto tra il giansenista cristiano Pascal e i Reverendi Padri delle Provinciales.
Sei anni fa, sotto Natale, m’incazzai di brutto con Sua Eccellenza la Bonino che lavorava per la moratoria sulla pena di morte con fare sussiegoso e onusiano, e ricordai che semmai, morte per morte, vita per vita, era ora di fare una moratoria sugli aborti, che erano arrivati, a trent’anni dalle leggi e sentenze di regolamentazione, alla pallida e sinistra cifra di circa un miliardo nel mondo. C’era l’aborto per tutti i gusti e ne avevo personalmente fatto un’esperienza tanto più drammatica quanto più inconsapevole per tre volte con mie partner che accondiscesero alle mie grottesche paure omicidarie: eugenetico in Asia, selettivo e di programmazione delle nascite, della privacy personale in America, l’aborto come diritto riproduttivo sostenuto dai fondi dell’Onu, l’aborto come tutela sociale della maternità (legge italiana 194), l’aborto come scarto dell’embrione a scopi clinico-terapeutici presunti, l’aborto come idolo e mostruoso simbolo di una sordità morale che per la prima volta nella storia dell’umanità, naturalmente anche e sopra tutto in Europa,  aveva trasformato un gesto clandestino e barbaro di annichilimento personale e solitudine femminile in una specie di celebrazione della famiglia come Accoglienza; e se l’accoglienza non c’è, per ragioni di ogni tipo non esclusa la carriera o una vacanza irrinunciabile o una vaga e anche genuina concezione dell’amore e del sesso, chissenefrega.
La legge bronzea dell’amore moderno era prevenire, pillola, e poi uccidere se necessario, con l’applauso e la comprensione ipocrita del mondo per il dramma della donna. Che grandissimo schifo morale. Altro che la pena di morte.
Sei anni dopo rifletto ad alta voce. La chiesa di Ratzinger e Ruini sembrava incoraggiarmi, in realtà mi lasciò discretamente solo nonostante tutti gli Evangelium vitae e altri pronunciamenti, nel quarantennale della Humanae vitae del coraggioso e abbandonato Paolo VI. Non mi lamentai delle porte chiuse delle sagrestie, quando presentai una lista pazza ma laica alle elezioni, di perfetto insuccesso, perfettamente incompresa e forse incomprensibile per l’opinione elettorale media, una lista contro Berlusconi mio amico sordo a certi discorsi, che mi aveva scongiurato di abbandonare quel tema divisivo, contro le femministe che venivano a tirare quintali di prezzemolo al Foglio, contro il mondo di celluloide della ricerca scientifica, contro la stragrande maggioranza dei cattolici (ciellini di vertice compresi: Formigoni arrivò a prendermi in giro facendo un giretto di valzer politicante intorno alla lista, monsignor Fisichella, poi sanzionato dalla maleducazione argentina della famosa e benedetta sedia vuota, mi irrise nel momento della sconfitta, perché l’uomo è quello). A noi prolifer sbilenchi e un po’ assurdi tirarono le uova, le bombe carta, la campagna fu protetta da polizia e carabinieri, a Bologna ci fu un tentativo di linciaggio in piazza Maggiore. Un liberale come Panebianco mi difese, con lui pochi altri capaci di capire lo spirito non oscurantista, ma illuminista, non devoto ma culturalmente cristiano, della nostra rivolta.
L’ho scritto già tempo fa. La chiesa si può permettere di fungere da contraddittorio del mondo solo fino a un certo punto. Noi giudicavamo e credevamo di avere i titoli per farlo. Francesco non è dunque una assoluta novità, ma è la ratifica del fatto che fede, misericordia, perdono e cuore vengono prima di un giudizio etico sul peccato. Prendo atto, da laico, e chiedo da laico una completa riabilitazione a chi fece dei miei pochi amici e di me, nella chiacchiera caciarona, ignorante e demoniaca del mondo abortista, il missus delle gerarchie. Stronzi.

Giuliano Ferrara

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