Parlava dell’«ecumenismo del sangue» Papa Francesco nell’intervista ad Andrea Tornielli pubblicata domenica sul quotidiano La Stampa. Quell’unità sperimentata dai cristiani davanti a quei persecutori che non chiedono loro «se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi». Ed è una fotografia che in Siria si ripete ogni giorno in un posto nuovo.
In queste ultime ore la geografia della sofferenza ci ha portato a conoscere la storia di Kanayé, un altro dei villaggi della valle del fiume Oronte che raccontano la lunga storia del cristianesimo in Siria. A lanciare l’allarme è stato il vicario apostolico emerito di Aleppo, mons. Giuseppe Nazzaro, che da pochi mesi ha lasciato fisicamente questa terra ma resta un punto di riferimento importante per i cristiani della Siria. È a lui che è giunto da Kanayé - un villaggio cristiano di duemila anime appena caduto nelle mani dei miliziani qaedisti di Jabat al Nusra - un appello telefonico drammatico.
«Sono penetrati nel villaggio - ha raccontato monsignor Nazzaro - ed hanno imposto al parroco di non suonare più le campane. Le donne non devono più uscire per strada a capo scoperto, devono essere velate. Nel caso non ottemperassero a questi ordini, passerebbero dalle minacce ai fatti, massacrandoli tutti». Che non siano solo parole gli abitanti di Kanayé lo sanno bene: «Già un anno fa - continua il presule francescano - a Ghassanieh, un villaggio vicino, intimarono alla gente di lasciare subito il villaggio, altrimenti li avrebbero tutti uccisi. Così ottennero il risultato che volevano, cioè occupare il villaggio e tutto quanto i cristiani possedevano. A Kanayé - commenta ancora padre Nazzaro - questo è il primo passo, domani li costringeranno a convertirsi all'islam».
Nel susseguirsi di queste notizie rischia sempre di sfuggire che cosa significhi per l'intera cristianità questo disegno di sradicamento dalla Siria della fede in Gesù. Tendiamo a dimenticare che nei posti come Kanayé si è cristiani da sempre; siamo noi a essere figli del loro primo annuncio. «Secondo la tradizione - raccontava qualche anno fa alla rivista Terrasanta proprio il parroco di Kanayé, padre Hanna Jallouf - san Paolo dopo aver avuto la notizia e la gioia di poter convertire gli elleni al cristianesimo, si recò da Gerusalemme verso Antiochia. Allora c'erano tre strade che collegavano Apamea ad Antiochia. Una era la strada militare verso Aleppo, un'altra passava vicino al corso dell'Oronte (per sei mesi impraticabile a causa delle piene); una terza passava proprio dietro questa collina. Senz'altro san Paolo è passato di qua, evangelizzando queste terre. Insomma, siamo certamente i discendenti dei primi cristiani convertiti dall'apostolo missionario».
Gli islamisti non vogliono semplicemente impadronirsi di un villaggio: vogliono cancellare un'intera storia. «Maalula, Sednaya, Sadad, poi Qara e Deir Atieh, Nebek: i jihadisti armati applicano sempre lo stesso modello - ha dichiarato all’agenzia Fides padre George Louis, parroco greco-cattolico del villaggio di Qara -. Prendono di mira un villaggio, lo invadono, uccidono, bruciano, devastano. Per i civili - cristiani e non - la vita è sempre più difficile». Del resto sono giorni che i cristiani della Siria sono in ansia anche per la sorte delle suore ortodosse costrette a lasciare il monastero di Santa Tecla a Maaloula. Sanno bene che non lo avrebbero mai abbandonato spontaneamente. Alcune fonti locali ieri parlavano di una trattativa diplomatica in corso con le milizie che le tengono sotto la loro «custodia» a Yabroud. Ma siamo sempre nel dominio delle voci che si rincorrono, che abbiamo imparato bene a conoscere anche nei casi degli altri sequestri (tuttora in corso).
di Giorgio Bernardelli
17-12-2013
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-siria-duemila-cristiani-ostaggio-degli-jihadisti-7991.htm
Asianews - La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi è stata al centro dell'udienza data da papa Francesco al segretario generale dell'Organizzazione della Conferenza islamica - che raggruppa 57 Paesi musulmani - Ekmeleddin Ihsanoğlu (nella foto), avvenuta lo scorso 13 dicembre.E' quanto sostiene un comunicato diffuso oggi dall'ambasciata di Turchia presso la Santa Sede, nel quale, tra l'altro, si riferisce che Ihsanoğlu ha esposto al Papa anche la sua idea di una "riconciliazione storica" tra l'Islam e la Cristianità, "basata sulle comuni radici abramitiche e per dare sostegno al multiculturalismo e a società armoniose. Sua Santità ha lodato il proposito del Segretario generale e ha sottolineato la necessità di portarlo avanti".
"E' stato sottolineato - si legge ancora nel documento - che il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo e che esso rappresenta un dovere per tutte le tradizioni religiose". "Preoccupazioni sono state espresse a proposito della crescita di tensioni tra comunità cristiane e musulmane e sulla trasformazione di conflitti locali di alcune parti del mondo in conflitti provocati da cause religiose, anche quando le origine non sono di natura religiosa. Preoccupazioni sono state espresse anche sull'uso della religiose in situazioni di conflitto come mezzo per motivare sostenitori".
Sottolineata anche la necessità di una via culturale per sostenere le iniziative di dialogo interreligioso.
"C'è stato anche uno scambio di opinioni su vicende regionali e internazionali, specialmente sulla situazione della Palestina ed è stata espresso l'auspicio che la Città santa di Gerusalemme sia una città nella quale ebrei, cristiani e musulmani possano vivere e pregare in pace e armonia".
"Preoccupazione e costernazione sono state poi espresse sul proseguire della violenza in Siria, che richiede una soluzione basata sul dialogo e il negoziato".
"Durante l'incontro il Segretario generale ha espresso apprezzamento per l'attenzione del Papa a ridare slancio al dialogo tra cristiani e musulmani in un momento nel quale il dialogo sta assumendo una importanza crescente, mentre cresce la presenza di musulmani in Paesi storicamente cristiani e alcune nazioni dell'Organizzazione hanno comunità cristiane nazionali e testimoniano l'arrivo negli ultimi anni di lavoratori cristiani stranieri".
L'incontro tra papa Francesco e il segretario generale dell'OIC in un comunicato dell'ambasciata di Turchia presso la Santa Sede. La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi. Preoccupazione per la Siria. Una "riconciliazione storica" tra l'Islam e la Cristianità.
Asianews - La necessità di maggiori sforzi per incoraggiare il pluralismo religioso e la diversità culturale, contrastando la diffusione del fanatismo e dei pregiudizi è stata al centro dell'udienza data da papa Francesco al segretario generale dell'Organizzazione della Conferenza islamica - che raggruppa 57 Paesi musulmani - Ekmeleddin Ihsanoğlu (nella foto), avvenuta lo scorso 13 dicembre.E' quanto sostiene un comunicato diffuso oggi dall'ambasciata di Turchia presso la Santa Sede, nel quale, tra l'altro, si riferisce che Ihsanoğlu ha esposto al Papa anche la sua idea di una "riconciliazione storica" tra l'Islam e la Cristianità, "basata sulle comuni radici abramitiche e per dare sostegno al multiculturalismo e a società armoniose. Sua Santità ha lodato il proposito del Segretario generale e ha sottolineato la necessità di portarlo avanti".
"E' stato sottolineato - si legge ancora nel documento - che il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la pace nel mondo e che esso rappresenta un dovere per tutte le tradizioni religiose". "Preoccupazioni sono state espresse a proposito della crescita di tensioni tra comunità cristiane e musulmane e sulla trasformazione di conflitti locali di alcune parti del mondo in conflitti provocati da cause religiose, anche quando le origine non sono di natura religiosa. Preoccupazioni sono state espresse anche sull'uso della religiose in situazioni di conflitto come mezzo per motivare sostenitori".
Sottolineata anche la necessità di una via culturale per sostenere le iniziative di dialogo interreligioso.
"C'è stato anche uno scambio di opinioni su vicende regionali e internazionali, specialmente sulla situazione della Palestina ed è stata espresso l'auspicio che la Città santa di Gerusalemme sia una città nella quale ebrei, cristiani e musulmani possano vivere e pregare in pace e armonia".
"Preoccupazione e costernazione sono state poi espresse sul proseguire della violenza in Siria, che richiede una soluzione basata sul dialogo e il negoziato".
"Durante l'incontro il Segretario generale ha espresso apprezzamento per l'attenzione del Papa a ridare slancio al dialogo tra cristiani e musulmani in un momento nel quale il dialogo sta assumendo una importanza crescente, mentre cresce la presenza di musulmani in Paesi storicamente cristiani e alcune nazioni dell'Organizzazione hanno comunità cristiane nazionali e testimoniano l'arrivo negli ultimi anni di lavoratori cristiani stranieri".
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