ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 27 febbraio 2014

Gli 8 Settembre pullulano

Liberi, anche i cattolici

Se la chiesa molla certe battaglie di cultura e ragione, allora i laici e i fedeli che le fanno sono più autonomi. Rassegna di opinioni nell’establishment sociale

Nell’ultimo numero della Civiltà Cattolica, l’organo della Compagnia di Gesù,  un articolo di padre GianPaolo Salvini S.I. tesse l’elogio della Conferenza episcopale francese e delle sue prese di posizione nei confronti della recente “legge Taubira” che dallo scorso aprile autorizza il matrimonio omosessuale con possibilità di adozione. Quella posizione, largamente illustrata in un documento intitolato “Proseguiamo il dialogo!”, datato giugno 2013 ed elaborato dal consiglio Famiglia e società della Conferenza episcopale francese, può riassumersi in un’esortazione alla pacatezza, al dialogo e all’abbandono di contrapposizioni aspre, colpevoli di provocare divisioni inopportune anche nella comunità ecclesiale. Un invito poco meno che esplicito all’adeguamento a tempi di “pluralismo etico” che impongono a volte, come prova di “maturità democratica”, l’accettazione da parte dei cattolici “senza violenza che il proprio punto di vista non abbia prevalso”.
Il documento consiglia, tra l’altro, di impegnare movimenti e parrocchie su temi più adatti alla riconciliazione e al consenso, come i diritti dei Rom e la difesa degli esodati.
Impossibile non leggere nella posizione della Cef – e di conseguenza nell’articolo elogiativo di padre Salvini – se non proprio una virata di dottrina sulla pastorale famigliare della chiesa, quantomeno un “rompete le righe e tutti a casa” rivolto a movimenti, associazioni, gruppi che in questi anni di accelerazioni legislative postmoderne sono nati e si sono “specializzati” nella difesa della famiglia; e che lo hanno fatto inventando forme di lotta nonviolente, scendendo in piazza, non dandosi per vinti. Per rimanere in Francia, il modello di questo è la Manif pour tous, che non è riuscita a impedire la legge sul mariage gay ma sta ottenendo differimenti e marce indietro governative su altri dossier, come l’introduzione del famigerato “Abcd de l’égalité” pro teoria del gender in tutte le scuole francesi o il rinvio di almeno un anno della riforma della famiglia che avrebbe aperto alla fecondazione medicalmente assistita per le coppie omosessuali.
In Francia, insomma le bandiere non sono state ammainate, nonostante la tiepidezza dei vescovi dialoganti. Ora si sta avviando la grande nave del Sinodo sulla famiglia: l’articolo della Civiltà cattolica indica già una rotta, il cui approdo sarà davvero la famiglia patchwork (vedi sul Foglio di sabato l’editoriale in prima pagina di Giuliano Ferrara)? Osservatori attenti dei fenomeni ecclesiali e della “rivoluzione” bergogliana fanno notare segnali contraddittori. Se incaricare il cardinale Kasper della relazione al recente concistoro sulla famiglia potrebbe confermare le versioni “aperturiste”, la nomina contestuale alla presidenza del futuro Sinodo del vecchio cardinale Vingt-Trois (ex presidente dei vescovi francesi e, per quanto lo riguarda personalmente, valoroso combattente nella battaglia contro la legge Taubira) potrebbe far intuire intenzioni diverse.
Rimane però, poco espressa, una sensazione di crescente “orfanaggio” delle associazioni che sui temi della famiglia e delle questioni eticamente sensibili hanno fondato la loro azione e la loro stessa ragion d’essere (non per capriccio ma perché sfidati dai tempi). Mentre la teoria del gender aspira a diventare programma scolastico anche in Italia, e incombe il liberticida decreto Scalfarotto sull’omofobia, quei gruppi e quelle associazioni possono ancora contare sull’appoggio dei loro vescovi? Oppure è stata inaugurata l’epoca del fai-da- te? Il sociologo Massimo Introvigne, responsabile di Alleanza cattolica e coordinatore dei comitati “Sì alla famiglia”, sottolinea che “il Papa ha enunciato con grande chiarezza, nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ (è di fatto il suo programma), che certi argomenti non saranno trattati dalla Santa sede ma dai vescovi nell’ambito delle conferenze episcopali e dai laici nell’ambito della loro responsabilità politica. Quei temi non sono né l’aborto – sul quale Papa Francesco sta intervenendo in continuazione – né l’eutanasia, da lui considerata come una terribile piaga (anche se non è intervenuto direttamente dopo la legge belga sull’eutanasia dei bambini). Ma leggendo le note dell’Evangelii Gaudium’, vediamo che la cosa su cui il Papa ha detto di non voler intervenire è il matrimonio omosessuale: lascia l’incombenza ai vescovi, ai laici cattolici e ai non cattolici in buona fede”. Non è abbastanza, questo “passare la mano”, per parlare di un vuoto che anticipa un cambio di rotta dottrinario? “Prendiamo esempio dai vescovi americani – risponde Introvigne – i quali dimostrano che non è così. Anziché fare come i nostri, che dicono ‘se il Papa non ne parla non ne parliamo nemmeno noi’, stanno moltiplicando gli sforzi. Per le associazioni il modello allora deve essere: diritto a cinque minuti di mugugno, ma il resto della vita passiamolo a fare quello che i vescovi e laici impegnati ci invitano a fare. Le ‘Sentinelle in piedi’, per esempio, stanno mobilitando in tutta Italia migliaia di persone, e moltissimi giovani”.
La storica e filosofa Paola Ricci Sindoni, presidente di Scienza e Vita, l’associazione nata dalla battaglia durante il referendum sulla legge 40, in “epoca Ruini”, non parla di orfanaggi e nemmeno di sconfessioni, ma semmai di “una situazione di attesa. Il Papa vuole imprimere una svolta non solo alla struttura della chiesa ma al suo metodo. Più che difendere astrattamente valori di principio, vuole coglierli all’interno delle situazioni concrete. Mutare metodo pastorale non significa però negare o riformare pilastri come la difesa della vita, dell’embrione, della famiglia. Significa maggiore attenzione misericordiosa al peccatore, e su questo trovo che Papa Francesco sia stato chiarissimo”. Nessun timore che nell’attesa cresca la confusione, allora, “se non ci si fa afferrare da pregiudizi e conclusioni affrettate. L’attesa non ci paralizza. Per maggio, nel nostro convegno annuale, proprio per cercare di dare seguito a un’impostazione pastorale improntata all’ascolto, abbiamo deciso di   interpellare le associazioni locali, affinché siano loro a proporre i temi della discussione e le modalità di svolgimento”.
Non cambia la dottrina, ripetono molti esponenti di associazioni, ma di certo cambierà la prassi. E’ – sarà – questa la rivoluzione di Papa Bergoglio? “Se sarà questa, è un bel problema – fa notare in forma confidenziale un vecchio militante di Comunione e liberazione – perché quella prassi in movimento avrebbe bisogno di vescovi doppiamente determinati. E in èra di totale autorganizzazione, ci saranno vescovi che daranno la loro benedizione da lontano e altri che ne approfitteranno per defilarsi completamente da certi temi. A questo proposito – aggiunge il nostro interlocutore – la lettera appello del Foglio a Papa Francesco è una buona cartina di tornasole: nessun attuale responsabile di Cl ai massimi livelli l’ha firmata, mentre sono tantissimi i singoli militanti che hanno risposto al richiamo del dna dell’associazione, facendo circolare la lettera sui blog e nelle parrocchie. Segno che un problema si sente. Ma qualcosa di positivo c’è, nel nuovo corso della chiesa bergogliana: cadono figure inutili come l’assistente ecclesiastico, mentre altri laici di buona volontà si fanno avanti. Non è un caso che nella battaglia antropologica sulla famiglia oggi ci siano in prima linea i Giuristi per la Vita e non i Giuristi cattolici”.
Il giovane presidente della Manif pour tous Italia, Jacopo Coghe, è un esempio di laici credenti impegnati in quella battaglia. Ammette che oggi sarebbe impensabile una mobilitazione come quella del Family Day del 2007, ma non se ne duole più di tanto, perché la scelta  della sua associazione “è volutamente non confessionale. I cattolici sanno qual è la dottrina della chiesa sulla famiglia, non hanno bisogno che il Papa la ricordi ogni giorno. Certo, qualcuno può scoraggiarsi, ma altri, che sarebbero respinti da un imprimatur esplicito, possono unirsi al Manif senza timore di dover sventolare una bandiera confessionale. La nostra idea è che la battaglia sulla famiglia va riportata, perché sia vincente, sul piano della ragione. La famiglia naturale è la cellula della società non solo per i cattolici ma per gli ebrei, i musulmani e per tantissimi non credenti. Ci ha ammaestrati anche l’esperienza della Manif pour tous francese, che è cresciuta ed è sempre più forte proprio perché nessuno l’ha potuta accusare di essere una creatura della curia. Va bene così”.
Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari e consultore del Pontificio consiglio per la famiglia, dice di non credere affatto a un prossimo cedimento vaticano al “pluralismo etico”: “Non credo che il Sinodo sulla famiglia segnerà spostamenti rilevanti rispetto al magistero per come lo conosciamo. Papa Francesco lo ha chiarito già nel famoso discorso sull’aereo. Il cambiamento avrà a che fare con lo stile pastorale, con l’attenzione alle persone, con la capacità di dialogo e accoglienza. Mi aspetto novità di linguaggio, non nei valori teologici. Ci sarà certo una riflessione seria sul tema dei sacramenti ai divorziati, ma che di questo sia importante discutere lo aveva già detto Benedetto XVI ai vescovi della Valle d’Aosta. Come Forum delle associazioni familiari, ci stiamo occupando di contrastare la legge sull’omofobia e di unioni civili, temi che sono poco spostati da questo dibattito, perché il nostro ragionare fa riferimento a valori antropologici che sono riconosciuti dalla Costituzione”. Belletti vede i segni, non negativi, di “un periodo di transizione. Non ci sentiamo, come laici impegnati nelle associazioni, né abbandonati né più liberi. Semmai più responsabilizzati e chiamati a una maggiore capacità operativa con strumenti che saranno diversi. Oggi in Italia ci sono molte forme di protesta, la Manif pour tous, le Sentinelle in piedi, e stiamo mettendo una grande attenzione alla scuola e all’educazione, perché la richiesta arriva dai genitori e dagli insegnanti. Sono in gioco sfide che non riguardano solo i cattolici, ma che interessano l’idea di persona, il modello di società, la libertà di espressione”. Il presidente del Forum delle famiglie si dichiara ottimista “perché vedo grande energia e sensibilità su questi temi, che fanno  riferimento al sentire comune del popolo rispetto a quello che è la naturalità dell’esperienza. Nelle scuole sta diventando un nervo scoperto: nessuno è disponibile ad accettare che nelle classi entri chiunque a raccontare a bambini di sei-otto anni quello che gli pare, senza che i genitori ne siano informati. In tanti ci chiedono che fare, come comportarsi. Non è un problema solo dei cattolici, ma di tutti”.
Lo sa bene Simone Pillon, responsabile per il Forum delle famiglie per l’Umbria e consigliere nazionale della Commissione relazioni familiari e diritto, il quale ha appena lanciato un vero e proprio manuale di “autodifesa dalla teoria del gender per genitori con figli da 0 a 18 anni”: “Ho la fortuna di avere un grande rapporto di fiducia e di sintonia con il mio vescovo, Gualtiero Bassetti (da poco nominato cardinale da papa Bergolio, ndr). Sono convinto che nella chiesa stia cambiando un modo di porgere le cose, non la sostanza. Il Papa ci dice che non si può annunciare una morale senza annunciare prima la fede, e che l’uomo contemporaneo non può riconoscere come veri certi precetti se prima non c’è l’annuncio di fede. Sono convinto che sia così. L’altro ragionamento rivoluzionario è che finalmente le gerarchie fanno un passo indietro per quanto riguarda la gestione più spiccia delle relazioni con la politica. Il dibattito sociale, culturale e politico riguarda ora soprattutto i laici formati nel seno della chiesa. Non faccio lo struzzo, e mi rendo conto che alcune modalità con cui il Papa afferma questo possono lasciare perplessi. Ma il Pontefice sta dicendo: i laici si facciano avanti e i vescovi annuncino la fede”. In questa divisione di compiti non avrebbe quindi più importanza l’appoggio dei vescovi alle battaglie sulla famiglia? “Questo attiene alle scelte personali dei pastori, ma la battaglia concreta si fa sul piano sociale e politico. Negli anni passati, la relazione con la politica era stata espropriata dalla segreteria di stato. Restituire agli episcopati una relazione con le istituzioni e ai laici con la politica è una cosa molto buona, secondo me: è quello che chiediamo da tempo. Non nego però che ci sia chi si sente orfano del vescovo che diceva cosa fare, e lamenta di sentirsi solo”.
Anche Salvatore Martinez è consultore del Pontificio consiglio della famiglia, oltre a essere presidente della fondazione vaticana “Centro Internazionale Famiglia di Nazareth” e presidente del movimento ecclesiale Rinnovamento nello Spirito Santo. Di ritorno da un viaggio di incontri con famiglie in Giordania, Israele e Palestina, in preparazione del futuro viaggio del Papa in quella parte del mondo, dice che “la famiglia oggi appare indebolita ovunque e a prescindere dal fatto sacramentale, perché l’accento sui diritti individuali e sulle forme alternative alla famiglia tradizionale, che chiedono con insistenza uguali riconoscimenti, ha occupato la scena”. Ma l’annuncio della chiesa sulla famiglia non può cambiare, “perché non può passare da interpretazioni che si pongono contro l’evidenza, che non è di natura teologica ma culturale: l’evidenza della dimensione naturale della famiglia. Noi partiamo dalla tutela della famiglia costituzionalmente intesa, e anche dall’idea che ci possano essere forme di tutela di patti di convivenza”. Si tratta, specifica Martinez, di sodalizi che possono interessare anche parenti (nonni e nipoti, per esempio) e che non devono scimmiottare l’unione matrimoniale tra un uomo e una donna. Ma se avvenisse anche in Italia quello che è successo in Francia, dove in pochi mesi è stato approvata, sulla base di una semplice maggioranza parlamentare, una legge sul matrimonio omosessuale con diritto di adottare figli, sarebbe ancora possibile immaginare una chiesa impegnata in un Family Day come quello che fu convocato nel 2007? “All’interno dell’associazionismo di ispirazione cristiana – risponde Martinez – non abbiamo mai escluso di poter tornare a far sentire la nostra voce. Ma la questione non va posta sul piano di ‘andare contro’ qualcuno. I valori dell’antropologia culturale, la dignità integrale dell’uomo sono cose che interessano tutti. Non si tratta di scendere in piazza per protestare, ma di rimotivare e ridare soggettività a un pensiero ispirato a un ideale di fede che non può essere certamente tradito da un credente”.
Un ideale che, si immagina, non può essere tradito, a maggior ragione, da chi tra i credenti ha responsabilità di guida. Ridiamo la parola a Massimo Introvigne, stavolta in veste di sociologo delle religioni: “Non dobbiamo pensare che per il Sinodo sulla famiglia  i giochi siano fatti. Facciamo attenzione a una frase dello stesso cardinale Kasper, il quale ha detto testualmente che nel corso del concistoro sono state presentate le opinioni di quattro o cinque paesi europei, ma che la chiesa è molto altro. Bisognerà tener conto delle posizioni dei paesi africani, come si sa ostilissimi al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Insomma, ci sono episcopati con efficienti uffici stampa e altri che non ne hanno, ma che contano molto. E poi – prosegue Introvigne – per un articolo sulla Civiltà cattolica c’è un episcopato americano che per la prima volta, non con un documento di opinione ma con un intervento in causa, contrasta i giudici che vogliono imporre il matrimonio omosessuale negli stati che lo rifiutano, e chiama a collaborare a quell’atto giuridico anche altre religioni. Sono legittime le preoccupazioni, soprattutto per cose tecnicamente scandalose dette da alcuni vescovi tedeschi, ma non fasciamoci la testa prima di essercela rotta. Al Sinodo scenderanno in campo gli africani”. 

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