Benedetto: dal Gran Rifiuto al piccolo rifiuto. Dello stemma di “emerito”
L’altra notte, tanto per cominciare: ho dormito poco e male. Un sonno tormentato da tre incubi. E tutti e tre monotematici: il papa emerito Benedetto XVI era morto, e non mi davo pace. Osservavo coi nervi distrutti la salma del pontefice steso sul letto, vestito degli abiti da coro, compresa la mozzetta rossa ermellinata. Una suora pietosa, con dolcezza gli carezza i capelli: mentre li smuove, noto – nel sogno – che sono ancora neri alla radice. Poi mi sono svegliato, un tantino addolorato; preoccupato forse. Il legame di chi scrive con quel papa è fortissimo, emotivo: una paternità per me.
È stato così che, scrivendolo in un mio stato facebook, proprio il noto blogger cattolico Francesco Colafemmina, mi ha spiegarmi che il mio altro non doveva essere che “rielaborazione del lutto” di un anno fa. Era ieri!… ma è già passato un anno.
E proprio stamane mi segnalano un articolo curioso su Vatican Insider(vedi QUI), avvertendomi però che quel pezzo “non la dice tutta”, è monco.
Parla apparentemente di pignolerie curiali, da addetti ai lavori, all’araldica ecclesiastica per la precisione: insomma, il vecchio cardinale Montezemolo, quello che nel 2005 disegnò e donò al neoeletto Benedetto XVI lo stemma del suo pontificato: dono non del tutto gradito ma per cortesia accettato, e rimasto famoso per le asinerie araldiche assemblate dal sedicente “esperto” Montezemolo, dove si stilizza la tiara pontificia al punto da ridurla a una mitria, che sommata a tutto il resto ne fa lo stemma più che di un papa di un vescovo-barone come ce n’erano secoli addietro, Montezemolo, dunque, neppure questa volta ha perso occasione di molestare Ratzinger con le sue fisime araldiche. E con l’ennesima improvvida “offerta”. Di uno stemma. Che araldicamente prendesse atto e regolarizzasse la nuova situazione di Benedetto, passato da pontefice regnante a pontefice emerito. “Offerta” che questa volta Ratzinger ha respinto con un cortese ma risoluto (e forse, al fondo, piccato) “no, grazie”… vada a giocare con i suoi scarabocchi araldici da un’altra parte.
Ma perché quell’articolo non la direbbe “tutta”?
Recita in finale l’articolo, strappando un mezzo sorriso, per questo “Piccolo Rifiuto” che pretendeva sostanziare simbolicamente il “Gran Rifiuto”:
«Benedetto XVI, manifestando all’Autore vivo gradimento e sentita gratitudine per l’interessante studio fattogli pervenire, ha fatto sapere che preferisce non adottare un emblema araldico espressivo della nuova situazione creatasi con la sua rinuncia al Ministero Petrino»
La cosa mi ha incuriosito. Faccio una chiamata mirata, per chiedere spiegazioni. E arrivano, per quanto stravaganti o addirittura tendenziose possano apparire. La tirano per le lunghe. Provo a sintetizzarle, compreso qualche indizio “apocalittico” che è venuto fuori. Seguitemi.
La cosa è questa: la LEV ha pubblicato un testo di araldica, come dicevamo, fatto dal cardinale Cordero Lanza di Montezemolo (parente di…) e un altro. A proposito del capitoloPapa emerito hanno pubblicato diversi studi su come raffigurarlo, cambiarlo e bla bla, questo stemma.
Ora. Il nostro pio Benedictus Decimus Sextus cosa fa? (Tra l’altro il tutto è riportato nel testo stesso) Dice:grazie, ma non me ne frega niente. Io ho il mio stemma da Papa e me lo tengo così. E non solo si è tenuto tutto lo stemma come riporta Vatican Insider, ma addirittura dice: “Voglio scudo, chiavi, pallio e tutto il resto..”. Apparentemente una bazzecola, un formalismo teutonico. Anche, forse, ma non solo.
Sta dicendo, in realtà, stando al mio interlocutore “interno”: sono Papa emerito ma lo scudo lo voglio da Papa regnante. Si fosse impuntato così più spesso quando papa lo era a tutti gli effetti, oggi non staremmo a parlare di queste cose, probabilmente. Ma ritorniamo al “Piccolo Rifiuto”.
Vogliamo fare un po’ di sano, rilassante complottismo?Proviamoci, prendendo con la dovuta leggerezza quanto mi è stato prospettato come “ipotesi di scuola”.
Non vi sembra strano tutto ciò? Con una simile proposta di “adeguamento” tu tocchi così un nervo scoperto. È come se Benedetto ormai dicesse: tanto mi han fatto fuori. Ora però li do io i segnali a chi deve capire.
Perciò nel libro si dice: “Per volere di Benedetto il suo stemma non viene adattato alla sua nuova situazione ma rimane lo stesso”. Ed è qui che mi si pone la domanda retorica: “Uno come Lui, Benedetto, così attento alla forma?”… lui farebbe a cuor leggero una cosa del genere, senza averla vagliata in ogni dettaglio e significanza? Lui che è, secondo chi lo conosce bene, addirittura “un maniaco della forma”?
Poi nel bel mezzo mi buttano lì una frase sibillina, che io nel contesto del più ampio discorso ho capito, ma che non posso spiegare oltre: “E non forza la coscienza di nessuno così”.
Ora, sommando la stranezza della cosa al carattere scrupoloso di Ratzinger, se ne ricaverebbe che è semplicemente una cosa assurda, per il suo stile. E ciò che è assurdo ha una ragione. Proprio per quello che ho scritto: “lancia segnali”. È come se stesse lasciando briciole di pane ovunque. Per farsi ritrovare nel bosco. Senza dire: mi hanno e vi hanno fottuti. Ma le cose strane son tante…
Allora la domanda è: a chi avrebbe mandato di preciso il segnale? Manda segnali a chi li può captare, si dirà. A chi lo conosce bene. Ok! Ma per ricavarne cosa, in definitiva? «Per far capire ai suoi nemici che comunque lui pur stando zitto può inviare messaggi cifrati», mi dice questa voce avvezza alle Sacre Stanze. E dinanzi al mio pesante scetticismo, ad arte manifestato, sbotta:
«Scusa. Io dico: un Papa che non è Papama vuole lo stemma da Papa, il vestito da Papa e dice pure:rinuncio all’esercizio attivo del ministero Petrino ma rimango nel recinto di San Pietro… o è completamente incapace di intendere e volere o…». O cosa? «Uno che mette tutti i suoi amici nei posti chiave per costruire ponti con il successore, ma che poi quando questo successore arriva pian piano vengono fatti fuori…». Il discorso prosegue e si fa lungo, con questo uomo avvezzo alla Sacre Stanze, ma chiudiamolo qui. Anche perché nel frattempo sembra – sembra ma non è – essere saltato di palo in frasca, una tecnica consueta proprio in quelle Sacre Stanze.
«E guarda caso la Emmerick lo diceva…»(vediQUI). Ecco, ci siamo: cosa diceva? Lo chiedo, ma curialmente non ottengo una risposta diretta, ottengo una non-risposta che in sé contempla tutte le risposte. So’ preti…
«La Emmerick è tra le citazioni più frequenti durante il pontificato ratzingeriano. Sarò scemo, saremo scemi tutti e due, però a ‘sto punto lui è pure… Detto questo ti saluto!»
E no, dico, “O a ‘sto punto Lui è pure… cosa? incapace di intendere e volere?”.
«Oppure sa bene cosa c’è dietro».
Vale a dire?
«Come dire: Signori, la mia rinuncia è stata una forzatura. E se non sono più io a governare è solo perché di fatto ho rinunciato al ministero attivo del primato. Lo capite? Se non lo capite ve lo faccio capire io: mi tengo pure il pallio che Francesco non ha voluto. Tie’». Ride, dall’altra parte del telefono, ma non della “forzatura”. Su quella neppure io.
“In pratica avremmo un papa sedevacantista”, faccio la battuta io, che serve sempre per tranquillizzare chi sta rendendosi conto di aver parlato troppo e si ritrae. «In realtà no», dice. «E poi è pure riuscito a far tenere il suo nome nella preghiera eucaristica, lo sai?», mi dice ridacchiando. «Con San Giuseppe suo castissimo sposo…ahahh… che ha fatto aggiungere come ultimo atto a tutte le preghiere. E guarda caso…».
E guarda caso cosa?
«Guarda caso, se non ricordo male Gueranger diceva: “quando il nome di Giuseppe sarà inserito nella preghiera eucaristica sarà l’inizio della fine».
Sempre con San Giuseppe, dico, ce l’avete voi preti: il teologo e futuro cardinale Jean Danielou di Giovanni XXIII diceva che “Giovanni due cose ha sbagliato: inserire Guitton nel Concilio e San Giuseppe nel Canone”.
In realtà, non dice una cosa del tutto balzana, e come sempre allude a qualcosa di ben più complesso.
Nel Communicantes, infatti, come nel Confiteor, non si menziona san Giuseppe, perché la devozione a questo Santo benedetto era riservata agli ultimi tempi, ed anche perché nei primi secoli la Chiesa preferiva rendere gli onori del culto ai suoi Apostoli e ai suoi Martiri. Inoltre, una volta fissata la forma del Canone, la Chiesa non voleva che si toccasse né modificasse in nulla, neppure nei dettagli, una preghiera liturgica consacrata e stabilita fin dall’antichità cristiana; e, manifestando in questo come in tutto la sua prudenza, si è limitata ai Santi qui menzionati: sed et beatorum Apostolorum ac Martyrum tuorum. Petri et Pauli. Il pensiero del sacerdote è di esser in unione con tutti questi Santi e di onorarne la memoria. Nomina insieme san Pietro e san Paolo, perché questi due Santi vengono ad essere come uno solo, appartenendo ambedue alla Chiesa romana, fondata grazie alle loro fatiche. Seguono gli altri Apostoli: Andreae, Jacobi, Giacomo il maggiore, Joannis,Giovanni il prediletto, Thomee, Jacobi, Giacomo il minore,Philippo, Bartholomasi, Matthaei, Simonis et Thaddaei: Taddeo, detto anche Giuda.
E’ vero, quindi, che il nome di San Giuseppe fu inserito già nel Messale del 1962, ma solo nel Canone. Non poi nel 1970 in tutte le altre preghiere eucaristiche come ora.
Sono perciò, stando al Gueranger, gli ultimi tempi? Ve lo chiedo con un sorriso, va da sé.
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