ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 16 marzo 2014

La chiesa come un incubo..Per chi?

La primavera ha sfondato: papa Francesco un anno dopo
intervista a Leonardo Boff a cura della redazione DW
in “Deutsche Welle” - Brasiliana – del 14 marzo 2014 (traduzione di Romano Baraglia)
Il 13 marzo 2013, Francesco è stato eletto Papa. E in un solo anno, come responsabile del Vaticano,ha messo in discussione una serie di problematiche prima trascurate dalla chiesa, dando inizio a un processo di trasformazione della istituzione e del ruolo di pontefice.
In una intervista alla DW, Leonardo BOFF, uno degli esponenti della teologia della Liberazione e
tra i principali critici del conservatorismo cattolico, dice che Francesco ha reso la chiesa più viva
facendo una riforma del papato.

“Francesco non si è presentato come il modello classico del ‘papa monarca’ con il primato giuridico assoluto e con la supremazia dottrinale e pastorale” - afferma Boff, che nel 1992 ha lasciato tutte le cariche nella chiesa dopo essere stato censurato dal Vaticano - “Lui ha cambiato il clima. Prima l’ambiente era severo e triste”.
DW:
Che cosa è cambiato nella chiesa cattolica brasiliana un anno dopo che papa Francesco è stato eletto?
Leonardo Boff:
Lui ha cambiato il clima, il che non è poco. E’ incoraggiante perché la chiesa in quanto istituzione
era vista come un incubo. C’è allegria perché prima l’ambiente era severo e tetro. Quello che si
percepisce è che molti preti e Vescovi si sono fatti più vicini al popolo, più tolleranti meno
dottrinali. L’arcivescovo di Rio, dom Orani Tempesta, andando a Roma per ricevere il cappello
cardinalizio, ha viaggiato in classe economica per seguire l’esempio del cardinale Bergoglio, che
sempre viaggiava così. Ma forse è troppo presto per avere una impressione più precisa delle
modificazioni nelle abitudini dei preti e dei cristiani.
Con il papa, la teologia della Liberazione potrà risorgere dalle ceneri?
Mai è andata in cenere perché l’oppressione continua e i cristiani coscienti si orientavano con la
teologia della Liberazione per dare senso ai loro comportamenti. I teologi hanno continuato a
pubblicare, nonostante la vigilanza severa del cardinale Ratzinger, che si è fatto nemico
dell’intelligenza dei poveri. Questo è il peso che porterà nel corso della storia. Roma ha tentato in
tutti i modi di liquidare questo tipo di teologia, ma il risultato è stato vano, perché il tenore
evangelico della teologia della Liberazione deponeva contro Roma che si mostrava indifferente
davanti al dramma dei poveri. Parla dei poveri, ma non vuole mai incontrarli fisicamente.
Qual è stato il ruolo della teologia dopo che Francesco ha accettato la responsabilità del
Vaticano?
Col nuovo papa questa ha guadagnato quanto a centralità, perché Lui ha posto il problema giustizia sociale e chiesa povera per i poveri al centro delle sue preoccupazioni del suo pontificato. Lui va incontro ai poveri, li abbraccia e li bacia perché sono, secondo le sue stesse parole, “la carne di Cristo”. Ricevendo in udienza il giorno 11 settembre 2013 Gustavo Gutierrez, uno dei fondatori di questa teologia, e in seguito il piccolo fratello di Gesù Arturo Paoli, di 102 anni, che ha lavorato per 45 anni nella linea della Liberazione in America Latina, il papa ha dato segnali chiari che lui vuole appoggiare e persino riscattare la teologia della Liberazione.
Il papa vuole dare importanza e aumentare il potere dei laici perché la mancanza dei preti nel continente è grave. Esistono già dei segnali di quali saranno questi nuovi poteri? Essi potranno celebrare l’Eucaristia o altri sacramenti?
La categoria centrale della visione di chiesa che il papa rappresenta è la “chiesa come popolo di
Dio”. Tutti appartengono a questo popolo che è soprattutto costituito da laici, uomini e donne. Il
papa vuole che i laici, specialmente le donne partecipino alle decisioni della chiesa non solo alla
vita della chiesa. Non sappiamo come farà. Sappiamo soltanto che lui ci tiene a fare sorprese e che possiamo aspettarci cose nuove, compresa la nomina di donne-cardinali, dato che “cardinale” è nella tradizione un titolo non legato al sacramento dell’ordine. Non occorre essere prete o vescovo per essere cardinali. Non credo che lui permetterà che i laici celebrino l’Eucaristia, perché sarebbe un passo troppo spinto. Ma come avviene nelle comunità ecclesiali di base nelle quali non c’è un prete, si ritualizza e drammatizza la cena del Signore. Io, come teologo, credo che una simile pratica è un modo di portare sacramentalmente Cristo in seno alla comunità.
Qual è il contributo che la chiesa dell’America Latina potrebbe dare alla riforma del
Vaticano?
Il maggior contributo che l’America Latina sta dando alla riforma del Vaticano è la persona di papa Francesco. Lui non ha cominciato con la riforma della curia, ma con la riforma del papato. Lui non ha indossato i paludamenti del “papa monarca” con il primato giuridico assoluto e con la
supremazia dottrinale e pastorale. Lui considera se stesso come vescovo di Roma e vuole presiedere nella carità.
E’ importante osservare che questo papa è cresciuto dentro al brodo culturale ecclesiale della chiesa latino-americana, il cui volto è molto differente dalla chiesa della vecchia cristianità europea. E’ una chiesa viva, con comunità di base con pastorali sociali forti e con figure di vescovi profetici e con martiri della persecuzione delle dittature militari.
Che caratteristiche il papa Francesco ha portato al pontificato?
Lui porta in Vaticano abitudini nuove, evangeliche e profetiche. Sente se stesso come uomo comune al quale piace stare insieme ad altri uomini comuni, condividendo ricerche e perplessità. Più che insegnare, vuole imparare nel dialogo e nella convivenza. Questi tratti pastorali sono tipici della maggioranza dei vescovi dell’America Latina. Con questo lui sta riscattando il volto umanitario, misericordioso e affabile della severa istituzione ecclesiastica. Penso che lui sarà il primo di molti papi che verranno dal terzo mondo, perché è qui che vive la maggioranza dei cattolici.
Nella sua opinione, quale sarebbe la riforma più importante che la chiesa cattolica dovrebbe
fare?
Io credo che ci sarà una nuova forma di direzione della chiesa, non più monarchica ma collegiale.
Voglio dire, il papa non dirigerà la chiesa da solo, ma con un collegio di cardinali, vescovi, laici e
donne. Lui ha insinuato questo chiaramente dicendo che devono esserci altre istanze di decisione
nella chiesa insieme a lui.
Il Brasile o l’America Latina potranno essere pionieri in alcune di queste?
In America Latina abbiamo accumulato buone esperienze di pastorale di insieme, sia a livello
nazionale sia continentale. Quanto al celibato, è stato già detto che non è una questione chiusa come lo era al tempo di Giovanni Paolo II, che proibiva persino di sollevare tale questione. A mio modo di vedere il cammino sarà più o meno questo: primo, inviterà i centomila preti sposati del mondo intero che possano o vogliano assumere il ministero. E questo sarebbe il primo passo. In seguito permetterebbe il celibato opzionale. Non ci sarebbe più la legge del celibato obbligatorio. Per questo papa la chiesa è di tutti, specialmente di quelli che sono stati messi da parte. La chiesa è una casa aperta a tutti. Tutti possono entrare senza previe condizioni.
Lei sarebbe disposto ad assumere cariche di leadership in questo processo di riforme?
Non spero, né pretendo di avere una qualche funzione nella chiesa. Mi basta la libertà di parola.

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Questa intervista è stata pubblicata dalla DW Brasiliana.
 http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201403/140315boffdw.pdf


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