ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 8 aprile 2014

“accà nisciuno è fesso”

Papa Francesco non scioglie lo IOR: fine del mito pauperista?

di Francesco Mastromatteo

Braccia listate a lutto, sguardi funebri, cuori infranti e fegati devastati dalla bile. Di che parliamo? Ovviamente, della notizia che ha gettato nello sconforto più nero milioni di papolatri neoconvertiti sulla via di Buenos Aires, gli atei devoti di sinistra, capitanati da Scalfari&co:Papa Francesco non scioglierà lo Ior.L'Istituto per le opere religiose, infatti, non sarà soppresso ed il Papa, riaffermandone "l'importanza della sua missione per il bene della Chiesa cattolica”, ha sostenuto che cui continuerà a fornire servizi finanziari specializzati in tutto il mondo, con l'impegno di realizzare un allineamento sostenibile alle norme internazionali.


Chiesa povera per i poveri, certo, ma come si dice a Napoli, “accà nisciuno è fesso”: e nessuno, nemmeno il “rivoluzionario” Papa Bergoglio, acclamato da taluni ambienti politici, culturali e mediatici come una sorta di Che Guevara vestito di bianco, può seriamente pensare che la Chiesa cattolica, istituzione umana oltre che divina, con un miliardo di fedeli sparsi per la Terra, possa fare a meno di strumenti finanziari per portare avanti la propria missione. Una scelta, quella del Pontefice, dettata dal sano realismo cristiano che sa distinguere tra il pauperismo ideologico e una visione spirituale non disincarnata dalle esigenze pratiche della sfera temporale, pur sforzandosi di uniformarle allo spirito del Vangelo, che ci spinge a una netta scelta di campo tra Cristo e Mammona.

Speriamo che questo primo atto di riformismo non massimalista di Papa Francesco faccia cessare l’insopportabile, zuccheroso coro di lodi sperticate che la stampa laic(ist)a gli tributa quotidianamente, e in totale malafede, volendo a tutti i costi vedere nell’attuale Pontefice lo smantellatore della Chiesa. Resterà deluso (almeno dal punto di vista economico) chi pensava di vederla presto trasformata in una grande ong jovanottiana o una succursale dell’Onu. Non se ne poteva più di sentire nei servizi dei telegiornali insulse frasi come “ennesima svolta rivoluzionaria di Papa Francesco”, anche quando si parlava di semplici nomine cardinalizie, fatte da tutti i papi da quando esiste la Chiesa. Altro che “abolizione del peccato”, come cianciava Scalfari qualche tempo fa: Bergoglio non abolisce nemmeno le banche.

Certo, la finanza in quanto tale non è né buona né cattiva, e senza sposare il più becero complottismo anticlericale, stile Kaos edizioni, di chi vorrebbe il “Vatikano” dietro ogni losca trama affaristico-criminale del mondo, non saremo noi a negare che ci siano stati episodi di poco commendevoli rapporti e intrecci fra Vaticano, banche e criminalità. Nessuno ha intenzione di santificare la figura di mons. Marcinkus, che in nome del machiavellico principio per cui “non si governa la Chiesa con le Ave Maria”, gestì lo Ior in modo discutibile, in una fase di torbidi avvenimenti tuttora avvolti dal mistero. In questo senso, ci auguriamo che il Papa porti avanti l’opera di riforma della finanza vaticana, già intrapresa, all’insegna della trasparenza, da Benedetto XVI, papa non meno “legalitario” del successore, come dimostrato sulla vicenda della lotta alla pedofilia nel clero, ma il cui impegno è stato meno riconosciuto ed apprezzato a livello mediatico. Magari con scelte più incisive a livello concreto e meno mediatiche quanto improvvide, come quella di inserire Francesca Immacolata Chaouqui nella commissione referente sui dicasteri economici della Santa Sede…
http://www.campariedemaistre.com/2014/04/papa-francesco-non-scioglie-lo-ior-fine.html

NEL NOME DI D-IOR! - LA PROCURA DI ROMA CONTRO IL VATICANO: LA SANTA SEDE NON COLLABORA PER LA LOTTA AL DENARO SPORCO

Nel giorno in cui Bergoglio non cancella lor, i magistrati della capitale fanno filtrare la loro insoddisfazione sul contrasto al riciclaggio che non è sparito nella banca del Papa: non collaborano e ostacolano le rogatorie - Il Pontefice sudamericano per ora non piega le diplomazie yankee, ma non si arrende ...

Francesco De Dominicis per "Libero quotidiano"
Non è una riforma dello Ior quella annunciata da Papa Francesco. La lunga nota con cui la Santa Sede ha comunicato del decisioni del Pontefice sulla banca vaticana congela di fatto l'attuale, discutibile situazione. Jorge Bergoglio - che ha più volte detto di ritenere lo Ior "non indispensabile" - prende tempo.
INCONTRO FRA OBAMA E PAPA FRANCESCOINCONTRO FRA OBAMA E PAPA FRANCESCO
Con l'Istituto per le opere di religione che continuerà a far parte delle strutture finanziare della Chiesa, ma - nonostante le rassicurazioni - in quadro normativo lontano dagli standard mondiali. E con la lotta al denaro sporco e al riciclaggio che Oltretevere non ha raggiunto l'auspicata svolta.
La conferma arriva, tra altro, dai timori che filtrano dalla Procura di Roma: gli inquirenti continuano a trovare veri e propri muri quando chiedono collaborazione nell'ambito delle indagini sull'Istituto. L'interfaccia dei pm è l'Autorità di informazione finanziaria vaticana che - denunciano i magistrati - si mette sistematicamente di traverso di fronte alle richieste di approfondimenti con rogatorie sui movimenti nei conti correnti.
Putin e il Papa lo scorso novembrePUTIN E IL PAPA LO SCORSO NOVEMBRE
Ieri Papa Francesco ha ribadito che lo Ior proseguirà a esser vigilato proprio dall'Aif che, però, si muove in una situazione non conforme alle regole mondiali poiché è sottoposto a un organismo politico, cioè la Segreteria di Stato: vuol dire che gli sceriffi non sono indipendenti.
ERNEST VON FREYBERGERNEST VON FREYBERG
E dunque, anche su questo versante nessuna riforma. Termine che, per la verità, non compare mai nelle carte ufficiali distribuite dalla Santa Sede nelle quali si parla molto più semplicemente di "proposta sul futuro" dello Ior. Una proposta che è arrivata al termine di un lungo braccio di ferro nelle commissioni cardinalizie e, soprattutto, nei Sacri palazzi.
Ad avere la meglio, almeno per ora, sembra essere stato il "blocco" degli Stati Uniti che ha sempre difeso lo Ior e continuerà ad averne di fatto il controllo. Figura dominante nel Torrione di Niccolò V è il consigliere americano Carl Andersson, che gioca di sponda col numero tre della Segreteria di Stato, monsignor Peter Wells.
IOR
IOR

L'iniziativa del Pontefice ha trovato il gradimento del presidente dello Ior, Ernst Von Freyberg. Il quale, pochi minuti dopo il comunicato della Santa Sede, ha fatto partire il suo statement per sottolineare l'apprezzamento di Bergoglio per la banca: un po' di marketing in vista del piano d'azione che Von Freyberg, che dello Ior è numero uno da più di un anno, presenterà solo nei prossimi mesi ai porporati. Il Papa sudamericano, in ogni caso, non pare intenzionato ad arrendersi alle diplomazie yankee.
ERNST VON FREYBERGERNST VON FREYBERG
Tant'è che, si mormora dentro le mura vaticane, prosegue il piano B del Pontefice. Un progetto - complesso, ma già accarezzato da Benedetto XVI - volto a rafforzare l'altro organismo economico, l'Apsa, l'Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica. Che potrebbe progressivamente svuotare di competenze (e depositi) lo Ior. Facendolo diventare un ente inutile.

È FINITA LA PACCHIA PER GLI UFFICIALI CON LA TONACA: LA DIFESA TOGLIE GRADI E PRIVILEGI AI CAPPELLANI MILITARI (BEN 173 TRA GENERALI, COLONNELLI E CAPITANI)

Il loro compito, garantito dal Concordato, è fornire “assistenza spirituale” ai militari però costano cari: una ventina di milioni di euro all’anno - Ovviamente gli stipendi e poi le pensioni vanno di pari passo con gli avanzamenti di grado…

Francesco Grignetti per ‘La Stampa'
NUNZIO GALANTINO E BAGNASCO don nunzioNUNZIO GALANTINO E BAGNASCO DON NUNZIO
Il ghiaccio è stato rotto. I primi colloqui, molto cordiali. All'insegna della disponibilità. E non era scontato. No, non era affatto scontato che il nuovo ordinario militare, l'arcivescovo monsignor Santo Marcianò, accettasse il principio che i cappellani militari rinuncino ai gradi. Inquadrati nelle forze armate ci sono infatti 173 tra generali, colonnelli, e capitani con la tonaca. Si muovono senza armi. Il loro compito, garantito dal Concordato, è fornire «assistenza spirituale» ai militari. E però costano cari: una ventina di milioni di euro all'anno. Colpa, o merito, del grado.
Il cardinale Angelo Bagnasco, per dire, vescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, essendo stato ordinario militare dal 2003 al 2006, ovvero comandante dei cappellani, fu automaticamente nominato generale di corpo d'armata (oggi tenente generale), prendeva lo stipendio conseguente al grado ed è andato in pensione con il trattamento commisurato. Il cardinale ha dichiarato che non trattiene un euro per sè da quella pensione. Va tutto in beneficenza. Ma il suo caso serve a capire il meccanismo.
Cardinale BagnascoCARDINALE BAGNASCO
È una legge a regolare la struttura dell'ordinariato militare, che è allo stesso tempo una diocesi della Chiesa e un ufficio dello Stato. Il comandante, l'ordinario, assume il grado militare di tenente generale. È assistito da un Vicario, che ha il grado di maggiore generale, e da due Ispettori, con funzioni di vigilanza, i quali ottengono il grado di brigadiere generale.
E così via per li rami: nei reparti ci sono i primi cappellani capi con il grado di maggiore, i cappellani capi con il grado di capitano e i cappellani addetti con il grado di tenente. Ovviamente gli stipendi e poi le pensioni vanno di pari passo con gli avanzamenti.
Ebbene, grazie anche al nuovo corso francescano della Chiesa, si sente aria nuova anche all'ordinariato militare. L'arcivescovo Santo Marcianò, giunto al vertice dell'ordinariato nell'ottobre 2013, ha fatto capire, nei colloqui con il ministero della Difesa, che i cappellani potrebbero anche rinunciare ai gradi. Purché sia garantita l'essenza della loro missione pastorale, che è quella di assistere «spiritualmente» gli uomini e le donne che servono lo Stato in armi.
Angelo Rinaldi Giovanni De Mauro Mario CalabresiANGELO RINALDI GIOVANNI DE MAURO MARIO CALABRESI
Non che sia una rinuncia facile. Non foss'altro perché «i gradi sono il grimaldello della gerarchia militare», come ha spiegato qualche tempo fa don Angelo Frigerio, ispettore dell'ordinariato. «Un passe-partout».
Don Angelo, grado di brigadiere generale, equivalente a generale di brigata, aveva accettato un invito nella tana del lupo. Parlava cioè ai microfoni di Radio radicale, intervistato da Luca Comellini, un ex maresciallo dell'Aeronautica che ha dato vita a un Partito per la Tutela dei Diritti dei Militari e Forze di Polizia. Comellini, che è di area radicale, è stato il primo a scoprire che dal 1984, siglato il nuovo Concordato tra Stato e Chiesa, manca una Intesa sullo status dei cappellani militari. «Ed è uno scandalo», dice. «Oltretutto negato negli anni scorsi, quando i deputati radicali avevano proposto di passare la spesa per i cappellani militari dal bilancio della Difesa a quello della Chiesa».
Cappellano militareCAPPELLANO MILITARERoberta PinottiROBERTA PINOTTI
Sono trent'anni, insomma, che si va avanti per inerzia. E che si fa finta di niente. Finalmente, con monsignor Marcianò e il ministro Roberta Pinotti sembra giunto il tempo di sedersi attorno a un tavolo e modificare la vecchia Intesa sui cappellani militari (figlia dei Patti Lateranensi del 1929). I tempi magnificamente raccontati da Ernesto Rossi nel suo "Il manganello e l'aspersorio".
Nella prossima revisione dello status del cappellano militare ci sarà anche modo di ripensare all'assetto gerarchico. Monsignor Marcianò ha dato la sua disponibilità a rinunciare al grado; ne ha accennato anche in un'intervista alle «Iene». E alla Difesa, sotto spending review, l'idea di una limatina alle spese per i cappellani piace anzichenò.

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