Ovvero Il festival della canzonetta in Vaticano?
Tenuto conto che in questi ultimi mesi la deriva “mondana” dei nuovi preti della nuova Chiesa è andata crescendo, questo nostro titolo, un po’ irriverente e un po’ provocatorio, ci sembra un po’ più che probabile.L’unica cosa che vorremmo non accadesse è che le nostre provocazioni finissero col trasformarsi in lieti e ben accetti suggerimenti. Tanto è lo sfacelo cerebrale che affligge questi moderni uomini di Chiesa che continuano a nutrirsi del latte avariato del Vaticano II e del suo velenoso caglio cinquantennale!
Che i mezzi di comunicazione di massa usino e abusino di tonache, clergyman, sai e cuffie, è cosa del tutto comprensibile, seppure degradante, perché tutti i consacrati mostrati pubblicamente producono quello che si chiama “audience” e quindi, più prosaicamente, “quattrini”. Ma che a questo sporco giuoco si prestino i consacrati stessi, è cosa che può comprendersi solo alla luce del sempre maggiore sfacelo che colpisce la religione, gli ordini religiosi, le congregazioni, le parrocchie, la Chiesa cattolica tutta.
Un antichissimo detto popolare, un po’ pesante, ma tanto concreto, ricordava un’ovvietà: Piscis primum a capite foetet - il pesce puzza dalla testa. E quello che accade da più di cinquant’anni nella Chiesa conciliare, un tempo cattolica, non può essere considerato a prescindere da questo esempio di antica saggezza popolare.
Così, siamo incappati, per caso, nel n° 15 del settimanale “Oggi”, del 9 aprile 2015, che a p. 12 porta una “rubrica”, La ragione e la fede, nella quale Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, risponde ai lettori.
In questo numero del settimanale abbiamo trovato una domanda di una suora e la relativa risposta del monsignore, che riportiamo per intero perché sono quanto mai istruttive.
È giusto che una suora insegua il successo? Settimanale “Oggi”, n° 15, 9 aprile 2014, p. 12 Rubrica: “La ragione e la fede”. Sono una religiosa aperta e moderna, ma ho qualche perplessità sull’esibizione a «The voice» di suo Cristina, così non mette a rischio la sua vocazione?
Suor Grazia, Pesaro
La vocazione di una persona consacrata è sempre a rischio. Come la fede è sempre a rischio. Ogni giorno abbiamo bisogno di comprendere cosa il Signore vuole da noi e non sempre siamo capaci di corrispondere in modo coerente. È vero, abbiamo avuto in passato esempi di giovani sacerdoti e frati che per il successo ottenuto hanno poi preferito un’altra strada. Allo stesso modo, però, non possiamo dimenticare altri consacrati che, nonostante il successo, continuano a vivere la loro vocazione con fede e coerenza. Suor Cristina ha una bella voce. L’ho ascoltata nei mesi scorsi durante uno spettacolo per l’Anno della Fede; ha cantato bene e ha avuto applausi. La trasmissione cui ha partecipato le ha permesso di farla conoscere a un pubblico più vasto e sono già più di 25 milioni le visualizzazioni ricevute nei social network. Sant’Agostino diceva che chi canta prega due volte. «Canta e cammina» ripeteva ai suoi fedeli. Lo stesso vale per suor Cristina: canta e cammina per la strada che il Signore ti ha indicato. Una volta che ha successo, però, dovrà ricordare di pregare molto di più. Il canto è una delle espressioni più grandi dell’animo. Nel canto esprimiamo la gioia e la tristezza, la dolcezza e la rabbia. Se lei, in accordo con i superiori e dopo un lungo discernimento, ha compreso che la sua vocazione è partecipare ad altri il dono del canto che ha ricevuto, perché impedirlo? Pure questo è uno strumento di nuova evangelizzazione. Quanti lontani dalle parrocchie possono ascoltare un messaggio diverso e ricercare la vera strada della spiritualità e della fede attraverso la sua voce? Non impediamo allo Spirito di tracciare nuove strade per annunciare il Vangelo. Nel seguire nuovi percorsi probabilmente si può correre il rischio di fare qualche passo falso. È comprensibile. A noi è chiesto di essere pronti ad aiutare e sostenere. |
Si tratta della nota vicenda della suora “cantante”, esibita in televisione con tanto di grancassa mediatica e con gli elogi sperticati degli “specialisti”, in merito alla quale Monsignor Fisichella non può impedirsi di ricordare che ha ricevuto “più di 25 milioni di visualizzazioni… nei social network”, cosa che, come tutti possono facilmente capire, corrisponderebbe ad una sorta di esplosione empatica nei confronti del Vangelo. E se lo lascia capire il prelato preposto alla “nuova evangelizzazione”, sembra che non se ne possa dubitare.
Ma non si era detto “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Lc. 6, 26)?
E allora, è lecito pensare che i 25 milioni di consensi sono un segno del tutto opposto alla “nuova evangelizzazione”? Come si spiega che Mons. Fisichella non se ne renda conto, anzi, il contrario?
Si può spiegare solo sulla base di una concezione della evangelizzazione ripresa pari pari dalle moderne tecniche di “marketing” che servono a vendere più saponette possibile. Ma il Vangelo non è una saponetta! Cosa che gli uomini della Chiesa conciliare pare abbiano perduto completamente di vista.
La giustificazione addotta da Mons. Fisichella è che “la fede è sempre a rischio”, quindi rischio più, rischio meno, farebbero bene certi consacrati a trasformarsi in oggetti di consumo di massa per soddisfare le velleità epidermiche del moderno uomo della strada. Perché poi, se “abbiamo avuto in passato esempi di giovani sacerdoti e frati che per il successo ottenuto hanno poi preferito un’altra strada. Allo stesso modo, però, non possiamo dimenticare altri consacrati che, nonostante il successo, continuano a vivere la loro vocazione con fede e coerenza”.
Un ragionamento che sembra non fare una piega, ma solo se si prescinde dal suo reale contenuto e ci si attiene all’effetto superficiale del tipico messaggio “mediatico”.
Cosa vuol dire che ci sono stati di quelli che “per il successo ottenuto hanno poi preferito un’altra strada”.
Non s’era parlato di perdita della fede?
E com’è allora che improvvisamente questa perdita della fede diventa la preferenza per un’altra strada?
Forse che il “credere” e il “non credere” sarebbero due “strade” equivalenti, che si possono scegliere liberamente senza alcun nocumento per l’anima?
Domanda oziosa la nostra, poiché è evidente che qui l’anima non viene presa minimamente in considerazione, esattamente come non si parla più di apostasia, di peccato, di perdizione e di castigo di Dio. Un mondo nuovo, dove non c’è più posto per la vera religione di Dio e per gli insegnamenti di Nostro Signore Gesù Cristo.
Poveri consacrati illusi dal successo: hanno semplicemente “preferito un’altra strada”! Se questo è un vescovo!
La categoria del “successo” è talmente radicata nella forma mentale dei nuovi preti della nuova Chiesa che sembra possa essere tranquillamente adottata perfino senza nocumento per la fede, anzi, come dice Mons. Fisichella, “nonostante il successo, continuano a vivere la loro vocazione con fede e coerenza”. Così che viene spiegato che, secondo il prelato preposto alla “nuova evangelizzazione”, il “successo” mondano e la vocazione a rinunciare al mondo sarebbero due cose compossibili, esattamente come il bere e il morir di sete.
Ora, se vivessimo in un mondo dove non esistesse più un briciolo di cervello funzionante, certamente Mons. Fisichella potrebbe avere ragione, ma per sua sfortuna e grazie a Dio ci sono ancora delle menti che continuano ad albergare in cervelli non ridotti in poltiglia e che rimangono scioccati dalla colpevole leggerezza con cui certi uomini della Chiesa conciliare arrivino a parlare così della fede.
Siamo al cospetto di un’altra prova che nella Chiesa abortita dal Vaticano II è possibile coniugare le più stridenti contraddizioni, con la convinzione di praticare la più rigorosa delle logiche. Sarebbe stato davvero istruttivo e enormemente “evangelizzante” se Mons. Fisichella, a sostegno della sua tesi quantomeno frivola, avesse proposto uno straccio di esempio tratto dalla vita di qualche Santo, avremmo potuto perfino seguirlo. E invece no, nessun esempio, tranne che non si voglia considerare l’esempio implicito che la Chiesa conciliare sta per proporre al mondo intero con la canonizzazione di Giovanni Paolo II: lui sì che è un possibile esempio di come si possa essere uomini “mondani”, perfino di una “mondanità” ricercata, e insieme praticare le “virtù eroiche” della fede, almeno secondo la moderna concezione e della fede e della virtù.
Quello che colpisce maggiormente in questa colpevole leggerezza dei moderni uomini di Chiesa, che stravolgono a ragion veduta perfino la logica elementare e il semplice buon senso, è la totale dimenticanza del Vangelo e degli insegnamenti in esso contenuti. Il totale disconoscimento di moniti come questi:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che nessun altro mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. Questo perché si adempisse la parola scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.» (Gv. 15, 18-25).
La nuova Chiesa conciliare sembra aver riscritto, nelle menti e nei cuori dei moderni uomini Chiesa, questo passo del Vangelo di San Giovanni:
«Se il mondo vi ama, sappiate che prima ha amato me. Se non foste del mondo, il mondo odierebbe ciò che non è suo; poiché invece siete del mondo, e io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi ama. Ricordatevi la parola che vi ho detto: Un servo è più grande del suo padrone. Se hanno amato me, ancor più ameranno voi; se non hanno osservato la mia parola, non osserveranno neanche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a gloria del mio nome, perché conoscono colui che mi ha mandato. Se fossi venuto e avessi parlato, avrebbero tutti i peccati; ma ora non hanno scusa per la loro virtù. Chi ama me, ama anche il Padre mio. Se avessi fatto in mezzo a loro opere che chiunque ha sempre fatto, avrebbero tutti i peccati; ora invece sono all’oscuro e hanno amato me e il Padre mio. Questo perché non si adempisse la parola scritta: Mi hanno odiato senza ragione.»
Basta riflettere anche solo poco su questa parafrasi per rendersi conto che è facilmente riferibile a ciò che oggi predica e pratica la nuova Chiesa conciliare.
È questa, nei fatti, la “nuova evangelizzazione”.
Come si può facilmente comprendere dall’elogio del “successo” proposto da Mons. Fisichella, e ancor più dalla canonizzazione di Giovanni Paolo II e dagli applausi tributati al nuovo Papa Francesco che in quanto a plauso del mondo ha superato di gran lunga il suo predecessore.
È evidente il capovolgimento dell’insegnamento di Nostro Signore: non più “il mondo vi odia perché prima ha odiato me”, ma “se il mondo vi ama significa che ama anche me”. Il fulcro del rapporto fra Dio e il mondo si è spostato dal Dio Incarnato all’uomo di Chiesa, così che più quest’uomo è amato dal mondo, più ne verrebbe che il mondo amerebbe Nostro Signore.
Quasi a capovolgere l’intero Vangelo: non l’amore per l’uomo per amore di Dio, ma l’amore per Dio per amore dell’uomo.
Che sembra un sofisma, ma che invece svela la subdola manovra diabolica dell’uomo posto al centro dell’esistenza in sostituzione di Dio. Manovra attuata con successo dal Vaticano II, e praticata dai papi conciliari e dai moderni uomini di Chiesa, che per questo vengono canonizzati, perché in questa nuova Chiesa conciliare non potrebbe esserci maggior santo dell’uomo diventato sostituto di Dio.
Ne troviamo la conferma in un’altra affermazione di Mons. Fisichella: “Sant’Agostino diceva che chi canta prega due volte. «Canta e cammina» ripeteva ai suoi fedeli. Lo stesso vale per suor Cristina: canta e cammina per la strada che il Signore ti ha indicato. Una volta che ha successo, però, dovrà ricordare di pregare molto di più.”
Esempio tipico di come si possano stravolgere anche gli insegnamenti dei Padri della Chiesa.
Sant’Agostino diceva che “chi canta prega due volte”, cioè che chi prega cantando prega due volte. Qui Mons. Fisichella ci vorrebbe far credere che Sant’Agostino fosse così scemo da incitare i fedeli a cantare le canzonette, siano esse sentimentali o blasfeme, per sostituire doppiamente la preghiera da rivolgere a Dio; così che invece del Padre Nostro, secondo lui, sarebbe molto meglio cantare a squarciagola le insulse e allusive canzonette riproposte da suor Cristina.
Qui siamo davvero allo spappolamento delle cellule grigie!
Tanto più che l’unico rimedio proposto all’imperversare delle canzonette al posto della preghiera sarebbe… l’incremento della preghiera. Una sorta di parafrasi del buon vecchio Lutero: Pecca fortiter, sed crede fortius – pecca molto, ma credi di più.
Altra perla: “Se lei, in accordo con i superiori e dopo un lungo discernimento, ha compreso che la sua vocazione è partecipare ad altri il dono del canto che ha ricevuto, perché impedirlo? Pure questo è uno strumento di nuova evangelizzazione.”
Ed ha ragione Mons. Fisichella, perché la nuova evangelizzazione, ad onta del suo nome, non consiste nel trasmettere il contenuto del Vangelo, ma nel “partecipare ad altri i doni ricevuti”. Vale a dire che se io ho ricevuto il dono di una bella voce, e con essa riesco a toccare le corde sentimentali del mio prossimo, ecco che sto trasmettendo il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo!
Se non fosse scema, questa proposizione sarebbe fortemente blasfema. Ma in realtà essa è figlia di quella concezione di cui abbiamo detto: l’uomo al centro del messaggio di fede, e ancor meglio se quest’uomo si mostra ricco di attributi meramente umani in grado di sollecitare, non tanto il cuore e la mente degli altri uomini, quanto le loro viscere. Quanto più viscerale è il richiamo, tanto più si può far credere che si tratti del messaggio del Vangelo. Che si tratti della “nuova evangelizzazione”.
“Non impediamo allo Spirito di tracciare nuove strade per annunciare il Vangelo” – dice Mons. Fisichella – che non contento di aver chiamato impropriamente in causa Sant’Agostino, ecco che scomoda perfino lo Spirito Santo, attribuendo in maniera blasfematoria all’azione della terza Persona della SS. Trinità tutti i pruriti dei moderni uomini della nuova Chiesa conciliare. Paradigma già sperimentato con successo dal Vaticano II, che ha preteso attribuire allo Spirito Santo un’inaudita azione salvifica delle false religioni e degli idoli. Così Mons. Fisichella immagina che la “nuova evangelizzazione” consisterebbe nel culto dei moderni idoli: le canzonette sentimentali, la televisione, i social network, il successo mondano.
“Nel seguire nuovi percorsi probabilmente si può correre il rischio di fare qualche passo falso. È comprensibile” – dice Mons. Fisichella – convinto com’è che ciò che conta non è vincere, ma partecipare, non è credere in Dio, ma nelle doti canore di suor Cristina, non è salvare la propria anima, ma far godere i propri sensi. È questa la “nuova evangelizzazione”, che comporterà magari qualche passo falso, ma a condizione che non lo si consideri più un male, un errore, magari un peccato, ma semplicemente in piccolo inciampo, neanche con la conseguenza di qualche storta, un piccolo insignificante inciampo che nulla pregiudica della fede e della salvezza dell’anima. È comprensibile!
Tanto, ci saranno sempre Mons. Fisichella e i nuovi preti della nuova Chiesa ad “essere pronti ad aiutare e sostenere”.
La preghiamo caldamente, monsignore, si astenga dall’aiutarci, perché in quanto a sbagliare ce la facciamo già da soli!
Come si vede, l’interrogativo iniziale non era peregrino, perché secondo questa logica, cosa ci sarebbe di meglio di un bel festival della canzonetta “evangelizzante” in Vaticano? Magari con la partecipazione tra i cantanti vip di papa Bergoglio, di una manciata di cardinali e di una dozzina di monsignori tipo Fisichella?
Piscis primum a capite foetet
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