Se crollano i 'segni' e se, dopo un Papa, si dimette il Papato...
Poche dolenti note su una patente dissacrazione: Abu Mazen salito sul presbiterio per abbracciare il Papa al momento dello scambio della pace. Ci sono momenti e segni sacri che non possono e non devono essere profanati. Esiste una distinzione netta tra Santa e Divina Liturgia e pubblica rappresentazione. Infatti:
- Si tratta di una celebrazione liturgica, che non consente banalizzazioni e neppure commistioni improprie.
- Il 'segno' della Pace ha senso solo se veicola Colui nel cui Nome è scambiato e che la stessa Liturgia rende Presente.
- Dove siamo arrivati, se neppure questo ha più valore e acquista un 'senso' diverso, lasciando prevalere l'umano in quella che è, invece, l'azione teandrica (umano-divina) di Cristo Signore nostro?
- Dati i fatti, questa Azione è più ritenuta tale da colui che dovrebbe essere il suo vicario in terra e giuridicamente lo è?
Ricapitolando:«Desidero rinnovare l'auspicio già espresso dai miei Predecessori, di mantenere un dialogo con tutti i fratelli in Cristo per trovare una forma del ministero proprio del vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti»
- Benedetto XVI ha abdicato come persona. Bergoglio sta realizzando l'abdicazione del Papato. Può farlo, o i limiti posti dall'istituzione divina e dalla Tradizione bi-millenaria non glielo consentono?
- Per "essere riconosciuto da tutti" è il papa che cambia e non promuove il reditus dei separati: Che senso ha?
già Paolo VI, il 28 aprile 1967, parlando all’allora Segretariato per l’unità dei cristiani, trasferisce sulla persona e sulla funzione del Papa, uno dei dissensi frutto di errore che sono stati causa del distacco dalla Chiesa dei separati a vario titolo:
“Il papa, come sappiamo bene, costituisce senza alcun dubbio l'ostacolo più grave sul cammino dell'ecumenismo”.
E ancora Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ut unum sint, 25-V-1995, n. 95:
... trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova. ... Lo Spirito Santo ci doni la sua luce, ed illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese [la Chiesa è una sola, le altre sono Confessioni cristiane], affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri"
Benedetto XVI. Nel contesto delle sue dimissioni c'è un nodo non risolto e non risolvibile se non da chi ha competenza e autorità. Ma non possiamo esimerci da qualche riflessione:
Benedetto XVI lascia « l'esercizio attivo del ministero », ma esprime la consapevolezza che la sua chiamata è « per sempre ». Del resto conserverà il nome Benedetto XVI, il titolo di Sua Santità e sarà il « Papa emerito », non torna un monaco (come Celestino V) o un vescovo o anche cardinale come accaduto nei casi precedenti che ci sono stati consegnati dalla storia, determinati da ben altre cause peraltro non riconducibili alla vecchiaia o all'efficientismo. E dunquelascia ma nello stesso tempo resta in un « servizio di preghiera e riflessione» chiedendo preghiere per il « nuovo Successore dell’Apostolo Pietro ». Non stiamo rasentando l'assurdo?
Benedetto XVI lascia intendere che c'è un esercizio non-attivo del pontificato, che non contraddice ciò che ha dichiarato in un per sempre. In questo modo lascia aperta la porta a tutto e al contrario di tutto nelle future declinazioni del primato petrino. La sottigliezza sta nel fatto che è ambiguo ma non contraddittorio (in senso stretto, naturalmente). E l'ambiguità è tale da non lasciare alcuna presa perché in nessun momento esprime esplicitamente una cosa contraria a quanto ha detto prima. E, però, nella sostanza, come può conciliarsi il suo per sempre con quello del suo successore, anche lui per sempre? In effetti una conciliazione appare possibile solo se rimaniamo nel mondo del finito e si sottrae al ministero e alla funzione la valenza ontologica che ha nell'ordine metafisico. E come è possibile rimanere ancorati alla finitudine, se il ministero petrino e l'avvenuta rinuncia « nella metafisica sono legati al nodo dell’essere, che non permette che una cosa contemporaneamente sia e non sia »? Quella che appare come una vera e propria variazione diventa possibile unicamente se si è centrati nell'antrocentrismo conciliare e post [qui] e si riduce il Papato ad una funzione come tante senza più ricondurlo all'investitura divina.
Dunque, secondo i Papi post-conciliari l'unità si dovrebbe realizzare facendo entrare in un unico calderone indifferenziato tutte le confessioni, al di fuori de la Catholica, l'unica e vera Chiesa, per trovare una nuova sintesi, un punto comune di convergenza, come se l'unità potesse essere frutto di strategie umane e realizzata da una politica delle larghissime intese, anziché dal Signore nella Comunione che Egli determina tra i "suoi", che gli appartengono e "rimangono" in Lui, senza sconti alla Verità che si è loro donata [qui].
Ricordiamoci che il papa regnante non ha un potere assoluto. La sua autorità incontra - oltre ai limiti riferiti alla costituzione essenziale della Chiesa, alla legge divina e al diritto naturale - i limiti dogmatici che lo vincolano alla rivelazione e alla testimonianza autorevole codificata in maniera autoritativa dai Papi in precedenza: è questa l'unica testimonianza autorevole che la Chiesa può dare di se stessa. Altrimenti siamo nell'arbitrio, che sfocia nell'anomia e porta al sovvertimento di un ordine mirabile che si sta cercando di intaccare.
Ho esposto una situazione che lascia aperti interrogativi, ormai ineludibili, che ne evidenziano altri ancora più seri. Se essi hanno un fondamento, chi li affronta facendosene carico e chi ne parla in maniera autorevole? Se non lo hanno, chi è che ce lo spiega, motivando, una buona volta?
Ho esposto una situazione che lascia aperti interrogativi, ormai ineludibili, che ne evidenziano altri ancora più seri. Se essi hanno un fondamento, chi li affronta facendosene carico e chi ne parla in maniera autorevole? Se non lo hanno, chi è che ce lo spiega, motivando, una buona volta?
Maria Guarini
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