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mercoledì 28 maggio 2014

San Paolo si era sbagliato?

Diocesi di Padova, avanguardia delle nuove scale di valori e dei nuovi modelli di vita. San Paolo si era sbagliato?

La Chiesa, già Mater et Magistra, dopo essersi ritirata in un discreto part time di fronte alle “sfide” del nostro tempo, si è fatta finalmente e oculatamente discepola .… i nostri esperti di scienze umane rompono il ghiaccio… per porre “per la prima volta in modo esplicito” il tema delle relazioni omosessuali, che vanno lette finalmente secondo una visione antropologica del tutto nuova.

Sulla scia del teologo Trentin, anzitutto queste debbono essere subito promosse sul campo e inserite nelle “nuove scale di valori”; in compagnia di quali altri non è dato sapere.
 di Patrizia Fermani

zzclwnL’attesa ormai spasmodica per il nuovo Sinodo sulla famiglia rischia di smorzare persino l’interesse per i Mondiali di calcio che, dopo la storica testata di Zidane, non sembrano poter offrire emozioni adeguate.
Si scommette ancora su celibato e donne vescovo. Fra le prime ordinate di queste, date le passioni culinarie del Vescovo di Roma, si dà in pole position suor Germana, seguita a ruota da Lucetta Scaraffia in attesa di divorzio breve da Galli della Loggia.

Le scommesse sono crollate invece sul matrimonio indissolubile che, secondo notizie messe in fuga prudenziale dal cardinale Kasper, pare sarà sostituito dal matrimonio a tempo determinato, risolvibile previa disdetta di tre giorni da presentare in copia al sagrestano. Questi fornirà in cambio, a spese della diocesi, un cd con la celebre canzone “c’eravamo tanto amati”, o, a scelta, una più commovente di Fabrizio de Andrè. Intanto pare che gli avvocati rotali, vedendosela brutta, si stiano iscrivendo in massa a corsi di pizza acrobatica.
Ma la diocesi di Padova, sempre culturalmente all’avanguardia (sono noti gli studi approfonditi condotti da un vicario del vescovo proprio su Fabrizio de Andrè) ha voluto bruciare i tempi e “portare avanti il discorso”, anche sulla “questione omosessuale”, dopo i formidabili assist dell’aristocratico arcivescovo di Vienna. Ha così affidato la cosa ad una imparziale coppia tuttora eterosessuale “esperta in scienze umane”, in ossequio alla raccomandazione pontificia rivolta a tutti di partecipare attivamente alla preparazione del Sinodo con suggerimenti concreti. La Chiesa, già Mater et Magistra, dopo essersi ritirata in un discreto part time di fronte alle “sfide” del nostro tempo, si è fatta finalmente e oculatamente discepola .
Dunque i nostri esperti di scienze umane rompono il ghiaccio sulla “Difesa del Popolo” (giornale diocesano che ovviamente non è stato acquistato a Pechino, come qualche maligno continua ad insinuare, quando sono andati all’asta i cimeli della banda dei quattro) per porre “per la prima volta in modo esplicito” il tema delle relazioni omosessuali, che vanno lette finalmente secondo una visione antropologica del tutto nuova.
Sulla scia del teologo Trentin, anzitutto queste debbono essere subito promosse sul campo e inserite nelle “nuove scale di valori”; in compagnia di quali altri non è dato sapere.
Inoltre ci viene fatto osservare che dette relazioni corrispondono a “nuovi modelli di vita”, e su questo possiamo convenire. Infine che costituiscono un nuovo modo di impostare il rapporto con le persone. Anche su questo non c’è nulla da obiettare. Siamo anche avvertiti però, che chi non adotta questa sistemazione ha evidentemente una visione antropologica inadeguata e non può aspirare ad appartenere ad una Chiesa di persone adulte.
Detto così sembra facile, ma è anche arcinoto – e forse persino Trentin qualche volta è costretto a ricordarsene – come sulla strada della promozione a valore delle relazioni omosessuali si metta sempre di traverso quell’ingombrate Paolo di Tarso che bene o male aveva anche lui la pretesa di essere un fedele adulto, oltrechè un adulto fedele. L’ostacolo c’è, ma c’è anche la canonizzazione dei segni dei tempi.
Per uscire dall’impasse ci sono due vie sicure.
La prima è quella di cambiare il lessico. L’omosessualità deve essere chiamata d’ora in poi “omoaffettività”, concetto a più ampio spettro che non appiattisce il fenomeno sul piano riduttivo del sesso, ma lo allarga a quello alto degli affetti (anche se non viene nominato, è evidente la irrinunciabile presenza taumaturgica dell’amore che tutto muove, tutto scusa). Con questo si sgombra il campo anche da due gravi ostacoli: quello del pregiudizio scientifico sulla natura patologica dell’omosessualità e l’altro non meno riprovevole dato dal pregiudizio morale. Ma per risolvere tutto, come diceva una vecchia pubblicità, “basta la parola”.
Tuttavia rimane il fatto che anche l’omoaffettività si manifesta spesso in modo concreto cioè attraverso delle pratiche sessuali che, per quanto omoaffettive, continuano a presentare qualche anomalia operativa; quelle, per intenderci, che disturbavano uno chiuso come San Paolo, ma anche un uomo di mondo come Dante. Ma niente paura. Basta rimuovere quell’antico chiodo fisso della sessualità ordinata alla procreazione secondo il progetto base di madre natura, ed è fatta.
È così che i coadiutori della Chiesa universale hanno sposato la tesi del sesso “ricreativo”, quello teorizzato brillantemente nel glorioso dopoguerra da femministe radicali e omoaffettivi arruolati alla causa neomalthusiana del contenimento demografico.
Bisogna riconoscere che nel sesso ricreativo il rapporto costi benefici è tutto sbilanciato dalla parte dei benefici, e che nel caso degli omoaffettivi i costi procreativi sono nulli. Tuttavia ci sarebbe forse da dire che il sesso è stato considerato sempre piuttosto ricreativo anche dai tradizionalisti e persino dagli sventati progenitori, quando l’hanno praticato nei modi ordinari in barba alle ben note conseguenze.
Tanto che la Chiesa aveva finito, come denunciano i nostri accorti preparatori sinodali, per scambiare le conseguenze con le cause. Quel post hoc propter hoc su cui sono stati imbastiti anche un paio di documenti magisteriali come la Humanae Vitae e la Donum Vitae, ancora formalmente in vigore e che – come diceva acutamente un compianto principe della stessa – solo una Chiesa indietro di duecento anni poteva escogitare. A ben pensare, poco più di duecento anni fa sbocciava la Rivoluzione Francese. Il Marchese de Sade, con largo anticipo sugli LGBT, pubblicava in un pamphlet tutto il repertorio delle varianti del sesso ricreativo. Forse non aveva in mente proprio questo il pio arcivescovo di Milano, ma certo gli avrebbe fatto piacere apprendere che i cattolici adulti, a nome della diocesi di Padova e in vista del Sinodo, hanno oggi così a cuore il fenomeno da avere archiviato Scrittura, Catechismo e Magistero. Non solo. I novelli consultori sinodali chiudono il programma perfino con un accorato appello per l’approvazione del disegno di legge Scalfarotto, quello che si propone di portare il galera gli omofobi, cioè tutti quanti non si sono messi al riparo per tempo dalla nuova dittatura prossima ventura.
Un documento tutto da meditare, questo della intellighentjia diocesana, che gioca di anticipo persino su un fuoriclasse come Kasper. Da apprezzare anche il lessico sobriamente modulato su due o tre concetti chiave ben espressi dalla terminologia di base. È tutto un via vai di vissuti, di interrogativi, di confronti, di valori in crescita e di pregiudizi in calo, di comunità variegate, di segni dei tempi e di libertà, dignità e serenità. Di scambi preziosi.
Meno male che quest’anno, per una volta tanto, c’è stata anche la mezza stagione.
 .
P.S. Ci viene segnalato che la sfida della diocesi è già stata raccolta prontamente dai frati di Sant’Antonio, che hanno messo in vendita in offerta promozionale, il testo “Gesù e le persone omosessuali“.
È disponibile anche in confezione regalo.

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