“Quei visi inespressivi”
Vescovi commissariati e in fibrillazione, alla Cei arriva il Papa. Che dirà?
Lunedì la prolusione di Bergoglio. E’ la prima volta. Il cambio di registro sui temi etici. Silenzi che sanno di critica
Lunedì alle 17 Papa Francesco aprirà la sessantaseiesima Assemblea generale della Cei, nell’Aula nuova del Sinodo. Non era mai accaduto prima che fosse il Pontefice a tenere il discorso programmatico davanti ai vescovi italiani. Era stato il cardinale presidente, Angelo Bagnasco, ad annunciare nelle scorse settimane che “l’invito” a tenere la prolusione inaugurale aveva “incontrato la pronta disponibilità del Santo Padre”, che comunque – nota non marginale – “aveva in animo la medesima intenzione”. Invito o no, dunque, Francesco avrebbe in ogni caso aperto lui i lavori.
L’innovazione rappresenta la migliore istantanea del commissariamento cui è sottoposta di fatto la Cei ormai da un anno e che ha portato prima alla richiesta papale di riformare lo Statuto, poi alla sostituzione del segretario generale, mons. Mariano Crociata – mandato a Latina e non in una diocesi tradizionalmente cardinalizia –, e infine alla rimozione in blocco dei vertici di Tv2000, l’emittente dei vescovi italiani, legati al ventennio ruiniano. E dinanzi a questa situazione, “la cosa impressionate è che tutti i principali esponenti della chiesa italiana sono muti. Non parlano, non manifestano il loro pensiero. L’unico che ha parlato è stato il cardinale Caffarra”, dice al Foglio Massimo Faggioli, storico della chiesa di scuola Vaticano II e docente alla University of St. Thomas del Minnesota: “L’episcopato italiano è ancora sotto choc, e non so se abbia ben compreso cosa stia accadendo. Forse, sta aspettando che questo terremoto passi, o forse non sa cosa dire”. Ma il silenzio, aggiunge, “è una forma di opposizione al Papa, o quantomeno il modo in cui si manifesta una sorta di resistenza”, che uomini vicini a Francesco come il cardinale Oscar Maradiaga e il vescovo teologo Víctor Manuel Fernández, rettore dell’Università cattolica argentina, avevano già denunciato. Una situazione molto simile a quella degli Stati Uniti, dove “alcuni vescovi isolati contestano apertamente il Papa, mentre la grande maggioranza attende che questo ‘incidente di percorso’ passi per poi tornare al passato”.
La crisi del ventennio ruiniano Qualcuno che parla, però, c’è. Ha fatto discutere la recente intervista concessa al Qn dal neosegretario generale, mons. Nunzio Galantino, scelto personalmente da Francesco lo scorso dicembre e successivamente confermato ad quinquennium dopo un breve periodo di interim: “Pensiamo alla sacralità della vita. In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro”, diceva il presule di Cassano allo Ionio, auspicando pure che “si possa parlare di preti sposati, di eucaristia ai divorziati, di omosessualità senza tabù”. Frasi che hanno fatto il giro dal mondo, riprese dai media pro life americani ed europei (ma solo timidamente in Italia). Galantino che vuole essere più papista del Papa? “Di Bergoglio ce n’è solo uno e non tutti sono in grado di essere a quel livello di sofisticazione, di accuratezza”, osserva Faggioli, a giudizio del quale “il modo in cui Francesco sta riequilibrando la questione morale puntando sulla misericordia è una cosa che la chiesa accetta in una certa misura se a farla è il Papa. E’ invece molto più difficile se quegli accenti provengono da un vescovo qualsiasi. Un gesuita mai avrebbe parlato di visi inespressivi”. Galantino non si discosta dalla linea di Bergoglio, volta a “sottoporre la chiesa a una terapia-choc di ribilanciamento di alcune questioni, comprese quelle morali, nel più ampio contesto del Magistero”, dice Faggioli. Il segretario-commissario della Cei chiede anch’egli di aprire le porte, di dibattere su tutto facendosi guidare dallo Spirito Santo che soffia dove vuole. A essere sbagliato, semmai, è lo stile. E le successive parziali rettifiche via Facebook non è che chiudano l’incidente. Secondo il nostro interlocutore, “la Cei oggi sta vivendo una situazione opposta al ventennio ruiniano. Non c’era, a quel tempo, una discrasia tra le parole del Vaticano e quelle dei vescovi italiani, anche perché Camillo Ruini era un interprete molto sofisticato dell’agenda di Giovanni Paolo II. Oggi questo legame manca e le conseguenze si vedono”. Nel frattempo, c’è chi già prevede che non appena terminata l’assemblea della prossima settimana, Bagnasco potrebbe lasciare. “Scemate”, risponde Galantino: “Bisogna vedere se le modifiche statutarie avranno effetto immediato”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
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