“Convivere è peggio che uccidere”. Avviso per i parroci: non parlate di peccati, non sta bene, ferisce tante anime belle sensibili
Il parroco di Cameri (diocesi di Novara) ricorda, con un paragone “forte”, che la convivenza more uxorio genera una situazione di peccato permanente. Ha ricordato anche che il matrimonio civile non è lecito per un cattolico. Apriti Cielo! Intervento del Vescovo e, immancabili, le “scuse”. A chi? A chi vive nel peccato?
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Come sempre tengo a specificare che scrivo ogni tanto qualche nota sulla, diciamo così, singolare situazione della Chiesa non perché mi voglia atteggiare a teologo. Scrivo solo in base al buon senso e a ciò che ho sempre imparato, avendo fatto in tempo ancora, per ragioni anagrafiche, a studiare sul serio il Catechismo e a vivere in anni in cui la Chiesa cattolica non aveva paura ad annunciare la Verità e non era ancora stata presa dalla frenesia delle “scuse”.
Il fatto è accaduto a Cameri, provincia e diocesi di Novara. Il parroco, don Tarcisio Vicario, nel bollettino parrocchiale, avrebbe scritto, stando alle cronache (vedi ANSA) che “convivere è peggio che uccidere”, perché l’omicidio è un “peccato occasionale”, che può essere cancellato con “un pentimento sincero”; diverso invece il caso di chi convive come anche chi “si pone al di fuori del sacramento contraendo il matrimonio civile”, perché “vive in una infedeltà continuativa”.
Non entro nel merito delle affermazioni se non per dire che volendo si potrebbe anche ribaltare il discorso, dicendo che mentre l’omicida commette un peccato che comunque crea un danno irrimediabile (la morte della vittima), i conviventi, e quanti hanno contratto matrimonio civile, possono sempre rimediare pentendosi, cessando la loro illecita convivenza, e contraendo matrimonio secondo le regole di santa Madre Chiesa. Peraltro consideriamo che comunque anche l’omicida, come qualsiasi peccatore, pentendosi e ricevendo l’assoluzione dopo essersi accostato al Sacramento della confessione, può guadagnarsi la vita eterna.
Insomma, non voglio entrare in una valutazione di “gerarchia di gravità” tra i peccati. Però sappiamo per certo che tutti i peccati mortali portano alla più terribile conseguenza, ossia alla dannazione eterna e senza dubbio di alcuni di questi peccati, come la convivenza more uxorio, in assenza del Sacramento del matrimonio, che oltretutto genera un pubblico scandalo (e un pessimo esempio) permanente si è quasi del tutto persa la nozione. Come se una cosa sbagliata, dal momento che viene fatta da molti, iniziasse a divenir “non del tutto sbagliata”, poi “da comprendere”, poi da “affrontare con misericordia”, eccetera. Molto bello. Peccato che ci si scordi facilmente che il peccato sarà sempre peccato e che con tanta “misericordia” mal posta, senza anteporre la Verità immutabile, si ottiene il terribile effetto di togliere al peccatore la coscienza del suo peccato e quindi di togliergli anche la possibilità di salvezza eterna.
Visto il dilagare delle convivenze, non mi stupisce che il parroco Don Tarcisio Vicario abbia cercato un paragone “forte”, tale da suscitare attenzione, perché, ripeto, è in ballo nientemeno che la salvezza delle anime, che, se non erro, dovrebbe essere la cosa che più sta a cuore a un sacerdote che ami il gregge a lui affidato.
Già, ma oggi viviamo in una curiosa contingenza e la Chiesa sembra vergognarsi di annunciare la Verità e di ricordare ai fedeli che esistono i peccati, ma esiste il sacramento della Confessione, che il Signore ci ha donato proprio per essere perdonati (dopo, ovviamente, il nostro sincero pentimento). Parlare di peccato può turbare i delicatissimi uomini contemporanei, che pretendono di fare i loro comodi, ma in più pretendono anche che questi loro comodi vengano avallati se non esplicitamente, con uno strano abbraccio di una “madre” che mi rifiuto di considerare “amorevole” se, prima di abbracciare il figlio peccatore, non gli dice, con tutta la chiarezza – e anche la durezza, ove necessario – che lui, il figlio peccatore, si è messo sulla strada della perdizione e che quindi deve pentirsi e mutar vita.
No, non sta bene ricordare queste cose. Il Vescovo di Novara è intervenuto subito e sul sito della Diocesi dichiara «Convivenza come omicidio? Inaccettabile equiparazione». Segue poi una breve nota in cui il parroco è sconfessato in nome del fatto che “La Chiesa dev’essere sempre più attenta a tutte le situazioni umane alle quali deve essere annunciato il Vangelo”.
E poi, dulcis in fundo, poteva mancare il tormentone permanente? Le “scuse”? La Chiesa è travolta dalla libidine delle “scuse”. “Chiediamo sinceramente scusa a tutti coloro che si sono sentiti offesi dalle fuorvianti affermazioni del testo pubblicato sul bollettino parrocchiale di Cameri”.
Da povero peccatore non del tutto immemore del Catechismo mi limito a chiedere al Vescovo di Novara: perché l’equiparazione tra convivenza e omicidio è inaccettabile? Non configurano entrambe le condotte una violazione del Decalogo (“non fornicare” – “non uccidere”). La convivenza non genera anche scandalo? E lo scandalo, inevitabile per i bimbi, laddove la coppia convivente ne generi o comunque ne allevi, non ci fa venire in mente ciò che disse Nostro Signore circa chi dà scandalo ai bimbi?
E allora a chi si deve chiedere scusa? A quanti vivono nel peccato e generano anche pubblico scandalo? Lungi da me il voler insegnare a un Vescovo come fare il vescovo, ma mi parrebbe più opportuno ricordare ai conviventi – per il bene delle loro anime – che finché la loro unione non sarà santificata dal Sacramento del Matrimonio, vivranno in permanente peccato mortale.
Sarebbe bello vedere Vescovi che pubblicamente rimproverino preti che straziano la liturgia con le loro improvvisazioni, che scandalizzano con affermazioni, se non a favore esplicito, molto possibiliste verso aborto, omosessualismo e simili nefandezze, che mettono tranquillamente in dubbio la presenza di Nostro Signore nell’Ostia consacrata, o la verginità della Madonna… e devo andare avanti?
In tal senso, penso che l’esempio “migliore” (migliore tra i peggiori) resti il fatto che un Don Gallo abbia potuto agire per una vita in modo scandaloso, e che il suo Vescovo, che è anche presidente della CEI, abbia accettato di celebrare delle esequie che si sono tradotte in una indegna gazzarra che tutti ben conosciamo.
Questa purtroppo è la Chiesa di oggi, e per essa dobbiamo pregare incessantemente, perché sembra che l’ansia di essere gradita al mondo –il cui principe, giova ricordarlo, è il diavolo – abbia ormai offuscato le menti di troppi Pastori.
Accade così che un parroco salga agli onori delle cronache perché ha ricordato quella che dovrebbe essere una nozione conosciuta da tutti i cattolici: la convivenza è lecita solo dopo la celebrazione del Sacramento del Matrimonio. Tutto il resto è peccato – che permane finché permane l’illecita convivenza e non intervenga il pentimento e il cambio di rotta – e come tale porta alla dannazione eterna. Esattamente come alla dannazione eterna porta l’omicidio, se l’omicida non si pente e non si confessa e non riceve l’assoluzione.
In tanta ansia ecclesiale di chiedere “scusa”, mi sembra che anzitutto bisognerebbe chiedere “scusa” ai tanti, troppi, fedeli che non ricevono più parole di Verità. A che mi serve un prete o un Vescovo, se non mi indica anzitutto la strada per la vita eterna?
di Paolo Deotto
http://www.riscossacristiana.it/convivere-e-peggio-che-uccidere-avviso-parroci-parlate-di-peccati-sta-bene-ferisce-tante-anime-belle-sensibili-di-paolo-deotto/
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Come sempre tengo a specificare che scrivo ogni tanto qualche nota sulla, diciamo così, singolare situazione della Chiesa non perché mi voglia atteggiare a teologo. Scrivo solo in base al buon senso e a ciò che ho sempre imparato, avendo fatto in tempo ancora, per ragioni anagrafiche, a studiare sul serio il Catechismo e a vivere in anni in cui la Chiesa cattolica non aveva paura ad annunciare la Verità e non era ancora stata presa dalla frenesia delle “scuse”.
Il fatto è accaduto a Cameri, provincia e diocesi di Novara. Il parroco, don Tarcisio Vicario, nel bollettino parrocchiale, avrebbe scritto, stando alle cronache (vedi ANSA) che “convivere è peggio che uccidere”, perché l’omicidio è un “peccato occasionale”, che può essere cancellato con “un pentimento sincero”; diverso invece il caso di chi convive come anche chi “si pone al di fuori del sacramento contraendo il matrimonio civile”, perché “vive in una infedeltà continuativa”.
Non entro nel merito delle affermazioni se non per dire che volendo si potrebbe anche ribaltare il discorso, dicendo che mentre l’omicida commette un peccato che comunque crea un danno irrimediabile (la morte della vittima), i conviventi, e quanti hanno contratto matrimonio civile, possono sempre rimediare pentendosi, cessando la loro illecita convivenza, e contraendo matrimonio secondo le regole di santa Madre Chiesa. Peraltro consideriamo che comunque anche l’omicida, come qualsiasi peccatore, pentendosi e ricevendo l’assoluzione dopo essersi accostato al Sacramento della confessione, può guadagnarsi la vita eterna.
Insomma, non voglio entrare in una valutazione di “gerarchia di gravità” tra i peccati. Però sappiamo per certo che tutti i peccati mortali portano alla più terribile conseguenza, ossia alla dannazione eterna e senza dubbio di alcuni di questi peccati, come la convivenza more uxorio, in assenza del Sacramento del matrimonio, che oltretutto genera un pubblico scandalo (e un pessimo esempio) permanente si è quasi del tutto persa la nozione. Come se una cosa sbagliata, dal momento che viene fatta da molti, iniziasse a divenir “non del tutto sbagliata”, poi “da comprendere”, poi da “affrontare con misericordia”, eccetera. Molto bello. Peccato che ci si scordi facilmente che il peccato sarà sempre peccato e che con tanta “misericordia” mal posta, senza anteporre la Verità immutabile, si ottiene il terribile effetto di togliere al peccatore la coscienza del suo peccato e quindi di togliergli anche la possibilità di salvezza eterna.
Visto il dilagare delle convivenze, non mi stupisce che il parroco Don Tarcisio Vicario abbia cercato un paragone “forte”, tale da suscitare attenzione, perché, ripeto, è in ballo nientemeno che la salvezza delle anime, che, se non erro, dovrebbe essere la cosa che più sta a cuore a un sacerdote che ami il gregge a lui affidato.
Già, ma oggi viviamo in una curiosa contingenza e la Chiesa sembra vergognarsi di annunciare la Verità e di ricordare ai fedeli che esistono i peccati, ma esiste il sacramento della Confessione, che il Signore ci ha donato proprio per essere perdonati (dopo, ovviamente, il nostro sincero pentimento). Parlare di peccato può turbare i delicatissimi uomini contemporanei, che pretendono di fare i loro comodi, ma in più pretendono anche che questi loro comodi vengano avallati se non esplicitamente, con uno strano abbraccio di una “madre” che mi rifiuto di considerare “amorevole” se, prima di abbracciare il figlio peccatore, non gli dice, con tutta la chiarezza – e anche la durezza, ove necessario – che lui, il figlio peccatore, si è messo sulla strada della perdizione e che quindi deve pentirsi e mutar vita.
No, non sta bene ricordare queste cose. Il Vescovo di Novara è intervenuto subito e sul sito della Diocesi dichiara «Convivenza come omicidio? Inaccettabile equiparazione». Segue poi una breve nota in cui il parroco è sconfessato in nome del fatto che “La Chiesa dev’essere sempre più attenta a tutte le situazioni umane alle quali deve essere annunciato il Vangelo”.
E poi, dulcis in fundo, poteva mancare il tormentone permanente? Le “scuse”? La Chiesa è travolta dalla libidine delle “scuse”. “Chiediamo sinceramente scusa a tutti coloro che si sono sentiti offesi dalle fuorvianti affermazioni del testo pubblicato sul bollettino parrocchiale di Cameri”.
Da povero peccatore non del tutto immemore del Catechismo mi limito a chiedere al Vescovo di Novara: perché l’equiparazione tra convivenza e omicidio è inaccettabile? Non configurano entrambe le condotte una violazione del Decalogo (“non fornicare” – “non uccidere”). La convivenza non genera anche scandalo? E lo scandalo, inevitabile per i bimbi, laddove la coppia convivente ne generi o comunque ne allevi, non ci fa venire in mente ciò che disse Nostro Signore circa chi dà scandalo ai bimbi?
E allora a chi si deve chiedere scusa? A quanti vivono nel peccato e generano anche pubblico scandalo? Lungi da me il voler insegnare a un Vescovo come fare il vescovo, ma mi parrebbe più opportuno ricordare ai conviventi – per il bene delle loro anime – che finché la loro unione non sarà santificata dal Sacramento del Matrimonio, vivranno in permanente peccato mortale.
Sarebbe bello vedere Vescovi che pubblicamente rimproverino preti che straziano la liturgia con le loro improvvisazioni, che scandalizzano con affermazioni, se non a favore esplicito, molto possibiliste verso aborto, omosessualismo e simili nefandezze, che mettono tranquillamente in dubbio la presenza di Nostro Signore nell’Ostia consacrata, o la verginità della Madonna… e devo andare avanti?
In tal senso, penso che l’esempio “migliore” (migliore tra i peggiori) resti il fatto che un Don Gallo abbia potuto agire per una vita in modo scandaloso, e che il suo Vescovo, che è anche presidente della CEI, abbia accettato di celebrare delle esequie che si sono tradotte in una indegna gazzarra che tutti ben conosciamo.
Questa purtroppo è la Chiesa di oggi, e per essa dobbiamo pregare incessantemente, perché sembra che l’ansia di essere gradita al mondo –il cui principe, giova ricordarlo, è il diavolo – abbia ormai offuscato le menti di troppi Pastori.
Accade così che un parroco salga agli onori delle cronache perché ha ricordato quella che dovrebbe essere una nozione conosciuta da tutti i cattolici: la convivenza è lecita solo dopo la celebrazione del Sacramento del Matrimonio. Tutto il resto è peccato – che permane finché permane l’illecita convivenza e non intervenga il pentimento e il cambio di rotta – e come tale porta alla dannazione eterna. Esattamente come alla dannazione eterna porta l’omicidio, se l’omicida non si pente e non si confessa e non riceve l’assoluzione.
In tanta ansia ecclesiale di chiedere “scusa”, mi sembra che anzitutto bisognerebbe chiedere “scusa” ai tanti, troppi, fedeli che non ricevono più parole di Verità. A che mi serve un prete o un Vescovo, se non mi indica anzitutto la strada per la vita eterna?
di Paolo Deotto
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