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venerdì 27 giugno 2014

Mariage pour tous in chiesa

In Francia ci sono preti che si portano avanti col lavoro
Oggi l’instrumentum laboris del sinodo. Divorziati, risposati e comunicati

Quando mancano quattro mesi all’apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia, in programma dal 5 al 19 ottobre prossimo a Roma, sarà presentato oggi l’Instrumentum laboris, la traccia che orienterà i padri sinodali nel confronto biennale al termine del quale il Papa tirerà le somme con la consueta esortazione apostolica – il cardinale Thomas Collins, arcivescovo di Toronto, ha confermato in un’intervista che grande attenzione sarà data al problema della nullità dei matrimoni.
A illustrare la sintesi delle risposte giunte a Roma tramite il questionario compilato da fedeli delle varie diocesi del mondo saranno i cardinali Lorenzo Baldisseri, Peter Erdo (arcivescovo di Budapest e relatore generale del Sinodo) e André Vingt-Trois (arcivescovo di Parigi e presidente delegato). A loro si uniranno mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e segretario speciale dell’Assemblea, e una coppia di coniugi. Ieri, al termine dell’udienza generale in piazza San Pietro, Francesco ha salutato un gruppo di settanta pellegrini francesi guidati dal vescovo di Fréjus-Toulon, mons. Dominique Rey, e impegnati da tempo a contrastare il mariage pour tous. E proprio in Francia c’è chi s’è portato avanti, anticipando le tendenze più favorevoli all’aggiornamento dell’insegnamento cattolico in fatto di morale sessuale presenti in settori (prevalentemente europei) dell’episcopato.

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“La chiesa vuole regolamentare troppo” Il tutto è fatto per venire incontro a quanti “non sono ammessi all’eucaristia e alla confessione”, perché rei d’avere rotto ciò che Dio aveva precedentemente unito. Spesso, le cerimonie hanno luogo senza che il vescovo diocesano abbia dato il permesso: in molti casi non è neppure informato sulle intenzioni del parroco, che a ogni modo è pronto a uscire dalla chiesa e benedire i divorziati in un giardino adiacente se le alte gerarchie dovessero vietare celebrazioni all’interno degli edifici di culto. Reazioni che, a dire dei rispondenti, non farebbero altro che confermare “la freddezza manifestata dalla chiesa e la sua voglia di regolamentare”. Anche per questo, diversi sacerdoti che hanno partecipato all’inchiesta sostengono di aver senza alcun problema concesso l’accostamento all’eucaristia dei divorziati previo “esame della coscienza”. E poi, come ha risposto qualcun altro degli intervistati, “il fatto che possano fare la comunione è evidente, è il Signore che li invita, non il prete”.
© FOGLIO QUOTIDIANO

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