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mercoledì 2 luglio 2014

Fattezza esteriore

Quando il Crocifisso è una “fattezza esteriore” 


Questo il titolo apparso sul Corriere della Sera del 28 giugno 2014, a proposito di una polemica sorta tra il sindaco di Padova che è impegnato in una campagna contro la diffusione dell'Islam in Veneto e diversi altri che non la condividono. Tra questi il vescovo di Chioggia,
La cosa singolare è che questo vescovo attacca il sindaco per la sua disposizione che impone l'uso del Crocifisso nei luoghi pubblici, rivelando appieno la sua indole anticattolica.




Mons. Adriano Tessarollo indossa la Croce pettorale, cioè il Crocifisso,
da lui definito “fattezza esteriore” del cattolicesimo

A furia di inseguire il linguaggio e la mentalità moderna, aumenta il numero dei vescovi “cattolici” che hanno perso il senso vero della Fede.
È il caso del vescovo di Chioggia, tale Adriano Tessarollo, che entra a gamba tesa contro la decisione del sindaco di Padova di rendere obbligatorio il Crocifisso nei luoghi pubblici e quindi nelle scuole.

Queste le parole del vescovo, come riportate sul Corriere Veneto del 28 giugno:

«Soprattutto per i modi, non credo che quella del crocifisso sia una battaglia in favore della fede e della Chiesa. I criteri per difendere i valori cristiani sono altri. E’ vero, nella nostra tradizione la religione ha pure fattezze esteriori, ci sono il crocifisso, le chiese, i campanili, il suono delle campane, accettati anche culturalmente da tutti, almeno fino a qualche tempo fa. Sono un’eccezione gli immigrati che li contestano, ma quando diventano un obbligo si rischia la reazione contraria. Non sono gli stranieri a combattere i segni del cristianesimo: i più duri, a favore o contro, restano gli italiani, che culturalmente hanno appoggiato o avversato il crocifisso e quello che rappresenta. Non ne farei comunque un dramma».

Quello che più colpisce è la catalogazione del “crocifisso” tra le “fattezze esteriori” della religione. Piccola grande cosa che dimostra come questo vescovo “cattolico” abbia assimilato in toto la mentalità laica e anticattolica che considera la religione una sovrastruttura culturale.

Da ciò che dice appare evidente che la sua concezione della religione, e nel nostro caso della religione cattolica, è compresa in una visione intimistica della Fede, dove la raffigurazione plastica dell’evento fondante la Fede cattolica, e cioè Gesù Cristo crocifisso e risorto, sarebbe una “fattezza esteriore”.
Ora, è anche possibile che questo vescovo si sia espresso male, provocando un equivoco, ma è innegabile che l’infelice espressione può solo scaturire da una forma mentale che considera duemila anni di espressione della Fede cattolica (crocifissi, chiese campanili, campane) come dei meri orpelli esteriori.
Che un vescovo parli come un qualsiasi opinionista da bar dello sport, non può essere un caso, e nessuno si adombri se facciamo notare che questo prete sessantottenne, appunto, può essere considerato un esempio lampante della disastrosa pastorale vaticano-secondista.

« …non credo che quella del crocifisso sia una battaglia in favore della fede e della Chiesa. I criteri per difendere i valori cristiani sono altri. … [il “crocifisso”] E’ un simbolo libero e tale deve rimanere, la Chiesa non impone niente a nessuno, se uno vuole lo guarda, sennò fa a meno, non lo trasformerei in oggetto di battaglia ideologica, né di libertà per i cristiani o di non libertà per i fedeli di altri culti

E l’antifona è chiara: il Crocifisso, la Chiesa, la Fede, sarebbero dei sovrappiù nella vita della gente, e poco importa che si tratti di gente “cristiana”, almeno a quanto attestano i registri parrocchiali della Diocesi di Padova, ciò che importa è che uno è libero di guardare o meno a Cristo Crocifisso, perché “la Chiesa non impone niente a  nessuno”.
Detta da un vescovo, è cosa che fa sorgere subito la domanda: “Ma allora chi siamo, cosa siamo?” “Sig. vescovo, se non siamo cristiani, se il Crocifisso è una scelta, chi diavolo siamo?”
E soprattutto, se il Crocifisso è una libera scelta, Lei che ci sta a fare come “successore degli Apostoli”… di un fessacchiotto in più che dica sciocchezze sui giornali non se ne sentiva certo il bisogno.
E ancora, se nelle scuole, dove si dovrebbero crescere ed anche educare i nostri figli, non c’è bisogno del Crocifisso, possiamo ancora dirci cattolici? Possiamo ancora dirci cristiani? E se non possiamo dirci cattolici, che diavolo siamo, sig. vescovo?
Ma dopo il ragionamento quasi blasfemo, ecco la contraddizione:

«…in tante scuole materne non sono le famiglie dei bambini musulmani a chiedere di togliere il crocifisso, di non celebrare il Natale o di non fare il presepe, lo decidono le maestre, pensando così di non offendere i bambini stranieri. E sbagliano.»

Ma se “sbagliano”, caro il nostro vescovo, perché entrare a gamba tesa contro il sindaco che corregge questo errore rendendone obbligatorio l’uso?
Forse perché quando queste “fattezze esteriori” «diventano un obbligo si rischia la reazione contraria», come dice Lei?
E noi ci chiediamo: con quale coerenza?

Intanto, quelle “maestre” si presume che siano cattoliche e, sinceramente, se lo sono come il loro vescovo, questi non dovrebbe permettersi di dire che sbagliano. E poi, se si tratta di “fattezze esteriori”, perché sbaglierebbero?
Sig. vescovo, si metta d’accordo con se stesso e invece di fare il politicante da bar dello sport, impari a fare il vescovo, e se non ci riesce, si ritiri a vita privata, chissà, da lì potrebbe riuscirgli meglio la propaganda anticattolica.

Perché di questo si tratta, di propaganda anticattolica, di banalizzazione del Crocifisso a favore dell’indifferentismo religioso, propaganda ancora più devastante perché diffusa dalla “cattedra” di uno che dovrebbe distinguersi per la divulgazione e la difesa della Fede.
Dovrebbe…!Se non si trattasse di uno che è ha succhiato il latte avvelenato del Vaticano II e ormai soffre irreparabilmente di un male che gli ha devastato le viscere e che gli ha mandato in poltiglia il cervello.

Ma per carità cristiana, in vista del cervello che probabilmente gli è rimasto, a proposito della Chiesa che “non impone niente a nessuno”, vogliamo ricordare a questo “vescovo” che c'è invece Qualcuno che impone a lui il dovere di insegnare ad osservare a tutti, e soprattutto ai miscredenti, ciò che Lui ha comandato.

Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato (Mt. 28, 19-20)

Altro che “noi abbiamo lavorato per il dialogo, il rispetto, lo scambio, la tolleranza”, come dice il vescovo, qui è in ballo la salvezza delle anime, non la diatriba tutta umana se io sono più buono o più cattivo di te! E se un vescovo perde di vista il motivo principale perché è diventato vescovo, il meno che possa fare è stare zitto e, magari, pregare, perché non sa quando verrà il suo momento, quando Qualcuno gli chiederà conto dei talenti che gli ha assegnato.


di Belvecchio

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV846_Belvecchio_Crocifisso_fattezza_esteriore.html

1 commento:

  1. La chiesa di Bergoglio e' già una chiesa tutta sua e non di Gesu' Cristo......

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