… il vescovo di Chioggia incaricato dei problemi dell’immigrazione per conto della Conferenza Episcopale del Triveneto… si è scagliato contro il nuovo sindaco di Padova (leghista) che finalmente, dopo la disastrosa gestione di Zanonato, ha mostrato di voler fare le cose sul serio, tanto che, per prima cosa, anche per dimostrare che in Italia, in casa nostra , comandiamo noi, ha reso obbligatoria l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici. Le parole di Natalia Ginzburg, simbolo di un’onestà intellettuale sempre più rara.
di Pucci Cipriani
Ricordate le battaglie combattute nella prima decade del 2000 in favore dell’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche e nei pubblici uffici? L’impressione devastante che fecero sul’opinione pubblica (non solo tra i cattolici) le prese di posizioni di alcuni insegnanti, presidi e genitori che erano “disturbati” dalla visione del Crocifisso? Fu Benedetto XVI, nel 2006, nel 56° Convegno nazionale dell’Unione Giuristi cattolici Italiani a condannare espressamente i nemici del Crocifisso:
“Non è certo espressione di laicità , ma sua degenerazione in laicismo – disse il Sommo Pontefice – l’ostilità ad ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”
Fu, poi, la Commissione Episcopale Italiana (CEI) ad informare la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo circa :
“(l’importanza che) l’esposizione del Crocifisso assume nelle scuole pubbliche…in relazione ai sentimenti religiosi delle popolazioni ed alle tradizioni delle Nazioni d’Europa”
Forse non conosceva queste dichiarazioni S. E. Mons. Adriano Tremarollo, il vescovo di Chioggia incaricato dei problemi dell’immigrazione per conto della Conferenza Episcopale del Triveneto, o forse le conosceva sin troppo bene, quando , inviperito, si è scagliato contro il nuovo sindaco di Padova (leghista) che finalmente, dopo la disastrosa gestione di Zanonato, ha mostrato di voler fare le cose sul serio, tanto che, per prima cosa, anche per dimostrare che in Italia, in casa nostra , comandiamo noi, ha reso obbligatoria l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici. E per il Sindaco Massimo Bitonci, come per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani (cattolici e non ), il Crocifisso appartiene alla tradizione del nostro popolo, è un simbolo identitario. Quello stesso Crocifisso che, trovato addosso ai cattolici, nei Paesi musulmani, basta per far sì che i medesimi vengano condannati a morte con pubbliche esecuzioni (clicca qui).
No, no, il vescovo Tremarollo non ci sta…ma che simbolo e simbolo : “Non credo – ha dichiarato il segaligno Prelato, avanguardista della “nuova” Chiesa della Rivoluzione proletaria – che quella del Crocifisso (la maiuscola è nostra n.d.r) sia una battaglia a favore della fede e della Chiesa…nella nostra tradizione…ci sono il crocifisso , le chiese i campanili, il suono delle campane, accettati anche culturalmente da tutti, almeno fino a qualche tempo fa…quando diventano un obbligo si rischia la reazione contraria …non ne farei un dramma…E infatti la Chiesa non ha mai condotto battaglie per il crocifisso (le parole di Benedetto XVI e della CEI riportate sopra dimostrano il contrario n.d.r) che ora si prende a simbolo dell’identità veneta…insomma le battaglie sono altre (potrebbe spiegarci “Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco” quali, di grazia? n.d.r) , quella in corso è una strumentalizzazione che non appartiene alla Chiesa cattolica”
Ora ha capito il sindaco Bitonci? Far esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici – come la Chiesa ha sempre, costantemente raccomandato, fino “all’era Tremarollo” è un peccato, anzi un peccato grave, una vergognosa strumentalizzazione; e dopo il collerico vescovo parte “lancia in resta” e a uno stupito Matteo Salvini che aveva tristemente dichiarato :” in questa Chiesa non mi riconosco”, risponde, eccitatissimo, sicuro dell’applauso del “mondo” il “sinistro” Prelato : “In questa Chiesa non si riconosce? Se ne faccia una per conto suo , (infatti) nei principi del credere cristiano non è escluso l’accordo con le altre religioni…”
Che, tradotto dal “pretesco politichese” suona così : “Salvini cosa ci sta a fare nella Chiesa? Se ne faccia una nuova , in altre parole torni a quella vecchia, perché la nuova Chiesa della “tenerezza” e delle”periferie esistenziali” non fa distinzione tra religioni…una vale l’altra…Dio, Allah, Budda o Manitù…se ne facciano una ragione i leghisti…noi addirittura andiamo a chiamarli a Lampedusa “i nostri fratelli islamici”.
Son trascorse soltanto poche ore, e le truppe cammellate, composte da note macchiette peraltro innocue, corrono in aiuto del vescovo di Chioggia. Il fotografo Oliviero Toscani a Radio 24 bolla il sindaco Massimo Bitonci come “subumano” e i suoi elettori come “imbecilli e analfabeti” mentre gli fa eco lo psicologo-cartomante-pitonesso Crepet, un tuttologo di fama, che va oltre e dice di vergognarsi di essere patavino…come se la cosa interessasse a qualcuno.
Ma il vescovo Tremarollo ora è soddisfatto e dorme sonni tranquilli con la speranza, dopo queste sparate di avere un posticino a Roma dove sono già stati chiamati personaggi del suo spessore, come il vescovo Galantino e quell’altro, di Pistoia, Mansueto Bianchi.
La sicurezza di un suo radioso avvenire gliela dà il settimanale “Fanghiglia Cristiana” che tuona: “il Sindaco di Padova non è nuovo a sparate del genere: e in passato se l’è presa coi rumeni tutti ladri…i kebabbari, financo con i mendicanti e addirittura, quando era sindaco di Civitella, voleva introdurre il reddito minimo per avere il diritto di cittadinanza”. Insomma – aggiungo io – quelle cose che ogni buon sindaco dovrebbe fare a prescindere dalla propria colorazione politica e che trovano il consenso unanime dei cittadini.
E invece il settimanale “paolino” va giù pesante e dice che quelle di Bitonci sono tutte fesserie e che il Crocifisso non c’entra nulla con i valori: “Come se le sorti e la difesa dei valori cristiani, della tradizione, dell’identità culturale occidentale e chi più ne ha più ne metta, fossero affidate alla solidità di un chiodo al quale è appeso quel simbolo in legno”
“Noblesse oblige”…da parte del settimanale zapaterista italiano che sembra proprio avere nel “mirino” Benedetto XVI e la “vecchia” Conferenza Episcopale Italiana…insomma vecchi ammuffiti che hanno la fissazione di una immagine,ormai desueta, attaccata a un chiodo…tutta lì la Chiesa dei Santi e dei Martiri che ha lasciato il posto alle teorie della Teologia della Liberazione e alla apologia della guerriglia armata (Cardinale Braz de Avil). E Mons. Tremarollo si potrà vantare anche della sua nuova compagnia (che si aggiunge a quella di Scalfari, Dario Fo, Marco Pannella…) di due personaggi come il fotografo e il pitonesso sopra citati.
Fare la morale o le raccomandazioni al Vescovo di Chioggia o a “Fanghiglia Cristiana” sarebbe inutile, ma a quei cittadini, non cattolici o appartenenti ad altre religioni o addirittura atei, che, forse, dopo le parole di Tremarollo e del settimanale paolino, potrebbero porsi delle domande, avere dei dubbi se sia giusta o meno quell’ordinanza che rende obbligatoria la visione del Crocifisso nelle scuole e negli uffici pubblici patavini, farà piacere leggere questo scritto:
“…Se fossi un’insegnante, vorrei che nella mia classe (il Crocifisso) non venisse toccato…il Crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza tra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono …duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo di Cristo”. O vogliamo forse smettere di dire così?
Il Crocifisso non genera nessuna discriminazione. E’ muto e silenzioso: C’è sempre stato. Per i cattolici è un simbolo religioso. Per altri può essere niente, una parte del muro…
…Il Crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine della morte . Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
…Il Crocifisso fa parte della storia del mondo…Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto , tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine.
E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti…perché prima nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti…
..Gesù Cristo ha portato la croce: A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea di croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il Crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici…
…Il Crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde del mare . Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessun soffre.
Amano semmai il Crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla.
E’ tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un Crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri”.
Ecco, questo scritto non è del professor de Mattei o del Cardinal Siri di venerata memoria. E neanche di un politico leghista.
E’ lo scritto, apparso anche su “L’Unità”, - meraviglioso – di una donna, una scrittrice, atea e comunista, Natalia Ginzburg. Un personaggio che ancor oggi potrebbe insegnare tanto anche a certi giornalisti o a certi vescovi che, nella loro bramosia di piacere al mondo, riescono spiacenti a Cristo e a li nimici suoi. Sì, il vescovo di Chioggia, nel suo odio per la Tradizione, non ha oltraggiato solo i credenti, i cattolici, ma anche gli uomini e le donne appartenenti a altre religioni, gli stessi non credenti, gli atei che, da un vescovo cattolico che ha rotto con la Tradizione della Chiesa (“Tradidi quod et accepi”), accecato dall’odio politico, ha dato il colpo di grazia a quella “tolleranza (che consente) a ognuno di costruire intorno a un Crocifisso i più inceri e contrastati pensieri”, come, appunto, scrive la Ginzburg.
Ricordate le battaglie combattute nella prima decade del 2000 in favore dell’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche e nei pubblici uffici? L’impressione devastante che fecero sul’opinione pubblica (non solo tra i cattolici) le prese di posizioni di alcuni insegnanti, presidi e genitori che erano “disturbati” dalla visione del Crocifisso? Fu Benedetto XVI, nel 2006, nel 56° Convegno nazionale dell’Unione Giuristi cattolici Italiani a condannare espressamente i nemici del Crocifisso:
“Non è certo espressione di laicità , ma sua degenerazione in laicismo – disse il Sommo Pontefice – l’ostilità ad ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”
Fu, poi, la Commissione Episcopale Italiana (CEI) ad informare la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo circa :
“(l’importanza che) l’esposizione del Crocifisso assume nelle scuole pubbliche…in relazione ai sentimenti religiosi delle popolazioni ed alle tradizioni delle Nazioni d’Europa”
Forse non conosceva queste dichiarazioni S. E. Mons. Adriano Tremarollo, il vescovo di Chioggia incaricato dei problemi dell’immigrazione per conto della Conferenza Episcopale del Triveneto, o forse le conosceva sin troppo bene, quando , inviperito, si è scagliato contro il nuovo sindaco di Padova (leghista) che finalmente, dopo la disastrosa gestione di Zanonato, ha mostrato di voler fare le cose sul serio, tanto che, per prima cosa, anche per dimostrare che in Italia, in casa nostra , comandiamo noi, ha reso obbligatoria l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche e negli uffici pubblici. E per il Sindaco Massimo Bitonci, come per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani (cattolici e non ), il Crocifisso appartiene alla tradizione del nostro popolo, è un simbolo identitario. Quello stesso Crocifisso che, trovato addosso ai cattolici, nei Paesi musulmani, basta per far sì che i medesimi vengano condannati a morte con pubbliche esecuzioni (clicca qui).
No, no, il vescovo Tremarollo non ci sta…ma che simbolo e simbolo : “Non credo – ha dichiarato il segaligno Prelato, avanguardista della “nuova” Chiesa della Rivoluzione proletaria – che quella del Crocifisso (la maiuscola è nostra n.d.r) sia una battaglia a favore della fede e della Chiesa…nella nostra tradizione…ci sono il crocifisso , le chiese i campanili, il suono delle campane, accettati anche culturalmente da tutti, almeno fino a qualche tempo fa…quando diventano un obbligo si rischia la reazione contraria …non ne farei un dramma…E infatti la Chiesa non ha mai condotto battaglie per il crocifisso (le parole di Benedetto XVI e della CEI riportate sopra dimostrano il contrario n.d.r) che ora si prende a simbolo dell’identità veneta…insomma le battaglie sono altre (potrebbe spiegarci “Vostra Eccellenza che mi sta in cagnesco” quali, di grazia? n.d.r) , quella in corso è una strumentalizzazione che non appartiene alla Chiesa cattolica”
Ora ha capito il sindaco Bitonci? Far esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici – come la Chiesa ha sempre, costantemente raccomandato, fino “all’era Tremarollo” è un peccato, anzi un peccato grave, una vergognosa strumentalizzazione; e dopo il collerico vescovo parte “lancia in resta” e a uno stupito Matteo Salvini che aveva tristemente dichiarato :” in questa Chiesa non mi riconosco”, risponde, eccitatissimo, sicuro dell’applauso del “mondo” il “sinistro” Prelato : “In questa Chiesa non si riconosce? Se ne faccia una per conto suo , (infatti) nei principi del credere cristiano non è escluso l’accordo con le altre religioni…”
Che, tradotto dal “pretesco politichese” suona così : “Salvini cosa ci sta a fare nella Chiesa? Se ne faccia una nuova , in altre parole torni a quella vecchia, perché la nuova Chiesa della “tenerezza” e delle”periferie esistenziali” non fa distinzione tra religioni…una vale l’altra…Dio, Allah, Budda o Manitù…se ne facciano una ragione i leghisti…noi addirittura andiamo a chiamarli a Lampedusa “i nostri fratelli islamici”.
Son trascorse soltanto poche ore, e le truppe cammellate, composte da note macchiette peraltro innocue, corrono in aiuto del vescovo di Chioggia. Il fotografo Oliviero Toscani a Radio 24 bolla il sindaco Massimo Bitonci come “subumano” e i suoi elettori come “imbecilli e analfabeti” mentre gli fa eco lo psicologo-cartomante-pitonesso Crepet, un tuttologo di fama, che va oltre e dice di vergognarsi di essere patavino…come se la cosa interessasse a qualcuno.
Ma il vescovo Tremarollo ora è soddisfatto e dorme sonni tranquilli con la speranza, dopo queste sparate di avere un posticino a Roma dove sono già stati chiamati personaggi del suo spessore, come il vescovo Galantino e quell’altro, di Pistoia, Mansueto Bianchi.
La sicurezza di un suo radioso avvenire gliela dà il settimanale “Fanghiglia Cristiana” che tuona: “il Sindaco di Padova non è nuovo a sparate del genere: e in passato se l’è presa coi rumeni tutti ladri…i kebabbari, financo con i mendicanti e addirittura, quando era sindaco di Civitella, voleva introdurre il reddito minimo per avere il diritto di cittadinanza”. Insomma – aggiungo io – quelle cose che ogni buon sindaco dovrebbe fare a prescindere dalla propria colorazione politica e che trovano il consenso unanime dei cittadini.
E invece il settimanale “paolino” va giù pesante e dice che quelle di Bitonci sono tutte fesserie e che il Crocifisso non c’entra nulla con i valori: “Come se le sorti e la difesa dei valori cristiani, della tradizione, dell’identità culturale occidentale e chi più ne ha più ne metta, fossero affidate alla solidità di un chiodo al quale è appeso quel simbolo in legno”
“Noblesse oblige”…da parte del settimanale zapaterista italiano che sembra proprio avere nel “mirino” Benedetto XVI e la “vecchia” Conferenza Episcopale Italiana…insomma vecchi ammuffiti che hanno la fissazione di una immagine,ormai desueta, attaccata a un chiodo…tutta lì la Chiesa dei Santi e dei Martiri che ha lasciato il posto alle teorie della Teologia della Liberazione e alla apologia della guerriglia armata (Cardinale Braz de Avil). E Mons. Tremarollo si potrà vantare anche della sua nuova compagnia (che si aggiunge a quella di Scalfari, Dario Fo, Marco Pannella…) di due personaggi come il fotografo e il pitonesso sopra citati.
Fare la morale o le raccomandazioni al Vescovo di Chioggia o a “Fanghiglia Cristiana” sarebbe inutile, ma a quei cittadini, non cattolici o appartenenti ad altre religioni o addirittura atei, che, forse, dopo le parole di Tremarollo e del settimanale paolino, potrebbero porsi delle domande, avere dei dubbi se sia giusta o meno quell’ordinanza che rende obbligatoria la visione del Crocifisso nelle scuole e negli uffici pubblici patavini, farà piacere leggere questo scritto:
“…Se fossi un’insegnante, vorrei che nella mia classe (il Crocifisso) non venisse toccato…il Crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E’ l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza tra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono …duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo di Cristo”. O vogliamo forse smettere di dire così?
Il Crocifisso non genera nessuna discriminazione. E’ muto e silenzioso: C’è sempre stato. Per i cattolici è un simbolo religioso. Per altri può essere niente, una parte del muro…
…Il Crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine della morte . Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino.
…Il Crocifisso fa parte della storia del mondo…Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l’immagine di uno che è stato venduto , tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e del prossimo. Chi è ateo, cancella l’idea di Dio ma conserva l’idea del prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c’è immagine.
E’ vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti…perché prima nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti…
..Gesù Cristo ha portato la croce: A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l’idea di croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il Crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici…
…Il Crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde del mare . Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessun soffre.
Amano semmai il Crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla.
E’ tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un Crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri”.
Ecco, questo scritto non è del professor de Mattei o del Cardinal Siri di venerata memoria. E neanche di un politico leghista.
E’ lo scritto, apparso anche su “L’Unità”, - meraviglioso – di una donna, una scrittrice, atea e comunista, Natalia Ginzburg. Un personaggio che ancor oggi potrebbe insegnare tanto anche a certi giornalisti o a certi vescovi che, nella loro bramosia di piacere al mondo, riescono spiacenti a Cristo e a li nimici suoi. Sì, il vescovo di Chioggia, nel suo odio per la Tradizione, non ha oltraggiato solo i credenti, i cattolici, ma anche gli uomini e le donne appartenenti a altre religioni, gli stessi non credenti, gli atei che, da un vescovo cattolico che ha rotto con la Tradizione della Chiesa (“Tradidi quod et accepi”), accecato dall’odio politico, ha dato il colpo di grazia a quella “tolleranza (che consente) a ognuno di costruire intorno a un Crocifisso i più inceri e contrastati pensieri”, come, appunto, scrive la Ginzburg.
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