«Gesù? Era anche un cuoco provetto»
Il teologo Pagazzi pubblica un libro originale che evidenzia una caratteristica del Nazareno poco indagata
Non solo predicatore e maestro, non solo autore di prodigi, non solo Dio incarnato in terra che si immola per la salvezza dell'umanità. C'è un'ulteriore versione della figura di Gesù di cui finora nessuno aveva mai parlato: quella di cuoco provetto. A darci l'inedita immagine di Cristo a suo agio tra pietanze, ricette e attrezzi da cucina non è una nuova edizione di «Masterchef» ma un teologo di vaglia, Giovanni Cesare Pagazzi, docente a Milano, che nell'agile libretto «La cucina del Risorto. Gesù cuoco per l'umanità affamata» (Emi, pp. 63, 5.00 euro), in uscita questa settimana nelle librerie, spiega dettagliatamente come il Nazareno non solo amasse stare a tavola con la gente, ma fosse anche capace di far da mangiare. Lo stesso appellativo con cui si presentava, cioè il «buon pastore», sta per colui che dà il «pasto buono».
Nella sua analisi delle fonti evangeliche, questa originale «chef-teologia» mette in evidenza una caratteristica finora del tutto ignorata del Figlio di Dio: per Pagazzi, Gesù non era solo il Maestro nella rivelazione del Regno dei Cieli, ma lo era anche per ciò che sapeva fare con lievito e farina, ortaggi e agnello, pesce alla brace e sale nella pasta. Insomma, aspetti molto concreti ma anche molto in linea con i valori del cristianesimo: cucinare non significa soltanto dare del cibo, ma soprattutto prendersi cura di ciascuno secondo i suoi bisogni.
«I testi evangelici restituiscono con ampiezza stupefacente il rapporto del Nazareno con la tavola e il cibo», ricorda l'autore, citando le numerose parabole in cui «il riferimento è lampante»: il banchetto di nozze del figlio del re, il padrone che serve a tavola domestici e fedeli, l'amministratore saggio che nutre i subalterni, il posto da occupare se invitati a un banchetto, o quella del «figlio prodigo». Stando ai Vangeli, «la convivialita' della tavola appare uno dei tratti caratteristici dello stile del Signore», che siede alla mensa dei buoni (gli sposi di Cana, le sorelle di Betania) e dei cattivi (pubblicani, peccatori, il sospettoso fariseo Simone). Anzi, agli occhi della gente egli appare «così ben disposto alla tavola», da essere definito - a differenza del Battista, tutto cavallette e miele selvatico - «un mangione e un beone». E lo stesso miracolo più raccontato dei Vangeli, la moltiplicazione dei pani, presenta Gesù nel gesto di offrire cibo a gente affamata.
Tuttavia il Nazareno non solo gode della tavola e nutre gli affamati, ma «si mostra pure intenditore del processo di produzione e approvvigionamento delle materie prime degli alimenti». E il tratto meno conosciuto è che Gesù sapeva proprio cucinare. In una parabola, ad esempio, il Cristo dà la ricetta per fare il pane («il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prese e mescolo' in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata»). Ma ancora più significativo è che, alla fine del Quarto Vangelo, Gesù Risorto viene ritratto nella sua ultima apparizione, sulle rive del lago di Tiberiade, dopo la pesca miracolosa degli apostoli che non lo avevano riconosciuto, alle prese con «un fuoco di brace, con del pesce sopra e del pane»: «è Gesù che ha raccolto la legna, ha procurato il cibo, ha cucinato - sottolinea Pagazzi -. Senza scostarsi dal fuoco, chiede di portargli un po' del pesce appena pescato, con l'evidente intenzione di cuocere anche quello».
Insomma, «Gesù non si accontenta di alimentare, nutrire, e nemmeno di ricevere il cibo, ma cucina, trasforma, con quanto questo umanissimo gesto richiede in attenzione a cose e persone». L'autore arriva a chiedersi se quel pesce fosse stato lasciato dal divino cuoco «un po' crudo, per non perdere il sapore dell'acquea del lago», oppure «arrostito a puntino, così da arricchirne l'aroma col profumo resinoso della legna arsa». Gesù viene quindi trattato come un vero gastronomo `ante litteram´. E «se egli ha cucinato - annota il teologo -, ha intuito non solo le proprietà nutrizionali di pane e pesce, ma ne ha pure esaltato le potenzialità di piacere e compiacere».
http://vaticaninsider.lastampa.it/recensioni/dettaglio-articolo/articolo/teologia-theology-teologia-cucina-cusine-cocina-36492/
di Andrea Giacobazzi
Dicesi “arrampicatore (teologico) sugli specchi” quel soggetto che, incurante dell’alta improbabilità delle sue asserzioni, tende a difendere i vertici ecclesiastici in qualsivoglia strafalcione, eresia o semplice boiata. Data la scivolosità del vetro è sempre a rischio.
L’arrampicatore è noto per essere caparbio e irragionevole, allergico alla Dottrina, antipatizzante per i dati di fatto. Ideologico, conformista, modernista.
Elenchiamo le principali categorie:
Arrampicatore nonsoloteologico. È il livello più alto e mediaticamente più esposto. Giornalisti, vaticanisti, vaticinisti (quelli dei vaticinii sbagliati all’ultimo Conclave), persone con significativi interessi legati a questo Monsignore o a quel Cardinale. Spesso difendono gli errori per mestiere o convenienza, sanno bene che la Mortalium Animos rigetta l’ecumenismo e che la Pascendi condanna il modernismo ma molti di loro tengono famiglia e, soprattutto, famigli. A volte lasciano intendere o dichiarano apertamente le loro critiche, come quegli orologi fermi che due volte al giorno segnano l’ora esatta. Per quasi tutti i membri di questo gruppo l’intervista-a-Repubblica è eccellente fino a quando non è smentita dalla Sala Stampa vaticana. Non saranno tutti in malafede ma non si impegnano molto per dimostrare il contrario.
Arrampicatore teologico parrocchial-movimentista. Livello più basso del precedente: alcuni esponenti di questo livello ambirebbero a salire a quello appena descritto ma faticano. L’arrampicatore teologico di stampo parrocchial-movimentista ha interessi minori. Criticare qualcosa gli costerebbe l’esclusione dalla tombolata presso l’oratorio o dalla tortellata estiva organizzata dalla perpetua. Normalmente svicola i dibattiti, se ci entra esplode subito. Usa argomenti debolissimi (non che quelli degli altri siano tanto più forti eh). Punta tutto sul sentimentalismo. Fa perdere tempo.
Arrampicatore teologico robot. Rispetto ai precedenti ci mette tanta energia. Crede di essere nel giusto ma non riuscendo a trovare mezza argomentazione diventa una sorta di robot che consegna risposte in serie, tanto preconfezionate quanto assurde. Scivola meccanicamente sul vetro degli specchi. Esempio comune sulla pagina di Radio Spada (ATR: arrampicatore teologico robot)
ATR: “Non siamo nel Medioevo!”
RS: “A dir il vero l’Orientalis Ecclesiae di Pio XII è del 1944”
ATR: “Non siamo nel Medioevo!”
RS: “Sì, ma il principio che si difende è eterno, anche nella Sacra Scrittura..”
ATR: “Non siamo nel Medioevo!”
RS: “Sì, la Sacra Scrittura è precedente al Medioevo ma..”
ATR: “Non siamo nel Medioevo!”
Arrampicatore teologico pseudomistico. Medjugorje e pseudoapparizioni varie - e avariate - sono il pane quotidiano. Quando non sa cosa rispondere cita la rivelazione privata, riconosciuta solo dalla zia acquisita della veggente, avvenuta su un’isola dispersa dell’Oceano Pacifico. Ipse dixit.
Arrampicatore teologico occasionale. In camera ha i poster di Che Guevara, del Dalai Lama e di Jovanotti. Renziano di ferro, ha come riferimento intellettuale imprescindibile Belen Rodriguez. Tra un video sui gattini neonati e un appello su facebook per l’orsa Daniza, non può non occuparsi di apologetica. Vi lascio immaginare e non aggiungo altro.
Arrampicatore teologico dubbioso. Sono tanti, in buona fede e sono a tutti i livelli. Vedono chiaramente che c’è “qualcosa” (eufemismo) che "non va" ma per “prudenza” (virgolette d’obbligo) tacciono, si interrogano. A volte esplodono in critiche dure, altre volte difendono. Sono i più genuini.
Arrampicatore teologico MIX. Mescola le categorie precedenti. Può capitare di trovare uno che dopo avere insultato “a robot”, cita il Vangelo ricordandoti di amare il prossimo tuo e che i "tradizionalisti" non lo amano [gnè gnè!]. Nel post successivo finisce per parlarti dell’apparizione di cui gli ha riferito suo cugino. Apparizione che dimostra inequivocabilmente che gli induisti non hanno bisogno di convertirsi.
Se anche tu conosci un arrampicatore (teologico) sugli specchi, trova la sua categoria e aiutalo come puoi.
Certi teologastri-ci andrebbero presi a schiaffi a due a due finchè non diventano dispari . Ragazzi non se ne può più . jane
RispondiEliminaormai tanto presi nella reinterpretazione del vangelo siamo alle pure fantasie.....ma sniffano prima di scrivere?Gesù soccorrici presto!
RispondiEliminaUna bella padellata secca, sulla testa di questo teologo da strapazzo, gliela darei molto volentieri. Forse gli passerebbe la passione per la cucina.
RispondiEliminacondivido
Elimina160 pagine di idiozie ... brutto non avere una cippa da fare tutto il santo giorno! Continuate pure a rendervi ridicoli... si sono visti i frutti marci e nauseabondi del Concilio Vat. II.. avrete di che pentirvi e amaramente, non lo immaginate neanche visto il dio idolo che vi siete costruiti tutto peace and love, continuate ad avere come vangelo i baci perugina... Satana vi ringrazia, state sfasciando tutto voi, lui si dedica all'essenziale: ossia portare alla perdizione le anime che voi avete precedentemente avvelenato! VERGOGNA, VERGOGNA, VERGOGNA!
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