Chiacchiere domestiche su grazia e misericordia
Cronaca semplice di un dialogo qualsiasi ai tempi del Sinodo 2014, in corso in quel del Vaticano in materia di famiglia e dintorni. Le
notizie dal sinodo, a differenza di come sono sempre andate le cose,
sono il frutto di un si dice, di parole raccolte a margine. Per scelta,
infatti, questa volta non vengono consegnati ai giornalisti gli
interventi dei padri sinodali, ma bisogna accontentarsi del riassunto
fatto in sala stampa e, appunto, delle interviste raccolte qua e là dai
vaticanisti.
In questo maremagnum mediatico la voce del padrone è quella dei riformisti,
o novatori che dir si voglia, quelli che, sulla spinta della teoria
Kasper, vorrebbero scaraventare un mare di misericordia su tutte le
situazioni possibili immaginabili. Una misericordia che vista così
rischia di trasformarsi in una caricatura di sé stessa.
Che cosa si dicano realmente dentro l’aula sinodale non è dato sapere nei dettagli,
mentre fuori si sente un po’ di tutto. Il cardinale Assis, vescovo di
Aparecida, avrebbe aperto una sessione parlando di un imprecisato
“cammino di accompagnamento” anche per le coppie omosessuali”, perchè si
deve uscire da “uno sguardo legalista”. Altri hanno sussurrato al
giornalista di turno che è ora di smetterla con certe parole urticanti,
tipo quelle del Catechismo della Chiesa Cattolica che, in ossequio alla
Sacra Scrittura, definisce gli atti omosessuali “intrinsecamente
disordinati” (cfr. San Paolo Lettera ai Romani).
Che la Chiesa sia paterna e anche materna ok,
anzi di più, che la chiesa sia pure un ospedale da campo, ma che la
chiesa diventi una specie di indistinto spazio spiritually correct no.
La Chiesa è di Cristo e la dottrina non è un orpello indifferente alla
pastorale. L’uomo ferito va aiutato con la medicina della misericordia,
ma la diagnosi non è indifferente alla somministrazione della medicina,
altrimenti che medicina è?
Per qualcuno, Fernandez il teologo argentino riferimento del papa,
non uno qualsiasi, occorrerebbe che di fronte al “bellissimo ideale”
del matrimonio cristiano si prenda in considerazione “la realtà concreta
delle persone che non possono arrivare a quell’ideale”. Cioè, dice lui,
si deve perseguire il “bene possibile”, anche “con il rischio di
sporcarci nel fango del cammino”. Già, ma che vuol dire? E la grazia di
Dio? Non era quella, la Grazia, che permetteva all’uomo ferito dal
peccato di poter raggiungere l’ideale evangelico?
Come ha detto un filosofo polacco, amico di San Giovanni Paolo II,
qui c’è un problema di fondo. Dice Stanislaw Grygiel: “una sera nella
sua casa, erano gli anni Sessanta, il cardinale Karol Wojtyla era
rimasto a lungo in silenzioso ascolto degli interventi di alcuni
intellettuali cattolici che prevedevano una inevitabile laicizzazione
della società. […] Quando quei suoi interlocutori finirono di parlare,
egli disse soltanto queste parole: “Nemmeno una volta è stata da voi
pronunciata la parola grazia”.
Questa parola, che risulta fondamentale in una prospettiva di fede,
pare essere dimenticata nei commenti a margine del sinodo. Speriamo che
dentro l’aula qualcuno la faccia riecheggiare, almeno per marcare la
differenza tra un’assemblea di psicologi e quella di pastori cattolici.
Perchè così anche la misericordia assume un altro sapore.
Senti – dice la mogliettina al marito di cui sopra,
mentre entra in salotto – la Chiesa si rinnova e va incontro a tutti.
C’è del bene in tutti, no? Però vorrei farti una domanda: perchè ci
siamo sposati in chiesa? Beh – dice lui alzando lo sguardo dal tablet –
ci sembrava carino. Mi hai fatto una testa così, non ricordi? Sì – dice
lei – quella chiesa in campagna era una location bellissima per il
nostro amore, però, voglio dire, davanti all’altare ci siamo detti
qualcosa…tipo… “finchè morte non ci separi”. Già – risponde lui – a
volte si dicono cose più grandi di noi. Però stai tranquilla, per ora,
voglio bene solo a te. Già – risponde lei davanti al microonde –
anch’io, per ora, voglio bene solo a te. Però, forse, se credessimo in
Dio potrebbe darci una mano a cancellare il “per ora” e farlo diventare
un “per sempre”. O no? (La Voce di Romagna, 11/10/2014)
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2014/10/cara-cosa-dicono-al-sinodo-chiacchiere-domestiche-su-grazia-e-misericordia/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=cara-cosa-dicono-al-sinodo-chiacchiere-domestiche-su-grazia-e-misericordia
Il direttore de La Civiltà Cattolica, il gesuita p. Antonio Spadaro, oltre ad affermazioni assai inquietanti come "non è affatto escluso a priori che queste relazioni [le unioni gay, ndr] possano esprimere sacrificio e donazione", offre alla stampa una chiave di lettura dei lavori sinodali: la virtù del "discernimento",
ossia - secondo la volgarizzazione - "attenzione alle situazioni reali
delle singole persone prima di avventurarsi in giudizi di merito".
Pertanto, con riguardo all'accesso dei divorziati "risposati" all'Eucaristia, "non è pensabile una norma generale. La Comunione non sarà né per nessuno, né per tutti, a mio avviso. Serve un discernimento pastorale caso per caso"; per usare le parole della parabola, "chi divorzia per egoismo non ha la veste per il banchetto. Invece, chi ha sofferto per ciò che è avvenuto probabilmente sì". Insomma, "fu qualche lacrima sul viso a dargli il Paradiso", come cantava De André? Se la porta stretta non è poi tanto stretta ne siamo lieti, ma vorremmo punti fermi.
Che, come in ogni discorso modernista, sono sfuggenti: in merito alla contraccezione, "nel momento in cui si valorizza il discernimento non si può prescindere dalla coscienza che, come diceva il beato Newman, è ‘il primo vicario di Cristo’. Nei contributi dei padri sinodali, dunque, è stata menzionata così, non come arbitrio, ma come discernimento". Povero Newman, tirato per i capelli da un intervistato e da un intervistatore che poi non si fa problemi a titolare "Sesso, il Sinodo apre alla pillola". A proposito di comunicazione col mondo, intelligibilità alle persone, linguaggio accessibile e veritiero, eccetera.
Sulla barca di Pietro il mal di mare si fa intenso. Portatevi dei sacchetti.
http://radiospada.org/2014/10/pillola-si-pillola-no-finche-la-coscienza-va-lasciala-andare/
«Trovo che sia una vera contraddizione il fatto che fuori dell'aula sinodale i vescovi possano dare libere interviste mentre i loro interventi in aula non sono pubblici. Si è voluta così del resto rompere una tradizione propria della Chiesa». Lo ha affermato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Mueller, commentando con alcuni giornalisti gli sviluppi dei lavori del sinodo all'uscita dell'aula Paolo VI.
«Non importa se alcuni non sono d'accordo con questa mia opinione - ha aggiunto Mueller -, io dico ciò che voglio ma soprattutto ciò che devo dire come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Inoltre, io non ho fatto altro che dare voce alle proteste di molti fedeli che mi hanno scritto in proposito da vari Paesi e che hanno diritto di conoscere il pensiero dei vescovi. Perché - si è domandato il porporato - si è dovuto cambiare?».
Sempre sullo svolgimento dei lavori, il prefetto dell'ex Sant'Uffizio ha osservato che «ciò che è meglio di prima è che c'è un ordine delle discussioni mentre non era assolutamente necessario non lasciare pubblicità agli interventi». Sulla «relatio» finale dei lavori del sinodo, Mueller ha commentato: «Penso che andrà direttamente al Papa ma io non faccio più parte della regia».
Quanto all'atteggiamento di accoglienza e accompagnamento verso gli omosessuali, il cardinale ha osservato: «è un atteggiamento cristiano di cui hanno sempre parlato già i documenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI poiché si guarda alla persona creata da Dio». Muller ha però aggiunto in merito che «la coppia come tale non può essere riconosciuta» dalla Chiesa.
Il prefetto dell'ex Sant'Uffizio ha comunque espresso soddisfazione sui lavori del sinodo dopo la prima settimana di discussione generale: «Penso che abbiamo avuto una buona discussione».
Pertanto, con riguardo all'accesso dei divorziati "risposati" all'Eucaristia, "non è pensabile una norma generale. La Comunione non sarà né per nessuno, né per tutti, a mio avviso. Serve un discernimento pastorale caso per caso"; per usare le parole della parabola, "chi divorzia per egoismo non ha la veste per il banchetto. Invece, chi ha sofferto per ciò che è avvenuto probabilmente sì". Insomma, "fu qualche lacrima sul viso a dargli il Paradiso", come cantava De André? Se la porta stretta non è poi tanto stretta ne siamo lieti, ma vorremmo punti fermi.
Che, come in ogni discorso modernista, sono sfuggenti: in merito alla contraccezione, "nel momento in cui si valorizza il discernimento non si può prescindere dalla coscienza che, come diceva il beato Newman, è ‘il primo vicario di Cristo’. Nei contributi dei padri sinodali, dunque, è stata menzionata così, non come arbitrio, ma come discernimento". Povero Newman, tirato per i capelli da un intervistato e da un intervistatore che poi non si fa problemi a titolare "Sesso, il Sinodo apre alla pillola". A proposito di comunicazione col mondo, intelligibilità alle persone, linguaggio accessibile e veritiero, eccetera.
Sulla barca di Pietro il mal di mare si fa intenso. Portatevi dei sacchetti.
http://radiospada.org/2014/10/pillola-si-pillola-no-finche-la-coscienza-va-lasciala-andare/
13/10/2014
Sinodo, Mueller: “Una contraddizione non pubblicare gli interventi”
Parla il prefetto dell’ex sant’Uffizio: che senso ha il divieto visto che fuori dell'aula i vescovi possono dare libere interviste? E sulle coppie gay dice: la Chiesa non può riconoscerle
Redazione Roma«Trovo che sia una vera contraddizione il fatto che fuori dell'aula sinodale i vescovi possano dare libere interviste mentre i loro interventi in aula non sono pubblici. Si è voluta così del resto rompere una tradizione propria della Chiesa». Lo ha affermato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Mueller, commentando con alcuni giornalisti gli sviluppi dei lavori del sinodo all'uscita dell'aula Paolo VI.
«Non importa se alcuni non sono d'accordo con questa mia opinione - ha aggiunto Mueller -, io dico ciò che voglio ma soprattutto ciò che devo dire come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Inoltre, io non ho fatto altro che dare voce alle proteste di molti fedeli che mi hanno scritto in proposito da vari Paesi e che hanno diritto di conoscere il pensiero dei vescovi. Perché - si è domandato il porporato - si è dovuto cambiare?».
Sempre sullo svolgimento dei lavori, il prefetto dell'ex Sant'Uffizio ha osservato che «ciò che è meglio di prima è che c'è un ordine delle discussioni mentre non era assolutamente necessario non lasciare pubblicità agli interventi». Sulla «relatio» finale dei lavori del sinodo, Mueller ha commentato: «Penso che andrà direttamente al Papa ma io non faccio più parte della regia».
Quanto all'atteggiamento di accoglienza e accompagnamento verso gli omosessuali, il cardinale ha osservato: «è un atteggiamento cristiano di cui hanno sempre parlato già i documenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI poiché si guarda alla persona creata da Dio». Muller ha però aggiunto in merito che «la coppia come tale non può essere riconosciuta» dalla Chiesa.
Il prefetto dell'ex Sant'Uffizio ha comunque espresso soddisfazione sui lavori del sinodo dopo la prima settimana di discussione generale: «Penso che abbiamo avuto una buona discussione».
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.