Papa Francesco e il card. Baldisseri
“La sensazione generale è quella di un enorme sollievo”, dice un professore influente presso un’Università Pontificia. “Giovedì, verso mezzogiorno, Giovanni Paolo II ha operato un miracolo al Sinodo”.
A quell’ora iniziò la rivolta contro l’uomo accuratamente scelto da Francesco, il suo primo cardinale, Lorenzo Baldisseri – apprezzatissimo da Bergoglio per gli inestimabili servizi resi prima e durante il Conclave del 2013 – scelto più di un anno prima del Sinodo per orchestrare entrambe le assemblee, del 2014 e del 2015, in modo da poter raggiungere i risultati voluti dal Papa, senza alcun dissenso. Era un compito difficile, ma Baldisseri vi si dedicò strenuamente e il dato essenziale fu l’operazione dei media.
Finché i lavori del Sinodo rimanevano segreti, l’operazione dei media doveva procedere a mosse rapide con fatti compiuti, impossibili da fermare per qualsiasi forza, in modo che il risultato conclusivo determinasse una relatio finale rivoluzionaria. Tale relatio avrebbe dovuto funzionare come la grande acclamazione di Papa Francesco proveniente dall’episcopato mondiale, quasi egli fosse un guru della moda, un leader glorioso la cui padronanza degli eventi non gli può essere negata o impedita.
In questa serie di fatti compiuti, la prima relatio della settimana, scritta da monsignor Bruno Forte prima del Sinodo, avrebbe dovuto essere un passo abbagliante. Tutti a Roma sapevano che Francesco conosceva, aveva letto e approvato tale pubblicazione. Nulla poteva avvenire in questo personalistico e super egocentrico pontificato senza la conoscenza diretta del papa. Quanto fu inaspettato, e non avrebbe dovuto esserci, fu che, nonostante la forte pressione, la maggioranza decisionale fu più wojtyliana che bergogliana.
Bruno Forte, il “pre relatore”
Negli ultimi giorni, ho parlato con un gran numero di prelati, molti dei quali padri sinodali. Erano tutti furiosi e indignati contro Francesco. Il presidente di una Conferenza episcopale di un grande paese africano, lo eticchettò di fronte a me come “elemento disgregatore”, la definizione più azzeccata per descrivere l’atmosfera generale della Curia e del Sinodo dopo 18 mesi di un governo imposto con la paura e la persecuzione; il termine che ho sentito più volte durante la scorsa settimana è stato “esasperazione”.
Le esperienze del secolo scorso hanno mostrato che un governo basato sulla paura e sulla manipolazione non può sussistere a lungo senza ribellioni, e questo è quanto è successo Giovedi. Era come se una pentola a pressione fosse esplosa alla fine di 18 mesi di ebollizione.
Il Sinodo ha fallito, perché i suoi obiettivi sono stati vanificati da quest’esplosione di angoscia sotto pressione e questo è ciò che rende questo “Sinodo straordinario”, davvero straordinario!
La protesta dei Padri sinodali del 16 ottobre contro Baldisseri, è stata la più inaudita degli ultimi 50 anni, e il silenzio dei media il più stupefacente, considerando l’enormità di ciò che avvenne. I mezzi informativi italiani furono presi totalmente alla sprovvista, e questo già Sabato, tentando di salvare il prestigio di Papa Bergoglio e trasferendo la responsabilità per la mancata riuscita sinodale ai suoi collaboratori, tra cui Baldisseri, ma tutti sanno che questi erano solo gli agenti fedeli della sua incrollabile e potente volontà.
Kasper, il “misericordioso”
Nel frattempo, il prestigio del Cardinale Kasper ha raggiunto i livelli più bassi e i capi della rivolta sono stati considerati come degli eroi.
In ogni caso, il Sinodo del 2014 è solo un passo di un percorso in cui Francesco e i suoi alleati stanno facendo parecchi errori, molti dei quali derivati dalla loro infinita arroganza. Si sta mostrando un’inattesa resistenza, una resistenza che viene minimizzata dalla stampa e dai mezzi di comunicazione in tutto il mondo.
Per quanto riguarda il testo finale del Sinodo, come pare? Probabilmente piuttosto male, ma meno di quello predisposto anticipatamente e che ci si aspettava. L’ottimismo dei “progressisti” è nel caos, e il testo finale del Sinodo, a questo punto, è un problema secondario; ciò che conta da ora è la battaglia che sarà combattuta alla prossima assemblea, nel 2015. Francesco non dovrà incassare quant’è successo ora per leggerezza e Baldisseri dovrà essere sottoposto ad enormi pressioni dall’alto per manipolare l’incontro del 2015, in un modo che non venga ostacolato da alcun nuovo miracolo di Giovanni Paolo II.
nei giorni più caldi di questo Sinodo, c'è stato un biglietto che ha
cambiato decisamente il senso e probabilmente il risultato della
discussione. Un biglietto rimasto riservato ai più. Un messaggio breve,
ma fondamentale. Spedito dal monastero Mater Ecclesiae e recapitato a
Santa Marta. Due luoghi che nella Santa Sede degli ultimi due anni hanno
assunto un valore particolare: sono rispettivamente le residenze del
Papa emerito Joseph Ratzinger e quella del Pontefice in carica, Jorge
Mario Bergoglio.
E già, perché nello scontro che si è consumato tra i
191 padri sinodali, c'è stato anche un protagonista inatteso: Benedetto
XVI. Ratzinger, certo, non ha preso parte ai lavori delle commissioni e
agli incontri convocati dal suo successore. Eppure non è stato assente.
Schierandosi a sostegno di Francesco. "Non solo nella preghiera -
spiegano nei corridoi del soglio pietrino - ma anche con la sua figura e
statura di Papa emerito e di più grande teologo vivente".
In
questi giorni infatti si è forse consumato uno degli scontri più aspri
dal Concilio Vaticano II. I temi della famiglia sono stati al centro di
un confronto senza precedenti. Le aperture alle famiglie non
tradizionali e ai diritti degli omosessuali hanno determinato una
serrata discussione. Che del resto aveva preso il via già da tempo:
prima con la relazione "aperturista" del cardinale tedesco Kasper (cui
ha partecipato anche l'arcivescovo di Chieti Forte) all'ultimo
Concistoro che ha costituito la base di confronto al Sinodo. Quindi con
il documento "tradizionalista" firmato da cinque cardinali: Müller (capo
dell'ex Sant'Uffizio), Burke (prefetto della Segnatura apostolica),
Caffarra (arcivescovo di Bologna), Brandmüller e De Paolis. E
sostanzialmente appoggiato dall'arcivescovo di Milano Scola.
Dunque
il Sinodo è stato preceduto e quindi caratterizzato da
confronto-scontro che è continuato anche in questi giorni. E proprio a
cavallo tra la fase preparatoria e quella concreta dell'appuntamento, il
ruolo di Benedetto XVI è cresciuto in maniera esponenziale. Anzi, la
tensione in alcuni momenti ha toccati picchi elevatissimi. Creando
allarme e preoccupazione negli episcopati. Ma forse il momento più
critico è rimasto fino ad ora nascosto. È stato quando alcuni dei
cardinali conservatori che avevano letto e commentato con sorpresa le
tesi di Kasper hanno raggiunto il Papa emerito proprio nel monastero
Mater Ecclesiae. Interrompendo lo stile sempre riservato che Ratzinger
si è imposto dal momento delle sue dimissioni. In quell'incontro i suoi
interlocutori hanno tentato un'operazione senza precedenti: provare a
sensibilizzarlo sulle tesi che sarebbero andate in discussione al
Sinodo. Un'operazione potenzialmente in grado di spaccare verticalmente
la Chiesa. Organizzando di fatto una fronda interna contro il Pontefice.
E non in termini di "potere reale" o per le nomine. Ma sul terreno
della dottrina.
La risposta di Benedetto XVI, però, è stata
netta: "Il Papa non sono io, non rivolgetevi a me". Anzi, poco dopo -
come spesso gli è capitato in questi due anni - ha inviato al Pontefice
riservatamente un biglietto. Il cui contenuto è ignoto ma la cui
tempistica avvalora l'idea di una collaborativa informazione. Anche
quando la polemica è diventata più accesa. Anche quando l'ala più
conservatrice dell'episcopato non ha fatto nulla per nascondere le sue
perplessità e le sue critiche rispetto al documento reso noto dal
cardinal Kasper, il Papa emerito si è impegnato per evitare fratture o
correnti. "Cum Petro e sub Petro", è la sintesi che Ratzinger fa della
sua presenza in Vaticano. "E se parla - notano gli osservatori più
attenti della Santa Sede - è sempre a sostengo di Francesco". Un modo
per dire che nessuno potrà mai usare Benedetto contro Bergoglio. Del
resto i rapporti tra il Papa emerito e il connazionale Kasper non si
sono interrotti in questi mesi. Come non si è interrotto il dialogo tra
Benedetto XVI e l'arcivescovo di Chieti Forte.
Anche dopo
quell'incontro segreto, però, la componente più conservatrice non ha
comunque rinunciato a evidenziare osservazioni e appunti - anche
piuttosto acuminati - durante i lavori sinodali. Il rischio di una
spaccatura evidente e manifesta è stato una costante in questi giorni. E
l'esito quasi inevitabile è stato quello di una mediazione finale. E di
un'opera di costante correzione delle tesi iniziali. Basti guardare la
cosiddetta "Relatio post disceptationem" del cardinale ungherese Erdo,
relatore del Sinodo, e i due documenti finali approvati. Entrambi,
infatti, nei contenuti fanno un passo indietro dal punto di vista
dogmatico, ma non da quello pastorale. Un modo per evitare spaccature e
divisioni. Anche se l'appuntamento finale, quello delle decisioni non è e
non poteva essere questo. Ma il Sinodo del 2015. Forse, però, il
risultato inseguito dal Pontefice stavolta è stato soprattutto di non
esporre la Chiesa ad una divisione. Soprattutto dopo gli sforzi di unità
compiuti in seguito agli scandali degli ultimi anni.
Che ridere, se non ci fosse da piangere. L'idolo rockstar di ieri, Giovannipaolosecondo, contro quello di oggi, il cekista porteño occhialuto. E così, il frankista polacco farebbe dei miracoli... Tipo Simon Mago? Ma dico io, invocare dei Santi veri costa tanto? Ne abbiamo una sfilza!
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