ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 19 ottobre 2014

Meglio minoranza che minorati!

INTERVISTA

Sinodo sulla famiglia, Mancuso sulla svolta di Francesco

Bergoglio mostra rispetto. E capisce che la Chiesa deve essere inclusiva. Ma per il teologo Mancuso su omosessuali e divorziati la rivoluzione è ancora lontana.

Mai la parola «peccato», né «malattia». Nella Relatio post disceptationem di metà sinodo pronunciata dal cardinale relatore Peter Erdo, sugli omosessuali e sui risposati lo sguardo della Chiesa è passato dal giudizio alla misericordia, dall'esclusione all'inclusione.
Le aperture, definite con ottimismo «rivoluzionarie», sono state poi molto smussate nella Relatio Synodi finale del 18 ottobre: nei circoli minori nei quali si è discusso il documento provvisorio, i vescovi hanno a dir poco frenato (con un'alzata di scudi di 470 emendamenti) la linea imposta dai progressisti e da alcuni fedelissimi, che papa Francesco aveva voluto come guide ed estensori del concilio sulla famiglia

LA RELATIO DEL CAMBIAMENTO. La vulgata dei 191 padri che formano il sinodo non ha coinciso, insomma, con il contenuto delle relazioni diffuse inmedias res, da chi intendeva gettare il cuore oltre l'ostacolo.
Sulle aperture a gay e separati è stata raggiunta la maggioranza, ma non il quorum di due terzi. Ma è pur vero che, nella Santa Sede, è il papa che decide con un potere (volendo) assoluto. E «Francesco», spiega a Lettera43.it il teologo Vito Mancuso, ex allievo del segretario speciale del sinodo, il martiniano Bruno Forte, «vuole chiaramente queste aperture. La prima Relatiomostra, con assoluta evidenza, il desiderio di mutare prassi e, in parte, anche dottrina della Chiesa».
VERSO UNA CHIESA PIÙ REALE. «Benché Francesco non sia un progressista», precisa il teologo, «antepone l'accoglienza dell'umanità in cammino all'ideologismo dei dogmi». Come aveva sottolineato anche il gesuita Antonio Spadaro, «la Chiesa deve aprire gli occhi sulla realtà, se vuole tornare universale».
Un percorso comunque lungo secondo Mancuso: «Il papa ha dimostrato un bellissimo, grande senso di rispetto per gli omosessuali. Ma siamo ancora lontani dallo sciogliere il nodo di fondo sulla libertà sessuale, ammessa solo nel matrimonio indissolubile e tra uomo e donna».


  • Il teologo Vito Mancuso.
     
DOMANDA. Perché è utile anche per la Chiesa essere meno dura?
RISPOSTA.
 «Cattolico», in greco, significa universale. Senza la grande operazione di misericordia che vuole Francesco, le persone si rivolgeranno ad altre religioni o appartenenze. E a perderci, alla fine, sarà la Chiesa.
D. Quindi un cattolicesimo che è marginale perde la sua essenza.
R.
 Con l'oltranzismo, alla fine, si rifiuta il mandato originario evangelico di Gesù.
D. Fissandosi sulla dottrina è votato al fallimento?
R.
 Il papa chiede un cambiamento abbastanza radicale perché, come disse il cardinale Carlo Maria Martini nell'ultima intervista prima di morire, la Chiesa è indietro di almeno 200 anni.
D. La società, almeno in Occidente, ha superato la Chiesa?
R. Non viviamo più in una società plasmata sui suoi valori, come nel Medioevo. Le persone scelgono secondo la propria coscienza. Se la Chiesa non si mostrerà disponibile all'ascolto, troveranno sostegno spirituale altrove. Un'occasione sprecata.
D. In che senso?
R.
 In questi tempi c'è un grande bisogno d'ascolto e d'accoglienza. Le persone che hanno alle spalle percorsi irregolari, rispetto alla dottrina cattolica, cercano la Chiesa. Francesco ha intercettato questo grande bisogno, è pronto a una nuova evangelizzazione.
D. Perché non è progressista?
R.
 Crede nel dialogo, ma la sua è una prospettiva evangelica tradizionale, dipietas popolare. Parla del diavolo, non ha, anche intellettualmente, il pensiero progressista di un cardinal Martini.
D. Bergoglio è realista, si muove con pragmatismo.
R.
 Bisognerà vedere se riuscirà a imporre la sua visione inclusiva all'interno dell'episcopato mondiale. Se, insomma, da papa eserciterà una leadership effettiva, riformando in profondità la Chiesa.
D. C'è un anno di tempo: la Relatio Synodi sarà discussa al sinodo ordinario del 2015. Quanto inciderà il sinodo straordinario appena concluso sulla famiglia?
R.
 Effettivamente si è lavorato. Ma è difficile dire se in futuro prevarrà il cambiamento sulla prassi e in parte anche sulla dottrina. Le posizioni e i racconti sul dibattito sono variati molto a seconda dei relatori e anche delle dichiarazioni individuali. Fino alla frenata finale.
D. La maggioranza dei vescovi è stata nominata dai pontefici conservatori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Dopo le aperture della prima Relatio, sono volati gli stracci.
R.
 Era prevedibile che il testo conclusivo venisse annacquato, che la maggioranza stoppasse i tentativi di riforma dello status quo.
D. Ma è davvero possibile cambiare la dottrina della Chiesa?
R.
 Su questioni dottrinali di fondo come l'esercizio della sessualità non erano emersi progressi neanche nella Relatio post disceptationem.
 
  • Papa Francesco saluta il cardinale Walter Kasper, all'apertura del sinodo.
     
D. Si affermava che gli omosessuali hanno «doti e qualità da offrire alla comunità cristiana» e, in alcuni casi, dimostrano «mutuo sostegno fino al sacrificio» verso i partner.
R.
 Sì, ma l'apertura verso gli omosessuali c'era anche in passato, nella misura in cui i loro istinti sessuali venivano sublimati nell'amicizia o in altre forme di sostegno e comunione.
D. Ma è sparita la parola «peccato», la Chiesa non colpevolizza.
R. Se è per questo non si parla mai neanche di «malattia» ed è bellissima la frase del papa: «Chi sono io per giudicare». Mostra un grande rispetto verso gli omosessuali. Di certo un passo in avanti.
D. Però...
R.
 Anche nell'ultimo sinodo si è ribadita la centralità dell'enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che vincola l'atto sessuale alla procreazione. Tutte le altre pratiche erotiche restano eticamente illecite, dunque sono peccato.
D. Perché non si ha avuto il coraggio di dibattere su questo nodo di fondo?
R.
 La reazione dei vescovi africani è stata durissima. Anche il cardinale Walter Kasper ha ammesso di trovarsi, obiettivamente, di fronte a divergenze di vedute tra il mondo occidentale e non occidentale. Su questo siamo ancora lontani.
D. È la secolare diatriba sul modernismo.
R.
 Per me il percorso dell'Occidente è un'evoluzione, per altri una decadenza. Non tutte le società umane sono uguali, è un dato di fatto: credo nel cammino delle civiltà. Fino a 100 anni fa, ma anche meno, anche in Europa continuava a prevalere la cultura omofobica. Ora per fortuna non più.
D. Sulla comunione ai separati l'opposizione è quasi più forte che sui gay. Perché non si vuole un percorso di penitenza, la cosiddetta «dottrina della gradualità» di Kasper?
R.
 Anche in questo caso, si vede minacciato il principio di indissolubilità del sacramento del matrimonio. È un'interpretazione dogmatica, eccessivamente statica che, a mio avviso, non sempre rende merito al percorso di un credente.
D. La Chiesa pecca nell'essere troppo rigida?
R.
 Come ho scritto nell'ultimo libro sull'amore, nel matrimonio c'è un'idea di perfezione, di assolutezza intrinseca. Nello sposarsi, non dico in tutti ma in chi lo fa per amore, c'è un senso del per sempre. Altrimenti si conviverebbe.
D. Poi che succede?
R. Nella società occidentale di oggi, la famiglia rispettosa del magistero cattolico puro è minoritaria. Si sbaglia, i cammini divergono, talvolta vivere con il coniuge diventa una trappola.
D. Sono storie di fallimenti individuali.
R.
 C'è chi nel suo percorso esistenziale non fa errori. Chi continua a farne e chi impara dagli sbagli. Conosco coppie che, alla seconda possibilità, hanno raggiunto la metà dell'indissolubilità.
D. Dottrinalmente, come si concilia l'ideale del per sempre con la realtà?
R.
 Ammettere che l'indissolubilità dell'unione possa essere raggiunta anche gradualmente, con un percorso di penitenza, non significa negarne il valore indissolubile. Significa, per la Chiesa, assistere a un traguardo dal basso.


E dopo il sinodo anche nella Chiesa c'è una minoranza
   
La Repubblica

(Enzo Bianchi) Il sinodo straordinario sulla famiglia si chiude oggi con una liturgia eucaristica e la beatificazione di Paolo VI. Ieri tre testi sono apparsi: il tradizionale messaggio conclusivo come saluto e gesto di condivisione, inviato “a tutte le famiglie dei diversi continenti e in particolare a quelle che seguono Cristo” ; la relazione conclusiva votata dai vescovi, con l’inedita indicazione dei voti favorevoli e contrari espressi per ciascun paragrafo, relazione che, per volere del papa diventa anche il documento preparatorio – i Lineamenta – per il prossimo sinodo sulla medesima tematica che avrà luogo a Roma nell’ottobre prossimo.
Infine, il discorso di papa Francesco rivolto ai padri sinodali al termine della giornata. Da questi tre testi, di natura diversa e complementare, emerge un unico messaggio non scritto lasciato da papa Francesco e dai vescovi riuniti in sinodo attorno a lui. Non un ipotetico messaggio alternativo, non uno “spirito” del sinodo contrapposto a una “lettera” dei testi, ma un’immagine che la chiesa cattolica ha voluto dare di sé e che, a giudicare dall’attenzione riservatale dai media, è riuscita a trasmettere. È il messaggio di una chiesa che cerca. Ma non come chi non sa dove vuole andare, non come chi procede a tentoni, non come chi ha smarrito l’adesione alla realtà, ma come chi non si stanca di “cercare il regno di Dio e la sua giustizia” (cf. Mt 6,33). Un chiesa quindi che, consapevole della propria inadeguatezza e dei peccati dei suoi membri, cerca ogni giorno una sola cosa: come essere più fedele al Vangelo di Gesù Cristo.
È un messaggio corale di grande libertà interiore, quella libertà che papa Francesco ha chiesto e ha dato a tutti i vescovi: libertà di manifestare senza paure o esitazioni ciò che nel loro cuore e nella loro coscienza il vangelo di Gesù Cristo annuncia riguardo alla sessualità, alla famiglia e alle storie di amore di uomini e donne alla sequela di Gesù. Su questo la testimonianza è stata unanime: massima trasparenza, piena libertà di espressione, fino a manifestare anche dure contrapposizioni. È stata non una scommessa ma un’intuizione profetica di papa Francesco: non solo lasciare che tutti i vescovi parlassero con ordine e coerenza, ma sollecitarli al confronto, favorire l’approfondimento della discussione, permettere che ogni singolo intervento non fosse slegato dal contributo offerto dagli altri. Una libertà di espressione, di reciproca correzione fraterna di cui hanno potuto godere anche, e forse soprattutto, gli esponenti di quella che le votazioni hanno poi mostrato essere una chiara minoranza.
Sì, nella chiesa il processo di discernimento della volontà del Signore può essere faticoso, a volte può perfino passare attraverso la polemica, ma deve sempre essere dettato dall’obbedienza al vangelo e a nient’altro che al vangelo. Così il confronto non è stato sulla indiscussa dottrina dell’indissolubilità del matrimonio cristiano: su questa – che andrebbe chiamata “fedeltà alla parola data davanti al Signore”– la chiesa non può mutare nulla perché fondata sulle parole stesse di Gesù, ma ciò di cui si è discusso al sinodo è stato di capire con quali mezzi la misericordia di Dio può raggiungere chi ha peccato, fino a offrirgli un viatico nel suo cammino verso il regno, dopo averne constatato il pentimento e la serietà dell’impegno nella sequela cristiana. Su questo aspetto la contrapposizione è stata anche di natura culturale: nessuno ha parlato della possibilità di amministrare nuovamente un sacramento che possa contraddire o cancellare “ciò che Dio ha unito”. È invece proprio su questa azione di Dio che ci si è interrogati per capire se sempre si è verificato che i coniugi fossero animati dalla fede in questa alleanza sancita da Dio, per farsi carico della sofferenza di chi ha visto morire un amore e ha cercato di ricominciare lealmente un nuovo cammino di fedeltà. Non la dottrina è stata interrogata, bensì l’atteggiamento di misericordia della chiesa. In ogni caso va dato atto che i due approcci apparentemente contrapposti hanno avuto entrambi la possibilità di esprimersi e di conoscere direttamente le motivazioni reciproche, così che tutti hanno avuto l’opportunità di compiere uno sforzo comune per rileggere la volontà del Signore nell’oggi della storia.
Il documento finale indica allora una pista di ricerca e di lavoro: non mette la parola fine alla discussione, ma indica per essa uno stile nuovo, segnato da rispetto, ascolto, umiltà. Quelle stesse virtù umane e cristiane che ritroviamo nel discorso conclusivo di papa Francesco che, pur ribadendo il carattere decisivo della propria autorità, si presenta esplicitamente come “servo dei servi di Dio” e richiama i fratelli nell’episcopato all’obbedienza la vangelo, ammonendoli sulle tentazioni che minacciano tutti e ciascuno e riconfermandoli nella fede .
Sì, dai lavori di questi giorni e dalle parole che li raccontano è possibile attendersi che gli uomini e le donne di oggi e di domani siano ancora attratti dal “profumo di Cristo”, siano affascinati dal Figlio di Dio venuto per i malati e i peccatori, morto e risorto per tutti, siano capaci di rendergli testimonianza attraverso le loro povere vite, attraverso la grandezza e le miserie della loro vita familiare quotidiana. 
fonte

5 commenti:

  1. meglio essere fedeli a CRISTO che seguire nuove dottrine!la chiesa spaccata in due......il SIGNORE ci perdoni e ci soccorra!!!!

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  2. Pagliacci, pagliacci, null'altro che pagliacci! E pagliaccio e maledetto è da ritenersi colui che ha orchestrato questa orgia satanica . Continua a coltivare la viva speranza che ad aver permesso questa tragedia non sia Papa Francesco! Altrimenti ci sarebbe solo una cosa da dire: TU NON ES PETRUS!

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  3. ma la chiesa di Cristo non è fondata sulla SUA PAROLA?che devono scoprire di nuovo?PASSERANNO I CIELI E LA TERRA MA LE MIE PAROLE NON PASSERANNO MAI!rimaniamo fedeli a Gesù....LUI ci ricompenserà!!!!amen!

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  4. ormai il lavaggio del cervello è iniziato da tanto tempo.....credono che mascherando il peccato con molta misericordina verrà nascosto il naturale epilogo:vai e non peccare più!questo ha detto Gesù a chi voleva essere sanato,non vai e continua.... la carne è debole.....quindi a noi la scelta! "L’odore delle pecore” si sta tramutando in puzza di caprone.....

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  5. Grazie al cielo le cose non sono andate come speravano. L'episcopato fedele alla Chiesa di Cristo per ora ha resistito, anche se probabilmente è in minoranza. C'è da scommettere che gli ultrà torneranno alla carica alla stesura del documento finale nel 2015.

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