ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 8 ottobre 2014

NON SI PUÒ EVANGELIZZARE A COLPI DI VANGELO ?

ADOLFO NICOLAS, GENERALE DEI GESUITI: "PUÒ ESSERCI PIÙ AMORE CRISTIANO IN UN’UNIONE IRREGOLARE CHE IN UNA COPPIA SPOSATA IN CHIESA. NON SI PUÒ EVANGELIZZARE A COLPI DI VANGELO"

Secondo  Adolfo Nicolas, generale dei sedicenti gesuiti, “Può esserci più amore cristiano in un’unione canonicamente irregolare che in una coppia sposata in Chiesa”.
Questa espressione, in puro spirito modernista, può sedurre ad una prima lettura e, nell’ottica dell’ignoranza religiosa contemporanea, potrebbe sembrare anche una frase condivisibile, eppure è evidentemente uno spot in matematico marketing diabolico.
Contro la perniciosa affermazione di Adolfo Nicolas, la verità di fede cattolica ce la enuncia e spiega, per esempio, san Giovanni:

1) Et in hoc cognoscimus quoniam novimus eum: si mandata eius servemus (IGv. 2,3) - Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti;
2) Qui dicit: “ Novi eum ”, et mandata eius non servat, mendax est, et in isto veritas non est (IGv. 2,4) - Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;
3) […] quodcumque petierimus, accipimus ab eo, quoniam mandata eius custodimus et ea, quae sunt placita coram eo, facimus (IGv. 3,22) - […] qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui;
4) […] qui servat mandata eius, in ipso manet, et ipse in eo; et in hoc cognoscimus quoniam manet in nobis, ex Spiritu, quem nobis dedit (IGv. 3,24) - […] chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato;
5) In hoc cognoscimus quoniam diligimus natos Dei, cum Deum diligamus et mandata eius faciamus. Haec est enim caritas Dei, ut mandata eius servemus; et mandata eius gravia non sunt, quoniam omne, quod natum est ex Deo, vincit mundum; et haec est victoria, quae vicit mundum: fides nostra (IGv. 5,2-4) - Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti, perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede.
Qui brevemente la dottrina cattolica sul matrimonio (v. IL MATRIMONIO CATTOLICO CONTRO LE FANTASIE DEL “SINODO” DI BERGOGLIO). Come può esserci amore cristiano in una coppia irregolare, quindi in una coppia di conviventi o di adulteri in scandalo, resta un mistero. È il Vangelo secondo gli eredi di Lutero.
Attraversando l’ingresso del Vaticano con la sua borsa nera alla Bergoglio, aggiunge: “Il Sinodo sta completando il Concilio”. Ce ne siamo accorti, purtroppo. Essendo tuttavia il vero Sinodo della Chiesa una “legittima adunanza”, appare evidente che fino ad ora di legittimo non c'è nulla. Credo che a lavori conclusi di debba nuovamente parlare di “conciliabolo”.
Prosegue: “La discussione, libera e franca, si sta indirizzando verso il cambiamento, l’adeguamento pastorale alla mutata realtà dei tempi odierni. E’ un segno epocale perché invece in questi anni ci sono state forze che hanno tentato di riportare indietro la Chiesa rispetto alla grande stagione conciliare”.
Questo è falso, stimando il fine evidente di questa affermazione. Come insegna papa Pio XII nellaOrientalis Ecclesiae (Enciclica di Pio XII, 9 aprile 1944) ed in numerosi altri documenti (v. Humani generis, Mystici Corporis, ecc…), la scienza pastorale (o dell’azione correttiva), così come qualsivoglia altra scienza, è subordinata al Magistero ed in alcun modo può prevaricarlo. Da san Pietro fino a Pio XII NON esiste alcun documento dove si attesti che è ammesso l’errore dottrinale su questioni di fede e costume in documenti di Magistero (solenne, straordinario, ordinario ed universale), anche nella fantomatica pastorale. Difatti chi sostiene il contrario fa riferimento esclusivamente a due note dichiarazioni: la prima di Roncalli e la seconda di Montini (chi convocò e chi terminò il CV2), senza alcuna corrispondenza nel Magistero bimillenario della Chiesa, dunque nel depositum fidei. Chi sostiene il contrario dovrebbe provarlo: fino ad oggi non lo ha fatto.
Sul tema della comunione agli adulteri in scandalo (loro li chiamano “divorziati risposati”) ha sostenuto: “Non si può impedire al Sinodo di discuterne come vorrebbe qualcuno. I vescovi non sono stati convocati per ribadire idee astratte a colpi di dottrina, bensì per cercare soluzioni a questioni concrete. Significativamente il Papa e molti padri sinodali hanno fatto riferimento nei loro interventi ai testi del Concilio. Ad esprimersi è quella la Chiesa in ascolto dello spirito che anche il cardinale Martini ha auspicato fino alla fine della sua vita”.
Altra dichiarazione falsa. Carlo Maria Martini era notoriamente eretico modernista (il dato è provato dalla scienza teologica oggettiva), quindi non è un modello da imitare e da citare; la Chiesa è sempre stata in ascolto ed ha forgiato generazioni di santi e secoli luminosi benedetti da Dio; le soluzioni alle questioni concrete la Chiesa le ha sempre trovate e, nello specifico, la dottrina non è affatto astratta ma si è espresso chiaramente Nostro Signore, così come ha fatto la Chiesa; la Chiesa ha sempre aperto al dialogo nei sinodi e nei concilii, pertanto anche l’incipit di questa dichiarazione è un’invenzione di Adolfo Nicolas.
Per difendere la sua linea modernista usa addirittura sant’Ignazio: “Il nostro fondatore Sant’Ignazio è stato sottoposto per ben otto volte all’esame dell’Inquisizione dopo aver parlato di ascolto dello Spirito. Allora come oggi per noi conta più lo Spirito perché viene da Dio rispetto alle regole e alle norme che invece sono opera degli uomini. Alla morale familiare e sessuale servono dolcezza e fraternità. Non si tratta di dividere ma di armonizzare.  Non si può evangelizzare le persone a  colpi di Vangelo. Solo la scelta di concentrarsi su Cristo mette al riparo dalle sterili dispute, dalle controversie ideologiche astratte”.
Come si possa evangelizzare concentrandosi su Cristo, senza usare il Vangelo - che, a detta del sedicente generale dei gesuiti, NON mette al riparo da sterili dispute - resta un mistero dell’apostasia. Come fa davvero ribrezzo la dichiarazione sul presunto “ascolto dello Spirito” appannaggio esclusivo dei modernisti di oggi. Come si capisce: verosimilmente la Chiesa, secondo questo “prete”, per 2000 anni non avrebbe avuto  l’“ascolto dello Spirito”. Dio aspettava lui e Bergoglio.
Al soggetto in questione ha già risposto san Paolo che, per esempio, dice:
1) Nos autem non spiritum mundi accepimus, sed Spiritum, qui ex Deo est, ut sciamus, quae a Deo donata sunt nobis (ICor. 2, 12) - Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato;
2) Et ipse dedit quosdam quidem apostolos, quosdam autem prophetas, alios vero evangelistas, alios autem pastores et doctores ad instructionem sanctorum in opus ministerii, in aedificationem corporis Christi, donec occurramus omnes in unitatem fidei et agnitionis Filii Dei, in virum perfectum, in mensuram aetatis plenitudinis Christi, ut iam non simus parvuli fluctuantes et circumacti omni vento doctrinae in fallacia hominum, in astutia ad circumventionem erroris (Ef. 4, 11-14) - È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore.
I colorati “padri sinodali” (sic!) ieri hanno affermato: “l’Eucaristia non è il sacramento dei perfetti, ma di coloro che sono in cammino […]agendo con empatia e tenerezza, sarà possibile ridurre il divario tra la dottrina e la prassi, tra gli insegnamenti della Chiesa e la vita quotidiana delle famiglie […] deve essere lasciato più spazio alla logica sacramentale, piuttosto che a quella giuridica […] le coppie di fatto presentano elementi di santificazione”.
Queste affermazioni, strepitoso capolavoro di modernismo misto a sofismi, inserite però nel contesto del “sinodo” di cui stiamo parlando, assumono un significato inequivocabile, scandaloso, apostata.
Le risposte sono già state fornite da Nostro Signore:
1) “ Quid me interrogas de bono? Unus est bonus. Si autem vis ad vitam ingredi, serva mandata ” (Mt. IX, 17) - «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti»;
2)  Dixit autem ei Iesus: “[…] Mandata nosti: non moechaberis, non occides, non furtum facies, non falsum testimonium dices, honora patrem tuum et matrem (Lc. XVIII, 19-20) - Gesù gli rispose: «[…] Tu conosci i comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre»;
3) Si diligitis me, mandata mea servabitis (Gv. XIV, 15) - Se mi amate, osserverete i miei comandamenti;
4) Si praecepta mea servaveritis, manebitis in dilectione mea, sicut ego Patris mei praecepta servavi et maneo in eius dilectione  (Gv. XV, 10) - Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vorrei solo concludere ricordando:
1) Quotiescumque enim manducabitis panem hunc et calicem bibetis, mortem Domini annuntiatis, donec veniat. Itaque, quicumque manducaverit panem vel biberit calicem Domini indigne, reus erit corporis et sanguinis Domini. Probet autem seipsum homo, et sic de pane illo edat et de calice bibat; qui enim manducat et bibit, iudicium sibi manducat et bibit non diiudicans corpus (ICor. 11, 26-29) - Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna;
2) Quicumque autem totam legem servaverit, offendat autem in uno, factus est omnium reus. Qui enim dixit: “ Non moechaberis ”, dixit et: “ Non occides ”; quod si non moecharis, occidis autem, factus es transgressor legis (Gc. II, 10-11) - Poiché chiunque osservi tutta la legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto; infatti colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non uccidere. Ora se tu non commetti adulterio, ma uccidi, ti rendi trasgressore della legge.
Apprendiamo, quindi, che “non commettere adulterio” è uno dei comandamenti; che chi non rispetta i comandamenti non ama Gesù e non resta nel Suo amore; che chi “commette adulterio”, anche se osserva gli altri comandamenti, trasgredisce tutta la legge; che in questo stato inequivocabile di peccato mortale (senza alcun pentimento, senza alcun rimedio allo scandalo, senza alcuna soddisfazione), è impossibile ricevere la Santa Eucaristia senza essere rei di sacrilegio, pertanto si mangia e si beve la propria condanna.
Credo che i portavoce del fallibilismo (camuffato da tradizione) a breve cominceranno a scrivere articoli su fantomatici sinodi straordinari pastorali (definitori) fallibili (sic!).
C’è da dire che già J. Ratzinger, certo in una maniera meno balorda e non sfacciata, aveva già espresso questo concetto di puro modernismo: “Grazie per tutto quello che fate per aiutare queste persone sofferenti. In realtà, questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. […] Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono «fuori» anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. […] è anche molto importante che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di CristoAnche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. E far capire questo è importante”. (2.06.2014 Milano, risposta ai coniugi brasiliani).
Praticamente J. Ratzinger, sebbene lo faccia con eleganza di stile, non solo usa la parola “risposati” (sic!), ma apre ad una presunta comunione di desiderio in stato di adulterio.  Nel contesto delle obiezioni di Matinetti a Carlo Buzzi (qui), si lascia intendere che non sta parlando di “comunione di desiderio”, ma che la sostanza c’è tutta. Secondo Magister, autore dell’articolo: «Anche se la comunione di desiderio non è sacramento, è pur sempre comunione “vera”, “partecipata”, “reale” con il corpo di Cristo». 
J. Ratzinger arriva addirittura a pensare un fantasioso «digiuno eucaristico di solidarietà» per quei cristiani che non possono ottenere l’assoluzione - su quel punto specifico dell’adulterio - e di conseguenza non possono ricevere l’Eucarestia (Cf. Apologia del Papato, EffediEffe 2014, nota 557; Vatican Insider, «Il Papa, i divorziati, la famiglia», M. Tosatti, editor. digit. del 3 giugno 2012).

CdP Ricciotti

IL MATRIMONIO CATTOLICO CONTRO LE FANTASIE DEL “SINODO” DI BERGOGLIO

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Trascrizione e pubblicazione a cura di CdP Ricciotti
Questo sacramento ha diversi nomi: matrimonio, dal dovere che incombe specialmente sulla madre (matris munus) di dare la vita alla prole e di educarla cristianamente; coniugio (da cum jugo: giogo in comune) perché sottopone gli sposi agli stessi doveri; nozze (da nubo: velare), perché un tempo la sposa, in segno di modestia e umile sommissione, era condotta allo sposo per le nozze con la faccia coperta d’un velo. 
406. Che cos'è il Matrimonio?
II Matrimonio è il sacramento che unisce l'uomo e la donna indissolubilmente, come sono uniti Gesù Cristo e la Chiesa sua Sposa, e dà loro la grazia di santamente convivere e di educare cristianamente i i figliuoli.
Il Matrimonio è il sacramento che unisce l'uomo e la donna indissolubilmente.
1) Il matrimonio prima di tutto è un contratto naturale, o mutuo accordo tra due persone idonee, di sesso diverso, che si danno l’una all'altra per sempre, in comunanza di vita, per la procreazione, l’educazione dei figli e l’aiuto vicendevole. Il matrimonio fu voluto da Dio che creò la prima donna e la presentò al primo uomo affinché gli fosse aiuto e compagna di vita. Adamo, interpretando l’intenzione di Dio, nell'accogliere Eva esclamò: «Ecco finalmente l'osso delle mie ossa, la carne della mia carne;... l'uomo lascerà suo Padre e sua madre, si unirà alla sua moglie e saranno due in una sola carne » (Gn. 2, 23-24). Dio benedisse Adamo ed Eva e comandò loro e in loro a tutti i futuri coniugi: «Crescete e moltiplicatevi: popolate la terra e assoggettatela» (Gn. 1, 28).
Per divina istituzione il matrimonio ha due proprietà: unità e indissolubilità. 
a) Unità. Il matrimonio dev’essere l’unione di un solo uomo con una sola donna. Perciò è proibita la poligamia, cioè l’unione contemporanea di un solo uomo con più donne (poligamia) e di una sola donna con più uomini (poliandria). La Chiesa ha sempre condannato ogni unione matrimoniale che non sia di un solo uomo con una sola donna contemporaneamente. Il Concilio di Trento ha stabilito: «Se qualcuno oserà dire che ai cristiani è lecito avere più mogli nello stesso tempo e che ciò non è proibito da nessuna legge divina, sia scomunicato (Sess. 24, can. 2; DB 972). Gesù Cristo richiamò all’osservanza della legge dell’unità e dell’indissolubilità del matrimonio, rinnovando la proibizione del divorzio e della poligamia (poligamia e poliandria) (v. Mr. 10, 2-12).
b) Indissolubilità. Il matrimonio è un contratto perpetuo, che non può essere spezzato finché vivono i due coniugi. Il divorzio è contrario alla legge divina, al bene e all’interesse dei coniugi e della famiglia. Morendo uno dei due, l’altro resta libero di contrarre nuove nozze. Il Concilio di Trento colpisce di scomunica chi sostenesse che il matrimonio può essere disciolto (Sess. 24 can. 5; DB 975), e Gesù Cristo dichiarò che il coniuge che abbandona l’altro per contrarre nuove nozze è reo del gravissimo peccato di adulterio (v. Mr. 10, 1-12).
L’unità e l’indissolubilità sono necessarie al bene della procreazione e dell’educazione della prole (bonum prolis), al bene dell’amore e dell’aiuto scambievole che gli sposi devono prestarsi (bonum fidei) e al bene significato dal matrimonio in quanto sacramento, che rappresenta l’unione unica e indissolubile tra Cristo e la sua Chiesa (bonum sacramenti).
2) Il contratto naturale del matrimonio fu elevato da Gesù Cristo alla dignità di sacramento. Tra i cristiani lo stesso contratto naturale è sacramento: 1) per via della divina istituzione; 2) per via del segno sensibile significativo; 3) ed efficace, che produce e comunica la grazia significativa.
a) Istituzione divina. Il Concilio di Trento colpisce di scomunica chi afferma che il matrimonio non è un sacramento, che non fu istituito da Gesù Cristo e che non conferisce la grazia (Sess. 24, can. 1; DB 917). Gesù Cristo onorò con la sua presenza e con il primo miracolo le nozze di Cana (Gv. 2, 1 ss), esaltò la fede matrimoniale (Mt. 5, 27 ss), volle nascere egli stesso da una Vergine unita in regolare matrimonio con san Giuseppe, infine ricondusse l’istituzione del matrimonio all'unità e indissolubilità che aveva avuto da principio per divina volontà (Mt. 19, 3 ss). Determinare in quale momento preciso Gesù Cristo abbia elevato il contratto matrimoniale alla dignità di sacramento non è facile né indispensabile.
b) Il segno esterno, sensibile e significativo. Materia remota del sacramento del matrimonio è il corpo dei coniugi; materia prossima è l’offerta che ciascuno degli sposi fa di se stesso all'altra parte in ordine alla futura famiglia; forma del sacramento è il «sì» col quale ciascuno dei due sposi accetta l’offerta che gli fa l'altro, cioè il consenso reciproco a unirsi per sempre per procreare ed educare la famiglia. Il consenso dev'essere prestato davanti al sacerdote, che assiste alla celebrazione delle nozze in nome della Chiesa.
c) Segno efficace nel conferire la grazia che significa. - V. infra, III. II. ... come sono uniti Gesù Cristo e la Chiesa. Il matrimonio è sacramento in quanto rappresenta e significa l’unione unica e indissolubile tra Cristo e la Chiesa sua sposa e suo corpo mistico. Da questo simbolismo il matrimonio attinge tutta la sua grandezza, dignità, efficacia e le proprietà dell'unità e dell'indissolubilità. III. ... e dà la grazia di santamente convivere e di educare cristianamente i figliuoli. Il Concilio di Trento colpisce di scomunica chiunque nega che il sacramento del matrimonio produca la grazia (Sess. 24, can. 1; DB 971) e insegna che il matrimonio perfeziona l’amore naturale, conferma l’unità e l’indissolubilità e santifica i coniugi (Sess. 24 decr. de sacr. matr.; DB 969). La grazia del matrimonio rende i coniugi più accetti a Dio, accrescendo in loro la grazia santificante, e con la grazia sacramentale dà loro il diritto alle grazie necessarie per il mutuo amore, per la procreazione dei figli e la loro educazione cristiana, cioè il diritto di conseguire il triplice fine del matrimonio: a) bomim prolisi la procreazione e l’educazione della prole; b) bonum fidei: la fedeltà o amore e aiuto reciproco con la diminuzione della concupiscenza e la fedeltà vicendevole; c) bonum sacramenti: rappresentando con l’unità e indissolubilità l'unione tra Cristo e la Chiesa.
RIFLESSIONE. I fanciulli preghino perché i loro genitori siano sempre assistiti dalla grazia del sacramento.
407. Chi è ministro del matrimonio?
Ministri del Matrimonio sono gli sposi che lo contraggono. Ministro di un sacramento è colui che pone la materia prossima, pronuncia la forma e unisce materia e forma in modo che siano un segno sensibile, significativo ed efficace della grazia. Nel matrimonio gli sposi pongono la materia del sacramento con la reciproca donazione di se stessi in ordine alla vita in comune e alla formazione della famiglia cristiana; e pronunciano la forma del sacramento esprimendo ciascuno il consenso con cui accetta l’offerta dell’altro. Gli sposi sono quindi i veri ministri del sacramento, che è il mutuo consenso espresso con le parole nell’atto stesso del matrimonio (Eugenio IV, Decr. pro Armenis; DB 702). Al contratto naturale (offerta e accettazione vicendevole) Gesù Cristo ha aggiunto la virtù di significare e causare la grazia.
Perché il matrimonio sia celebrato validamente si richiede: a) che sia celebrato davanti al parroco (o a un sacerdote delegato da lui) che assiste all'unione e la suggella con queste parole: lo vi unisco in matrimonio in nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; b) davanti almeno a due testimoni (Conc. Trid. Sess 24, c. 1; DB 991-992; Cod. di Diritto Canonico, can. 1094); c)  che i contraenti siano battezzati; d) abbiano l’intenzione di contrarre un vero matrimonio; e) siano liberi da questi impedimenti dirimenti: mancanza di età: per l’uomo si richiedono almeno sedici anni compiuti, per la donna quattordici (can. 1067, 1); incapacità perpetua per difetto fisico a compiere i doveri del matrimonio; il legame non ancora sciolto di un matrimonio precedente da parte di uno o di entrambi i contraenti (can. 1069, 1); disparità di culto (tra un battezzato e un infedele) senza la dispensa; gli ordini sacri maggiori (i minori non sono impedimento dirimente) da parte dell'uomo, o professione religiosa solenne emessa da uno o da entrambi i contraenti; aver rapito o trattenere forzatamente la sposa senza il suo consenso; aver avuto prima relazioni adultere con promessa o attentato di matrimonio (can. 1075, 1); aver uno o entrambi i contraenti ucciso o tentato di uccidere il coniuge precedente (can. 1075, 1, 2); la consanguineità in linea ascendente e discendente (tra padre e figlia, madre e figlio, nonni e nipoti), o collaterale (fratello e sorella, zii e nipoti, cugini primi) fino al terzo grado inclusi; l’affinità ascendente e discendente in tutti i gradi (tra suocero e nuora, suocera e genero) e collaterale (tra cognati) fino al secondo grado (can. 1077, 1); la parentela spirituale (tra padrini e figliocci) (can. 768,1079).
Perché il matrimonio sia lecito i contraenti devono essere in stato di grazia, cresimati, liberi da impedimenti impedienti che sono: il voto perpetuo di verginità, di castità, di non sposare, di ricevere gli ordini sacri, di entrare nella vita religiosa; la mista religione (tra cattolici ed eretici o scismatici); la cognazione o parentela legale, nata dall'adozione.
La Chiesa può dispensare dagl’impedimenti impedienti, che sono d’istituzione ecclesiastica e da quelli dirimenti di diritto ecclesiastico, non da quelli di diritto naturale (per es.: parentela in linea retta ascendente e discendente) o di diritto divino (per es. : il vincolo del matrimonio precedente non ancora sciolto).
RIFLESSIONE. - Il matrimonio è il magnum sacramentiim. Quanti lo considerano solo con gli occhi della passione o dell’interesse e lo profanano riducendolo a un mercato di piacere e di denaro.
408. Gli sposi nel contrarre il Matrimonio devono essere in grazia di Dio?
Gli sposi nel contrarre Matrimonio devono essere in grazia di Dio, altrimenti commettono un sacrilegio. II matrimonio è un sacramento dei vivi, destinato ad aumentare la grazia santificante e a conferire la grazia sacramentale. Perché possa produrre i suoi effetti soprannaturali, dev'essere ricevuto in stato di grazia, come tutti i sacramenti dei vivi. Chi lo riceve consapevolmente in peccato mortale, non solo non riceve la grazia del sacramento, ma commette un grave sacrilegio. L’infelicità di molte famiglie dipende certamente dal fatto che il padre e la madre sono andati all'altare con la colpa grave sulla coscienza, senza preparazione e senza devozione, dopo essersi infangati e aver sperperato le migliori energie, che devono essere conservate per Dio e per la famiglia. Invece di tornarsene dall'altare con la grazia e la benedizione di Dio, portano con sé la divina maledizione, non avranno le grazie necessarie per essere buoni genitori, per conservare l’unità e l’indissolubilità e profaneranno la nuova famiglia con innumerevoli colpe. Per ricevere degnamente il sacramento del matrimonio, oltre ad essere in stato di grazia, è necessario che gli sposi conoscano almeno le verità principali della fede, la natura, il valore, i frutti del sacramento, adempiano le leggi della Chiesa per quanto concerne la presentazione dei documenti, le pubblicazioni, il tempo e il luogo della celebrazione, siano liberi dagli impedimenti o abbiano almeno ricevuto la dispensa da quegli impedimenti che possono essere dispensati.
RIFLESSIONE. Riceveranno degnamente il sacramento coloro che fin da fanciulli conservano intatto il giglio della purezza interiore ed esteriore. 
409. Come si contrae il matrimonio?
Il matrimonio si contrae esprimendo il mutuo consenso davanti al parroco, o ad un sacerdote suo delegato, e a due testimoni, nel territorio della parrocchia.
Il sacramento del matrimonio per i cristiani è lo stesso contratto naturale dei contraenti, che fungono da ministri ponendo la materia con l’offerta che ciascuno fa di se all'altro, e la forma esprimendo ciascuno con un «sì» il consenso che accetta l’offerta dell’altro contraente. Il contratto è il sacramento in quanto per divina volontà è istituito da Cristo, e in quanto è segno indicativo ed efficace della grazia che conferisce realmente. Il parroco o il sacerdote che assiste alle nozze non è il ministro, ma soltanto il delegato della Chiesa a presenziare alla celebrazione e a benedire l’unione dei contraenti. Perché il sacramento sia valido, per disposizione precisa della Chiesa si richiede che il consenso sia espresso dagli sposi davanti al parroco o a un sacerdote delegato da lui e davanti ad almeno due testimoni. Inoltre per la validità del sacramento (che per i cristiani è inseparabile dal contratto naturale, col quale si identifica) si richiede che il consenso sia interno (dato con la volontà) e che sia manifestato esternamente e accettato dalla comparte.
Il  consenso può essere invalido, e quindi invalidare il sacramento, per diversi motivi: 1) per ignoranza: quando uno o tutti e due i contraenti ignorano che il matrimonio è un accordo perpetuo, tra un uomo e una donna, per la generazione della prole (can. 1082, 1); 2) per errore riguardante la persona: per es. Giovanni crede di sposare Giulia e invece sposa Teresa (cf. can. 1083); 3) per cattiva volontà: se uno, o entrambi i contraenti, non intende contrarre un vero matrimonio, o non cedere i diritti in ordine alla procreazione della famiglia, o intende essere unito solo temporaneamente (cf. can. 1086); 4) per violenza o per timore: quando, ad esempio, per sfuggire alla violenza o a un timore causato da altri, sì è dovuto ricorrere al matrimonio (cf. can. 1087); 5) per non presenza: occorre che i contraenti siano presenti di persona o almeno per mezzo di un procuratore autorizzato per scritto alla celebrazione (cf. can. 1088-1089).
410. Il matrimonio celebralo in questa forma, consegue in Italia anche gli effetti civili?
Il matrimonio celebrato in questa forma consegue in Italia anche gli effetti civili, perché lo Stato Italiano riconosce tali effetti al sacramento del matrimonio.
411. Il matrimonio così celebrato come consegue in Italia anche gli effetti civili?
Il matrimonio così celebrato consegue in Italia anche gli effetti civili mediante la sua regolare trascrizione nei registri dello stato civile, fatta a richiesta del Parroco. Quando il matrimonio è celebrato tra cristiani, non è possibile separare il sacramento dal contratto naturale, in modo che il primo sia soggetto alla legislazione della Chiesa e il secondo a quello dello stato. Contratto e sacramento devono essere regolati unicamente dalla Chiesa, perché soltanto ad essa Cristo affidò i sacramenti. Se qualcuno dirà che le cause matrimoniali non spettano ai giudici ecclesiastici, sia scomunicato (Conc. Trid.., Sess. 24, can 12; DB 982). Quindi soltanto la Chiesa può determinare quali sono gli impedimenti (ivi, can. 3, 4; DB 973-974), dispensare da essi (Pio VI, Bolla «Auctorem fidei»; DB 1559ss) e risolvere le liti e i dubbi riguardanti il matrimonio.
Al potere civile sono soggetti soltanto gli effetti puramenti civili del matrimonio (can. 1016), come le disposizioni riguardanti la dote della sposa, l’amministrazione dei suoi beni, il testamento e l’eredità. La Chiesa ha sempre lottato strenuamente contro le pretese invadenti del potere civile dello stato, quando vuole legiferare in materia matrimoniale, permettendo il divorzio, stabilendo nuovi impedimenti (come quando in Germania si pretese impedire il matrimonio tra i cosiddetti «ariani puri» e quelli che non godevano di questo fantomatico privilegio), o non tenendo conto degl’impedimenti canonici (come la mista religione, la disparità di culto). Nel Concordato concluso con la Santa Sede nel febbraio del 1929, lo Stato Italiano riconosce che il matrimonio è di pertinenza esclusiva della Chiesa. Fu stabilito che per gli effetti civili del matrimonio basta che dopo la celebrazione del sacramento davanti al Parroco, che funge anche da ufficiale di stato civile, questi notifichi la celebrazione avvenuta airufficio civile dell’anagrafe.
412. Gli sposi cattolici possono compiere anche il Matrimonio civile?
Gli sposi cattolici non possono compiere il Matrimonio civile né prima né dopo il Matrimonio religioso: che se lo osassero, anche con l'intenzione di celebrare in appresso il matrimonio religioso, sono dalla Chiesa considerati come pubblici peccatori. In diverse nazioni, anche cattoliche, la legge dello stato rende obbligatoria la celebrazione del matrimonio civile, imponendo agli sposi di presentarsi all’ufficiale di stato civile e dichiarare alla sua presenza la loro volontà di unirsi in matrimonio. Se tutto ciò fosse soltanto imposto dallo stato per accertarsi che il matrimonio è stato celebrato o lo sarà davanti alla Chiesa, non vi sarebbe nulla d’illecito. Ma in vari codici odierni, che s’ispirano a quello napoleonico, è imposto il matrimonio civile come unico valido e riconosciuto, e quello religioso è considerato una pura e semplice formalità, che può essere compiuta o trascurata senza danno. Perciò la legge del matrimonio civile è una vera e propria usurpazione dei diritti della Chiesa, un atto di disprezzo verso la legge divina ed ecclesiastica, una negazione del carattere sacramentale e soprannaturale del matrimonio cristiano. E’ una legge ingiusta e i cristiani che vi ottemperano non contraggono un vero matrimonio. Convivendo come marito e moglie diventano pubblici peccatori e la Chiesa nega loro i sacramenti, finché non abbiano regolarizzato la loro posizione con la celebrazione del matrimonio religioso. A scusare la celebrazione del matrimonio civile non basta l’intenzione degli sposi di celebrare anche quello religioso, perché celebrando il matrimonio civile compiono un atto di disprezzo verso il sacramento. In quegli stati dove non è riconosciuto il matrimonio religioso ed è imposto quello civile, per evitare gravi conseguenze gli sposi devono presentarsi all’ufficiale civile non con l’intenzione di contrarre vere nozze davanti a lui, ma devono intendere unicamente di compiere una pura e semplice formalità, una cerimonia e nulla più, per godere della protezione della legge riguardo agli effetti civili, come le disposizioni riguardanti la dote, l’eredità, il riconoscimento e la legittimità dei figli, ecc.
RIFLESSIONE. La discordia, l’infelicità o lo stato pietoso di non poche famiglie dipendono dal fatto che i genitori hanno ricevuto male il sacramento del matrimonio, base e sicurezza della famiglia cristiana.
413.  Che doveri hanno gli sposi?
Gli sposi hanno il dovere di convivere santamente, di aiutarsi con affetto costante nelle necessità spirituali e temporali, e di educare bene i figliuoli, curandone l’anima non meno del corpo, e formandoli anzitutto alla religione (cattolica) e alla virtù con la parola e con l’esempio.
I. Preparazione al matrimonio. Chi ancora non sa a quale via il Signore lo abbia predestinato, deve cercare di conoscere la divina volontà e pregare assiduamente e umilmente, consigliarsi e studiare la propria vocazione. Nel caso che non si senta chiamato a uno stato più perfetto, sacerdozio, vita religiosa, o istituto secolare, si prepari allo stato coniugale. Chi si prepara al matrimonio deve prima di tutto pregare per giungere casto e ricco di grazia all’altare, e fare di tutto per conservare le sue forze per la futura famiglia. Preghi Dio che gli faccia trovare il compagno o la compagna degna, con cui dovrà convivere santamente e formare una buona famiglia cristiana. Nella scelta del fidanzato o della fidanzata i giovani non devono lasciarsi guidare né dal capriccio né dalla passione passeggera, che li attira verso i piaceri puramente animaleschi o li spinge a cercare soltanto l’interesse materiale e il denaro. Durante il fidanzamento i giovani devono cercare di conoscersi a vicenda, comprendersi, imparare a sopportarsi e aiutarsi, preparandosi nella preghiera, nel mutuo rispetto, nell’unità dello spirito e della carità soprannaturale, a formare una sola carne e una famiglia cristiana. Prima di celebrare il matrimonio ricevano devotamente i sacramenti della Penitenza e della Comunione, e vadano all’altare di Dio animati da viva fede, profonda devozione e retta intenzione.
II. Doveri degli sposi. 1) Gli sposi hanno il dovere di convivere santamente. senza imitare quei coniugi che nelle nozze cercano soltanto la soddisfazione di se stessi o l’interesse materiale; che tradiscono l’unità e l’indissolubilità del sacramento; che vogliono solo i piaceri evitando i pesi, specialmente dei figli. 2) ... di aiutarsi con affetto costante nelle necessità spirituali e temporali. Dall'amore nato spontaneo nei cuori e reso sacro ai piedi dell’altare con la benedizione di Dio: deve nascere il rispetto e l’aiuto reciproco tra i coniugi. Il marito deve provvedere alla moglie quanto le è necessario per il vitto, il vestito e l’abitazione; deve trattarla non come una serva, ma come la compagna della sua vita e la madre dei suoi figli, usando con lei delicatezza amorosa, specialmente nei periodi della maternità. A sua volta la moglie deve amare il marito, rispettarlo come capo della famiglia e padre dei suoi figli, obbedirlo, aiutarlo, custodire la casa come un santuario, facendo in modo che lo sposo trovi la maggior felicità e attrattiva tra le mura domestiche, dandosi con generosità e sacrificio. 3)  ... e di educare bene i figliuoli, curandone l'anima non meno del corpo, e formandoli anzitutto alla religione e alla virtù con la parola e con l’esempio. Il Sommo Pontefice Pio XI, nell'Enciclica «Della cristiana educazione della gioventù» (31 dicembre 1931) insegna che spetta prima di tutto ai genitori l’educazione naturale dei figli e alla Chiesa l’educazione soprannaturale. Lo stato non può né deve contrastare i doveri dei genitori e della Chiesa, né tanto meno impartire la cosiddetta educazione «laica», che in realtà è irreligiosa. E’ suo compito aiutare i genitori e la Chiesa nell'educazione della gioventù. I genitori devono non solo insegnare i primi elementi della scienza ai figli e avviarli agli studi, al lavoro e all'esercizio di un’onesta e decorosa professione; ma devono instradarli sulla via della pietà cristiana e della fede, facendone dei buoni cittadini e soprattutto dei buoni cristiani, servendosi per questo dell’aiuto dello stato e della Chiesa. Per l’educazione dei figli ha certamente molta efficacia la parola che esorta, consiglia, comanda, rimprovera, punisce: ma molto più efficaci sono l’esempio di una vita laboriosa e onesta e la pratica integrale della vita cristiana. Senza il buon esempio tutte le fatiche e tutti i discorsi saranno sprecati.
RIFLESSIONE. - La società odierna, tanto sconvolta, non riacquisterà pace e sicurezza, stabilità e benessere, finché non sarà riportata alla famiglia fondata sul matrimonio cristiano.
Dottrina tratta dal Catechismo di san Pio X, commento padre Dragone, CLS, Verrua Savoia, IV ed. 2009, p. 650 ss.
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7 commenti:

  1. Siamo all'apoteosi! Ma con quale faccia di bronzo questo tizio vestito da prete si permette di opporsi al Vangelo? Non ci sono più parole!!! Libera nos Domine!!!

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  2. la 1° lettura di domenica sembra centrare il problema della chiesa modernista...il Signore stava aspettando i frutti ma questi erano acini acerbi quindi abbatte i muri di protezione e ci ha lasciato in balia di tutti i venti di dottrina.........prendiamo il vangelo atteniamoci ad esso rimaniamo saldi nella fede il Signore certo ci soccorrerà!!!

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  3. ormai predicano mascherato sotto la misericordina ad ogni costo il contro vangelo......rimanendo nel peccato....ci allontaniamo da Dio e finiamo dritti dritti all'inferno!!!

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    1. Ma non ha detto esplicitamente, poco tempo fa, il Santo Padre Papa Francesco (sic!) che San Paolo si vantava dei suoi peccati? e allora, cosa ci confessiamo a fare? perché ci sforziamo di fuggire "le occasioni prossime del peccato?" e perché mai San Giovanni Battista si sarà fatto martirizzare? ...misteri, che solo Bergoglio sa penetrare.

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  4. Per non finire all'inferno basta non credere a tutto quello che esce dalla bocca di questi tizi: lupi travestiti d'agnello...preghiamo per la conversione di tutti noi!

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  5. Pazzia completa anche nelle espressioni:
    Evangelizzare viene da vangelo come evangelizzare senza vangelo?
    E' come tomisticizzare senza la dottrina di San Tommaso o come matematizzare senza matematica.
    SPQM sono pazzi questi modernisti!
    Liberaci Signore!

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  6. Qui rispondo a questa eresia pelagiana-naturalista rilanciata anche da qualche padre sinodale e (cosa ancor più grave) dal comunicato ufficiale della pravda-vaticana:
    http://lafededeinostripadri.blogspot.co.at/2014/10/considerazioni-sinodali-2-o-sulle.html

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