ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 12 ottobre 2014

Rompe la tradizione:santo subito!

Francesco, il papa in fuga dal protocollo


Francesco e le guardie svizzere
(©Ansa)
(©ANSA) FRANCESCO E LE GUARDIE SVIZZERE

Dal mate offerto dai fedeli alla stretta di mano alle Guardie Svizzere: così Bergoglio ha tradotto in gesti quotidiani il dovere di "essere normali"


Francesco vuole essere libero di avvicinare la gente, non desidera essere ingabbiato né eccessivamente protetto. E, sia quando fa fermare “fuori programma” l’auto scoperta per salutare i fedeli o accetta il mate che gli viene offerto in piazza San Pietro sia quando azzera formalismi e rigidità protocollari per favorire l’immediatezza della comunicazione, il Pontefice argentino cerca il contatto diretto.



Venerdì, per esempio, Francesco ha rotto nuovamente il protocollo stringendo la mano alla Guardia Svizzera. Ogni mattina, al termine dei lavori del Sinodo, il Papa si incammina da solo verso la sua residenza. Molti i fotografi e cameramen che lo hanno immortalato durante il tragitto. Venerdì mattina, però, c’è stata un piccolo “strappo” formale. Uscendo, infatti, il Pontefice si è soffermato a scambiare quattro chiacchiere con le Guardie Svizzere che stazionavano davanti all'ingresso, stringendo loro le mani. Ed è stato proprio Francesco, sul volo di ritorno da Rio de Janeiro a teorizzare l’affrancamento dalle rigidità del cerimoniale e del protocollo: “Dobbiamo essere normali”. 
  
Osserva a “Vatican Insider” lo storico del cristianesimo Alberto Melloni: “Bergoglio ha fatto la scelta consapevole di togliere il rituale di corte del principe e tutto ciò è conseguenza della sua scelta: la casa, la macchina, la mensa”. Insomma “si comporta come ritiene più opportuno”, aggiunge il professor Melloni: “Francesco ha rimosso il rituale da principe usando i suoi poteri di sovrano, perciò fa quello che vuole senza che nessuno possa dirgli che qualcosa non si può fare o si dovrebbe fare in forme differenti”.  Inoltre, puntualizza Melloni: “Benedetto XVI celebrava con un pallio da Papa, non da vescovo”, mentre “Francesco, come accadeva fino a Giovanni Paolo II, ha ripristinato per sé il pallio che è simile a quello degli arcivescovi metropoliti”. Una decisione che ha “un rilevante significato liturgico”, precisa Melloni.

 Del resto il  suo approccio consueto è quello del vescovo che sorride e benedice le persone, stringe mani, ascolta richieste di preghiere, benedice. E intende fare tutto questo senza eccessi di protocollo, senza che si creino barriere e distanze. Tradizione e regolamento impediscono alle Guardie Svizzere di muoversi dalla loro posizione quando sono in turno come alabardieri. Francesco dall'inizio del suo Pontificato mostra una ben comprensibile insofferenza verso questo tipo di etichetta che impedisce ogni spontaneità. Gli «angeli custodi» di papa Bergoglio, i gendarmi vaticani che insieme alle guardie svizzere devono vegliare sulla sicurezza del Pontefice, stanno cercando di adeguarsi al nuovo stile. Fin dai primissimi giorni del suo pontificato, il Papa ha sottolineato in ogni modo il suo ruolo di vescovo di Roma: ha voluto accanto a sé il cardinale Vicario Agostino Vallini al momento del primo affaccio dalla Loggia di San Pietro; ha celebrato la sua prima messa pubblica fuori dalla Sistina nella parrocchia vaticana di Sant’Anna; all’Angelus si esprime soltanto in italiano. Inoltre ha intensificato le uscite romane, le visite alle parrocchie, alle mense dei poveri. E a questa normalità di rapporto con la gente si è adeguato il necessario apparato di sicurezza. Impossibile «ingabbiare» Francesco nel nome del protocollo.

GIACOMO GALEAZZI
CITTA’ DEL VATICANO
http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-36892/
Lettere al Direttore
Gli schiaffi anagnini-sinodali sono comunque buon viatico
Al direttore - Tanto il Nobel a Bergoglio lo daranno per la Chimica: se riesce a sciogliere il matrimonio con una soluzione zuccherosa.
Maurizio Crippa

Al direttore - Il superiore dei gesuiti: “Può esserci più amore cristiano in un’unione canoni- camente irregolare che in una coppia sposata in chiesa”. Rivelazione. Ma il significato? Me- glio non sposarsi in chiesa, per essere più cristiani? Meglio non fare mai l’eucarestia, perché ci sono tanti mangia-ostie a tradimento? Meglio non pregare mai, perché ci sono farisei che pregano? O meglio non diventare gesuiti, per rimanere un po’ cristiani?
Francesco Agnoli

Al direttore - Condivido il suo fondo di ieri e l’invito a ripensare l’antropologia evangelica. Mi pare che questo più che un Sinodo sia una convention di prodotto/mercato. Senza mancare di rispetto mi viene in mente il dibattito in corso fra il mitico Mojito della nostra infanzia e il nuovo Gojito, che alla vecchia ricetta aggiunge la bacca selvatica mongola goji, il frutto della longevità.
Riccardo Ruggeri

Al direttore - Appello breve alle variopinte comparse che ingombrano il palcoscenico sinodale: “Per decenza, toglietevi almeno di dosso le vesti sacerdotali. Senza la dottrina, sono buone solo per il carnevale”.
Elisabetta Frezza, Patrizia Fermani
C’è del caustico e dello sberleffo in tutto questo. E a meritarsi tanti schiaffi d’Anagni, dico sul serio, è un’assemblea sinodale della chiesa di Roma, presieduta dal Papa. Ammiro la scelta di obbligarsi alla disputa di coscienza e al gioco delle opinioni. Certo clericalismo senza sapore è andato, ed è comunque un bell’ascoltare e vedere.
Qualcosa di buono ne deve venir fuori.

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