L’INFERNO C’E’ ! di Don Giuseppe Tomaselli II PARTE
FATTI STORICI DOCUMENTATI CHE FANNO RIFLETTERE
UN GENERALE RUSSO
Gaston De Sègur ha
pubblicato un libretto che parla dell'esistenza dell'inferno, su cui
sono narrate le apparizioni di alcune anime dannate.
Riporto per intero l'episodio con le stesse parole dell'autore:
"Il fatto accadde a
Mosca nel 1812, quasi nella mia stessa famiglia. Mio nonno materno, il
conte Rostopchine, era allora governatore militare a Mosca ed era in
stretta amicizia col generale conte Orloff, uomo valoroso, ma empio.
Una sera, dopo
cena, il conte Orloff cominciò a scherzare con un suo amico volteriano,
il generale V., burlandosi della religione e in particolare
dell'inferno.
- Se ci sarà qualcosa - disse il generale V. - chi di noi morirà per primo verrà ad avvisare l'altro. Restiamo d'accordo?
- Benissimo! - soggiunse Orloff, e si strinsero la mano in segno di promessa.
Circa un mese
dopo, il generale V. ricevette l'ordine di partire da Mosca e di
prendere una posizione importante con l'esercito russo per fermare
Napoleone.
Tre settimane
dopo, essendo uscito di mattina per esplorare la posizione del nemico,
il generale V. fu colpito al ventre da una pallottola e cadde morto.
Sull'istante si presentò a Dio.
Il conte Orloff
era a Mosca e non sapeva nulla della fine di quel suo amico. Quella
stessa mattina, mentre stava tranquillamente riposando, ormai sveglio
da un po' di tempo, si aprirono ad un tratto le tendine del letto e
comparve a due passi il generale V. morto da poco, ritto sulla persona,
pallido, con la destra sul petto e così parlò: 'L'inferno c'è e io ci
sono dentro!' e disparve.
Il conte si alzò
dal letto e uscì di casa in veste da camera, con i capelli ancora
spettinati, molto agitato, con gli occhi stralunati e pallido in volto.
Corse in casa di mio nonno, sconvolto e ansimante, per raccontare l'accaduto.
Mio nonno si era alzato da poco e, meravigliato nel vedere a quell'ora e vestito in quel modo il conte Orloff, disse:
- Conte che cosa vi è capitato?.
- Mi sembra di impazzire per lo spavento! Ho visto poco fa il generale V.!
- Ma come? Il generale è già arrivato a Mosca?
- No! - rispose il
conte gettandosi sul divano e tenendosi la testa tra le mani. - No,
non è tornato, ed è questo appunto che mi spaventa! E subito, trafelato,
gli raccontò l'apparizione in tutti i particolari.
Mio nonno cercò di
calmarlo, dicendogli che poteva trattarsi di fantasia, o di
un'allucinazione, o di un brutto sogno e aggiunse che non doveva
considerare morto l'amico generale.
Dodici giorni
dopo, un messo dell'esercito annunziava a mio nonno la morte del
generale; le date coincidevano: la morte era avvenuta la mattina di
quello stesso giorno in cui il conte Orloff se l'era visto comparire in
camera."
UNA DONNA DI NAPOLI
Tutti sanno che la
Chiesa, prima di elevare qualcuno agli onori degli altari e dichiararlo
"Santo", esamina attentamente la sua vita e specialmente i fatti più
strani e insoliti.
II seguente
episodio fu inserito nei processi di canonizzazione di San Francesco di
Girolamo, celebre missionario della Compagnia di Gesù, vissuto nel
secolo scorso.
Un giorno questo sacerdote predicava a una gran folla in una piazza di Napoli.
Una donna di
cattivi costumi, di nome Caterina, abitante in quella piazza, per
distrarre l'uditorio durante la predica, dalla finestra cominciò a fare
schiamazzi e gesti spudorati.
II Santo dovette interrompere la predica perché la donna non la smetteva più, ma tutto fu inutile.
II giorno dopo il
Santo ritornò a predicare sulla stessa piazza e, vedendo chiusa la
finestra della donna disturbatrice, domandò cosa fosse capitato. Gli fu
risposto: "È morta questa notte improvvisamente". La mano di Dio
l'aveva colpita.
"Andiamo a
vederla", disse il Santo. Accompagnato da altri entrò nella camera e
vide il cadavere di quella povera donna disteso. II Signore, che
talvolta glorifica i suoi Santi anche con i miracoli, gli ispirò di
richiamare in vita la defunta.
San Francesco di
Girolamo guardò con orrore il cadavere e poi con voce solenne disse:
"Caterina, alla presenza di queste persone, in nome di Dio, dimmi dove
sei!".
Per la potenza del
Signore si aprirono gli occhi di quel cadavere e le sue labbra si
mossero convulse: "All'inferno!... Io sono per sempre all'inferno!".
UN EPISODIO CAPITATO A ROMA
A Roma, nel 1873,
verso la metà di agosto, una delle povere ragazze che vendevano il loro
corpo in una casa di tolleranza si ferì a una mano. II male, che a prima
vista sembrava leggero, inaspettatamente si aggravò, tanto che quella
povera donna fu trasportata urgentemente all'ospedale, dove morì poco
dopo.
In quel preciso
momento, una ragazza che praticava lo stesso "mestiere" nella stessa
casa, e che non poteva sapere ciò che stava avvenendo alla sua
"collega" finita all'ospedale, cominciò a urlare con grida disperate,
tanto che le sue compagne si svegliarono impaurite.
Per le grida si
svegliarono anche alcuni abitanti del quartiere e ne nacque uno
scompiglio tale che intervenne la questura. Cos'era successo? La
compagna morta all'ospedale le era apparsa, circondata di fiamme, e le
aveva detto: "Io sono dannata! E se non vuoi finire anche tu dove sono
finita io, esci subito da questo luogo di infamia e ritorna a Dio!".
Nulla poté calmare
l'agitazione di quella ragazza, tanto che, appena spuntata l'alba, se
ne partì lasciando tutte le altre nello stupore, specialmente non appena
giunse la notizia della morte della compagna avvenuta poche ore prima
all'ospedale.
Poco dopo, la
padrona di quel luogo infame, che era una garibaldina esaltata, si
ammalò gravemente e, ben ricordando l'apparizione della ragazza
dannata, si convertì e chiese un sacerdote per poter ricevere i santi
Sacramenti.
L'autorità
ecclesiastica incaricò della cosa un degno sacerdote, Mons. Sirolli, che
era il parroco di San Salvatore in Lauro. Questi richiese all'inferma,
alla presenza di più testimoni, di ritrattare tutte le sue bestemmie
contro il Sommo Pontefice e di esprimere il proposito fermo di mettere
fine all'infame lavoro che aveva fatto fino allora.
Quella povera
donna morì, pentita, con i conforti religiosi. Tutta Roma conobbe ben
presto i particolari di questo fatto. Gli incalliti nel male, com'era
prevedibile, si burlarono dell'accaduto; i buoni, invece, ne
approfittarono per diventare migliori.
UNA NOBILE SIGNORA DI LONDRA
Viveva a Londra,
nel 1848, una vedova di ventinove anni, ricca e molto corrotta. Tra gli
uomini che frequentavano la sua casa, c'era un giovane lord di condotta
notoriamente libertina.
Una notte quella donna era a letto e stava leggendo un romanzo per conciliare il sonno.
Appena spense la
candela per addormentarsi, si accorse che una luce strana, proveniente
dalla porta, si diffondeva nella camera e cresceva sempre più.
Non riuscendo a
spiegarsi il fenomeno, meravigliata spalancò gli occhi. La porta della
camera si aprì lentamente ed apparve il giovane lord, che era stato
tante volte complice dei suoi peccati.
Prima che essa
potesse proferire parola, il giovane le fu vicino, l'afferrò per il
polso e disse: "C'è un inferno, dove si brucia!".
La paura e il dolore che quella povera donna sentì al polso furono così forti che svenne all'istante.
Dopo circa
mezz'ora, ripresasi, chiamò la cameriera la quale, entrando nella
stanza, sentì un forte odore di bruciato e constatò che la signora aveva
al polso una scottatura così profonda da lasciar vedere l'osso e con
la forma della mano di un uomo. Notò anche che, a partire dalla porta,
sul tappeto c'erano le impronte dei passi di un uomo e che il tessuto
era bruciato da una parte all'altra.
II giorno seguente la signora seppe che la stessa notte quel giovane lord era morto.
Questo episodio è
narrato da Gaston De Sègur che così commenta: "Non so se quella donna
si sia convertita; so però che vive ancora. Per coprire agli sguardi
della gente le tracce della sua scottatura, sul polso sinistro porta una
larga fascia d'oro in forma di braccialetto che non toglie mai e per
questo particolare viene chiamata la signora del braccialetto".
http://intuajustitia.blogspot.it/2014/10/linferno-ce-di-don-giuseppe-tomaselli.html
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Duomo, ecco la scultura di Tony Cragg
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Lo scultore britannico Tony Cragg è arrivato in Duomo venerdì 31 ottobre per assistere alla collocazione della sua scultura, ispirata alla Madonnina, all’interno della Cattedrale. L’opera in marmo bianco, alta circa tre metri, sarà inaugurata il 4 novembre (Fotogramma)
http://milano.corriere.it/foto-gallery/cronaca/14_ottobre_31/duomo-ecco-scultura-tony-cragg-b6da23e0-6100-11e4-938d-44e9b2056a93.shtml
L'INFERNO C'E' III PARTE
RACCONTA UN ARCIVESCOVO...
Mons. Antonio
Pierozzi, Arcivescovo di Firenze, famoso per la sua pietà e dottrina,
nei suoi scritti narra un fatto, verificatosi ai suoi tempi, verso la
metà del XV secolo, che seminò grande sgomento nell'Italia
settentrionale.
All'età di
diciassette anni, un ragazzo aveva tenuto nascosto in Confessione un
peccato grave che non osava confessare per vergogna. Nonostante questo
si accostava alla Comunione, ovviamente in modo sacrilego.
Tormentato sempre
più dal rimorso, invece di mettersi in grazia di Dio, cercava di
supplire facendo grandi penitenze. Alla fine decise di farsi frate. "Là -
pensava - confesserò i miei sacrilegi e farò penitenza di tutte le mie
colpe".
Purtroppo, il
demonio della vergogna riuscì anche là a non fargli confessare con
sincerità i suoi peccati e così trascorsero tre anni in continui
sacrilegi. Neanche sul letto di morte ebbe il coraggio di confessare le
sue gravi colpe.
I suoi confratelli
credettero che fosse morto da santo, perciò il cadavere del giovane
frate fu portato in processione nella chiesa del convento, dove rimase
esposto fino al giorno dopo.
AI mattino, uno
dei frati, che era andato a suonare la campana, tutto a un tratto si
vide comparire davanti il morto circondato da catene roventi e da
fiamme.
Quel povero frate
cadde in ginocchio spaventato. II terrore raggiunse il culmine quando
sentì: "Non pregate per me, perché sono all'inferno!"... e gli raccontò
la triste storia dei sacrilegi.
Poi sparì lasciando un odore ripugnante che si sparse per tutto il convento.
I superiori fecero portare via il cadavere senza i funerali.
UN PROFESSORE DI PARIGI
Sant'Alfonso Maria
De' Liguori, Vescovo e Dottore della Chiesa, e quindi particolarmente
degno di fede, riporta il seguente episodio.
Quando
l'università di Parigi si trovava nel periodo di maggior splendore, uno
dei suoi più celebri professori morì improvvisamente. Nessuno si
sarebbe immaginato la sua terribile sorte, tanto meno il Vescovo di
Parigi, suo intimo amico, che pregava ogni giorno in suffragio di
quell'anima.
Una notte, mentre
pregava per il defunto, se lo vide apparire davanti in forma
incandescente, col volto disperato. II Vescovo, compreso che l'amico era
dannato, gli rivolse alcune domande; gli chiese tra l'altro:
"All'inferno ti ricordi ancora delle scienze per le quali eri così
famoso in vita?".
"Che scienze...
che scienze! In compagnia dei demoni abbiamo ben altro a cui pensare!
Questi spiriti malvagi non ci danno un momento di tregua e ci
impediscono di pensare a qualunque altra cosa che non siano le nostre
colpe e le nostre pene. Queste sono già tremende e spaventose, ma i
demoni ce le inaspriscono in modo da alimentare in noi una continua
disperazione!"
LA DISPERAZIONE E I DOLORI SOFFERTI DAI DANNATI
IL DOLORE PIU’ ATROCE: LA PENA DEL DANNO
Provata
l'esistenza dell'inferno con gli argomenti della ragione, con quelli
della Rivelazione divina e con episodi documentati, consideriamo ora in
che cosa consista essenzialmente la pena di chi cade nel baratro
infernale.
Gesù chiama gli
abissi eterni: "luogo di tormento" (Lc 16, 28). Molte sono le pene
sofferte dai dannati all'inferno, ma la principale è quella del danno,
che San Tommaso d'Aquino definisce: “privazione del Sommo Bene”, cioè di
Dio.
Noi siamo fatti
per Dio (da Lui veniamo e a Lui andiamo), ma finché siamo in questa vita
possiamo anche non dar alcuna importanza a Dio e tamponare, con la
presenza delle creature, il vuoto lasciato in noi dall'assenza del
Creatore.
Finché è qui sulla
terra, l'uomo può stordirsi con delle piccole gioie terrene; può
vivere, come purtroppo fanno tanti che ignorano il loro Creatore,
saziando il cuore con l'amore a una persona, o godendo della ricchezza, o
assecondando altre passioni, anche le più disordinate, ma in ogni caso,
anche qui sulla terra, senza Dio l'uomo non può trovare la vera e piena
felicità, perché la vera felicità è solo Dio.
Ma appena un'anima
entra nell'eternità, avendo lasciato nel mondo tutto ciò che aveva ed
amava e conoscendo Dio così com'è, nella sua infinita bellezza e
perfezione, si sente fortemente attratta ad unirsi a Lui, più che il
ferro verso una potente calamita. Riconosce allora che l'unico oggetto
del vero amore è il Sommo Bene, Dio, l'Onnipotente.
Ma se un'anima
disgraziatamente lascia questa terra in uno stato di inimicizia verso
Dio, si sentirà respinta dal Creatore: "Via, lontano da me, maledetta,
nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli!" (Mt
25, 41).
Aver conosciuto il
Supremo Amore... sentire il bisogno impellente di amarlo e di essere
riamati da Lui... e sentirsene respinti... per tutta l'eternità, questo
è il primo e più atroce tormento per tutti i dannati.
AMORE IMPEDITO
Chi non conosce la potenza dell'amore umano e gli eccessi a cui può giungere quando sorge qualche ostacolo?
Visitavo l'ospedale Santa Marta di Catania; vidi sulla soglia di un camerone una donna in lacrime; era inconsolabile.
Povera madre! Stava morendo suo figlio. Mi sono soffermato con lei per dirle una parola di conforto ed ho saputo...
Quel ragazzo amava
sinceramente una ragazza e voleva sposarla, ma non era da questa
corrisposto. Davanti a questo ostacolo insuperabile, pensando di non
poter più vivere senza l'amore di quella donna e non volendo che
sposasse qualcun altro, giunse al colmo della follia: diede diverse
coltellate alla ragazza e poi tentò il suicidio.
Quei due ragazzi spirarono nello stesso ospedale a poche ore di distanza.
Che cos'è l'amore
umano in confronto all'Amore divino...? Che cosa non farebbe un'anima
dannata pur di arrivare a possedere Dio...?!?
Pensando che per
tutta l'eternità non potrà amarlo, vorrebbe non essere mai esistita o
sprofondare nel nulla, se fosse possibile, ma essendo questo impossibile
sprofonda nella disperazione.
Ognuno può farsi
una sia pur debole idea della pena di un dannato che si separa da Dio,
pensando a ciò che prova il cuore umano alla perdita di una persona
cara: la sposa alla morte dello sposo, la madre alla morte di un figlio,
i figli alla morte dei loro genitori...
Ma queste pene,
che sulla terra sono le sofferenze più grandi tra tutte quelle che
possono straziare il cuore umano, sono ben poca cosa davanti alla pena
disperata dei dannati.
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