«I tariffari per le messe fanno sopravvivere le nostre parrocchie»
Dopo il monito del Papa: «Vendere sacramenti è peccato”. Don Cristiano, sacerdote a Jesi: «Ma le offerte ci aiutano»
«L’intenzione del Papa è bella ma il risultato è quello di creare confusione: adesso la gente pensa di non dover più contribuire economicamente alla parrocchia». Don Cristiano Marasca, parroco della basilica cattedrale «San Settimio Vescovo e Martire» di Jesi in provincia di Ancona, evidenzia che il mantenimento dei sacerdoti è «compito della comunità». E aggiunge: «Questo è il principio generale, poi in Italia al sostentamento del clero provvedono un istituto centrale, una parte dell’otto per mille e le offerte per le messe». Il monito del Papa, nell’omelia di venerdì mattina a Santa Marta, contro la tentazione di fare commercio dei sacramenti, è stato rilanciato anche dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana che a Genova ha anche ricordato come «le offerte che i fedeli intendono dare in forma libera» non possono essere considerate un pagamento dei sacramenti ma «un modo per contribuire alla necessità materiali della Chiesa».
Da parte sua il portavoce e sottosegretario Cei Domenico Pompili ha sottolineato come i parroci sappiano bene che «eventuali offerte possono essere accolte per la carità, ma mai pretese, perché i sacramenti non sono merce di scambio», perciò «qualsiasi lettura che contrappone le parole di Bagnasco al Papa è fuorviante perché il cardinale intende ribadire la persuasione espressa da Francesco sul fatto che non si fa commercio delle cose sacre». Nessun pericolo-simonia, quindi. Non ha dubbi il parroco del duomo.
C’è un tariffario delle messe?
«Le conferenze episcopali regionali hanno stabilito l’offerta per le messe di suffragio: 10 euro. Per i sacramenti numerosi testi in libreria indicano le offerte consigliate per un matrimonio: dai 300 ai 600 euro. Quelle nei testi sono indicazioni che aiutano a preparare gli aspetti pratici del matrimonio, non solo religioso ma anche civile in comune».
E per i «fuori parrocchia»?
«La cifra si alza per chi viene da fuori parrocchia per disincentivare la richiesta di chiese come set fotografici. Sono il parroco del duomo, alcuni celebrano qui il sacramento per il prestigio dell’ambientazione. Io consegno una lettera in cui spiego come poi verranno utilizzate le offerte per mantenere le strutture, assistere i poveri e svolgere attività catechistica. Altri presentano già un bollettino postale prestampato con la cifra fissata».
Come può incidere l’intervento del Papa?
«L’intento del Pontefice è condivisibile ma nell’opinione pubblica crea il fraintendimento che d’ora in poi non è più necessario fare offerte e aiutare la parrocchia. Capita che per un funerale diano venti euro, mentre solo per riscaldare la basilica d’inverno ce ne vogliono cinquanta. Oppure che gli sposi spendano duemila euro in fuochi d’artificio e poi dimentichino l’offerta per la chiesa».
Che cosa confonde i fedeli?
«La gente ascolta in tv le parole del Papa e pensa di non dover più contribuire in alcun modo. E’ un po’ come è accaduto a ottobre per il dibattito al Sinodo dei vescovi sui divorziati risposati. La gente pensa che le norme siano cambiate e pretende di ricevere la comunione. E noi tocca a spiegare che non è così. Per le offerte teniamo presente quale sia la situazione caso per caso. C’è chi può permettersi una cifra e chi no. Nelle conversazioni prima del matrimonio, cerco di spiegarlo ai futuri sposi. Ma non sempre basta».
GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO
Preti affaristi? Non travisate il Papa. Ma la rete polemizza con le offerte
“Non travisate il chiedere perché attaccati ai soldi con le offerte con le quali campa il prete e anche tutta la comunità, altrimenti ci raccontiamo le favole…distinguete bene le due cose”.
E’ il messaggio di un sacerdote, uno dei tanti che nelle ultime ore sono intervenuti sui social network a commentare le dichiarazioni di Papa Francesco contro i preti attaccati al denaro che espongono il tariffario dei sacramenti sulle porte delle chiese e antepongono l’interesse economico alla cura delle anime. Francesco si riferiva a casi specifici purtroppo avvenuti in Italia e altrove che hanno sconcertato i fedeli. Tuttavia, come sempre avviene ogni volta che il Papa interviene su un determinato argomento, le sue parole sono state propagandate con vasta eco, equivocate e puntualmente distorte.
E così ecco che l’attacco ai “preti affaristi” è stato letto come un atto d’accusa contro tutti i sacerdoti, i quali indistintamente sarebbero attaccati al denaro; come se non bastasse, la polemica ha finito con il coinvolgere inevitabilmente anche il discorso dell’otto per mille con i soliti mangiapreti da operetta che si sono lanciati nell’ennesima stucchevole campagna per chiederne l’abolizione, senza sapere che proprio grazie all’otto per mille è possibile assicurare il sostentamento del clero. Alla fine, nel nobile tentativo di colpire uno, dieci, centro preti che agiscono male, si è finito con il colpirli tutti indistintamente. Sono stati numerosi i sacerdoti che in questo fine settimana appena trascorso, sulla scia delle precisazioni del presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco, hanno tentato di far ragionare il popolo della rete,come sempre impazzito e drogato da messaggi sbagliati e fuorvianti. Non esistono tariffari per i sacramenti nelle parrocchie e quei sacerdoti che vi fanno ricorso sono degli irresponsabili, che agiscono, non da parroci, ma appunto da affaristi. Sta al vescovo diocesano in quel caso intervenire richiamando il prete all’ordine e mettendo fine alla scandalosa pratica.
Di norma, in tutte le parrocchie d’Italia, i sacramenti non si pagano, ma è prassi rilasciare un’offerta al sacerdote, sia si tratti di un battesimo, sia di un funerale, di una messa a suffragio e quant’altro. Può capitare che si chieda un’offerta minima, tipo dieci euro per celebrare un funerale o una messa per un defunto, ma ci possiamo scandalizzare per dieci o magari venti euro che vengono richiesti come contributo? Questo sarebbe un commercio scandaloso, un mercimonio di sacramenti? Per favore, non scherziamo con le parole e soprattutto smettiamola di dare addosso ai preti generalizzando le varie situazioni. Ancora di più quando, lanciandosi in certe considerazioni, ci si dimostra del tutto ignoranti in materia; viene da ridere nel leggere commenti di persone improvvisate secondo le quali “i preti non dovrebbero chiedere soldi alla gente visto che già campano con i soldi del Vaticano”. Proprio così, fra le tante fesserie che si sono lette, c’è anche chi è convinto che il Vaticano stipendi mensilmente tutti i sacerdoti. E come?
Con l’intercessione dello Spirito Santo? E’ davvero sconcertante dover assistere al legittimo malcontento di tanti onesti sacerdoti che si fanno il “mazzo” dalla sera alla mattina per mantenere in piedi gli oratori, offrire luoghi di incontro e di aggregazione per i ragazzi delle parrocchie, che si fanno in quattro per tenere in vita strutture assistenziali per il sostegno ai poveri e alle famiglie meno abbienti, con i padri rimasti senza lavoro e i figli da mantenere; tutto questo fra mille difficoltà di natura economica e burocratica. Questi preti si sforzano di andare avanti facendo leva unicamente sulle offerte dei fedeli. Sentirsi dare degli speculatori, degli affaristi, dei parassiti non è certamente il massimo. E’ evidente che questa non era l’intenzione di Papa Francesco, però con tutto l’affetto per il Santo Padre, i sacerdoti andrebbero incoraggiati e sostenuti e non “bastonati”. Perché se ci sono tanti preti che sbagliano ce ne sono sicuramente tanti di più che meritano rispetto e tanta, tanta, infinita gratitudine.
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