Mauro Leonardi, l’ennesimo prete mediatico?
Papa Francesco ha recentemente ricordato ai religiosi di «aiutare la Chiesa a crescere per via di attrazione. Senza preoccuparsi di fare proseliti: attrazione!». Perché «la vera profezia non è mai ideologica, non è in confronto con l’istituzione: è istituzione. La vera profezia non è ideologica, non è “alla moda”, ma è sempre un segno di contraddizione
secondo il Vangelo, così come lo era Gesù. Gesù, per esempio, fu un
segno di contraddizione per le autorità religiose del suo tempo». Eppure, pur di non essere “segno di contraddizione”,
molti preti sui media preferiscono cercare di compiacere i loro fans in
tutti i modi, primo su tutti andando contro l’istituzione della Chiesa.
Portano la gente a sé, non a Cristo, che viene da loro citato solo come
strumento per contrapporlo al comportamento anticristiano della Chiesa.
Così i media hanno divinizzato il compianto don Andrea Gallo, il prete rosso dalla grande sensibilità che confondeva il cristianesimo col marxismo, preferendo “Bella ciao”
ai canti mariani, il Libretto rosso alle Sacre Scritture e la
collusione con la politica di estrema sinistra genovese alla laicità. “Il Fatto Quotidiano” e “Micromega” hanno invece puntato su don Paolo Farinella, un altro prete rosso anti-laicità, recentemente
condannato per diffamazione quando i suoi insulti si sono per un attimo
concentrati sui politici a lui antipatici, piuttosto che contro il
card. Bagnasco (vescovi e cardinali non denunciano mai quando vengono
diffamati). Per non parlare di don Mazzi, parroco di RaiUno, che -per citare un episodio su tutti, raccontato da Andrea Tornielli- si è vantato in diretta televisiva di aver «fregato la Chiesa, i preti e tutti quanti»
avendo dato la Comunione ad un bambino di sette anni che ancora non
aveva ricevuto il sacramento. In quell’occasione il cardinale Mauro
Piacenza, allora Prefetto della Congregazione del clero, ha definito «imbarazzante il proliferare di preti-star», che in video «si
discostino, anche palesemente, dalla comune dottrina determinando non
di rado disorientamento nei fedeli laici e nei comuni ascoltatori».
L’“Huffington Post” si è invece recentemente dotato di don Mauro Leonardi.
Certamente non paragonabile a don Gallo, don Farinella o don Mazzi, i
suoi scritti (per ora?) non contengono insulti, banalità sessantottine o
cattiverie scomposte verso la Chiesa. Il primo impatto, tuttavia, è che
sia l’ennesimo sacerdote (li chiamiamo appunto “preti mediatici” o
“preti-star”) che sfrutta la popolarità mediatica per confrontarsi
pubblicamente con la Chiesa istituzione, fare la morale alla Chiesa gerarchica su come dovrebbe o non dovrebbe comportarsi. Quella Chiesa gerarchica, cioè vescovi e cardinali, che invece Papa Francesco ha definito «il vero volto della Chiesa: è la Santa Madre Chiesa Gerarchica». E’ sempre spiacevole criticare un pastore della Chiesa,
tuttavia riteniamo giusto mettere in guardia i lettori -di segnalazioni
ne abbiamo ricevute tante!- da chi fa “profezie ideologiche”, citando
il Papa, quando cioè questi sacerdoti smettono di porsi al servizio
della Chiesa per passare a servire se stessi, attaccando la Chiesa e/o assumendo posizioni in contrasto con la dottrina cattolica (tra l’ovazione popolare).
Mentre su “Il Sussidiario”, quotidiano online vicino a “Comunione e Liberazione”, don Leonardi esprime un coraggioso giudizio contro il divorzio breve, contro l’aborto di bambini Down, sui cristiani perseguitati e addirittura critica il sindaco Ignazio Marino per aver trascritto dei matrimoni omosessuali che sono di fatto nulli (anche se nell’articolo sembra indicare che i matrimoni gay andrebbero legittimati in Parlamento: «Gli atti politici si fanno nelle sedi politiche con firme che esprimono responsabilità personale e autorità dalla carica», ha scritto), sul laicissimo “Huffington Post”
non ha avuto il coraggio di affrontare nessuno di questi temi. Qui
parla di tutt’altro, dalle quote rosa, al ruolo della donna nelle
società scientifiche, fino al sostegno di Halloween. Occorre tuttavia
dire che per due volte si è esposto con coraggio, prima invitando i media a non chiudere la Chiesa sempre nel recinto sessuale, e poi invitando i media a non ridurre il Sinodo sulla famiglia ad uno scontro tra “conservatori” e “tradizionalisti”.
Tuttavia anche lui, come prevedibile, ha ceduto alla comoda tentazione dell’anticlericalismo: in un articolo, ad esempio, ha criticato la Chiesa gerarchica perché -a suo dire- «la punizione ecclesiale cade immediata come una mannaia» quando un prete fa sesso con una donna o con una suora, «e invece c’è tanta lenta pesantezza» in caso di abusi sessuali con i bambini. Ha così ipotizzato che il clero non riconosce i danni «arrecati al bambino dalla violenza sessuale» e che «la chiesa istituzione» interviene subito perché si sentirebbe tradita dal sacerdote libertino. Risposte assurde,
oltretutto dimostrando di non sapere che il prete non è affatto lo
sposo della “chiesa istituzione” (e semmai, a sentirsi tradito da chi
tradisce la vocazione, è Cristo stesso). La vera risposta alla domanda è
che quando un prete tradisce la vocazione con una donna non ha alcuna remora ad ammetterlo (se la notizia emerge è perché o lui o la donna l’hanno rivelato), anzi spesso
è proprio lui che lo rivela pubblicamente, ed è sempre facile risalire
alla chiarezza dei fatti. Rispetto all’abuso di un bambino, quasi mai
purtroppo è semplice raggiungere la verità sulle accuse, spesso
risalenti a anni o decenni prima, le indagini durano molto tempo ed è assurdo punire un prete prima del termine delle indagini anche perché -come dicono i numeri- solo in una minoranza dei casi le accuse contro i sacerdoti vengono confermate in tribunale e portano a condanne.
Don Leonardi è intervenuto con una spiacevole saccenza anche recentemente sul caso della docente di religione denunciata pubblicamente su “Repubblica” per un dialogo in classe sull’omosessualità. Il sacerdote ha voluto arbitrariamente credere alla versione dei fatti raccontata dallo studente e non a quello
della professoressa, aggiungendosi così al coro mediatico che l’ha
diffamata basandosi su una traballante ricostruzione di un adolescente, tutta da dimostrare. Ha quindi assunto come vero che la docente avrebbe detto che “l’omosessualità è una malattia”, mentre lei ha negato di averlo detto. Leonardi si è rifatto all’intervento di mons. Nosiglia,
arcivescovo di Torino che, commentando -con parole decisamente ambigue e
frettolose- il fatto (gli è stato riportato che l’insegnante avrebbe
parlato di “malattia”), ha detto: esiste «una morale cattolica ed esiste la teoria della riparazione, ma l’Oms non considera più l’omosessualità una malattia da tempo». Il prete dell’“Huffington Post” ha commentato ironico: «E’ una brutta notizia metterci vent’anni, ma è una bella notizia esserci arrivati». Peccato che la Chiesa non parli mai di “malattia”
rispetto all’omosessualità, anche perché le sue posizioni sono di tipo
etico-morale, non scientifico e il termine “malattia” è prettamente
medico.
Don Leonardi ha quindi proseguito: «Se
un alunno ti fa una domanda, rispondi con la tua competenza da
professore, e se è una domanda medica con quello che dice la medicina. Il mondo, per sapere cos’è l’omosessualità, si rivolge all’Oms. Il cattolico, proprio perché è tale, crede che Gesù è verità, e quindi non può aver paura della medesima. Il cattolico – proprio perché cattolico – alle affermazioni dell’Oms, ci deve stare, perché se no, non sta nel mondo». Affermazioni poco prudenti e spinte dal voler mostrarsi “aggiornato” con la scienza medica, tanto da vantarsi del “centinaio di commenti che ha generato il mio articolo”, come se fosse la garanzia dell’intelligenza di ciò che si scrive. La scrittrice Costanza Miriano ha giustamente replicato che «la dottrina di un cattolico non può essere dettata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Va
benissimo l’invito a confrontarsi senza pregiudizi e paure ma non ci
sto a sentire dire che non è cattolico chi non la pensa come l’Onu. Per me fa fede il Catechismo mentre l’Oms su tantissimi temi ha posizioni totalmente antitetiche a quelle della dottrina cattolica».
Nel suo sforzo di schierarsi dalla parte “che piace”, Leonardi si è comunque dato la zappa sui piedi: l’OMS infatti considera la transessualità una malattia mentale, avendola inserita nel “Manuale di Classificazione dei Disturbi Mentali”, spiegando che chi vuole «vivere
ed essere accettato come un membro del sesso opposto, di solito
accompagnato dal desiderio di trasformare il proprio corpo come
congruente al sesso preferito attraverso la chirurgia e il trattamento
ormonale», soffre del disturbo dell’identità di genere. Dunque se uno studente dovesse chiedergli cosa pensa dei transessuali, delle Drag Queen e di Vladimir Luxuria (che da anni cerca di modificare la conclusione dell’OMS), Leonardi risponderebbe che sono malati di mente? Direbbe ancora che «dire “ascoltiamo l’Oms” è, per il mondo cattolico, un bel passo in avanti»? Eppure per l’OMS sono malati di mente anche esibizionisti, voyeuristi, sadomasochisti, feticisti. Dunque lo sono anche per Mauro Leonardi, perché «un cattolico alle affermazioni dell’OMS ci deve stare, perché se no, non sta al mondo»? Presumibilmente no, per fortuna.
Noi cattolici non riteniamo né gli omosessuali né i transessuali dei malati di mente, proprio perché la definizione scientifica lascia il tempo che trova, ci interessa poco, quello che importa è la definizione morale. E il giudizio morale lo troviamo nel Catechismo che spiega, a proposito degli omosessuali, che «la Tradizione ha sempre dichiarato che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati.
Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono
della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e
sessuale. In nessun caso possono essere approvati». Nessuna malattia, dunque, ma un disordine morale e affettivo. Tuttavia, «questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte» delle persone omosessuali «una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza.
A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione.
Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro
vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del
Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro
condizione».
Se uno studente chiede cos’è l’omosessualità o la transessualità ad un’insegnante di religione, quest’ultima deve rispondere innanzitutto con le parole del Catechismo, come ha fatto la docente in questione. Perché gli insegnanti non sono psicologi e lo studente non sta affatto chiedendo una definizione scientifica ma morale. Non deve certo rispondere con le parole dell’OMS, tanto meno con quelle di don Mauro Leonardi.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.