ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 24 dicembre 2014

Ha paura del Giudizio Universale?!

Una intervista del Card. Raymond Leo Burke      11 dicembre 2014
  

Sul Vaticano II

Eminenza, Lei è cresciuto prima del Vaticano II, come ricorda quell’epoca?

Sono cresciuto in un periodo molto bello della Chiesa, nel quale eravamo educati attentamente nella Fede, sia a casa sia nella scuola cattolica, soprattutto col catechismo di Baltimora. Mi ricordo della grande bellezza della Sacra Liturgia, anche nella nostra piccola cittadina rurale, con delle belle Messe. Io sono riconoscente ai miei genitori che mi hanno educato solidamente a vivere come cattolico. Sì, erano dei begli anni.

Un mio amico, nato dopo il Concilio, diceva: “Non tutto era buono nei tempi trascorsi, ma era tutto meglio”. Lei che ne pensa?

Ebbene, bisogna vivere il tempo che Dio ci ha donato. Certo, io ho dei ricordi molto buoni del tempo in cui sono cresciuto, negli anni ’50 e nei primi degli anni ’60. Penso che la cosa più importante sia apprezzare la natura costitutiva della Fede cattolica ed apprezzare la Tradizione, alla quale apparteniamo e per la quale ci è pervenuta la Fede.

Ha adottato con entusiasmo i grandi cambiamenti dopo il Concilio?

È quello che è accaduto subito dopo il Concilio – all’epoca ero nel seminario minore e seguivamo quello che accadeva al Concilio – ma l’esperienza dopo il Concilio fu così forte e in certi casi così violenta, che devo dire che pur essendo giovane cominciavo a pormi delle domande, se tutto questo rientrava veramente nell’intenzione del Concilio, poiché vedevo molte cose belle nella Chiesa sparire di colpo e perfino considerate non più belle. Penso per esempio alla grande tradizione del Canto Gregoriano o all’uso del latino nella celebrazione della Sacra Liturgia. E poi, naturalmente, il sedicente “spirito del Vaticano II” ha influenzato altri ámbiti, la vita morale, per esempio, l’insegnamento della Fede – in seguito abbiamo visto tanti preti abbandonare il sacerdozio, tanti religiosi abbandonare la vita religiosa. Nel periodo post-conciliare, dunque, vi erano degli aspetti in grado di suscitare degli interrogativi.

Lei è stato ordinato sacerdote nel 1975. Pensa che qualcosa nella Chiesa sia andata storta?

Sì, lo penso. In un certo modo noi abbiamo perso un forte senso della centralità della Sacra Liturgia e quindi dell’ufficio e del ministero sacerdotale nella Chiesa. Devo dire che ero stato allevato così fortemente nella Fede ed avevo una così forte coscienza della vocazione, che mai avrei potuto rifiutare ciò che chiedeva Nostro Signore. Ma io mi accorgevo che c’era qualcosa che certamente era andata storta. Come giovane prete constatavo, per esempio, la vacuità della catechesi. I testi catechetici erano così poveri. E poi, constatavo le sperimentazioni liturgiche – di alcune non voglio affatto ricordarmi – la perdita della vita devozionale, la frequenza alla Messa della Domenica che cominciò a diminuire con costanza: erano tutti segni di qualcosa che era andato storto.

Le due forme della Santa Messa

Avrebbe immaginato nel 1975 che un giorno avrebbe celebrato la Messa col rito che era stato abbandonato in nome del rinnovamento?

No, non l’avrei immaginato. Benché debbo dire che trovo la cosa molto normale, poiché si tratta di un rito talmente bello che il fatto che la Chiesa l’abbia recuperato è un segno della sua buona salute. Ma all’epoca, devo dire che la riforma liturgica in particolare fu molto radicale e come ho già detto perfino violenta. Ma grazie a Dio il recupero c’è stato.

Giuridicamente, il Novus Ordo e la Messa Latina Tradizionale sono uno stesso rito. Questa è anche la sua personale esperienza quando celebra una solenne Messa pontificale col nuovo o col vecchio Ordo?

Sì, mi rendo conto che sono lo stesso rito e credo che quando il cosiddetto Nuovo Rito o Forma Ordinaria, è celebrato con grande cura e una forte coscienza che la Sacra Liturgia è l’azione di Dio, si può vedere più chiaramente l’unità di due forme dello stesso rito. Peraltro, io spero che col tempo alcuni elementi che erano stati poco saggiamente eliminati dal rito della Messa divenuto oggi la Forma Ordinaria, possano essere ripristinati, poiché la differenza tra le due forme è molto evidente.

In che senso?
La ricca articolazione della Forma Straordinaria, che indica sempre la natura teocentrica della liturgia, è praticamente ridotta al minimo nella Forma Ordinaria.

Il Sinodo del 2014

Il Sinodo sulla Famiglia è stato uno choc e talvolta perfino uno scandalo, soprattutto per le giovani famiglie cattoliche che sono il futuro della Chiesa. Hanno motivo d’inquietarsi?

Sì. Io penso che il rapporto che fu presentato a metà della sessione del Sinodo, che si è concluso il 18 ottobre, è forse il documento pubblico della Chiesa più scandaloso che io possa immaginare. Esso suscita vivissima preoccupazione ed è particolarmente importante che le buone famiglie cattoliche che vivono la bellezza del sacramento del matrimonio si dedichino in maniera tutta nuova ad una solida vita matrimoniale ed utilizzino ogni occasione per testimoniare la bellezza della verità sul matrimonio, di cui essi fanno esperienza tutti i giorni nella loro vita di sposi.

Dei prelati di alto rango continuano a dare l’impressione che il “progresso” nella Chiesa consista nella promozione dell’agenda gay e dell’ideologia del divorzio. È perché pensano che queste cose apporteranno una nuova primavera nella Chiesa?

Non so come potrebbero pensare una cosa simile, poiché il divorzio, per esempio, è definito come una piaga sociale dalla Costituzione Pastorale sulla Chiesa: Gaudium et Spes;  o come potrebbero promuovere gli atti omosessuali, che sono intrinsecamente malvagi; come potrebbe venire del bene da queste due cose? E infatti, ciò che ci sta davanti agli occhi è che queste due cose insieme concorrono alla distruzione della società, all’affossamento della famiglia, alla decomposizione del tessuto sociale e, evidentemente, nel caso di atti contro natura, alla corruzione della sessualità umana, che è essenzialmente destinata al matrimonio e alla procreazione dei figli.

Crede che, in vaste zone della Chiesa, il problema principale consista nella mancanza di famiglie cattoliche e soprattutto nella mancanza di ragazzi cattolici? Non avrebbe dovuto essere questo il centro d’interesse del Sinodo? 
Ne sono fortemente convinto. La Chiesa dipende da una solida vita familiare cattolica e questo dipende da solide famiglie cattoliche. Io credo che dove la Chiesa soffre di più è là dove soffrono il matrimonio e la vita familiare. Noi vediamo che quando nel matrimonio le coppie non sono generose nell’apporto di nuove vite umane nel mondo, ecco che il loro matrimonio deperisce, al pari della società stessa. Noi vediamo che in numerosi paesi la popolazione locale, che in molti casi è cristiana, è in procinto di sparire a causa del basso tasso di natalità. E in alcune di queste zone – per esempio laddove vi è anche una forte presenza di individui appartenenti all’Islam, noi vediamo che la vita musulmana prende il sopravvento in paesi che una volta erano cristiani.

La Fraternità San Pio X

In numerose regioni dell’Europa Occidentale e degli Stati  Uniti, le sole parrocchie che ancora hanno dei figli, appartengono alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, mentre intere diocesi sono deserte. I vescovi, si rendono conto di questo?

Immagino di sì. Io non ho esperienza diretta di quanto Lei dice. Ai miei tempi, come vescovo di La Crosse, Wisconsin, e come arcivescovo di Saint Louis, Missouri, ho sentito dire che in certi paesi europei le diocesi non sono praticamente in grado di andare avanti, mentre vi è una forte presenza di appartenenti alla Fraternità San Pio X. Non possono impedirmi di ritenere che i vescovi locali ne prendano nota e ci riflettano.

I giovani cattolici

In una parrocchia media dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, la maggioranza dei cattolici praticanti sono quelli che sono stati battezzati e catechizzati prima del Concilio. Questo  significa che in questi paesi la Chiesa vive del passato?

Io penso che, per esempio, la mia generazione ha avuto la benedizione di crescere in un’epoca in cui vi era una forte pratica della Fede cattolica, una forte partecipazione alla Messa della Domenica e alla Sacra Liturgia, una forte vita di devozione, un solido insegnamento della Fede. Ma in qualche modo, io credo, noi davamo tutto questo per acquisito e non c’è stata la stessa attenzione a trasmettere la Fede come la conoscevamo da generazione in generazione. Adesso, io vedo che molti giovani sono affamati e assetati – e questo da un po’ – di conoscere la Fede cattolica alle radici e di vivere i molti aspetti della ricchezza della Tradizione della Fede. Io credo quindi che ci sia giustamente una ripresa di ciò che era andato perduto in un tempo in cui non ci si era preoccupati accuratamente. Io penso che oggi tra i giovani cattolici è in corso una rinascita.

Il Sinodo sulla Famiglia ha in programma di promuovere il matrimonio e incoraggiare e sostenere le famiglie con molti figli?

Io lo spero sinceramente. Non faccio parte della direzione centrale o del numero dei cardinali e vescovi che seguono l’organizzazione e la direzione del Sinodo dei Vescovi. Ma sicuramente lo spero.

La proposta Kasper

Molte persone temono che alla fine il Sinodo userà un doppio linguaggio. Verranno utilizzate delle ragioni “pastorali” per cambiare de facto la dottrina. Sono giustificati questi timori?

Sì, lo sono. In effetti, uno degli argomenti più insidiosi usati al Sinodo allo scopo di promuovere delle pratiche contrare alla dottrina della Fede, è che “noi non tocchiamo la dottrina; noi crediamo nel matrimonio come vi ha sempre creduto la Chiesa; noi facciamo dei cambiamenti solo nella disciplina”. Ma, nella Chiesa cattolica questo non è mai possibile, perché nella Chiesa cattolica la disciplina è sempre direttamente legata all’insegnamento. In altre parole: la disciplina è al servizio della verità della Fede, della vita generale della Chiesa cattolica. Così che non si può dire che si cambia la disciplina come se questo non avesse effetti sulla dottrina che essa protegge, salvaguarda o promuove.

Il termine “misericordia” è utilizzato per cambiare la dottrina della Chiesa e perfino il Nuovo Testamento, al fine di perdonare i peccati. Quest’uso disonesto del termine “misericordia”, è stato adottato nel corso del Sinodo?

Sì. Dei Padri sinodali hanno parlato del falso sentimento di misericordia che non terrebbe in conto la realtà del peccato. Mi ricordo di un Padre sinodale che ha detto: “Non esiste più il peccato? Non lo riconosciamo più?” Io penso che si è trattato di una risposta molto forte da parte di certi Padri sinodali. Il pastore luterano tedesco, morto durante la Seconda Guerra Mondiale, Dietrich Bonhoeffer, utilizzava un’analogia interessante. Egli parlava di grazia “costosa” e di grazia “a buon mercato”.
Quando la vita di Dio ci è data come nella Chiesa, questo richiede da noi un nuovo modo di vivere, una conversione quotidiana a Cristo, e noi conosciamo la misericordia di Dio nella misura in cui vi aderiamo e ci sforziamo di rimetterci sempre a Cristo e di vincere i nostri peccati e le nostre debolezze.

Perché il termine “misericordia” viene utilizzato per gli adulteri e non per i pedofili? In altre parole:  sono forse i media che decidono quando la Chiesa possa utilizzare il termine “misericordia” e quando no?

Questo è un altro dei punti sollevati al Sinodo. La misericordia riguarda la persona che, per un motivo qualunque, commette un peccato. Noi dobbiamo sempre suscitare il bene in questa persona - in altre parole dobbiamo chiamare quella persona ad essere ciò che essa è: figlia di Dio. Ma al tempo stesso si devono riconoscere i peccati, che siano l’adulterio o la pedofilia, il furto o l’omicidio – quali che siano -, come grandi mali, come dei peccati mortali e dunque contrarii a noi stessi. Noi non possiamo accettarli. La più grande carità, la più grande misericordia che possiamo mostrare al peccatore e di riconoscere il male degli atti che sta per commettere e di richiamare questa persona alla verità.

Il potere e l’autorità del Papa

Noi dobbiamo sempre credere che la Bibbia è la suprema autorità nella Chiesa e che non può essere manipolata, nemmeno dal Papa  o dai vescovi?

Assolutamente.  La parola di Gesù è la verità alla quale siamo chiamati ad obbedire e a cui deve obbedire per primo il Santo Padre. Durante il Sinodo, talvolta si è fatto riferimento alla pienezza del potere del Santo Padre, secondo il senso che il Santo Padre potrebbe sciogliere un matrimonio valido che è stato consumato. Ma questo non è vero. La “pienezza del potere” non è il potere assoluto. È la “pienezza del potere” di fare ciò che Cristo ci comanda di fare in obbedienza a Lui. Noi dunque dobbiamo seguire Gesù Cristo, a cominciare dal Santo Padre.

Un arcivescovo ha detto recentemente: “Evidentemente, noi seguiamo la dottrina della Chiesa sulla famiglia”; ed ha aggiunto: “fino a quando il Papa decida diversamente”. Il Papa ha il potere di cambiare la dottrina?

No, è impossibile. Noi sappiamo qual è sempre stato l’insegnamento della Chiesa. Esso è stato espresso, per esempio, da Papa Pio XI nell’enciclica Casti connubii. È stato espresso da Papa Paolo VI nella Humanae vitae. È stato espresso in maniera meravigliosa da Papa san Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio. L’insegnamento è immutabile. Il Santo Padre assicura il servizio di mantenere questo insegnamento e di presentarlo con novità e freschezza, ma non di cambiarlo.

Si dice che i cardinali vestono in porpora per rapresentare il sangue dei martiri morti per Cristo. Ad eccezione di John Fisher, che fu nominato cardinale quand’era già in prigione, nessun cardinale e mai morto per la Fede. Qual è il motivo?

Non lo so, non posso spiegarlo. Certi cardinali hanno certamente sofferto molto per la Fede. Io penso al cardinale Midszenty (1892-1975), per esempio, in Ungheria, o al cardinale Stepinac (1898-1960), in quella che era la Jugoslavia. E ci sono stati altri cardinali in altri periodi della storia della Chiesa, che hanno sofferto molto per difendere la Fede. Il martirio può assumere forme diverse da quella sanguinosa. Noi parliamo del martirio rosso, ma vi è anche un martirio bianco che attiene all’insegnamento fedele della verità della Fede e alla sua difesa, si può essere mandati in esilio come è accaduto a certi cardinali o soffrire in altre maniere. Per il cardinale, l’importante è difendere la Fede usque ad effusionem sanguinis. Il cardinale deve fare tutto quello che può per difendere la Fede, anche se questo comporterà lo spargimento di sangue. Ma deve fare anche tutto quello che viene prima. 

Le cose preferite dal Cardinale Burke, i suoi migliori ricordi e la paura del Giudizio

Eminenza, alcune rapide osservazioni. Chi è il suo Santo preferito.
Evidentemente la Santa vergine, che è la preferita di noi tutti.

Questo non conta!
Io ho anche una grande devozione per San Giuseppe. Ma una Santa che mi ha aiutato molto nella mia vita, quando ero ragazzo e in Seminario, è Santa Teresa di Lisieux, il Piccolo Fiore. La sua Piccola Via continua ad essere per me di grande aiuto nella mia vita spirituale.

Qual è la sua preghiera preferita?
Il Rosario.

Qual è il suo libro preferito?
Immagino che il catechismo non conti [ride]
No, e nemmeno la Bibbia.
Io amo molto gli scritti del Beato Columba Marmio (1858-1923), gli scritti  spirituali, ed amo anche gli scritti di Mons. Fulton Sheen (1895-1979).

Qual è stato il suo momento più importante come sacerdote?
La mia ordinazione al sacerdozio. Io continuo a pensarci e tutto è derivato, tutto s’è mosso a partire da lì. Quello che ho trovato di più bello nel sacerdozio e che, nei primi cinque anni ho svolto un servizio sacerdotale molto intenso in una parrocchia, col Sacramento della Confessione, con molte confessioni, e poi con la celebrazione ovviamente della Santa Messa, e ancora con l’insegnamento della Fede ai bambini. Questi ricordi – ah, per un breve periodo di tre anni ho insegnato in un liceo cattolico – sono davvero i migliori ricordi del mio sacerdozio.

Ha paura del Giudizio Universale?
Certo che sì. Si pensi per esempio a tutte le responsabilità che ho avute, prima come sacerdote e ancor più come vescovo e cardinale, e questo mi porta ad esaminare la mia coscienza. Io so che ci sono delle cose che ho fatte e che avrei potuto fare molto meglio, e questo mi fa paura. Ma io spero che il Signore sarà misericordioso con me ed io prego per questo.

Grazie, Eminenza.


Rilasciata l'11 dicembre 2014 a The radical Catholic
Ripresa il 14 dicembre 2014 dai siti 
Cristianesimo cattolico
 (in inglese) e Benoit et moi (in francese)



http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1072_Card-Burke_intervista.html

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