Attacco a Messori, un problema di subalternità culturale
Avrei volentieri evitato di tornare sul caso “Messori contro tutti” dopo l’editoriale di sabato. Ma il linciaggio mediatico contro lo scrittore cattolico continua così veemente che è impossibile evitare qualche riflessione, a maggior ragione se a ispirare tanti di questi attacchi è il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana. Sabato infatti il quotidiano Repubblica ha pubblicato ben due pagine sulla vicenda, con grande risalto in prima pagina, dall’eloquente titolo “Tutti i nemici del Papa”.
Leggi l’articolo alla ricerca dell’elenco dei nemici e scopri che in gran parte è la ripetizione delle accuse gratuite contro Messori scritte il giorno prima dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che aveva addirittura dedicato l’intera pagina 2 del suo giornale ad alcune riflessioni dei lettori e al suo commento.
In effetti oltre al principale imputato – accusato da Tarquinio di essere il «pitulus (sulle antiche navi era l’incaricato di battere il ritmo di voga) dei “contro rematori”» - nell’articolo si fa riferimento ai cinque cardinali che avevano raccolto in un libro le loro riflessioni critiche contro il cardinale Kasper in vista del recente Sinodo e un fugace accenno all’immancabile Antonio Socci. Fine. Se è tutto qui l’esercito nemico, il Papa può dormire sonni tranquilli. Ma a corredo ecco anche il commento di don Luigi Ciotti, “italiano dell’anno” per Famiglia Cristiana e uno dei firmatari della petizione per “Fermare gli attacchi a papa Francesco”.
Ed è un sentimento strano quello che ti prende quando leggendo don Ciotti hai la sensazione di toni concilianti e rassicuranti se confrontati con quelli esagitati del direttore diAvvenire, che a proposito dell’articolo di Messori parla addirittura di «una mossa congegnata per fare rumore con la pretesa di “segnare” il Natale ormai alle porte». Ed eccoci ancora con la mania delle trame oscure, condita da apprezzamenti sulla persona (Messori «sentenzia “dall’alto”» perché «”dal mezzo” o “dal basso” a Messori non riesce facilmente nei confronti di nessuno, nemmeno dei Vicari di Cristo…»). Detto per inciso, viene in mente quella costosa campagna pubblicitaria di Avvenire e Famiglia Cristiana per ricordare che «le parole uccidono», ma evidentemente solo quelle degli altri.
Non vado oltre nel citare il commento di Tarquinio, chi vuole può leggerselo e giudicare da solo (clicca qui). Ma l’eco suscitata da Avvenire non si limita a questo. Ieri il Corriere della Seraha pubblicato l’articolo di Leonardo Boff che su La Nuova BQ è già stato brillantemente confutato da monsignor Antonio Livi (clicca qui). Forse il direttore Ferruccio De Bortoli si è spaventato all’idea di essere additato tra i nemici di papa Francesco, dopo aver fatto tanto per accreditarsi tra i fan del Pontefice. Ma certamente l’idea gliel’ha offerta ancora una volta Avvenire che aveva pubblicato un primo commento sulla vicenda, parlando di diatriba Messori-Boff (clicca qui).
«L’acuta, davvero edificante e molto apprezzata riflessione di don Maurizio Patriciello» (parole di Marco Tarquinio) metteva sullo stesso piano i due, che «vogliono entrambi il bene della Chiesa», anche se espressione di «due modi di intendere l’Albero bimillenario della Chiesa che, nella parresia e nella carità, possono portarle molta linfa». Insomma, secondo don Patriciello siamo di fronte a due «posizioni estreme» ed evidentemente legittime nella Chiesa che hanno solo bisogno di imparare a dialogare.
De Bortoli deve aver preso alla lettera l’invito ed ecco fare del Corriere il luogo di questo dialogo (si fa per dire, visti gli insulti di Boff) a distanza. Peccato che il povero De Bortoli sia stato portato completamente fuori strada da don Patriciello che, nel suo impeto pacificatore, ha fatto un po’ di confusione. O quantomeno ha dimenticato di dire che mentre Messori è cattolico, Boff non lo è più da tempo per sua stessa ammissione e non è che il suo improvviso entusiasmo per papa Francesco cambi la questione.
Nella sua «acuta riflessione», l’editorialista di Avvenire avrebbe dovuto almeno ricordare che Leonardo Boff, tra i principali esponenti della Teologia della Liberazione, è stato censurato dalla Chiesa già negli anni ’80, ha poi lasciato l’ordine francescano e anche la Chiesa per convertirsi a un ecologismo new age. In uno dei suoi scritti più recenti, parlando dei «germogli per la salvaguardia della Terra», parla ad esempio di «ecosocialismo democratico che propone una nuova forma di produzione con la natura e non contro di essa e un necessario governo globale», nonché di «redenzione della dimensione spirituale, al di là delle religioni, che ci permette di sentirci parte del tutto, di percepire l’Energia universale che tutto penetra e sostenta».
Sono proprio sicuri ad Avvenire e nella Cei che questo sia «un modo di intendere la Chiesa»? Forse allora sarebbe il caso di chiarirsi su cosa sia la Chiesa e cosa significhi appartenervi. Anche perché non si può non notare un fenomeno curioso. Molti ricorderanno che i Boff teologi della liberazione erano due: oltre a Leonardo c’era anche suo fratello Clodovis, che però ha preso una strada diversa. Ovvero, dopo il duro confronto con la Congregazione per la Dottrina della Fede, Clodovis è rientrato nell’alveo dell’ortodossia, e negli anni successivi ha riconosciuto la correttezza della posizione dell’allora cardinale Ratzinger e tutti gli errori della Teologia della Liberazione. Ci si sarebbe aspettati gioia e commozione per questo fratello che si era perduto ed è tornato a casa, e invece i soliti intellettuali e giornalisti che hanno in mano il “pensiero cattolico” lo hanno immediatamente ripagato con l’oblio; al contrario, a distanza di tanti anni continuano ad abbeverarsi alle idiozie di Leonardo, mendicando interviste, esaltandone le opinioni e soprattutto spacciandocelo ancora come un teologo cattolico.
È certamente il segno di una subalternità culturale allarmante per quanto non sorprendente, ma quando dalle colonne del quotidiano dei vescovi italiani si leggono certe affermazioni, allora siamo anche nel campo della disinformazione e della mistificazione.
Subalternità culturale, dicevo. Ed ecco subito un altro esempio. Non pago di quanto scritto su Avvenire, il direttore ha avuto subito modo di ripetersi su Radio Radicale (clicca qui)che – avendo colto il riferimento a Marco Pannella nell’articolo di Tarquinio – non si è lasciata sfuggire l’occasione. E insieme alla ripetizione delle dure critiche a Messori, e all’annuncio di una nuova stagione della Chiesa, ecco anche un peana per Pannella e i radicali, soprattutto per l’impegno in materia di carceri ma non solo. Infatti, per Tarquinio, pare proprio che cattolici e radicali siano destinati presti a marciare insieme.
Ha detto infatti il direttore di Avvenire dopo aver riconosciuto che tra mondo cattolico e mondo radicale oggi su alcune cose «c’è un sentire diverso» (trascrizione letterale): «Ma con l’avanzamento della scienza e della comprensione delle cose dell’uomo e della donna arriveremo a essere molto più vicini, perché certe battaglie che profeticamente i cattolici fanno oggi sul mettere le mani sull’uomo, credo che la sensibilità degli uomini e delle donne radicali non possa non diventare molto vicina a quella dei cattolici di oggi. È questione di tempo». Pare quindi di capire che oggi se i radicali sono per divorzio, aborto, eutanasia, droga libera, unioni gay e quant’altro è solo per mancanza di conoscenze scientifiche e antropologiche. Basta studiare insomma. E ancora: «Stavolta io penso che noi cattolici siamo un po’ avanti, su altre questioni in altri momenti i radicali hanno saputo vedere con più profondità e in anticipo. Sulle carceri siamo già sulla stessa lunghezza d’onda…». Viene da chiedere a Tarquinio: quali sono le questioni su cui i radicali hanno saputo vedere con più profondità e in anticipo?
Sulle carceri forse, visto che è l’unico argomento di cui si è parlato a Radio Radicale?Solo perché Pannella ha fatto qualche sciopero della fame e della sete? Senza scomodare la storia della Chiesa e la lunga tradizione di opere di misericordia nei confronti dei carcerati che risalgono agli Atti degli Apostoli; e tralasciando pure la presenza dei cappellani che in carcere ci vivono quotidianamente e quotidianamente condividono le sofferenze dei reclusi senza bisogno di andare a fare i buffoni in tv per raccattare un po’ di consensi e di soldi per il partito; ma lo sa Tarquinio quante associazioni cattoliche sono impegnate da decenni nell’assistenza ai carcerati e alle loro famiglie, nell’aiuto al loro reintegro nella società, senza bisogno di andare a chiedere istruzioni a Pannella & co?
E se non si riferiva alle carceri, quali sono le cose su cui dovremmo seguire i radicali?
Oppure pensa che la «Chiesa in uscita» si traduca con lo sparare ai cattolici e andare a inginocchiarsi davanti a coloro che dedicano la vita a distruggere ogni presenza di Cristo nella società? Seguendo i discorsi di papa Francesco a me sembrava di aver capito che si deve uscire per annunciare Cristo a chi è lontano. Pregare e fare in modo che il figlio prodigo ritorni a casa non che andiamo tutti a custodire i maiali. Ricorda Clodovis Boff: «Negli anni ’70 il card. Eugenio Sales mi ha ritirato la certificazione per l’insegnamento della teologia presso l’Università Cattolica di Rio. Sales mi ha affabilmente spiegato: “Clodoveo, penso che ti sbagli. Fare del bene non basta per essere cristiani, l’essenziale è confessare la fede..”. Aveva ragione, infatti la Chiesa è diventata irrilevante. E non solo essa, ma Cristo stesso». Chissà perché qualcuno vuole ripetere gli stessi errori.
Avrei volentieri evitato di tornare sul caso “Messori contro tutti” dopo l’editoriale di sabato. Ma il linciaggio mediatico contro lo scrittore cattolico continua così veemente che è impossibile evitare qualche riflessione, a maggior ragione se a ispirare tanti di questi attacchi è il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana. Sabato infatti il quotidiano Repubblica ha pubblicato ben due pagine sulla vicenda, con grande risalto in prima pagina, dall’eloquente titolo “Tutti i nemici del Papa”.
Leggi l’articolo alla ricerca dell’elenco dei nemici e scopri che in gran parte è la ripetizione delle accuse gratuite contro Messori scritte il giorno prima dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, che aveva addirittura dedicato l’intera pagina 2 del suo giornale ad alcune riflessioni dei lettori e al suo commento.
Ed è un sentimento strano quello che ti prende quando leggendo don Ciotti hai la sensazione di toni concilianti e rassicuranti se confrontati con quelli esagitati del direttore diAvvenire, che a proposito dell’articolo di Messori parla addirittura di «una mossa congegnata per fare rumore con la pretesa di “segnare” il Natale ormai alle porte». Ed eccoci ancora con la mania delle trame oscure, condita da apprezzamenti sulla persona (Messori «sentenzia “dall’alto”» perché «”dal mezzo” o “dal basso” a Messori non riesce facilmente nei confronti di nessuno, nemmeno dei Vicari di Cristo…»). Detto per inciso, viene in mente quella costosa campagna pubblicitaria di Avvenire e Famiglia Cristiana per ricordare che «le parole uccidono», ma evidentemente solo quelle degli altri.
Non vado oltre nel citare il commento di Tarquinio, chi vuole può leggerselo e giudicare da solo (clicca qui). Ma l’eco suscitata da Avvenire non si limita a questo. Ieri il Corriere della Seraha pubblicato l’articolo di Leonardo Boff che su La Nuova BQ è già stato brillantemente confutato da monsignor Antonio Livi (clicca qui). Forse il direttore Ferruccio De Bortoli si è spaventato all’idea di essere additato tra i nemici di papa Francesco, dopo aver fatto tanto per accreditarsi tra i fan del Pontefice. Ma certamente l’idea gliel’ha offerta ancora una volta Avvenire che aveva pubblicato un primo commento sulla vicenda, parlando di diatriba Messori-Boff (clicca qui).
«L’acuta, davvero edificante e molto apprezzata riflessione di don Maurizio Patriciello» (parole di Marco Tarquinio) metteva sullo stesso piano i due, che «vogliono entrambi il bene della Chiesa», anche se espressione di «due modi di intendere l’Albero bimillenario della Chiesa che, nella parresia e nella carità, possono portarle molta linfa». Insomma, secondo don Patriciello siamo di fronte a due «posizioni estreme» ed evidentemente legittime nella Chiesa che hanno solo bisogno di imparare a dialogare.
«L’acuta, davvero edificante e molto apprezzata riflessione di don Maurizio Patriciello» (parole di Marco Tarquinio) metteva sullo stesso piano i due, che «vogliono entrambi il bene della Chiesa», anche se espressione di «due modi di intendere l’Albero bimillenario della Chiesa che, nella parresia e nella carità, possono portarle molta linfa». Insomma, secondo don Patriciello siamo di fronte a due «posizioni estreme» ed evidentemente legittime nella Chiesa che hanno solo bisogno di imparare a dialogare.
De Bortoli deve aver preso alla lettera l’invito ed ecco fare del Corriere il luogo di questo dialogo (si fa per dire, visti gli insulti di Boff) a distanza. Peccato che il povero De Bortoli sia stato portato completamente fuori strada da don Patriciello che, nel suo impeto pacificatore, ha fatto un po’ di confusione. O quantomeno ha dimenticato di dire che mentre Messori è cattolico, Boff non lo è più da tempo per sua stessa ammissione e non è che il suo improvviso entusiasmo per papa Francesco cambi la questione.
Nella sua «acuta riflessione», l’editorialista di Avvenire avrebbe dovuto almeno ricordare che Leonardo Boff, tra i principali esponenti della Teologia della Liberazione, è stato censurato dalla Chiesa già negli anni ’80, ha poi lasciato l’ordine francescano e anche la Chiesa per convertirsi a un ecologismo new age. In uno dei suoi scritti più recenti, parlando dei «germogli per la salvaguardia della Terra», parla ad esempio di «ecosocialismo democratico che propone una nuova forma di produzione con la natura e non contro di essa e un necessario governo globale», nonché di «redenzione della dimensione spirituale, al di là delle religioni, che ci permette di sentirci parte del tutto, di percepire l’Energia universale che tutto penetra e sostenta».
Nella sua «acuta riflessione», l’editorialista di Avvenire avrebbe dovuto almeno ricordare che Leonardo Boff, tra i principali esponenti della Teologia della Liberazione, è stato censurato dalla Chiesa già negli anni ’80, ha poi lasciato l’ordine francescano e anche la Chiesa per convertirsi a un ecologismo new age. In uno dei suoi scritti più recenti, parlando dei «germogli per la salvaguardia della Terra», parla ad esempio di «ecosocialismo democratico che propone una nuova forma di produzione con la natura e non contro di essa e un necessario governo globale», nonché di «redenzione della dimensione spirituale, al di là delle religioni, che ci permette di sentirci parte del tutto, di percepire l’Energia universale che tutto penetra e sostenta».
Sono proprio sicuri ad Avvenire e nella Cei che questo sia «un modo di intendere la Chiesa»? Forse allora sarebbe il caso di chiarirsi su cosa sia la Chiesa e cosa significhi appartenervi. Anche perché non si può non notare un fenomeno curioso. Molti ricorderanno che i Boff teologi della liberazione erano due: oltre a Leonardo c’era anche suo fratello Clodovis, che però ha preso una strada diversa. Ovvero, dopo il duro confronto con la Congregazione per la Dottrina della Fede, Clodovis è rientrato nell’alveo dell’ortodossia, e negli anni successivi ha riconosciuto la correttezza della posizione dell’allora cardinale Ratzinger e tutti gli errori della Teologia della Liberazione. Ci si sarebbe aspettati gioia e commozione per questo fratello che si era perduto ed è tornato a casa, e invece i soliti intellettuali e giornalisti che hanno in mano il “pensiero cattolico” lo hanno immediatamente ripagato con l’oblio; al contrario, a distanza di tanti anni continuano ad abbeverarsi alle idiozie di Leonardo, mendicando interviste, esaltandone le opinioni e soprattutto spacciandocelo ancora come un teologo cattolico.
È certamente il segno di una subalternità culturale allarmante per quanto non sorprendente, ma quando dalle colonne del quotidiano dei vescovi italiani si leggono certe affermazioni, allora siamo anche nel campo della disinformazione e della mistificazione.
Subalternità culturale, dicevo. Ed ecco subito un altro esempio. Non pago di quanto scritto su Avvenire, il direttore ha avuto subito modo di ripetersi su Radio Radicale (clicca qui)che – avendo colto il riferimento a Marco Pannella nell’articolo di Tarquinio – non si è lasciata sfuggire l’occasione. E insieme alla ripetizione delle dure critiche a Messori, e all’annuncio di una nuova stagione della Chiesa, ecco anche un peana per Pannella e i radicali, soprattutto per l’impegno in materia di carceri ma non solo. Infatti, per Tarquinio, pare proprio che cattolici e radicali siano destinati presti a marciare insieme.
Ha detto infatti il direttore di Avvenire dopo aver riconosciuto che tra mondo cattolico e mondo radicale oggi su alcune cose «c’è un sentire diverso» (trascrizione letterale): «Ma con l’avanzamento della scienza e della comprensione delle cose dell’uomo e della donna arriveremo a essere molto più vicini, perché certe battaglie che profeticamente i cattolici fanno oggi sul mettere le mani sull’uomo, credo che la sensibilità degli uomini e delle donne radicali non possa non diventare molto vicina a quella dei cattolici di oggi. È questione di tempo». Pare quindi di capire che oggi se i radicali sono per divorzio, aborto, eutanasia, droga libera, unioni gay e quant’altro è solo per mancanza di conoscenze scientifiche e antropologiche. Basta studiare insomma. E ancora: «Stavolta io penso che noi cattolici siamo un po’ avanti, su altre questioni in altri momenti i radicali hanno saputo vedere con più profondità e in anticipo. Sulle carceri siamo già sulla stessa lunghezza d’onda…». Viene da chiedere a Tarquinio: quali sono le questioni su cui i radicali hanno saputo vedere con più profondità e in anticipo?
Ha detto infatti il direttore di Avvenire dopo aver riconosciuto che tra mondo cattolico e mondo radicale oggi su alcune cose «c’è un sentire diverso» (trascrizione letterale): «Ma con l’avanzamento della scienza e della comprensione delle cose dell’uomo e della donna arriveremo a essere molto più vicini, perché certe battaglie che profeticamente i cattolici fanno oggi sul mettere le mani sull’uomo, credo che la sensibilità degli uomini e delle donne radicali non possa non diventare molto vicina a quella dei cattolici di oggi. È questione di tempo». Pare quindi di capire che oggi se i radicali sono per divorzio, aborto, eutanasia, droga libera, unioni gay e quant’altro è solo per mancanza di conoscenze scientifiche e antropologiche. Basta studiare insomma. E ancora: «Stavolta io penso che noi cattolici siamo un po’ avanti, su altre questioni in altri momenti i radicali hanno saputo vedere con più profondità e in anticipo. Sulle carceri siamo già sulla stessa lunghezza d’onda…». Viene da chiedere a Tarquinio: quali sono le questioni su cui i radicali hanno saputo vedere con più profondità e in anticipo?
Sulle carceri forse, visto che è l’unico argomento di cui si è parlato a Radio Radicale?Solo perché Pannella ha fatto qualche sciopero della fame e della sete? Senza scomodare la storia della Chiesa e la lunga tradizione di opere di misericordia nei confronti dei carcerati che risalgono agli Atti degli Apostoli; e tralasciando pure la presenza dei cappellani che in carcere ci vivono quotidianamente e quotidianamente condividono le sofferenze dei reclusi senza bisogno di andare a fare i buffoni in tv per raccattare un po’ di consensi e di soldi per il partito; ma lo sa Tarquinio quante associazioni cattoliche sono impegnate da decenni nell’assistenza ai carcerati e alle loro famiglie, nell’aiuto al loro reintegro nella società, senza bisogno di andare a chiedere istruzioni a Pannella & co?
E se non si riferiva alle carceri, quali sono le cose su cui dovremmo seguire i radicali?
Oppure pensa che la «Chiesa in uscita» si traduca con lo sparare ai cattolici e andare a inginocchiarsi davanti a coloro che dedicano la vita a distruggere ogni presenza di Cristo nella società? Seguendo i discorsi di papa Francesco a me sembrava di aver capito che si deve uscire per annunciare Cristo a chi è lontano. Pregare e fare in modo che il figlio prodigo ritorni a casa non che andiamo tutti a custodire i maiali. Ricorda Clodovis Boff: «Negli anni ’70 il card. Eugenio Sales mi ha ritirato la certificazione per l’insegnamento della teologia presso l’Università Cattolica di Rio. Sales mi ha affabilmente spiegato: “Clodoveo, penso che ti sbagli. Fare del bene non basta per essere cristiani, l’essenziale è confessare la fede..”. Aveva ragione, infatti la Chiesa è diventata irrilevante. E non solo essa, ma Cristo stesso». Chissà perché qualcuno vuole ripetere gli stessi errori.
05-01-2015
Così prosegue la guerra di Papa Francesco
Bergoglio arruola pure il teologo della Liberazione
È ormai guerra aperta in Vaticano. Il terreno di scontro non è teologico o dottrinale, ma riguarda solamente la figura di Papa Francesco, forse il Pontefice più amato del secolo e dal secolo.
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Papa Francesco parla agli impiegati della Santa Sede in aula Paolo VI
Tuttavia c’è anche chi, di fronte al governo del Papa venuto dalla fine del mondo, comincia a storcere il naso e a dire che proprio qualcosa non va (come nel caso di Antonio Socci e Vittorio Messori).
E proprio per ribattere alle umili critiche mosse da Messori contro Papa Francesco è apparso oggi sul Corriere un articolo firmato da Leonardo Boff. Boff è un ex tutto: ex francescecano ed ex presbitero. Uno degli ultimi esponenti della Teologia della Liberazione, che – val la pena ricordarlo – è stata definita da Benedetto XVI come una "falsificazione della fede".
Dopo esser stato condannato nel 1985 ad un "rispettoso silenzio" e minacciato di ulteriori provvedimenti disciplinari da parte di Giovanni Paolo II, Boff ha abbandonato l’abito sacerdotale, si è sposato e ora vive in una riserva ecologica assieme alla moglie e ai sei figli adottivi. È inoltre un sostenitore di Gaia, una sorta di religione dell’ambiente che si rifà agli antichi miti pagani.
Durante il pontifiato di Benedetto XVI Boff si è segnalato come uno dei più feroci critici di Ratzinger, da lui definito "un Papa frustrato, che ha cercato di ridurre la Chiesa a un museo di cose antiche, riportando la messa in latino e certe vestimenta che datano del Rinascimento, ha perfino adottato abitudini da Palazzo, prima di dare l'ostia bisognava baciargli l'anello".
A partire dal 13 marzo del 2013, ovvero dal giorno dell’elezione del Papa venuto dalla fine del mondo, Boff pare però aver fatto pace con Roma. Dimenticate le antiche contese, è ora diventato uno dei più solerti difensori del Papa. Così il Corriere gli ha concesso al nuovo zuavo pontificio Boff di replicare all’articolo di Messori.
La replica, a dire il vero, non è stata un granché, anche perché essa è, nelle sue linee generali, la riproposizione di un articolo che l’ex francescano aveva già pubblicato sul proprio sito e che ripropone tutto il campionario della teologia progressista: "Adesso appare un Papa ‘francescano’ che ama i poveri, che non ‘veste Prada’, che fa una critica dura al sistema che produce miseria nella gran parte del mondo".
Ciò che colpisce, però, è che il Corriere abbia avvisato tardissimo Messori dell’articolo di Boff e che, come siamo venuti a sapere, di fatto non gli abbia concesso alcun diritto di di replica. O, meglio, Messori potrà rispondere alle insinuazioni di Boff, ma solo domani e con un pezzo abbastanza breve. Prosegue così la guerra in Vaticano. Tra colpi bassi e guerra aperta agli oppositori di Francesco.
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